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ISSN: 2283-303X

Esplorando il Mondo 3

Breve viaggio tra le meraviglie e gli assilli dell'informazione elettronica


Pubblicato anche a stampa, in "Culture del testo", III, n. 8 (maggio - agosto 1997), p. 7-27.
di Michele Santoro (in linea da marzo 1998)

1. All'insegna della seconda oralità

Sulla scorta di una potente suggestione di Walter Ong[1], è ormai consuetudine per gli storici della comunicazione[2] suddividere le ere della cultura in tre ampie fasce, quella dell'oralità, quella della scrittura e quella della seconda oralità. Propria dei millenni precedenti la nascita della scrittura, la fase dell'oralità ha nella comunicazione interpersonale l'unico mezzo per lo scambio delle informazioni, ed è caratterizzata da un sapere "formulaico", fatto di espressioni fisse, di frasi ripetute, di formule ritmiche atte ad agevolare la memoria umana, a cui è esclusivamente affidata la trasmissione delle conoscenze; per l'uomo della prima oralità il senso più importante è dunque l'udito, essendo la sua cultura interamente basata sui suoni che può ascoltare e memorizzare. Con il passaggio all'età della scrittura, fase determinante e centrale nella cultura umana, il pensiero diventa più astratto, più analitico e meno formulaico, e si affievolisce il predominio della memoria, surrogata dalle memorie artificiali rappresentate dai documenti, mentre il senso dell'udito perde sempre più la sua supremazia a vantaggio della vista[3].

Il concetto di oralità secondaria viene infine introdotto da Ong per descrivere la fase più recente della storia della comunicazione, dominata dagli strumenti dalla tecnologia elettrica ed elettronica - il telegrafo, il telefono, la radio e la televisione - che hanno radicalmente trasformato i criteri di scambio delle informazioni producendo eccezionali conseguenze in tutti i settori della società e della cultura[4]. "Questa nuova oralità", scrive Ong, "ha sorprendenti somiglianze con quella più antica per la sua mistica partecipatoria, per il senso della comunità, per la concentrazione sul momento presente e persino per l'utilizzazione di formule"[5]; e tuttavia, per lo studioso nordamericano, essa non è soltanto il risultato dell'influenza dei mezzi di comunicazione di massa, ma è anche la conseguenza dell'impiego sempre più massiccio dei computer e della tecnologia informatica, che si sta imponendo negli anni in cui Ong scrive il suo testo[6] e che dispiegherà ben presto tutta la sua carica innovativa. Ong non approfondisce il discorso su questa nuova oralità, limitandosi a indicare alcuni dei possibili sviluppi che l'adozione del computer può comportare[7], ma la sua intuizione appare oggi sorprendentemente fondata, al punto che molti studiosi sono portati a estendere la nozione di oralità secondaria alla realtà attuale[8], sempre più dominata dai sistemi di comunicazione basati sulla tecnologia digitale, quali le reti telematiche[9] e gli altri strumenti di diffusione elettronica dell'informazione.

La seconda oralità comunque - lo stesso Ong lo precisa con forza - è ben diversa dalla prima, non solo apparendo "più deliberata e consapevole", ma "permanentemente basata sull'uso della scrittura"[10]: in un contesto fitto di elementi di oralità di ritorno, è dunque la scrittura che costituisce la vera discriminante, l'elemento che caratteriza l'attuale fase culturale e la differenzia radicalmente dalla prima oralità, priva di produzione scritta e fondata sulla memoria dei singoli e non sulle memorie documentarie. Questo inedito connubio di scrittura che influisce sulla dimensione orale e di oralità impregnata di documentazione scritta non costituisce solo l'intuizione più feconda di Ong, ma si pone come un modello d'interpretazione della civiltà contemporanea, caratterizzata dalla sovrapposizione - a volte confusa ma sicuramente dinamica e stimolante - di enormi insiemi di documentazione scritta che possono essere diffusi e recepiti con criteri assai prossimi a quelli della comunicazione orale. Inscrivendosi nel quadro fin qui tracciato, le note che seguono intendono fornire alcune linee d'indagine sui cambiamenti intervenuti nelle modalità di trasmissione delle informazioni con l'avvento delle tecnologie digitali, e rilevare l'impatto che essi producono sull'universo dei documenti, fino a ieri individuabile con chiarezza nei suoi presupposti concettuali e nella sua fisica aderenza ad un supporto, oggi sempre più indefinito, fluido, cangiante nell'inquieta e mobile realtà contemporanea.

2. Cultura smateriale

Se la nozione di seconda oralità può dunque contribuire ad una definizione dell'attuale momento socioculturale, dominato in maniera crescente dai sistemi di diffusione elettronica dell'informazione, vi è un'altra categoria a cui sempre più spesso si ricorre per connotare le diverse possibilità legate a queste nuove frontiere tecnologiche: la categoria del "virtuale". Parlare di virtualità implica l'immersione in una dimensione artificiale, in cui la realtà quotidiana viene tradotta, per così dire, in entità immateriali, in dati incorporei, in informazioni digitali[11]. Tale processo di dematerializzazione del reale, com'è stato scritto di recente, ha conseguenze di portata straordinaria "in tutti campi dell'agire e del sapere sociale, penetrando sia nelle relazioni "macrosistemiche", sia negli spazi della quotidianità dei singoli individui"[12]: la qual cosa, è facile intuirlo, conduce non solo ad una trasformazione radicale della nostra sensibilità, ma ad un mutamento globale nella percezione della realtà[13], di una realtà in cui gli aspetti materiali vanno sempre più sfumando verso prospettive "virtuali" o, se si preferisce, verso una "tendenziale subordinazione degli aspetti strettamente fisici a processi di simbolizzazione, codificazione e astrattizzazione"[14].

Ma all'interno di un discorso specificamente orientato ad un ambito documentario, la dimensione virtuale che c'interessa esplorare è ovviamente quella legata alla presenza sempre più ampia dei nuovi supporti dell'informazione; una costante di questi anni è infatti la smaterializzazione degli oggetti che siamo abituati a considerare come portatori di informazioni: tra questi, ad assumere una veste virtuale è stato in primo luogo il supporto cartaceo, che da secoli ha reso possibile la raccolta, la diffusione e la conservazione delle memorie documentarie, e a cui si affiancano ora nuovi strumenti in grado di utilizzare al meglio le straordinarie possibilità offerte dalle tecnologie digitali. La traduzione in formato elettronico ha interessato in particolare quelle opere - repertori, enciclopedie, dizionari - che per volume e complessità trovavano i maggiori vantaggi nel risiedere su un supporto diverso da quello cartaceo: un supporto che è stato, e che per molti versi continua ad essere il CD-ROM[15].

I pregi del CD-ROM sono ben noti, sia perchè è di ingombro minimo e può essere usato con facilità anche da utenti non specializzati, sia perchè è in grado di accogliere una quantità assai elevata di informazioni[16], come testimonia il suo ruolo di contenitore di banche dati - sia bibliografiche sia fattuali - che da oltre un decennio esercita con immutato successo. E' indubbio quindi che la trasposizione su CD-ROM di opere di grande mole ed importanza[17] viene a costituire un decisivo argomento a favore dello strumento digitale in luogo del tradizionale supporto cartaceo; e ciò appare tanto più vero se si pensa che i CD-ROM, come tutti gli altri formati elettronici, permettono di associare al testo non solo le immagini - consentendo ad esempio la riproduzione di opere presenti in grandi musei o gallerie d'arte[18] - ma anche animazioni, musiche e suoni, e di realizzare in tal modo quella "multimedialità"[19] che sembra contraddistinguere questa vertiginosa, concitata e complessa fin de siécle. E tuttavia la rappresentazione elettronica delle informazioni non soltanto è in grado di dar vita a sofisticate opzioni multimediali con cui attrarre un pubblico vasto, ma - cosa impossibile per qualsiasi tecnologia tradizionale - permette di realizzare lo strumento più innovativo e dinamico dell'attuale scena tecnologica, e cioè l'ipertesto[20].

L'ipertesto è un documento non sequenziale, in cui cioè le informazioni sono organizzate in blocchi discontinui ma connessi da appositi legami: il lettore può così "navigare" con estrema libertà fra le informazioni presenti nel testo ed esplorarle secondo un percorso personalizzato, avvicinando o allontanando, ampliando o restringendo l'oggetto del proprio interesse conoscitivo; l'ipertesto inoltre consente di aggiungere nuove informazioni in qualsiasi punto del testo, che in tal modo viene modificato a seconda degli interessi o delle necessità dei singoli utenti. Ne risulta sconvolta non solo la logica lineare propria della lettura e della scrittura tradizionali, ma la stessa distinzione fra autore e lettore, divenendo quest'ultimo una sorta di coautore e, talvolta, di vero e proprio autore del testo: è difatti impossibile essere lettori "passivi" dell'ipertesto, che per sua natura è fluttuante, dinamico, pronto a mutare in seguito all'intervento del lettore; nel realizzare l'incontro, o per meglio dire la fusione delle realtà antitetiche dell'autore e del lettore, l'approccio ipertestuale determina un significativo ampliamento della creatività personale[21] e dà vita a inedite e originali possibilità di espressione[22].

L'ipertesto poi - aspetto di particolare importanza ai fini del nostro discorso - si presenta come una realtà totalmente diversa e alternativa rispetto ai testi su supporto materiale, non soltanto perchè è realizzato in formato digitale, ma proprio in virtù della sua struttura non sequenziale che gli impedisce di avere un inizio, un centro e una fine come avviene nei testi tradizionali; con l'ipertesto pertanto si ripristina una forma non lineare di organizzazione dei concetti, tipica delle fasi di oralità primaria e venuta meno con la scrittura, che ha dato vita a un più stretto ordine gerarchico poi consolidato e reso definitivo dai testi a stampa. La logica ipertestuale, svincolandosi dalle rigidità che per secoli hanno condizionato le forme di espressione del pensiero e della creatività umana, viene così ad assumere una dimensione polimorfa, multicentrica, sfaccettata, che permette una straordinaria libertà di espressione e di raffigurazione dei concetti[23]; di conseguenza l'ipertesto si pone come un mezzo assai efficace per una rappresentazione non unidimensionale della conoscenza, in grado di dar voce a una molteplicità di proposte, a una pluralità di approcci in alternativa e persino in contrasto fra loro: è evidente che, nella sempre maggiore complessità che caratterizza il sapere contemporaneo, i legami e le interazioni realizzabili attraverso l'ipertesto rappresentano un'estensione dei domini della conoscenza e un arricchimento - gnoseologico oltre che documentario[24] - di eccezionale significato. Sconvolgendo le tradizionali logiche di definizione del testo, rovesciando le secolari certezze proprie dell'approccio sequenziale alla conoscenza e ripristinando criteri non gerarchici di organizzazione dei concetti, la dimensione ipertestuale si pone come un elemento fondante[25] o, se si vuole, come un vero e proprio paradigma della società dell'informazione elettronica[26].

3. L'arcipelago in rete

La trasposizione in formato digitale di vasti insiemi informativi, ed i vantaggi offerti dalla multimedialità e dall'ipertestualità sembrano confermare il passaggio di un'intera cultura basata sulla fisicità dei supporti verso forme smaterializzate, elettroniche, virtuali, assai prossime all'idea di un'oralità secondaria; tale situazione ha conseguenze che interessano ambiti molto più vasti di quelli fin qui esplorati, venendo a coinvolgere non solo i supporti dell'informazione, ma le modalità con cui questa viene veicolata. Difatti una diffusione immateriale dell'informazione, svincolata dalla fisicità dei formati convenzionali e circolante su scala planetaria grazie a sofisticati sistemi digitali, pare davvero in grado di realizzare quel "villaggio globale" che Marshall McLuhan ha teorizzato da oltre vent'anni[27]: ma è un villaggio che si estende ben al di là dei confini segnati dal sociologo canadese, comprendendo potenzialità assai più ampie di quelle prodotte dai "tradizionali" mezzi di comunicazione di massa (la radio, e soprattutto la televisione) che costitituivano l'oggetto della sua indagine[28].

In un universo sempre più fitto d'informazioni, di curiosità, di notizie di ogni genere, si direbbe infatti ch equesti media non siano in grado di dare adeguata soddisfazione alle crescenti, molteplici e diversificate esigenze di un pubblico vasto; a fronte di una tale varietà di richieste informative, una risposta efficace sembra invece venire dalle reti telematiche, che hanno segnato una svolta decisiva nei criteri di trasferimento delle informazioni in tutti i campi della cultura e della società contemporanea[29]: difatti le reti telematiche consentono di veicolare una quantità sterminata di dati in formato elettronico che, viaggiando in tempi assai rapidi da un capo all'altro del pianeta, possono essere immediatamente fruiti da una comunità incredibilmente ampia di utenti.

Il sistema di trasmissione via rete delle informazioni, partito un po' in sordina come sistema di scambio informativo fra universitari e scienziati, ha ben presto trasceso i ristretti ambiti accademici per trasformarsi nel più spettacolare evento comunicativo degli ultimi anni: ci riferiamo naturalmente al "fenomeno Internet"[30], ovvero alla possibilità, concessa a chiunque sia dotato almeno di un personal computer e di un cavo telefonico, di collegarsi alla "rete delle reti" e di utilizzarne le molteplici e variegate possibilità in risposta alle più disparate esigenze informative e di comunicazione. Internet infatti è un grande arcipelago elettronico che collega milioni di computer in tutto il mondo e che raccoglie in un insieme logico tutti i dati da questi contenuti, cumulando in tal modo una quantità indefinita, ma senz'altro immensa di informazioni. A chi è collegato in rete è consentita una quantità di opzioni che vanno dalla consultazione di grandi cataloghi di biblioteche all'accesso a enormi archivi di periodici; dalla soluzione di complicate equazioni matematiche alla vendita via rete dei più disparati prodotti; dalla fornitura in tempo reale delle quotazioni di borsa agli scambi di ricette di cucina; dalla lettura delle opere di Shakespeare in edizione integrale all'ascolto di brani musicali, dalla visione di filmati alla possibilità di telefonare negli Stati Uniti a costi irrisori, e così via enumerando.

L'esplosione di Internet è dunque l'argomento del giorno: oggetto di un interesse che non conosce soste, la regina delle reti[31] viene analizzata nei suoi diversi aspetti da sociologi ed esperti di comunicazione, da semiologi e critici letterari, da informatici e bibliotecari[32]: Internet infatti, con la sua enorme dilatazione in ogni luogo della terra e la continua proliferazione delle sue risorse, rappresenta un fenomeno tale da richiedere una lettura multipla e sfaccettata, che tenga conto degli svariati approcci e delle enormi potenzialità informative e di comunicazione offerte alla comunità internazionale. Difatti in Internet c'è tutto[33]: testi, documenti sonori, immagini statiche e in movimento,software ed altro materiale informatico, basi di dati, cataloghi di biblioteche, libri[34] e riviste in formato elettronico, e tutti gli svariati prodotti dell'attività culturale e scientifica dell'uomo; ma vi sono anche curiosità di ogni genere, risorse commerciali, linee di conversazione su qualsivoglia argomento, gare di Formula 1[35], telenovelas digitali[36], siti "a luci rosse"[37], associazioni religiose, gruppi di interesse,cult books[38],cult movies[39], e chi più ne trova più ne metta[40].

Proprio per la sua onnicomprensività, per la sua attitudine a recepire e a diffondere qualsiasi prodotto della mente umana, Internet appare oggi come un potentissimo medium, uno straordinario mezzo di comunicazione di massa dalle potenzialità non ancora del tutto esplorate; e tuttavia con una sostanziale differenza rispetto ai media che lo hanno preceduto: difatti i libri, la stampa quotidiana e periodica, la radio e la televisione si presentano come media, per così dire, unidirezionali, in quanto il messaggio da essi veicolato parte dalla fonte emittente per giungere al ricevente dove, sostanzialmente, si arresta; Internet invece è un medium interattivo, poichè permette a chiunque sia collegato di poter non solo partecipare a forum e a discussioni col vasto popolo dei "cibernauti"[41], ma di contribuire al suo incremento e alla sua continua espansione attraverso l'inserimento di sempre nuove risorse, cosa che avviene nel modo più semplice e alla portata di tutti grazie alle innovazioni introdotte nella rete[42]. E' dunque lecito affermare che il successo di Internet, la sua esplosione ad un livello assolutamente inimmaginabile fino a pochissimi anni fa, è dovuto alla sua orizzontalità, all'assenza di qualsiasi controllo, all'inesistenza di organismi di regolamentazione e di gestione: Internet è di tutti, e tutti possono non solo utilizzarlo per i propri scopi - dai più nobili ai più futili - ma contribuire ad aumentarne le potenzialità immettendo qualsiasi cosa sia giudicata degna di interesse per la comunità internazionale, o per un gruppo specifico di utenti, o per una fetta anche ristretta di appassionati, o anche - al limite - per un singolo individuo.

La paradossale conseguenza di questo stato di cose è che a fronte di grandi insiemi di informazioni culturali, scientifiche ed economiche, a fianco di mastodontici cataloghi di biblioteche e di fondamentali basi di dati[43], convivono in Internet una miriade di fonti minori e minime, una quantità di notizie della natura più varia, che possono a volte apparire del tutto futili o di scarso valore conoscitivo[44], ma che comunque sono espressione di quella grande attitudine alla partecipazione ed allo scambio informativo che da sempre caratterizza la rete; non si sfugge dunque alla sensazione - per chi si accosti in maniera appena un po' problematica ad Internet - che la mancanza di controlli e la sostanziale uguaglianza degli accessi possano rendere equivalenti tutte le risorse contenutevi[45], essendo la rete "in grado di soddisfare le esigenze più svariate, esigenze che l'apparente semplicità del mezzo pone tutte su uno stesso piano: dall'ordinazione di una pizza al sogno, da sempre vagheggiato, di un contenitore universale dello scibile di gesneriana memoria"[46].

4. Metamondi virtuali

Quest'insieme assai stratificato di problemi anima l'attuale dibattito su Internet, specie in un periodo in cui le tumultuose innovazioni che interessano la rete sembrano condurre ad un complessivo ripensamento sul ruolo e le funzioni che essa è in grado di svolgere nella società dell'informazione elettronica: da più parti infatti si guarda a Internet non più o non solo come ad uno straordinario strumento informativo e di comunicazione, ma come a un sistema generalizzato e universale di elaborazione delle conoscenze, se è vero che, in maniera crescente, si assegna alla rete "il ruolo di elemento centrale su cui avverrà gran parte del processo elaborativo e di ricerca dell'informazione da parte dell'utente"[47].

Il carattere di generalità e di universalità proprio della rete è infatti qualcosa che trascende di gran lunga la sua estensione geografica, venendo a configurarsi come una sorta di realtà speculare, di corrispondente elettronico del nostro mondo fisico; è possibile cioè immaginare che l'enorme, indefinita varietà delle risorse costituenti l'arcipelago Internet vadano a costituire un "metamondo" in cui, trasformati in impulsi elettronici, siano presenti i molteplici aspetti della realtà o, per meglio dire, i diversi prodotti dell'attività intellettiva, culturale e sociale del genere umano: un luogo virtuale insomma[48], su cui possono concentrarsi le attività di ricerca e di elaborazione concettuale di tutti gli individui, e che presenta una serie di valenze - culturali, filosofiche, sociali - da cui è difficile prescindere e che vanno attentamente investigate.

Per una più chara definizione di questi concetti si può far ricorso alla teoria dei "mondi" di Popper[49], che com'è noto postula l'esistenza di tre mondi in stretta relazione fra loro: il Mondo 1, che rappresenta il mondo delle "cose", delle entità fisiche, dell'oggettività; il Mondo 2, che è il mondo della soggettività, dei processi di pensiero, degli stati mentali; e infine il Mondo 3, che rappresenta il mondo dei contenuti di pensiero, o per meglio dire, dei prodotti dell'attività intellettiva dell'uomo.

"Per Mondo 3" scrive infatti Popper "intendo il mondo dei prodotti della mente umana, come i racconti, i miti esplicativi, gli strumenti, le teorie scientifiche (sia vere che false), i problemi scientifici, le istituzioni sociali e le opere d'arte. Gli oggetti del Mondo 3 sono nostre costruzioni, benchè non sempre siano il risultato di una produzione progettata da singoli individui. Molti oggetti del Mondo 3 esistono sotto forma di corpi materiali ed appartengono, in un certo senso, sia al Mondo 1 che a Mondo 3. Ne sono esempi le sculture, i dipinti e i libri, di argomento sia scientifico che letterario. Un libro è un oggetto fisico e appartiene dunque al Mondo 1; ma ciò che lo rende una produzione significativa della mente umana è il suo contenuto: quel che rimane costante nelle varie copie e nelle successive edizioni. Ora questo contenuto appartiene al Mondo 3. Una delle mie tesi principali è che gli oggetti del Mondo 3 possono essere reali non solo nelle loro materializzazioni o incarnazioni del Mondo 1, ma anche nei loro aspetti del Mondo 3"[50].

La tesi di Popper, ci sembra evidente, si presta a fornire una calzante chiave di lettura della realtà di Internet, che appare come un'efficace e veridica rappresentazione di ciò che il filosofo austriaco immagina essere il Mondo 3: il mondo dei prodotti dell'attività mentale dell'uomo[51] o, per usare la sua espressione, dei contenuti - di natura sociale, o scientifica - di tale attività, vale a dire tutti quegli aspetti che non variano col variare del supporto sul quale vengono registrati e che quindi - aggiungiamo noi - sono perfettamente "replicati" nel formato elettronico necessario alla loro diffusione via rete; in quest'ottica dunque Internet si presenta come un grande "metamondo virtuale", come la più evidente manifestazione delle possibilità di trasposizione nel Mondo 3 - grazie ai supporti digitali - di oggetti appartenenti ai Mondi 1 e 2[52].

Seguendo le indicazioni che lo stesso Popper ci fornisce circa i possibili prodotti del Mondo 3, possiamo infatti notare come in Internet siano presenti - debitamente tradotti in formato digitale - non solo i libri, ma anche le riviste, gli atti di convegni, la letteratura grigia, e tutti i molteplici prodotti dell'attività di registrazione documentaria che troviamo nel Mondo 1 nel tradizionale formato cartaceo; allo stesso modo sono rappresentate le miniature, i quadri, le sculture e le altre opere d'arte; gli "oggetti" di uso comune (ad esempio i software), ma anche i prodotti peculiari del Mondo 2, come le teorie e i problemi (dibattuti in liste di discussione e fra gruppi d'interesse): ogni realizzazione estetica, tecnologica, sociale, ogni forma di pensiero e di espressione del genere umano trova insomma nel metamondo delle reti un'esatta corrispondenza, una perfetta simmetria con gli analoghi prodotti appartenenti ai mondi delle realtà fisiche e delle entità mentali. Giusta l'analisi, la conseguenza è che, nella loro trasfigurazione elettronica necessaria per l'uso di rete, tali prodotti non solo non perdono la loro "forma di corpi materiali" con i quali li riconosciamo nel Mondo 1, ma restano del tutto invariati nella loro essenza concettuale, cioè - per riprendere l'espressione di Popper - nel loro contenuto[53], così come rimane inalterata la sostanza intrinseca, il contenuto dei processi di pensiero propri del Mondo 2, allorchè questi vengono diffusi sulla rete: è possibile insomma concludere che la trasposizione digitale dei prodotti caratteristici dei Mondi 1 e 2, pur conducendo ad un radicale rinnovamento negli approcci all'informazione e alla cultura, non ne cambi l'essenza profonda, il contenuto effettivo, che permane sostanzialmente immutato quale che sia il supporto che lo veicola.

5. Due nature, due culture

Se è lecita un'analogia con uno dei principi di base della meccanica quantistica, si può individuare una duplice natura che caratterizza tutte le forme dell'ingegno e della creatività umana: una natura corpuscolare, evidente allorchè il veicolo di trasmissione è rappresentato dai tradizionali supporti materiali, e una natura ondulatoria, che si manifesta nell'eterea ed impalpabile diffusione dei dati attraverso le reti o gli altri sistemi di trasmissione digitale dell'informazione; e come nelle scienze fisiche il riconoscimento della duplice natura della materia e dell'energia ha determinato conseguenze di portata rivoluzionaria, così negli ambiti dell'informazione e della comunicazione il sempre più rapido passaggio verso forme di rappresentazione elettronica delle conoscenze provoca notevoli ripercussioni che vanno ad alimentare un dibattito assai vivace e differenziato nei toni e nelle opinioni. Al di là pertanto di una prima e fin troppo manichea suddivisione fra "apocalittici" (cioè coloro che ritengono un errore e quasi uno scandalo l'abbandono delle forme tradizionali di diffusione del sapere[54]) e "integrati" (ossia gli entusiasti ed acritici sostenitori del verbo digitale[55]), ci pare opportuno effettuare una rapida indagine sulle posizioni più motivate e pensose di studiosi e storici della comunicazione che con le loro analisi hanno contributo a mettere in luce problematiche nuove e significative.

Un primo, importante punto di vista riguarda l'idea dell'invariabilità dei contenuti col variare dei supporti con cui sono veicolati i prodotti dell'ingegno umano: difatti se la precedente lettura in chiave popperiana autorizzava a ritenere che, nel passaggio al formato digitale, potesse conservarsi intatto lo strato profondo, la sostanza intrinseca di tali prodotti, ciò che da alcuni viene messo in discussione è proprio l'immutabilità dei contenuti allorchè le diverse specie documentarie siano tradotte da una forma materiale ad una elettronica di rappresentazione.

Un esempio è costituito dal problema - assai sentito in ambito umanistico - della diffusione digitale di un documento che ha acquisito lo status di "fonte" - storica, letteraria o artistica. Difatti, come scrive Mario Ricciardi, all'imprescindibile necessità di "trasmettere la fonte, inalterata nei suoi caratteri fisici, nel tempo e nello spazio"[56], si contrappone l'evidente incapacità della tecnologia digitale ad operare una simile trasmissione, in quanto il documento elettronico si mostra come qualcosa di completamente diverso dal documento di origine; da ciò si determina un doppio ordine di problemi: da un lato infatti diventa impossibile verificare l'autenticità della fonte una volta che questa sia stata tradotta in formato elettronico; dall'altro lato si smarrisce sempre più, nei molteplici trasferimenti resi possibili dal supporto immateriale, la dimensione storica del documento, la sua funzione di testimonianza di un periodo e di un contesto. A parere di Ricciardi dunque, riprodurre e trasmettere un documento per mezzo di una tecnologia diversa da quella di origine provocherebbe un'alterazione del "sistema tradizionale di trasmissione e quindi di comunicazione di quel documento", modificandone le caratteristiche e rendendone problematico l'impiego culturale e scientifico: il medium elettronico, sostiene lo studioso, indebolisce "l'importanza dell'hic et nunc della fonte, [...] quell'unicum diverso da tutti gli altri", se è vero che "gli attributi del documento sono anche la sua natura specifica al di là dei contenuti"[57].

E proprio l'esistenza di qualcosa di intrinseco, di consustanziale al documento, di qualcosa insomma che vada "al di là dei contenuti", è il tema di fondo che caratterizza i recenti interventi di Roger Chartier, volti definire - in una suggestiva cornice storiografica - gli effetti delle nuove tecnologie sui tradizionali supporti dell'informazione[58]. Il tumultuoso passaggio dal formato cartaceo a quello elettronico costituisce infatti, nella visione dello storico francese, una rivoluzione "maggiore di quella di Gutenberg"[59], dal momento che le trasformazioni più importanti e significative non coinvolgono soltanto le tecniche di riproduzione del testo - come è avvenuto in seguito all'invenzione della stampa a caratteri mobili - ma anche e soprattutto "le strutture e le forme stesse del supporto" che rendono possibile la comunicazione fra il testo e i suoi lettori. La smaterializzazione del supporto, la sua traduzione in formato digitale, determinerebbe quindi un vero e proprio "stravolgimento" nelle modalità di produzione, trasmissione e ricezione dei testi, venendo modificati i criteri - ben noti e consolidati da un uso plurisecolare - di "organizzazione, di strutturazione, di consultazione del supporto dello scritto"[60]. Pertanto, a parere di Chartier, il "trasferimento del patrimonio scritto esistente da un supporto a un'altro, dal codex allo schermo, apre possibilità immense, ma è altresì una violenza fatta ai testi, separati dalle forme che hanno contribuito a costituire i loro significati storici"[61]; nel passaggio al formato digitale dunque non si modificherebbe soltanto un approccio ai testi di durata centenaria, ma andrebbero disperse tutte le "indicazioni di significato e di linguaggio materiale contenuti nell'aspetto fisico, nel formato, nella struttura fascicolare, nelle tracce della storia, che erano e sono proprie del libro-oggetto e che è possibile ritrovare soltanto nel diretto contatto con esso"[62]. La separazione dei contenuti dalle forme, ossia dai supporti con i quali i testi sono stati ideati, conosciuti e trasmessi attraverso i secoli, rappresenta dunque per Chartier un problema di fondamentale importanza, tanto da richiamare l'affermazione di Donald McKenzie secondo cui "forms effect meanings" e invitare a riflettere su un ammonimento "che mette in guardia contro l'illusione di ridurre indebitamente i testi al loro contenuto semantico"[63].

6. Realtà della lettura, lettura della realtà

L'analisi di Chartier non abbraccia solo il vasto insieme dei fenomeni derivanti dalla riduzione del testo al formato digitale, ma si sofferma su uno degli interrogativi più complessi e drammatici posto in campo dalle nuove tecnologie: e cioè se il libro a stampa possa rimanere lo strumento principale di diffusione delle conoscenze, o se esso non sia avviato a un inesorabile declino a fronte delle innovative possibilità offerte dal mezzo digitale.

In realtà, non è da oggi che il dibattito sulla morte del libro e sull'avvento della "paperless society" scuote la scena documentaria internazionale: basti pensare alle pionieristiche indagini di un Lancaster, che già alla metà degli anni Settanta ipotizzava nuovi scenari informativi sempre meno dominati dalla documentazione cartacea[64]; ma è certo che negli ultimi tempi, con la diffusione massiccia dei CD-ROM e la trionfante rivoluzione di Internet, tale dibattito ha subito un'improvvisa accelerazione che ha determinato prese di posizione non prive di estremizzazioni e di punte polemiche.

Ad accendere le polveri ci ha pensato Raymond Kurzweil, un personaggio che a buon titolo si può iscrivere alla categoria degli entusiasti fautori della svolta elettronica: in un'incalzante serie di articoli pubblicati sul "Library Journal"[65], Kurzweil si dice convinto che, in un breve arco di tempo, il tradizionale libro cartaceo sarà sostituito da strumenti informatici che egli stesso definisce "libri virtuali"; il loro avvento, sostiene l'autore, recherà vantaggi enormi, consentendo una più efficace interazione fra il testo e i lettori attraverso l'applicazione di "paradigmi intelligenti" sempre più sofisticati e complessi: in tal modo diverrà possibile l'esplorazione di ambienti e realtà simulate, e l'accesso a quantità sterminate di testi, documenti e immagini avverrà nella maniera più semplice ed amichevole. Ma al di là di queste ottimistiche previsioni, la tesi di fondo dello studioso è che la tecnologia digitale ha in sè i presupposti per fare del libro virtuale qualcosa di analogo, anzi di superiore al tradizionale libro a stampa: una superiorità che non si esplica soltanto nell'approccio interattivo ai testi, ma che viene a investire i fondamentali requisiti della leggibilità e della trasportabilità, requisiti che fin dalle origini hanno fatto del libro cartaceo lo strumento principe di conservazione e di trasmissione delle conoscenze. Kurzweil ritiene infatti che le difficoltà di lettura dagli schermi dei computer, così come la scomodità di un utilizzo "itinerante" di questi strumenti, saranno rapidamente superate dall'incessante evoluzione della tecnologia elettronica, fino ad arrivare al perfetto libro virtuale, che eliminerà definitivamente e senza rimpianti il testo cartaceo.

Tale visione di un universo dominato esclusivamente da forme elettroniche è stata invece oggetto delle critiche di Walt Crawford e Michael Gorman[66], che non hanno avuto difficoltà nell'individuare gli elementi di debolezza e finanche d'ingenuità presenti nelle tesi di Kurzweil; difatti, sostengono i due autori, l'accento non va posto tanto sul futuro della stampa come tecnologia, che potrebbe anche essere sostituita dalle forme digitali, quanto sulle modalità di lettura consentite dall'una o dalle altre. Ciò che emerge con maggior evidenza, scrivono Crawford e Gorman, è che la lettura da computer, pur essendo in pratica possibile, È in realtà del tutto implausibile; i computer infatti hanno un'indubbia validità nell'elaborazione dei dati e nella trasmissione a distanza di pacchetti informativi, ma non sono per nulla funzionali alle necessità di una lettura prolungata: per testi più lunghi di qualche paragrafo, la stampa su carta rimane senz'altro il medium migliore, in quanto la pagina a stampa possiede un'altissima capacità di risoluzione che agevola la lettura non producendo fenomeni di abbagliamento o di stanchezza della vista[67].

Non a caso, scrivono i due autori, i libri sono il prodotto di una tecnologia altamente sofisticata sviluppatasi in diverse centinaia di anni; la loro funzione di veicolo principale delle informazioni deriva da una perfetta sintesi di caratteristiche fisiche e intellettuali, che ha consentito e consente alla forma libro di ottenere i risultati più efficaci nella conservazione e nella trasmissione delle informazioni[68]; di conseguenza, un'analisi dei diversi supporti con cui vengono veicolate le informazioni non può in alcun modo tener separate le valenze tecniche da quelle intellettuali, imperniandosi entrambe sui basilari requisiti della leggibilità e della trasportabilità dei documenti. E in questo ambito Crawford e Gorman hanno gioco facile nel rilevare come il bagliore prodotto dagli schermi dei computer costringa a leggere lentamente e ad interrompere spesso la lettura; che la più bassa risoluzione di un testo a stampa è senz'altro superiore a quella ottenuta su uno schermo; che attraverso il computer si può leggere solo un terzo o la metà di una pagina, e quindi la lettura da schermo è del trenta per cento più lenta rispetto a quella di una pagina a stampa[69]; e che infine anche i migliori computer portatili sono di gran lunga meno validi dei libri e delle riviste in caso di letture itineranti, effettuate in momenti e in luoghi occasionali.

Le conclusioni dei due studiosi sono in linea con le argomentazioni fin qui sostenute; essi ribadiscono infatti che la permanenza dei testi a stampa nell'era dell'elettronica non è determinata - come ritiene Kurtzweil - da un ritardo tecnologico che potrà essere colmato nel giro di pochi anni, ma dal fatto che, per letture estensive, la stampa su carta continua ad essere un medium di prim'ordine, da cui sarebbe assurdo prescindere: pertanto, scrivono Crawford e Gorman, chi sostiene la validità dei media elettronici per letture prolungate non fa altro che introdurre "una soluzione fallace a un problema inesistente"[70]; finchè gli strumenti digitali non daranno risultati altrettanto efficaci della stampa su carta, non c'è alcun motivo per ipotizzare la scomparsa dei supporti cartacei e la loro sostituzione con strumenti virtuali.

Le affermazioni di Crawford e Gorman sono indubbiamente di rilievo, e non è semplice individuare degli argomenti in grado di spostarne l'asse dalla parte della pura medialità elettronica: se non fosse per l'ovvia considerazione che le forme digitali, al giorno d'oggi, sono estremamente diffuse, circolando sia su supporto "locale" (floppy disk, CD-ROM[71]), sia in trasmissione remota per mezzo delle reti telematiche[72]. Una significativa conferma viene dall'editoria elettronica, un fenomeno in piena espansione che interessa molteplici contesti informativi: pensiamo ai diversi gruppi scientifici ed accademici, che attraverso le riviste di rete diffondono in tempo reale una serie di conoscenze scientificamente rilevanti[73]; o ai più prestigiosi editori internazionali, che proseguono nella politica di digitalizzazione e immissione in Internet di importanti periodici finora esistenti soltanto su carta; per non parlare degli altri settori del mercato editoriale, che pur non abbandonando i tradizionali prodotti cartacei, vanno orientandosi in misura crescente verso forme più moderne - ipertestuali, multimediali - di pubblicazione[74].

7. L'eterna catena del testo

La comunicazione elettronica, con la sua dirompente carica innovativa ma anche con tutte le difficoltà e i limiti che si sono individuati, viene dunque a costituire un elemento strategico per la società dell'informazione, che non può essere rimosso sulla base di atteggiamenti preconcetti o attitudini consolidate e che, allo stesso tempo, va analizzato al di fuori dagli estremistici entusiasmi o dei furori iconoclasti di tanti profeti del verbo digitale.

Ma se esiste un rischio ancora maggiore delle irrazionali chiusure e delle acritiche accettazioni, questo risiede nel "rassicurante ecumenismo"[75] che Geoffrey Nunberg individua in quelle posizioni tendenti ad appiattire ogni contrasto nella convinzione di una pacifica coesistenza fra il vecchio e il nuovo, fra il cartaceo e il digitale, fra la tradizionale organizzazione delle conoscenze e gli innovativi criteri di diffusione dell'informazione; si tratta di un'idea che, secondo lo studioso, non è errata, ma è in realtà ingannevole, in quanto implica la possibilità di accogliere le innovazioni della tecnologia senza un'adeguata riflessione - e una conseguente trasformazione - delle forme e degli atteggiamenti culturali che esse impongono.

Onde evitare tali prospettive, per Nunberg è opportuno interrogarsi sul valore gnoseologico e sul significato metaforico da sempre legati al libro: il libro infatti, catagoria assolutamente non interessante se lo si guarda come semplice supporto di dati privi di rilievo culturale[76], assume una valenza simbolica altissima quando viene a rappresentare lo strumento per eccellenza di trasmissione delle conoscenze, il principale veicolo del sapere, riconosciuto e accettato come tale da qualsiasi tradizione culturale[77]; la domanda da porsi è dunque come possa mutare il nostro orizzonte conoscitivo se il libro a stampa venga surrogato da forme digitali o, in altri termini, se possa esistere una "cultura della stampa dopo la stampa"[78].

La risposta che viene dagli "innovatori"[79] è naturalmente negativa, nella fideistica certezza che la sostituzione del libro con strumenti elettronici condurrà alla fioritura di nuovi generi discorsivi più versatili, espressivi e democratici delle tradizionali forme a stampa. A parere di Nunberg invece saranno proprio le caratteristiche di questi nuovi formati a scongiurare l'ipotesi di una totale scomparsa dello strumento-libro: è fuor di dubbio infatti che i supporti digitali presentino enormi vantaggi, consistenti nella versatilità di produzione e archiviazione dei testi, oltre che nella capacità di trasmettere informazioni a costi assai bassi: ma proprio perchè trascendono i limiti del libro sia nell'aspetto esteriore sia nell'approccio percettuale, tali prodotti avranno non poche difficoltà ad assumerne completamente il ruolo. Il futuro del libro, conclude l'autore, non dipenderà soltanto dalle tecnologie disponibili, ma sarà determinato dalla nostra capacità di accoglierle e svilupparle secondo prospettive che siano in armonia con le strutture del sapere e le espressioni culturali esistenti; e forse il nostro futuro sarà "popolato da una raccolta più varia e complessa di forme e istituzioni di quanto lo sia il presente, e noi probabilmente lo troveremo non meno magico per ciò che conserva che per ciò che modifica"[80].

Dunque la convivenza fra le diverse forme di trasmissione del sapere dovrà assumere necessariamente una veste dialettica, non soltanto nel senso di una integrazione funzionale dei nuovi formati con i tradizionali supporti a stampa, ma proprio in virtù della comune matrice, per entrambi rappresentata dalla scrittura: i documenti elettronici infatti, per quanto veicolati da supporti immateriali, sono pur sempre documenti scritti, in cui l'informazione viene diffusa con il mezzo della scrittura; si pensi, per averne una chiara conferma, al mondo di Internet, che è interamente basato sulla scrittura, sulla testualità, sull'ipertesto; si pensi allo strepitoso ritorno di un mezzo di comunicazione interpersonale, la corrispondenza scritta, che era praticamente scomparsa e che vive uno straordinario successo grazie alla posta elettronica ed alle altre forme di messaggistica disponibili in Internet. La capacità di penetrazione della scrittura nel nuovo villaggio globale creato dalle reti è dunque fortissima, e la testualità diventa sempre più presente e pervasiva grazie alla diffusione delle tecnologie digitali[81]; così ad una scrittura che vede dilatarsi il proprio orizzonte si accompagna una lettura che, non più affidata in esclusiva agli strumenti cartacei, assume nuovi connotati, mostra nuovi requisiti psicologici e cognitivi, richiede nuovi approcci e nuove capacità di comprensione.

E' questa l'analisi tracciata da Patrick Bazin[82] nel rilevare che se da un lato assistiamo oggi alla perdita della posizione centrale detenuta dall'oggetto libro nei diversi campi della cultura e dell'agire sociale, dall'altro lato siamo in presenza di una riconfigurazione delle conoscenze non più intorno a un unico oggetto fondatore - il libro - ma intorno al processo stesso della lettura: si tratta di un processo che, emancipandosi dalla camicia di forza del libro ed integrandosi in una "politestualità" fatta di testi, immagini, suoni, banche dati e reti interattive, dà vita ad una nuova dimensione - dinamica, polimorfa, trasversale - che l'autore, con termine assai felice, definisce "metalettura". La metalettura, scrive Bazin, nasce dalla combinazione di diverse modalità e diversi livelli di lettura, di cui la lettura lineare di testi finiti non rappresenta che un aspetto, un primo strato di un più vasto universo di forme e dimensioni prodotte dalla tecnologia elettronica: le risorse digitali permettono infatti la lettura a distanza e lo scambio di opinioni fra lettori - e fra lettori ed autori - fino a ieri assai difficile a causa di barriere culturali e spaziali; producono un fortissimo impatto sui meccanismi di appropriazione individuale e collettiva dei testi; fanno "emergere un nuovo paesaggio mentale che da' l'impressione, a quanti lo abitano, di essere immersi collettivamente nello spazio di un libro senza fine piuttosto che trovarsi da soli di fronte alla bidimensionalità della pagina"[83]. In questo quadro, precisa l'autore, il tradizionale libro cartaceo continua a mantenere un proprio ruolo, avendo da tempo dimostrato la sua efficacia comunicativa e cognitiva, ma è inevitabile che sia scavalcato dalla realtà della metalettura, che viene così ad assumere una potente funzione di traino culturale e sociale.

Intorno alla metalettura, prosegue Bazin, va dunque coagulandosi un nuovo ordine del sapere, che si sovrappone a quell' "ordine dei libri"[84] fino ad oggi dominante nel panorama dell'informazione[85]: è un ordine che nasce dagli innovativi criteri di fruizione del testo e di approccio alla lettura prodotti dalle tecnologie elettroniche, e che assume la forma di una "trasversalità pluridisciplinare" volta a favorire non solo il confronto tra prospettive e punti di vista, ma l'ampliamento delle capacità di analisi e di comprensione del reale, in un contesto socioculturale sempre più sfaccettato e complesso. In tal senso si può parlare di una "testualità dinamica"[86] che, svincolatasi dalle rigidità della stampa, non solo riesca a trasformare il nostro rapporto individuale col testo, ma consenta di sovvertire il modello tradizionale di produzione e trasferimento delle conoscenze, sostituendo ad una trasmissione lineare e individualizzata un meccanismo di "coemergenza dei saperi" in cui vi sia una strettissima integrazione fra l'insegnamento, l'autoapprendimento, la creazione intellettuale e la propagazione stessa delle conoscenze.

E' dunque attraverso al metalettura che si riuniscono gli anelli - artificiosamente separati con la nascita dei supporti elettronici - di quella lunga catena del testo che da sempre ha caratterizzato la creazione e la trasmissione del sapere; ed è la metalettura che, ricollegando in un continuum i diversi approcci e le diverse forme culturali, viene a confermare l'intuizione di Walter Ong circa l'avvento di una seconda oralità: forse, alle soglie del terzo millennio, siamo davvero entrati in una fase nuova, in una dimensione in cui le informazioni vengono sempre più diffuse da strumenti immateriali ma nella quale la scrittura continua a esecitare un ruolo determinante e insostituibile per la società dell'informazione elettronica.


NOTE

In questo articolo le citazioni di documenti e di siti in Internet si danno secondo le indicazioni presenti in R. RIDI, Citare Internet, "Bollettino AIB", 35, 1995, 2, p. 211-220.

1 W. J. ONG, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, Il Mulino, 1986; dello stesso autore cfr. anche La presenza della parola, Bologna, Il Mulino, 1970; e Interfacce della parola, Bologna, Il Mulino, 1989.

2 Cfr. tra l'altro l'agile sintesi di M. BALDINI, Storia della comunicazione, Roma, Tascabili Economici Newton, 1995.

3 In particolare nel passaggio dall'età del manoscritto a quello della stampa, come dimostrano le note tesi di M. MCLUHAN, La Galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, Roma, Armando, 1988.

4 Cfr. MCLUHAN, La Galassia Gutenberg, cit.; Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1976.

5 W. J. ONG, Oralità e scrittura, cit., p. 191.

6 Pubblicato per la prima volta nel 1982 col titolo Orality and literacy. The techologizing of the words (London, Metuhen).

7 In particolare, scrive Ong, molto importanti sono le interazioni che si possono determinare nel "rapporto tra l'elaborazione elettronica della parola e la polarità oralità-scrittura" (W. J. ONG, Oralità e scrittura, cit., p. 190).

8 Cfr. R. M. FOWLER, How the second orality of the electronic age can awaken us the primary orality of antiquity or what hypertext can teach us about the Bible, "Interpersonal computing and technology: an electronic journal for the 21st century", 2, 1994, 3, p. 12-46, <mailto: listserv@guvm.georgetown.edu>, testo: <get fowler ipctv2n3>; T. J. FARRELL, Second orality and consciousness today, in Consciousness and culture: explorations of Walter Ong's thought, edited by B. E. Gronbeck, T. J. Farrell, P. A. Soukup, Newbury Park, Sage, 1991, p. 194-209.

9 "Una rete" ci spiega Carla Basili "è l'insieme di più calcolatori collegati tramite un mezzo di connessione, che può essere cavo coassiale, cavo a fibre ottiche, collegamento via satellite, o linea telefonica; ogni punto di connessione alla rete, cioè ogni calcolatore connesso, è un nodo della rete" (C. BASILI, Introduzione a Internet: qualche termine tecnico per iniziare, "AIB Notizie", 7, 1995, 12, p. 21).

10 W. J. ONG, Oralità e scrittura, cit., p. 191.

11 Al riguardo cfr. le acute osservazioni di T. MALDONADO, Reale e virtuale, Milano, Feltrinelli, 1993.

12 G. MAZZOLI, Introduzione, in G. MAZZOLI - G. BOCCIA ARTIERI, L'ambigua frontiera del virtuale. Uomini e tecnologie a confronto, Milano, Angeli, 1994, p. 11.

13 "In un mondo virtuale ci troviamo all'interno di un ambiente di pura informazione che possiamo vedere, sentire e toccare. La tecnologia in sè è invisibile, e adattata attentamente all'attività umana al punto che siamo in grado di comportarci in modo naturale" (M. BRICKEN, Mondi virtuali: nessuna interfaccia da progettare, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale, a cura di M. Benedikt, Padova, Muzzio, 1993, p. 377).

14 G. MAZZOLI, cit., p. 22. Per un'attenta e lucida valutazione del fenomeno cfr. P. ODIFREDDI, Cibercreduloni, "La Rivista dei Libri", 4, 1994, 5, p. 37-39; ID., In media stat virtus, "La Rivista dei Libri", 6, 1996, 3, p. 39-41.

15 Com'è noto, CD-ROM sta per Compact Disk Read Only Memory, cioè a sola lettura, sul quale è impossibile intervenire da parte di chi lo usa, come invece accade per il comune floppy disk. Dell'enorme serie di articoli, libri e riviste dedicate ai dischi ottici citiamo R. RIDI, Istruzione all'uso dei cd-rom: quanta, quale, quanta, "Biblioteche oggi", 14, 1996, 9, p. 26-34, con ampia bibliografia.

16 L'attuale capacità di archiviazione dei CD-ROM va infatti dai 600 ai 650 megabyte; stanno tuttavia per essere immessi sul mercato nuovi dischi otttici, i DVD (digital versatile discs), che saranno non solo "scrivibili" e "cancellabili", ma14 volte più capienti e di qualità nettamente superiore dei precedenti, pertanto in grado di ospitare prodotti multimediali assai più sofisticati e complessi; cfr. A. E. BELL, I compact disc del futuro. "Le Scienze", 337, settembre 1996, p. 64-68; ulteriori informazioni sono reperibili in Internet all'indirizzo <http://www.ima.org/forums/imf/dvd/faq.html>.

17 Tra le più importanti enciclopedie su CD-ROM prodotte in Italia si ricorda Encyclomedia. Guida Multimediale alla Storia della Civiltà Europea, ideata e diretta da Umberto Eco; cfr. al riguardo G. BAFFETTI, Il '600 di Eco. Enciclopedia multimediale e sistemi del sapere, "IBC", 2-3, 1994-1995, 6-1, p. 37-39.

18 Sulla trasposizione tecnologica di immagini e di realizzazioni artistiche, è d'obbligo il riferimento a W. BENJAMIN, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1982, altro non apparendo la traduzione su supporto digitale di forme artistiche che una nuova, più avanzata tecnica di riproduzione; al riguardo si veda Y. MAIGNIEN, L'oeuvre d'arte à l'èpoque de sa reprodution numèrisèe, "Bullettin des Bibliothèques de France", 41, 1996, 1, p. 16-24.

19 Cfr. C. MCKNIGHT - A. DILLON - J. RICHARDSON, Hypermedia, in Encyclopedia of Library and Information Science, edited by A. Kent, v. 50, New York, Dekker, 1992, p. 226-255.

20 Della vasta bibliografia sugli ipertesti citiamo innanzitutto Literary machine 90.1. Il progetto Xanadu di Theodor H. Nelson, universalmente riconosciuto come il padre dell'ipertesto ed inventore del termine (Padova, Muzzio, 1992); e poi G. P. LANDOW, Ipertesto. Il futuro della scrittura, a cura di B. Bassi, Bologna, Baskerville, 1993; J. D. BOLTER, Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, Milano, Vita e Pensiero, 1993; Oltre il testo: gli ipertesti, a cura di M. Ricciardi, Milano, Franco Angeli, 1994. Per gli aspetti discussi di seguito si vedano soprattutto i saggi di Fowler, Landow e Bolter.

21 Per un'applicazione dei principi ipertestuali ad ambiti squisitamente letterari cfr. G. MELLONI, L'Hypertext Hotel di Robert Coover, "Bollettino `900. Bollettino Elettronico del Seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/melloni.htm>.

22 Su queste problematiche si vedano le stimolanti prese di posizione di Umberto Eco (Of text and hypertext, "The Wall Street Journal's Europe Convergence", June 1995, p. 5; From Internet to Gutenberg. A lecture presented by Umberto Eco at The Italian Academy for Advanced Studies in America, November 12, 1996, <http://www.italynet.com/columbia/internet.htm>.

23 Tale è appunto l'opinione di Umberto Eco: "We may conceive of hypertexts which are unlimited and infinite. Every user can add something, and you can implementing a sort of jazz-like unending story. At this point the classical notion of authorship certainly desappears, and we have a new way to implementing free creativity" (From Internet to Gutenberg, cit.).

24 Per l'impiego in ambito documentario dell'approccio ipertestuale cfr. A. M. TAMMARO, Ipertesto e thesauri: due esempi di applicazione, in Annuario dei thesauri 1991. Firenze, IFNIA, 1991, p. 67-77.

25 Tanto più importante se si pensa che una modalità di tipo ipertestuale rappresenta, grazie al sistema World Wide Web, il criterio dominante di organizzazione delle informazioni sulla rete Internet.

26 Cfr. R. RIDI, La biblioteca virtuale come ipertesto, "Biblioteche oggi", 14, 1996, 4, p. 10-20.

27 M. MCLUHAN, La galassia Gutenberg, cit. (la prima edizione risale al 1964); Gli strumenti del comunicare, cit.; Il medium è il messaggio, Milano, Feltrinelli, 1968.

28 Al riguardo cfr. S. HARNAD, Post-Gutenberg Galaxy: the fourth revolution in the means of production of knowlwdge. "The Public-Access Computer System Review", 2 (1991) 1, p. 39-53, <http://info.lib.uh.edu/pr/v2/n1/harnad.2n1>; M. DERY, McLuhan through the rearview mirror, "Educom Review", 30, 1995, 6, <http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/30622.html>.

29 Delle trasformazioni culturali, sociologiche e antropologiche intervenute con la diffusione delle reti telematiche parla ampiamente Derrick de Kerckhove: lo studioso canadese, considerato l'erede di Marshall McLuhan, infatti non solo ipotizza la nascita dell' "uomo connettivo", coinvolto nell'interattività delle reti e contrapposto all' "uomo collettivo" originato dalla televisione, ma postula il superamento del villaggio globale in nome della pervasività e dell'onnicomprensività delle stesse reti telematiche; cfr. D. DE KERCKHOVE, La pelle della cultura, Genova, Costa & Nolan, 1996.

30 Al riguardo si veda l'interessante sintesi di uno dei "padri" di Internet, Vinton G. Cerf, intitolata appunto The Internet Phenomenon e disponibile all'indirizzo <http://www.cs.washington.edu/homes/lazowska/cra/networks.html>.

31 G. CARAVITA, Internet regina delle reti, "Il Sole-24 Ore", 12 febbraio 1993, p. 19.

32 I molteplici impieghi di Internet a fini bibliotecari sono accuratamente esplorati in R. RIDI, Internet in biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 1996.

33 "Like Shakespeare's Cleopatra, the World Wide Web is "infinite in variety". Anyone who has spent more than a modicum of time surfing the Web has encountered the good, the bad, and the ugly among is offering" (J. RETTIG, Beyond "cool". Analog models for reviewing digital resources. "Online", 20, 1996, 5, oppure <http://www.onlineinc.com/online/online/onlinemag/SeptOL/rettig9.html>). Particolare rilievo, ai fini del presente discorso, assume un'iniziativa che già nel nome è significativa delle sue intenzioni: si tratta del "Progetto Gutenberg", volto a tradurre in formato elettronico e a mettere in rete una vasta serie di opere letterarie in edizione integrale, affinchè possano essere fruite dagli utenti di Internet (<http://jg.cso.uiuc.edu/PG/welcome.html>); per l'Italia esiste l'analogo "Progetto Manuzio" (<http://www.liberliber.it/index.html>).

35 "Parte dall'Italia un esperimento avanzato di trasmissione di un evento sportivo per immagini attraverso la rete": si tratta, in altre parole, di "un "tv-me" superpersonalizzato, di una passione sportiva avvolta da un involucro virtuale, diretta agli appassionati automobilisti di tutto il mondo" (V. ZAMBARDINO, La Ferrari corre su Internet, "La Repubblica", 6 gennaio 1997, p. 1, 8; il relativo sito Internet è all'indirizzo <http://www.ferrari.it>).

36 Una "network soap opera" che attrae ingenti masse di ciberdipendenti è, ad esempio, The Pyramid (<http://www.thepyramid.com>).

37 Oggetto di recenti interventi censori da parte di autorità statunitensi ed europee; per una discussione sui tentativi di regolamentazione della rete cfr. D. SINISCALCO, Regolamentato, non sarebbe più Internet, "Il Sole-24 Ore", 4 luglio 1995, p. 1-2; E. A. CAVAZOS - G. MORIN, Cyberspace and the law. Your rights and duties in the on-line world, Cambridge, The MIT Press, 1995; D. J. WALLACE - M. MANGAN, Sex, laws and cyberspace, New York, M&T Books, 1996.

38 Un solo caso: quello del romanzo La profezia di Celestino di James Redfield, opera che, nel pronosticare l'avvento di una società libera dagli assili del presente e tesa alla più completa realizzazione dell'umanità, è divenuta un oggetto di interesse tale da entrare subito in Internet; fra le molte pagine ad essa dedicate, segnaliamo la Celestine Prophecy Home Page <http://www.maui.net/~shaw/celes/celestine.html>. L'edizione italiana del romanzo e la successiva Guida alla profezia di Celestino sono edite da Corbaccio.

39 Vi è ad esempio un intero sito che censisce i film divenuti oggetti di culto: <http://lasarto.cnde.iastate.edu/Moovies/CultShop>; si vedano inoltre le numerose pagine dedicate al regista statunitense Quentin Tarantino dopo il successo del suo film Pulp Fiction, raccolte all'indirizzo <http://liberty.uc.wlu.edu/~aechrist/qt.html>.

40 Un significativo campione delle sterminate possibilità offerte dalla rete si trova in C. WARD, 101 cose da fare su Internet prima di morire, "Internet Magazine.net", 2, 1996, 8, p. 36-45.

41 Come sono chiamati i "navigatori del ciberspazio", ossia dello spazio virtuale creato dalle reti telematiche. Il termine cyberspace è stato coniato dallo scrittore di fantascienza William Gibson, dalle cui opere ha preso poi origine il movimento letterario-politico-informatico del cyberpunk; quest'ultimo, "al di là dei miti tra il fantascientifico e il regressivo che esplora nella sua elaborazione letteraria [...] è interessante anche per una sua connotazione ideologica ingenuamente anarchica e libertaria, in cui prevale un'idealizzazione assoluta e acritica delle potenzialità liberatorie che sarebbero insite nella rete in quanto tale" (M. NACCI - P. ORTOLEVA, Tecnica e progresso, "La Rivista dei Libri", settembre 1993, p. 35-37).

42 L'immissione di risorse è oggi enormemente facilitata dalla modalità World Wide Web: basta infatti possedere un computer e un modem per inserire dati (testuali, visivi, sonori) in formato elettronico, e di conseguenza "entrare in Internet" e contribuire alla sua indefinita estensione.

43 "L'informazione disponibile attraverso Internet" scrive Carla Basili "continua a proliferare e a divenire sempre più importante e "legittimata" entro la comunità scientifica. Il ricercatore attinge informazione dalla rete con la stessa naturalezza con la quale attinge informazione dalla biblioteca: la rete va configurandosi quindi come una delle molteplici fonti di conoscenza utili alla comunità scientifica" (C. BASILI, La ricerca "per soggetto" dell'informazione in Internet, "Biblioteche oggi", 13, 1995, 6, p. 40. Sulla validità di Internet a fini scientifici cfr. anche V. PASTERIS, Internet per chi studia. Orientarsi, documentarsi, preparare la tesi, Milano, Apogeo, 1996.

44 Di recente, oltre alle moltitudine di siti futili o inutili, si assiste a un'invasione di risorse commerciali che sta trasformando la rete in un gigantesco business internazionale. Anche a ciò si deve la disaffezione di un nutrito gruppo di utenti "scientifici": infatti molti studiosi di discipline quali la la matematica, la fisica, l'astronomia, che hanno contribuito in maniera determinante alla nascita e all'affermazione di Internet, sono determinati a uscirne e a costituire una rete parallela, la cosiddetta Internet 2, dedicata esclusivamente alla comunicazione accademica. Cfr. M. PLATERO, Spesa record al supermarket Internet, "Il Sole-24 Ore", 12 giugno 1995; W. H. GRAVES, Why we need Internet II, "Educom Review", 31, 1996, 5, <http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/31528.html>; M. M. ROBERTS, Internet II: the next generations university network, "Educom Review", 31, 1996, 6, <http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/31660.html>.

45 Molteplici in verità sono gli sforzi volti a censire, classificare e valutare le risorse; cfr. al riguardo N. AUER, Bibliography on evaluating Internet resources, <http://refserver.lib.vt.edu/libinst/critTHINK.HTM>; F. GIACANELLI, Valutare Internet per migliorare la ricerca, "Biblioteche oggi", 14, 1996, 9, p. 35-39.

46 E. DI BENEDETTO, Ma non c'è già tutto gratis su Internet?, in Distribuire e rendere disponibili le risorse informative. Confronto fra soluzioni fuori del mito. Atti del Convegno, Bologna, 10-11 maggio 1995. Catalogo CD-ROM e basi dati E. S. Burioni 1996, Genova, E. S. Burioni Ricerche Bibliografiche, 1996, p. 352-353.

47 S. UBERTI FOPPA, Java, la nuova informatica, "ZeroUno", 109, febbraio 1996, p. 28-29.

48 Che ha ormai assunto il termine sempre più generico e polisemico di "ciberspazio". Cfr., oltre al citato volume a cura di Benedikt, H. RHEINGHOLD, Comunità virtuali. Parlare, incontrarsi vivere nel ciberspazio, Milano, Sperling & Kupfer, 1994; J. STALLABRASS, Empowering technology: the exploration of cyberspace, "New Left Review", 211, May/June 1995, p. 3-32; P. LEVY, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, a cura di D. Feroldi e R. Scelsi, Milano, Feltrinelli, 1996.

49 Cfr. K. R. POPPER, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Roma, Armando, 1976, p. 185-202; Conoscenza oggettiva, Roma, Armando, 1983; La conoscenza e il problema corpo-mente, Bologna, Il Mulino, 1996; K. R. POPPER - J. C. ECCLES, L'io e il suo cervello. Vol. 1: K. R. POPPER, Materia, coscienza e cultura, Roma, Armando, 1982, p. 52-125.

50 K. R. POPPER, Materia, coscienza e cultura, cit., p. 54 (corsivo dell'autore).

51 In altri suoi scritti Popper chiarisce ulteriormente questo concetto con appropriate esemplificazioni; cfr. in particolare i saggi contenuti in La conoscenza e il problema corpo-mente, cit. Si veda altresì "Il Mondo 3. Rivista di teoria delle scienze umane e sociali", che nel numero 2-3 (agosto-dicembre 1995) presenta interessanti contributi su questi aspetti della teoria popperiana.

52 Un'analisi affine alla nostra è quella tracciata da Michael Benedikt che, partendo da prospettive differenti e non esaminando il fenomeno Internet, perviene piuttosto genericamente a definire il "ciberspazio" come "il più avanzato stadio di evoluzione del Mondo 3" (M. BENEDIKT, Introduzione, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale, cit., p. 4).

53 Un'opinione analoga è sostenuta da Anna Maria Tammaro quando rileva che "per l'informazione elettronica in rete, la novità è nel tenere distinto il contenuto informativo dal supporto di trasmissione, cioè il documento dal materiale su cui è memorizzato" (A. M. TAMMARO, La rivoluzione multimediale oltre i luoghi comuni, "Letture", 51, 1996, 531, p. 13-16).

54 Tra cui possiamo annoverare, ad esempio, Sven Birkerts, autore di un libro dal titolo paradigmatico, The Gutenberg elegies: the fate of reading in the electronic age (London, Faber & Faber, 1994).

55 Fra i quali s'impone la figura del "guru" Nicholas Negroponte, direttore di Media Lab, il gruppo di ricerca del MIT sulle più avanzate tecnologie e autore dell'altrettanto espicito Essere digitali (Milano, Sperling & Kupfer, 1995); cfr. al riguardo P. ODIFREDDI, In media stat virtus, cit.

56 M. RICCIARDI, Testi virtuali e tradizione letteraria, in Biblioteca. Metafore e progetti, a cura di G. Baldissone, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 215-216 (corsivi dell'autore).

57 Ibid., p. 220.

58 R. CHARTIER, Dal codex allo schermo, "La Rivista dei Libri", giugno 1994, p. 4-6; L'ordine dei libri, Milano, Il Saggiatore, 1994, p. 103-105; di questo volume si veda l'eccellente recensione di Armando Petrucci (L'età del libro, "La Rivista dei Libri", novembre 1994, p. 17-18).

59 R. CHARTIER, Dal codex allo schermo, cit., p. 4: al riguardo cfr. anche S. HARNAD, cit. Alcune implicazioni biblioteconomiche di questo mutamento di prospettiva sono analizzate in J. S. R. RUTSTEIN - A. L. DEMILLER - E. A. FUSELER, Possesso contro accesso: un cambiamento per le biblioteche, "Biblioteche oggi", 13, 1995, 7, p. 40-52.

60 R. CHARTIER, ibid.

61 Ibid., p. 5; il passaggio verso il formato elettronico, prosegue Chartier, è infatti uno "stravolgimento radicale delle modalità di produzione, di ricezione e di trasmissione dello scritto, poichè sono i sistemi di organizzazione, di strutturazione, di consultazione del supporto dello scritto ad essere modificati".

62 A. PETRUCCI, cit., p. 18.

63 R. CHARTIER, L'ordine dei libri, cit., p. 104.

64 F. W. LANCASTER, Toward paperless information systems. Il testo è pubblicato nel 1978 (New York, Academic Press), ma le riflessioni dell'autore su questo argomento decorrono fin dal 1972; Lancaster tornerà ad occuparsene in Libraries and librarians in an age of electronics, Arlington, Information Resources Press, 1982. Oggi questo grande protagonista della biblioteconomia americana è impegnato fra l'altro nel seguire l'evoluzione "virtuale" delle biblioteche e dei sistemi d'informazione, come testimonia la cura del volume Libraries and the future. Essays on the libraries in the twenty-first century (New York, The Haworth Press, 1993), che contiene anche un suo importante saggio dal titolo Artificial intelligence and expert systems: how will they contribute? (p. 147-155).

65 Raymond Kurzweil, "autore, inventore e massima autorità nel campo dell'intelligenza artificiale", forse non a caso ha affidato i suoi interventi al "Library Journal"; cfr. The future of libraries. Part 1: The technology of the book (January 1992, p. 80-81); Part 2: The end of books (February 1992, p. 140-142); Part 3: The virtual library (March 1992, p. 63-64); The virtual book revisited (February 1993, p. 145-146).

66 W. CRAWFORD - M. GORMAN, Future libraries: dreams, madness and reality, Chicago, American Library Association, 1995.

67 "After having spent no more than 12 hours at a computer console" scrive Umberto Eco, "my eyes are like two tennis balls, and I feel the need of sitting comfortably down in an armchair and reading a newspaper, and maybe a good poem" (From Internet to Gutenberg, cit.).

68 Della stessa opinione è Umberto Eco: "Books will remain indispensable not only for literature, but for any circumstance in which one needs to read carefully, not only to receive information but also to speculate and to reflect about it. To read a computer screen is not the same as to read a book" (ibid.).

69 Eco peraltro rileva come l'attuale "generazione dei computer", a differenza di quanti si sono accostati tardi all'informatica, pratichi una lettura da schermo assai più veloce: "The new computer generation is trained to read at an incredible speed. An old-fashioned university professor is today incapable of reading a computer screen at the same speed as a teen-ager" (ibid).

70 W. CRAWFORD - M. GORMAN, cit., p. 22 (trad. nostra).

71 Per i CD-ROM possono valere i seguenti dati: nel 1994 CD-ROMS in print, il più importante repertorio a stampa, censiva oltre 8.000 titoli, più di un quarto di tutti i titoli mai pubblicati; nel 1995 si sono superati i 10.000 titoli; cfr. CD-ROMS in print 1995. An international guide to CD-ROM, CD-I, 3DO, MMCD, CD32, multimedia, & electronic book products, Westport, Mecklermedia, 1995.

72 Oggi si assiste ad un'integrazione sempre maggiore delle diverse forme dell'informazione digitale; al riguardo si veda il nostro I CD-ROM nell'era di Internet: un'analisi dei CD-ROM di area economica, "Informatica e Documentazione", 23-24, 1996, p. 41-47, oppure <santoro-econ.htm>.

73 Per una visione d'insieme sull'argomento ed un'ampia bibliografia cartacea ed elettronica si rinvia al nostro L'informazione scientifica in rete. Le possibilità dell'editoria elettronica, "Bollettino `900. Bollettino elettronico del Seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/santoro.htm>.

74 Una testimonianza viene dall'ultima Fiera del Libro di Francoforte, dove si è registrata un'impetuosa espansione del settore multimediale nelle due opposte ma complementari tendenze dell'editoria in rete e su CD-ROM: se da un lato infatti molti editori sfruttano le potenzialità di Internet per conquistare nuovi segmenti di mercato, dall'altro il CD-ROM sembra consolidare il suo ruolo strategico in molteplici ambiti informativi; cfr. al riguardo A. CASALEGNO, Francoforte su cd-rom, "Il Sole-24 Ore", 6 ottobre 1996, p. 22.

75 E' il termine usato da Nunberg nel suo splendido saggio The places of books in the age of electronic reproduction, in Future libraries, edited by R. H. Bloch and C. Hesse, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 13-37.

76 "But books as such - that is, bound and printed documents - are not an interesting category. In modern industrial societies, the vast majority of books bear no cultural burden at all: they are parts catalogs, census reports, Department of Agriculture pamphlets, tide tables, tax codes, repair manuals, telephone directories, airline schedules - documents whose appearance as books rather than in other form has mostly to do with the practical requirements of display and diffusion and the limits of available technologies" (G. NUNBERG, cit., p. 14).

77 Fra la ricca bibliografia sull'argomento si cita soltanto A. M. DI NOLA, Libro, in Enciclopedia, Torino, Einaudi, 1979, v. 8, p. 260- 286.

78 G. NUNBERG, cit., p. 15.

79 Definiti anche da Nunberg con l'appellativo di "visionari": tra questi, l'autore annovera non solo Raymond Kurzweil, ma anche Jay David Bolter ed altri teorici dell'ipertesto.

80 G. NUNBERG, cit., p. 15-16 (trad. nostra).

81 In tal senso, Umberto Eco parla di un "ritorno alla Galassia Gutenberg", ossia ad un universo dominato dalla scrittura e messo in crisi - secondo l'analisi di McLuhan - dalla televisione e dagli altri media elettronici: "People who spend their night implementing an unending Internet conversation are principally dealing with words. If the TV screen can be considered a sort of ideal window through which one watches the whole world under the form of images, the computer screen is an ideal book on which one reads about the world in form of words and pages" (From Internet to Gutenberg, cit.).

82 P. BAZIN, Vers une mètalecture, "Bullettin des Bibliothèques de France", 41, 1996, 1, p. 8-15.

83 Ibid., p. 13 (trad. nostra).

84 L'espressione è naturalmente di Roger Chartier e del suo più volte citato L'ordine dei libri.

85 Ma, precisa Bazin, senza dar luogo a sostituzioni traumatiche e radicali, dal momento che entrambe le prospettive sono volte alla trasmissione delle conoscenze, alla circolazione di simboli culturali, alla creazione di comunità informative.

86 L'autore desume questa espressione da B. STIEGLER, Machine à ècrire et machine à penser, "Genesis", 5, Paris, J.-M. Place, 1994.

NDR 2013-12-24: corretti refusi nella nota 27 (da "massaggio" a "messaggio), nel paragrafo 4 (tolta una parentesi quadra) e nel paragrafo 5 (tolta una parentesi quadra)
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