1.1. Che cosa è EndNote? 

EndNote[1]  fa parte di quella famiglia di programmi che servono a gestire i riferimenti bibliografici, citazioni di documenti. E' dunque un gestore di database dove i dati (secondari, metadati) sono privilegiatamente quelli che descrivono documenti come libri, articoli, capitoli, contributi a convegni, audio, video etc. etc. fino a siti web e ancora etc.
La famiglia è detta dei personal reference, o citation, o bibliography management systems ed anche dei bibliography formatting software.

EndNote fa parte dunque di una famiglia più ristretta rispetto a quella dei DBMS database management system puri, come a suo tempo, dBase, ed ancor oggi Access, Paradox, File Maker, AskSam perché in modo particolare tratta dati e funzioni bibliografiche[2].

Fra le funzioni bibliografiche, la più eminente e che non viene coperta da altri programmi per database, è quella della formattazione di un dattiloscritto. Essa consente di equipaggiare un testo (articolo, libro, lettera ...) dei richiami ai riferimenti bibliografici pescati dall'archivio EndNote e poi di dare forma finale a questo scritto confezionando le citazioni brevi, nel corpo o in nota, e quelle estese nell'elenco finale dei riferimenti, seguendo in ciò lo stile citazionale preferito fra quelli contemplati da case editrici, riviste, associazioni scientifiche ...
Il vantaggio dovrebbe essere almeno duplice: i dati, come è virtù di ogni database che si rispetti nell'uso, non vengono scritti che una sola volta, dentro l'archivio EndNote e riutilizzati una sola volta: il richiamo dentro lo scritto è infatti una chiave identificativa che di norma si copia dal database con un comando e le citazioni finali ne discendono per espansione, tenendo in conto nella differenza di aspetto se devono comparire nel corpo del testo, in nota o nell'elenco finale.
L'aspetto delle citazioni, la loro forma, il loro stile può venire variato, adattato alle richieste di una diversa rivista ad esempio, con un solo comando di scelta, senza dovere toccare i dati.

Quanto alla struttura degli archivi e ai dati che questi programmi propongono e trattano in modo speciale, rispetto a quanto facciano i programmi generici per la gestione di database, vi è da osservare che tutti i PBMS personal bibliography management system si offrono all'uso già pronti, corredati di una struttura che contempla modelli di record diversi per i diversi tipi di documenti (book, journal article, conference proceedings, web site, book chapter, videorecording ... etc.). Ciascun tipo di record prevede certi campi, e ne esclude altri. Sono contemplati campi per i nomi di diversi tipi di autori, per il titolo, per il titolo di rivista, per le date, le pagine, per le parole chiave, per codici identificativi (come DOI, ISBN, PMID...), per la collocazione, note ed abstract.
A questi campi viene riservato un trattamento speciale: ad es. si riconoscono le parti di un nome e le si possono manipolare (invertire, abbreviare in vario modo), i titoli di rivista possono venire ridotti ad abbreviazioni standard, le pagine sono riconosciute come tali e se ne possono eliminare i numeri ritenuti ridondanti, ... e così via.
Sono previste funzioni specifiche per dati testuali da ordinare alfabeticamente: sort su più livelli annidati ed anche con esclusione di sequenze iniziali da non ordinare (ad es. gli articoli).
E' particolarmente curata la procedura di esportazione e di importazione dei dati bibliografici secondo vari formati, talora standard, essa ricorre anche durante un'altra funzione peculiare, quella di interrogazione -a partire dal programma stesso- di database bibliografici e cataloghi di biblioteca sparsi nella rete, da cui si prelevano record e li si convertono importandoli con filtraggio, anche molto articolato, nel proprio archivio.
Sono sempre più contemplate funzioni relative all'inclusione e gestione di documenti digitali come i testi completi dei documenti (full text) allegati ai record.
E' sempre prevista una funzione per cercare di intercettare i record duplicati che vengono facilmente ad abitare un archivio in seguito alle importazioni. 
Ed infine la funzione più specifica e storicamente determinante nel motivare e connotare questi software: tutti questi programmi offrono decine, centinaia, migliaia di formati già pronti per modellare i dati in stili citazionali, i cosiddetti output citation styles[3].

Questi programmi non sono rimasti affatto impermeabili ad Internet ed ai documenti digitali.
E' comparsa anzitutto la possibilità di aprire URL dall'interno dei record, si sono resi accessibili come risorsa, già oltre 15 anni fa, i numerosi cataloghi raggiungibili in ricerca col protocollo Z39.50 da cui potere scaricare e convertire record nei propri archivi. La presenza della rete ricca di documenti digitali, primari e secondari, si declina ancora come possibilità di catturare i metadati dei record dalle pagine web, di accedere a software di OpenURL link resolver, di cercare e scaricare i testi completi (PDF) di cui si hanno i metadati (EndNote prevede anche l'aggiornamento dei metadati). Aumentano le versioni web-based dei PBMS con alloggiamento solo in remoto, dove non si sa (cloud...), con o senza equivalente versione desktop. Queste versioni propongono la condivisione dei dati bibliografici con altri utenti, studiosi, in modo, dicono, da fomentare la collaborazione a livello planetario, nel contempo si creano -disordinati- database di milioni (?) di citazioni biliografiche -magari con gli allegati a testo intero- che comunque restano nelle mani di non si sa chi, altra forma di big data.

Non tutto si basa e si giustifica necessariamente in ordine all'obiettivo di formattare un dattiloscritto. Anzi, questa è una visione riduttiva dell'uso dei programmi che restano efficienti nella gestione di un archivio di dati, e quindi per cercare e ritrovare informazioni: i documenti su un dato argomento, le opere di un autore, le proprie note di lettura, ordinare la propria raccolta fisica, produrre stampe organizzate, correggere rapidamente più record, sistemarli in gruppi virtuali ...

Cercare di costruire archivi con una intelaiatura comparabile a quella dei BFS servendosi di un DBMS generico non è un gioco riposante né il lavoro di un mese, nè di dodici mesi.

Per un orientamento nella scelta di un BFS si può consultare anche un sorvolo analitico dei punti cruciali (key issues): non è aggiornato e non tiene conto dei nuovi punti di riferimento come uso sincronizzato di più strumenti elettronici (smartphone, tablet ...), della tendenza a socializzare, condividere, lavorare in gruppo sullo stesso progetto.

 

[1] EndNote era il prodotto (Windows e Mac) della Niles & Associates, Inc. basata in California.
Nella primavera del 1999 EndNote venne interamente ricomprato dalla RIS Information Systems (RIS), anch'essa basata in California a Carlsbad, divisione dell'ISI (Institute for Scientific Information di Philadelphia), che già produceva e possedeva l'analogo prodotto Reference Manager.  Nel 1996 la RIS aveva già ricomprato interamente anche ProCite della PBS (Personal Bibliographic Software) prodotto dal 1982 da Victor Rosenberg, professore di LIS, e da poco e non con pieno successo, passato alla versione Windows da quella DOS. La RIS mutò nome in ISIResearchSoft. Da allora l'ISI, e così la ISIResearchSoft, è stata assorbita nella Thomson Reuters che non ha più aggiornato affatto ProCite e non lo commercializza più e tiene ad, eufemisticamente, flebile sviluppo Reference Manager (la v. 12 è del 2008).
[2] La famiglia dei PBMS in genere non ha una struttura relazionale degli archivi, ma invece piatta, basata su file/archivio | record/schede | fields/campi anche con valori multipli e gli allegati.
[3] Dove ogni stile, ad es. APA, Harvard, Turabian, MLA, Chicago... si declina in genere in 2-3 versioni per ogni singolo tipo di documento previsto nell'archivio, col che si arriva facilmente a svariate migliaia di combinazioni di stile previste e preparate.