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Esplorando il Mondo 3
Breve viaggio tra le meraviglie e gli assilli dell'informazione elettronica
Pubblicato anche a stampa, in "Culture del testo", III,
n. 8 (maggio - agosto 1997), p. 7-27.
di Michele Santoro (in linea da marzo
1998)
1. All'insegna della seconda oralità
Sulla scorta di una potente suggestione di Walter Ong[1],
è ormai consuetudine per gli storici della comunicazione[2]
suddividere le ere della cultura in tre ampie fasce, quella dell'oralità,
quella della scrittura e quella della seconda oralità. Propria dei
millenni precedenti la nascita della scrittura, la fase dell'oralità
ha nella comunicazione interpersonale l'unico mezzo per lo scambio delle
informazioni, ed è caratterizzata da un sapere "formulaico",
fatto di espressioni fisse, di frasi ripetute, di formule ritmiche atte
ad agevolare la memoria umana, a cui è esclusivamente affidata la
trasmissione delle conoscenze; per l'uomo della prima oralità il
senso più importante è dunque l'udito, essendo la sua cultura
interamente basata sui suoni che può ascoltare e memorizzare. Con
il passaggio all'età della scrittura, fase determinante e centrale
nella cultura umana, il pensiero diventa più astratto, più
analitico e meno formulaico, e si affievolisce il predominio della memoria,
surrogata dalle memorie artificiali rappresentate dai documenti, mentre
il senso dell'udito perde sempre più la sua supremazia a vantaggio
della vista[3].
Il concetto di oralità secondaria viene infine introdotto da
Ong per descrivere la fase più recente della storia della comunicazione,
dominata dagli strumenti dalla tecnologia elettrica ed elettronica - il
telegrafo, il telefono, la radio e la televisione - che hanno radicalmente
trasformato i criteri di scambio delle informazioni producendo eccezionali
conseguenze in tutti i settori della società e della cultura[4].
"Questa nuova oralità", scrive Ong, "ha sorprendenti
somiglianze con quella più antica per la sua mistica partecipatoria,
per il senso della comunità, per la concentrazione sul momento presente
e persino per l'utilizzazione di formule"[5]; e
tuttavia, per lo studioso nordamericano, essa non è soltanto il
risultato dell'influenza dei mezzi di comunicazione di massa, ma è
anche la conseguenza dell'impiego sempre più massiccio dei computer
e della tecnologia informatica, che si sta imponendo negli anni in cui
Ong scrive il suo testo[6] e che dispiegherà
ben presto tutta la sua carica innovativa. Ong non approfondisce il discorso
su questa nuova oralità, limitandosi a indicare alcuni dei possibili
sviluppi che l'adozione del computer può comportare[7],
ma la sua intuizione appare oggi sorprendentemente fondata, al punto che
molti studiosi sono portati a estendere la nozione di oralità secondaria
alla realtà attuale[8], sempre più dominata
dai sistemi di comunicazione basati sulla tecnologia digitale, quali le
reti telematiche[9] e gli altri strumenti di diffusione
elettronica dell'informazione.
La seconda oralità comunque - lo stesso Ong lo precisa con forza
- è ben diversa dalla prima, non solo apparendo "più
deliberata e consapevole", ma "permanentemente basata sull'uso
della scrittura"[10]: in un contesto fitto di
elementi di oralità di ritorno, è dunque la scrittura che
costituisce la vera discriminante, l'elemento che caratteriza l'attuale
fase culturale e la differenzia radicalmente dalla prima oralità,
priva di produzione scritta e fondata sulla memoria dei singoli e non sulle
memorie documentarie. Questo inedito connubio di scrittura che influisce
sulla dimensione orale e di oralità impregnata di documentazione
scritta non costituisce solo l'intuizione più feconda di Ong, ma
si pone come un modello d'interpretazione della civiltà contemporanea,
caratterizzata dalla sovrapposizione - a volte confusa ma sicuramente dinamica
e stimolante - di enormi insiemi di documentazione scritta che possono
essere diffusi e recepiti con criteri assai prossimi a quelli della comunicazione
orale. Inscrivendosi nel quadro fin qui tracciato, le note che seguono
intendono fornire alcune linee d'indagine sui cambiamenti intervenuti nelle
modalità di trasmissione delle informazioni con l'avvento delle
tecnologie digitali, e rilevare l'impatto che essi producono sull'universo
dei documenti, fino a ieri individuabile con chiarezza nei suoi presupposti
concettuali e nella sua fisica aderenza ad un supporto, oggi sempre più
indefinito, fluido, cangiante nell'inquieta e mobile realtà contemporanea.
2. Cultura smateriale
Se la nozione di seconda oralità può dunque contribuire
ad una definizione dell'attuale momento socioculturale, dominato in maniera
crescente dai sistemi di diffusione elettronica dell'informazione, vi è
un'altra categoria a cui sempre più spesso si ricorre per connotare
le diverse possibilità legate a queste nuove frontiere tecnologiche:
la categoria del "virtuale". Parlare di virtualità implica
l'immersione in una dimensione artificiale, in cui la realtà quotidiana
viene tradotta, per così dire, in entità immateriali, in
dati incorporei, in informazioni digitali[11]. Tale
processo di dematerializzazione del reale, com'è stato scritto di
recente, ha conseguenze di portata straordinaria "in tutti campi dell'agire
e del sapere sociale, penetrando sia nelle relazioni "macrosistemiche",
sia negli spazi della quotidianità dei singoli individui"[12]:
la qual cosa, è facile intuirlo, conduce non solo ad una trasformazione
radicale della nostra sensibilità, ma ad un mutamento globale nella
percezione della realtà[13], di una realtà
in cui gli aspetti materiali vanno sempre più sfumando verso prospettive
"virtuali" o, se si preferisce, verso una "tendenziale subordinazione
degli aspetti strettamente fisici a processi di simbolizzazione, codificazione
e astrattizzazione"[14].
Ma all'interno di un discorso specificamente orientato ad un ambito
documentario, la dimensione virtuale che c'interessa esplorare è
ovviamente quella legata alla presenza sempre più ampia dei nuovi
supporti dell'informazione; una costante di questi anni è infatti
la smaterializzazione degli oggetti che siamo abituati a considerare come
portatori di informazioni: tra questi, ad assumere una veste virtuale è
stato in primo luogo il supporto cartaceo, che da secoli ha reso possibile
la raccolta, la diffusione e la conservazione delle memorie documentarie,
e a cui si affiancano ora nuovi strumenti in grado di utilizzare al meglio
le straordinarie possibilità offerte dalle tecnologie digitali.
La traduzione in formato elettronico ha interessato in particolare quelle
opere - repertori, enciclopedie, dizionari - che per volume e complessità
trovavano i maggiori vantaggi nel risiedere su un supporto diverso da quello
cartaceo: un supporto che è stato, e che per molti versi continua
ad essere il CD-ROM[15].
I pregi del CD-ROM sono ben noti, sia perchè è di ingombro
minimo e può essere usato con facilità anche da utenti non
specializzati, sia perchè è in grado di accogliere una quantità
assai elevata di informazioni[16], come testimonia
il suo ruolo di contenitore di banche dati - sia bibliografiche sia fattuali
- che da oltre un decennio esercita con immutato successo. E' indubbio
quindi che la trasposizione su CD-ROM di opere di grande mole ed importanza[17]
viene a costituire un decisivo argomento a favore dello strumento digitale
in luogo del tradizionale supporto cartaceo; e ciò appare tanto
più vero se si pensa che i CD-ROM, come tutti gli altri formati
elettronici, permettono di associare al testo non solo le immagini - consentendo
ad esempio la riproduzione di opere presenti in grandi musei o gallerie
d'arte[18] - ma anche animazioni, musiche e suoni,
e di realizzare in tal modo quella "multimedialità"[19]
che sembra contraddistinguere questa vertiginosa, concitata e complessa
fin de siécle. E tuttavia la rappresentazione elettronica
delle informazioni non soltanto è in grado di dar vita a sofisticate
opzioni multimediali con cui attrarre un pubblico vasto, ma - cosa impossibile
per qualsiasi tecnologia tradizionale - permette di realizzare lo strumento
più innovativo e dinamico dell'attuale scena tecnologica, e cioè
l'ipertesto[20].
L'ipertesto è un documento non sequenziale, in cui cioè
le informazioni sono organizzate in blocchi discontinui ma connessi da
appositi legami: il lettore può così "navigare"
con estrema libertà fra le informazioni presenti nel testo ed esplorarle
secondo un percorso personalizzato, avvicinando o allontanando, ampliando
o restringendo l'oggetto del proprio interesse conoscitivo; l'ipertesto
inoltre consente di aggiungere nuove informazioni in qualsiasi punto del
testo, che in tal modo viene modificato a seconda degli interessi o delle
necessità dei singoli utenti. Ne risulta sconvolta non solo la logica
lineare propria della lettura e della scrittura tradizionali, ma la stessa
distinzione fra autore e lettore, divenendo quest'ultimo una sorta di coautore
e, talvolta, di vero e proprio autore del testo: è difatti impossibile
essere lettori "passivi" dell'ipertesto, che per sua natura è
fluttuante, dinamico, pronto a mutare in seguito all'intervento del lettore;
nel realizzare l'incontro, o per meglio dire la fusione delle realtà
antitetiche dell'autore e del lettore, l'approccio ipertestuale determina
un significativo ampliamento della creatività personale[21]
e dà vita a inedite e originali possibilità di espressione[22].
L'ipertesto poi - aspetto di particolare importanza ai fini del nostro
discorso - si presenta come una realtà totalmente diversa e alternativa
rispetto ai testi su supporto materiale, non soltanto perchè è
realizzato in formato digitale, ma proprio in virtù della sua struttura
non sequenziale che gli impedisce di avere un inizio, un centro e una fine
come avviene nei testi tradizionali; con l'ipertesto pertanto si ripristina
una forma non lineare di organizzazione dei concetti, tipica delle fasi
di oralità primaria e venuta meno con la scrittura, che ha dato
vita a un più stretto ordine gerarchico poi consolidato e reso definitivo
dai testi a stampa. La logica ipertestuale, svincolandosi dalle rigidità
che per secoli hanno condizionato le forme di espressione del pensiero
e della creatività umana, viene così ad assumere una dimensione
polimorfa, multicentrica, sfaccettata, che permette una straordinaria libertà
di espressione e di raffigurazione dei concetti[23];
di conseguenza l'ipertesto si pone come un mezzo assai efficace per una
rappresentazione non unidimensionale della conoscenza, in grado di dar
voce a una molteplicità di proposte, a una pluralità di approcci
in alternativa e persino in contrasto fra loro: è evidente che,
nella sempre maggiore complessità che caratterizza il sapere contemporaneo,
i legami e le interazioni realizzabili attraverso l'ipertesto rappresentano
un'estensione dei domini della conoscenza e un arricchimento - gnoseologico
oltre che documentario[24] - di eccezionale significato.
Sconvolgendo le tradizionali logiche di definizione del testo, rovesciando
le secolari certezze proprie dell'approccio sequenziale alla conoscenza
e ripristinando criteri non gerarchici di organizzazione dei concetti,
la dimensione ipertestuale si pone come un elemento fondante[25]
o, se si vuole, come un vero e proprio paradigma della società dell'informazione
elettronica[26].
3. L'arcipelago in rete
La trasposizione in formato digitale di vasti insiemi informativi, ed
i vantaggi offerti dalla multimedialità e dall'ipertestualità
sembrano confermare il passaggio di un'intera cultura basata sulla fisicità
dei supporti verso forme smaterializzate, elettroniche, virtuali, assai
prossime all'idea di un'oralità secondaria; tale situazione ha conseguenze
che interessano ambiti molto più vasti di quelli fin qui esplorati,
venendo a coinvolgere non solo i supporti dell'informazione, ma le modalità
con cui questa viene veicolata. Difatti una diffusione immateriale dell'informazione,
svincolata dalla fisicità dei formati convenzionali e circolante
su scala planetaria grazie a sofisticati sistemi digitali, pare davvero
in grado di realizzare quel "villaggio globale" che Marshall
McLuhan ha teorizzato da oltre vent'anni[27]: ma è
un villaggio che si estende ben al di là dei confini segnati dal
sociologo canadese, comprendendo potenzialità assai più ampie
di quelle prodotte dai "tradizionali" mezzi di comunicazione
di massa (la radio, e soprattutto la televisione) che costitituivano l'oggetto
della sua indagine[28].
In un universo sempre più fitto d'informazioni, di curiosità,
di notizie di ogni genere, si direbbe infatti ch equesti media non
siano in grado di dare adeguata soddisfazione alle crescenti, molteplici
e diversificate esigenze di un pubblico vasto; a fronte di una tale varietà
di richieste informative, una risposta efficace sembra invece venire dalle
reti telematiche, che hanno segnato una svolta decisiva nei criteri di
trasferimento delle informazioni in tutti i campi della cultura e della
società contemporanea[29]: difatti le reti telematiche
consentono di veicolare una quantità sterminata di dati in formato
elettronico che, viaggiando in tempi assai rapidi da un capo all'altro
del pianeta, possono essere immediatamente fruiti da una comunità
incredibilmente ampia di utenti.
Il sistema di trasmissione via rete delle informazioni, partito un
po' in sordina come sistema di scambio informativo fra universitari e scienziati,
ha ben presto trasceso i ristretti ambiti accademici per trasformarsi nel
più spettacolare evento comunicativo degli ultimi anni: ci riferiamo
naturalmente al "fenomeno Internet"[30],
ovvero alla possibilità, concessa a chiunque sia dotato almeno di
un personal computer e di un cavo telefonico, di collegarsi alla "rete
delle reti" e di utilizzarne le molteplici e variegate possibilità
in risposta alle più disparate esigenze informative e di comunicazione.
Internet infatti è un grande arcipelago elettronico che collega
milioni di computer in tutto il mondo e che raccoglie in un insieme logico
tutti i dati da questi contenuti, cumulando in tal modo una quantità
indefinita, ma senz'altro immensa di informazioni. A chi è collegato
in rete è consentita una quantità di opzioni che vanno dalla
consultazione di grandi cataloghi di biblioteche all'accesso a enormi archivi
di periodici; dalla soluzione di complicate equazioni matematiche alla
vendita via rete dei più disparati prodotti; dalla fornitura in
tempo reale delle quotazioni di borsa agli scambi di ricette di cucina;
dalla lettura delle opere di Shakespeare in edizione integrale all'ascolto
di brani musicali, dalla visione di filmati alla possibilità di
telefonare negli Stati Uniti a costi irrisori, e così via enumerando.
L'esplosione di Internet è dunque l'argomento del giorno: oggetto
di un interesse che non conosce soste, la regina delle reti[31]
viene analizzata nei suoi diversi aspetti da sociologi ed esperti di comunicazione,
da semiologi e critici letterari, da informatici e bibliotecari[32]:
Internet infatti, con la sua enorme dilatazione in ogni luogo della terra
e la continua proliferazione delle sue risorse, rappresenta un fenomeno
tale da richiedere una lettura multipla e sfaccettata, che tenga conto
degli svariati approcci e delle enormi potenzialità informative
e di comunicazione offerte alla comunità internazionale. Difatti
in Internet c'è tutto[33]: testi, documenti
sonori, immagini statiche e in movimento,software ed altro materiale
informatico, basi di dati, cataloghi di biblioteche, libri[34]
e riviste in formato elettronico, e tutti gli svariati prodotti dell'attività
culturale e scientifica dell'uomo; ma vi sono anche curiosità di
ogni genere, risorse commerciali, linee di conversazione su qualsivoglia
argomento, gare di Formula 1[35], telenovelas digitali[36],
siti "a luci rosse"[37], associazioni religiose,
gruppi di interesse,cult books[38],cult movies[39],
e chi più ne trova più ne metta[40].
Proprio per la sua onnicomprensività, per la sua attitudine a
recepire e a diffondere qualsiasi prodotto della mente umana, Internet
appare oggi come un potentissimo medium, uno straordinario mezzo
di comunicazione di massa dalle potenzialità non ancora del tutto
esplorate; e tuttavia con una sostanziale differenza rispetto ai media
che lo hanno preceduto: difatti i libri, la stampa quotidiana e periodica,
la radio e la televisione si presentano come media, per così
dire, unidirezionali, in quanto il messaggio da essi veicolato parte dalla
fonte emittente per giungere al ricevente dove, sostanzialmente, si arresta;
Internet invece è un medium interattivo, poichè permette
a chiunque sia collegato di poter non solo partecipare a forum e a discussioni
col vasto popolo dei "cibernauti"[41], ma
di contribuire al suo incremento e alla sua continua espansione attraverso
l'inserimento di sempre nuove risorse, cosa che avviene nel modo più
semplice e alla portata di tutti grazie alle innovazioni introdotte nella
rete[42]. E' dunque lecito affermare che il successo
di Internet, la sua esplosione ad un livello assolutamente inimmaginabile
fino a pochissimi anni fa, è dovuto alla sua orizzontalità,
all'assenza di qualsiasi controllo, all'inesistenza di organismi di regolamentazione
e di gestione: Internet è di tutti, e tutti possono non solo utilizzarlo
per i propri scopi - dai più nobili ai più futili - ma contribuire
ad aumentarne le potenzialità immettendo qualsiasi cosa sia giudicata
degna di interesse per la comunità internazionale, o per un gruppo
specifico di utenti, o per una fetta anche ristretta di appassionati, o
anche - al limite - per un singolo individuo.
La paradossale conseguenza di questo stato di cose è che a fronte
di grandi insiemi di informazioni culturali, scientifiche ed economiche,
a fianco di mastodontici cataloghi di biblioteche e di fondamentali basi
di dati[43], convivono in Internet una miriade di fonti
minori e minime, una quantità di notizie della natura più
varia, che possono a volte apparire del tutto futili o di scarso valore
conoscitivo[44], ma che comunque sono espressione di
quella grande attitudine alla partecipazione ed allo scambio informativo
che da sempre caratterizza la rete; non si sfugge dunque alla sensazione
- per chi si accosti in maniera appena un po' problematica ad Internet
- che la mancanza di controlli e la sostanziale uguaglianza degli accessi
possano rendere equivalenti tutte le risorse contenutevi[45],
essendo la rete "in grado di soddisfare le esigenze più svariate,
esigenze che l'apparente semplicità del mezzo pone tutte su uno
stesso piano: dall'ordinazione di una pizza al sogno, da sempre vagheggiato,
di un contenitore universale dello scibile di gesneriana memoria"[46].
4. Metamondi virtuali
Quest'insieme assai stratificato di problemi anima l'attuale dibattito
su Internet, specie in un periodo in cui le tumultuose innovazioni che
interessano la rete sembrano condurre ad un complessivo ripensamento sul
ruolo e le funzioni che essa è in grado di svolgere nella società
dell'informazione elettronica: da più parti infatti si guarda a
Internet non più o non solo come ad uno straordinario strumento
informativo e di comunicazione, ma come a un sistema generalizzato e universale
di elaborazione delle conoscenze, se è vero che, in maniera crescente,
si assegna alla rete "il ruolo di elemento centrale su cui avverrà
gran parte del processo elaborativo e di ricerca dell'informazione da parte
dell'utente"[47].
Il carattere di generalità e di universalità proprio della
rete è infatti qualcosa che trascende di gran lunga la sua estensione
geografica, venendo a configurarsi come una sorta di realtà speculare,
di corrispondente elettronico del nostro mondo fisico; è possibile
cioè immaginare che l'enorme, indefinita varietà delle risorse
costituenti l'arcipelago Internet vadano a costituire un "metamondo"
in cui, trasformati in impulsi elettronici, siano presenti i molteplici
aspetti della realtà o, per meglio dire, i diversi prodotti dell'attività
intellettiva, culturale e sociale del genere umano: un luogo virtuale insomma[48],
su cui possono concentrarsi le attività di ricerca e di elaborazione
concettuale di tutti gli individui, e che presenta una serie di valenze
- culturali, filosofiche, sociali - da cui è difficile prescindere
e che vanno attentamente investigate.
Per una più chara definizione di questi concetti si può
far ricorso alla teoria dei "mondi" di Popper[49],
che com'è noto postula l'esistenza di tre mondi in stretta relazione
fra loro: il Mondo 1, che rappresenta il mondo delle "cose",
delle entità fisiche, dell'oggettività; il Mondo 2, che è
il mondo della soggettività, dei processi di pensiero, degli stati
mentali; e infine il Mondo 3, che rappresenta il mondo dei contenuti di
pensiero, o per meglio dire, dei prodotti dell'attività intellettiva
dell'uomo.
"Per Mondo 3" scrive infatti Popper "intendo il mondo
dei prodotti della mente umana, come i racconti, i miti esplicativi, gli
strumenti, le teorie scientifiche (sia vere che false), i problemi scientifici,
le istituzioni sociali e le opere d'arte. Gli oggetti del Mondo 3 sono
nostre costruzioni, benchè non sempre siano il risultato di una
produzione progettata da singoli individui. Molti oggetti del Mondo 3 esistono
sotto forma di corpi materiali ed appartengono, in un certo senso, sia
al Mondo 1 che a Mondo 3. Ne sono esempi le sculture, i dipinti e i libri,
di argomento sia scientifico che letterario. Un libro è un oggetto
fisico e appartiene dunque al Mondo 1; ma ciò che lo rende una produzione
significativa della mente umana è il suo contenuto: quel
che rimane costante nelle varie copie e nelle successive edizioni. Ora
questo contenuto appartiene al Mondo 3. Una delle mie tesi principali è
che gli oggetti del Mondo 3 possono essere reali non solo nelle loro materializzazioni
o incarnazioni del Mondo 1, ma anche nei loro aspetti del Mondo 3"[50].
La tesi di Popper, ci sembra evidente, si presta a fornire una calzante
chiave di lettura della realtà di Internet, che appare come un'efficace
e veridica rappresentazione di ciò che il filosofo austriaco immagina
essere il Mondo 3: il mondo dei prodotti dell'attività mentale dell'uomo[51]
o, per usare la sua espressione, dei contenuti - di natura sociale,
o scientifica - di tale attività, vale a dire tutti quegli aspetti
che non variano col variare del supporto sul quale vengono registrati e
che quindi - aggiungiamo noi - sono perfettamente "replicati"
nel formato elettronico necessario alla loro diffusione via rete; in quest'ottica
dunque Internet si presenta come un grande "metamondo virtuale",
come la più evidente manifestazione delle possibilità di
trasposizione nel Mondo 3 - grazie ai supporti digitali - di oggetti appartenenti
ai Mondi 1 e 2[52].
Seguendo le indicazioni che lo stesso Popper ci fornisce circa i possibili
prodotti del Mondo 3, possiamo infatti notare come in Internet siano presenti
- debitamente tradotti in formato digitale - non solo i libri, ma anche
le riviste, gli atti di convegni, la letteratura grigia, e tutti i molteplici
prodotti dell'attività di registrazione documentaria che troviamo
nel Mondo 1 nel tradizionale formato cartaceo; allo stesso modo sono rappresentate
le miniature, i quadri, le sculture e le altre opere d'arte; gli "oggetti"
di uso comune (ad esempio i software), ma anche i prodotti peculiari
del Mondo 2, come le teorie e i problemi (dibattuti in liste di discussione
e fra gruppi d'interesse): ogni realizzazione estetica, tecnologica, sociale,
ogni forma di pensiero e di espressione del genere umano trova insomma
nel metamondo delle reti un'esatta corrispondenza, una perfetta simmetria
con gli analoghi prodotti appartenenti ai mondi delle realtà fisiche
e delle entità mentali. Giusta l'analisi, la conseguenza è
che, nella loro trasfigurazione elettronica necessaria per l'uso di rete,
tali prodotti non solo non perdono la loro "forma di corpi materiali"
con i quali li riconosciamo nel Mondo 1, ma restano del tutto invariati
nella loro essenza concettuale, cioè - per riprendere l'espressione
di Popper - nel loro contenuto[53], così
come rimane inalterata la sostanza intrinseca, il contenuto dei
processi di pensiero propri del Mondo 2, allorchè questi vengono
diffusi sulla rete: è possibile insomma concludere che la trasposizione
digitale dei prodotti caratteristici dei Mondi 1 e 2, pur conducendo ad
un radicale rinnovamento negli approcci all'informazione e alla cultura,
non ne cambi l'essenza profonda, il contenuto effettivo, che permane sostanzialmente
immutato quale che sia il supporto che lo veicola.
5. Due nature, due culture
Se è lecita un'analogia con uno dei principi di base della meccanica
quantistica, si può individuare una duplice natura che caratterizza
tutte le forme dell'ingegno e della creatività umana: una natura
corpuscolare, evidente allorchè il veicolo di trasmissione è
rappresentato dai tradizionali supporti materiali, e una natura ondulatoria,
che si manifesta nell'eterea ed impalpabile diffusione dei dati attraverso
le reti o gli altri sistemi di trasmissione digitale dell'informazione;
e come nelle scienze fisiche il riconoscimento della duplice natura della
materia e dell'energia ha determinato conseguenze di portata rivoluzionaria,
così negli ambiti dell'informazione e della comunicazione il sempre
più rapido passaggio verso forme di rappresentazione elettronica
delle conoscenze provoca notevoli ripercussioni che vanno ad alimentare
un dibattito assai vivace e differenziato nei toni e nelle opinioni. Al
di là pertanto di una prima e fin troppo manichea suddivisione fra
"apocalittici" (cioè coloro che ritengono un errore e
quasi uno scandalo l'abbandono delle forme tradizionali di diffusione del
sapere[54]) e "integrati" (ossia gli entusiasti
ed acritici sostenitori del verbo digitale[55]), ci
pare opportuno effettuare una rapida indagine sulle posizioni più
motivate e pensose di studiosi e storici della comunicazione che con le
loro analisi hanno contributo a mettere in luce problematiche nuove e significative.
Un primo, importante punto di vista riguarda l'idea dell'invariabilità
dei contenuti col variare dei supporti con cui sono veicolati i prodotti
dell'ingegno umano: difatti se la precedente lettura in chiave popperiana
autorizzava a ritenere che, nel passaggio al formato digitale, potesse
conservarsi intatto lo strato profondo, la sostanza intrinseca di tali
prodotti, ciò che da alcuni viene messo in discussione è
proprio l'immutabilità dei contenuti allorchè le diverse
specie documentarie siano tradotte da una forma materiale ad una elettronica
di rappresentazione.
Un esempio è costituito dal problema - assai sentito in ambito
umanistico - della diffusione digitale di un documento che ha acquisito
lo status di "fonte" - storica, letteraria o artistica. Difatti,
come scrive Mario Ricciardi, all'imprescindibile necessità di "trasmettere
la fonte, inalterata nei suoi caratteri fisici, nel tempo e nello spazio"[56],
si contrappone l'evidente incapacità della tecnologia digitale ad
operare una simile trasmissione, in quanto il documento elettronico si
mostra come qualcosa di completamente diverso dal documento di origine;
da ciò si determina un doppio ordine di problemi: da un lato infatti
diventa impossibile verificare l'autenticità della fonte una volta
che questa sia stata tradotta in formato elettronico; dall'altro lato si
smarrisce sempre più, nei molteplici trasferimenti resi possibili
dal supporto immateriale, la dimensione storica del documento, la sua funzione
di testimonianza di un periodo e di un contesto. A parere di Ricciardi
dunque, riprodurre e trasmettere un documento per mezzo di una tecnologia
diversa da quella di origine provocherebbe un'alterazione del "sistema
tradizionale di trasmissione e quindi di comunicazione di quel documento",
modificandone le caratteristiche e rendendone problematico l'impiego culturale
e scientifico: il medium elettronico, sostiene lo studioso, indebolisce
"l'importanza dell'hic et nunc della fonte, [...] quell'unicum
diverso da tutti gli altri", se è vero che "gli attributi
del documento sono anche la sua natura specifica al di là dei contenuti"[57].
E proprio l'esistenza di qualcosa di intrinseco, di consustanziale
al documento, di qualcosa insomma che vada "al di là dei contenuti",
è il tema di fondo che caratterizza i recenti interventi di Roger
Chartier, volti definire - in una suggestiva cornice storiografica - gli
effetti delle nuove tecnologie sui tradizionali supporti dell'informazione[58].
Il tumultuoso passaggio dal formato cartaceo a quello elettronico costituisce
infatti, nella visione dello storico francese, una rivoluzione "maggiore
di quella di Gutenberg"[59], dal momento che le
trasformazioni più importanti e significative non coinvolgono soltanto
le tecniche di riproduzione del testo - come è avvenuto in seguito
all'invenzione della stampa a caratteri mobili - ma anche e soprattutto
"le strutture e le forme stesse del supporto" che rendono possibile
la comunicazione fra il testo e i suoi lettori. La smaterializzazione del
supporto, la sua traduzione in formato digitale, determinerebbe quindi
un vero e proprio "stravolgimento" nelle modalità di produzione,
trasmissione e ricezione dei testi, venendo modificati i criteri - ben
noti e consolidati da un uso plurisecolare - di "organizzazione, di
strutturazione, di consultazione del supporto dello scritto"[60].
Pertanto, a parere di Chartier, il "trasferimento del patrimonio scritto
esistente da un supporto a un'altro, dal codex allo schermo, apre
possibilità immense, ma è altresì una violenza fatta
ai testi, separati dalle forme che hanno contribuito a costituire i loro
significati storici"[61]; nel passaggio al formato
digitale dunque non si modificherebbe soltanto un approccio ai testi di
durata centenaria, ma andrebbero disperse tutte le "indicazioni di
significato e di linguaggio materiale contenuti nell'aspetto fisico, nel
formato, nella struttura fascicolare, nelle tracce della storia, che erano
e sono proprie del libro-oggetto e che è possibile ritrovare soltanto
nel diretto contatto con esso"[62]. La separazione
dei contenuti dalle forme, ossia dai supporti con i quali i testi sono
stati ideati, conosciuti e trasmessi attraverso i secoli, rappresenta dunque
per Chartier un problema di fondamentale importanza, tanto da richiamare
l'affermazione di Donald McKenzie secondo cui "forms effect meanings"
e invitare a riflettere su un ammonimento "che mette in guardia contro
l'illusione di ridurre indebitamente i testi al loro contenuto semantico"[63].
6. Realtà della lettura, lettura della realtà
L'analisi di Chartier non abbraccia solo il vasto insieme dei fenomeni
derivanti dalla riduzione del testo al formato digitale, ma si sofferma
su uno degli interrogativi più complessi e drammatici posto in campo
dalle nuove tecnologie: e cioè se il libro a stampa possa rimanere
lo strumento principale di diffusione delle conoscenze, o se esso non sia
avviato a un inesorabile declino a fronte delle innovative possibilità
offerte dal mezzo digitale.
In realtà, non è da oggi che il dibattito sulla morte
del libro e sull'avvento della "paperless society" scuote la
scena documentaria internazionale: basti pensare alle pionieristiche indagini
di un Lancaster, che già alla metà degli anni Settanta ipotizzava
nuovi scenari informativi sempre meno dominati dalla documentazione cartacea[64];
ma è certo che negli ultimi tempi, con la diffusione massiccia dei
CD-ROM e la trionfante rivoluzione di Internet, tale dibattito ha subito
un'improvvisa accelerazione che ha determinato prese di posizione non prive
di estremizzazioni e di punte polemiche.
Ad accendere le polveri ci ha pensato Raymond Kurzweil, un personaggio
che a buon titolo si può iscrivere alla categoria degli entusiasti
fautori della svolta elettronica: in un'incalzante serie di articoli pubblicati
sul "Library Journal"[65], Kurzweil si dice
convinto che, in un breve arco di tempo, il tradizionale libro cartaceo
sarà sostituito da strumenti informatici che egli stesso definisce
"libri virtuali"; il loro avvento, sostiene l'autore, recherà
vantaggi enormi, consentendo una più efficace interazione fra il
testo e i lettori attraverso l'applicazione di "paradigmi intelligenti"
sempre più sofisticati e complessi: in tal modo diverrà possibile
l'esplorazione di ambienti e realtà simulate, e l'accesso a quantità
sterminate di testi, documenti e immagini avverrà nella maniera
più semplice ed amichevole. Ma al di là di queste ottimistiche
previsioni, la tesi di fondo dello studioso è che la tecnologia
digitale ha in sè i presupposti per fare del libro virtuale qualcosa
di analogo, anzi di superiore al tradizionale libro a stampa: una superiorità
che non si esplica soltanto nell'approccio interattivo ai testi, ma che
viene a investire i fondamentali requisiti della leggibilità e della
trasportabilità, requisiti che fin dalle origini hanno fatto del
libro cartaceo lo strumento principe di conservazione e di trasmissione
delle conoscenze. Kurzweil ritiene infatti che le difficoltà di
lettura dagli schermi dei computer, così come la scomodità
di un utilizzo "itinerante" di questi strumenti, saranno rapidamente
superate dall'incessante evoluzione della tecnologia elettronica, fino
ad arrivare al perfetto libro virtuale, che eliminerà definitivamente
e senza rimpianti il testo cartaceo.
Tale visione di un universo dominato esclusivamente da forme elettroniche
è stata invece oggetto delle critiche di Walt Crawford e Michael
Gorman[66], che non hanno avuto difficoltà nell'individuare
gli elementi di debolezza e finanche d'ingenuità presenti nelle
tesi di Kurzweil; difatti, sostengono i due autori, l'accento non va posto
tanto sul futuro della stampa come tecnologia, che potrebbe anche essere
sostituita dalle forme digitali, quanto sulle modalità di lettura
consentite dall'una o dalle altre. Ciò che emerge con maggior evidenza,
scrivono Crawford e Gorman, è che la lettura da computer, pur essendo
in pratica possibile, È in realtà del tutto implausibile;
i computer infatti hanno un'indubbia validità nell'elaborazione
dei dati e nella trasmissione a distanza di pacchetti informativi, ma non
sono per nulla funzionali alle necessità di una lettura prolungata:
per testi più lunghi di qualche paragrafo, la stampa su carta rimane
senz'altro il medium migliore, in quanto la pagina a stampa possiede
un'altissima capacità di risoluzione che agevola la lettura non
producendo fenomeni di abbagliamento o di stanchezza della vista[67].
Non a caso, scrivono i due autori, i libri sono il prodotto di una tecnologia
altamente sofisticata sviluppatasi in diverse centinaia di anni; la loro
funzione di veicolo principale delle informazioni deriva da una perfetta
sintesi di caratteristiche fisiche e intellettuali, che ha consentito e
consente alla forma libro di ottenere i risultati più efficaci nella
conservazione e nella trasmissione delle informazioni[68];
di conseguenza, un'analisi dei diversi supporti con cui vengono veicolate
le informazioni non può in alcun modo tener separate le valenze
tecniche da quelle intellettuali, imperniandosi entrambe sui basilari requisiti
della leggibilità e della trasportabilità dei documenti.
E in questo ambito Crawford e Gorman hanno gioco facile nel rilevare come
il bagliore prodotto dagli schermi dei computer costringa a leggere lentamente
e ad interrompere spesso la lettura; che la più bassa risoluzione
di un testo a stampa è senz'altro superiore a quella ottenuta su
uno schermo; che attraverso il computer si può leggere solo un terzo
o la metà di una pagina, e quindi la lettura da schermo è
del trenta per cento più lenta rispetto a quella di una pagina a
stampa[69]; e che infine anche i migliori computer
portatili sono di gran lunga meno validi dei libri e delle riviste in caso
di letture itineranti, effettuate in momenti e in luoghi occasionali.
Le conclusioni dei due studiosi sono in linea con le argomentazioni
fin qui sostenute; essi ribadiscono infatti che la permanenza dei testi
a stampa nell'era dell'elettronica non è determinata - come ritiene
Kurtzweil - da un ritardo tecnologico che potrà essere colmato nel
giro di pochi anni, ma dal fatto che, per letture estensive, la stampa
su carta continua ad essere un medium di prim'ordine, da cui sarebbe
assurdo prescindere: pertanto, scrivono Crawford e Gorman, chi sostiene
la validità dei media elettronici per letture prolungate
non fa altro che introdurre "una soluzione fallace a un problema inesistente"[70];
finchè gli strumenti digitali non daranno risultati altrettanto
efficaci della stampa su carta, non c'è alcun motivo per ipotizzare
la scomparsa dei supporti cartacei e la loro sostituzione con strumenti
virtuali.
Le affermazioni di Crawford e Gorman sono indubbiamente di rilievo,
e non è semplice individuare degli argomenti in grado di spostarne
l'asse dalla parte della pura medialità elettronica: se non fosse
per l'ovvia considerazione che le forme digitali, al giorno d'oggi, sono
estremamente diffuse, circolando sia su supporto "locale" (floppy
disk, CD-ROM[71]), sia in trasmissione remota per
mezzo delle reti telematiche[72]. Una significativa
conferma viene dall'editoria elettronica, un fenomeno in piena espansione
che interessa molteplici contesti informativi: pensiamo ai diversi gruppi
scientifici ed accademici, che attraverso le riviste di rete diffondono
in tempo reale una serie di conoscenze scientificamente rilevanti[73];
o ai più prestigiosi editori internazionali, che proseguono nella
politica di digitalizzazione e immissione in Internet di importanti periodici
finora esistenti soltanto su carta; per non parlare degli altri settori
del mercato editoriale, che pur non abbandonando i tradizionali prodotti
cartacei, vanno orientandosi in misura crescente verso forme più
moderne - ipertestuali, multimediali - di pubblicazione[74].
7. L'eterna catena del testo
La comunicazione elettronica, con la sua dirompente carica innovativa
ma anche con tutte le difficoltà e i limiti che si sono individuati,
viene dunque a costituire un elemento strategico per la società
dell'informazione, che non può essere rimosso sulla base di atteggiamenti
preconcetti o attitudini consolidate e che, allo stesso tempo, va analizzato
al di fuori dagli estremistici entusiasmi o dei furori iconoclasti di tanti
profeti del verbo digitale.
Ma se esiste un rischio ancora maggiore delle irrazionali chiusure e
delle acritiche accettazioni, questo risiede nel "rassicurante ecumenismo"[75]
che Geoffrey Nunberg individua in quelle posizioni tendenti ad appiattire
ogni contrasto nella convinzione di una pacifica coesistenza fra il vecchio
e il nuovo, fra il cartaceo e il digitale, fra la tradizionale organizzazione
delle conoscenze e gli innovativi criteri di diffusione dell'informazione;
si tratta di un'idea che, secondo lo studioso, non è errata, ma
è in realtà ingannevole, in quanto implica la possibilità
di accogliere le innovazioni della tecnologia senza un'adeguata riflessione
- e una conseguente trasformazione - delle forme e degli atteggiamenti
culturali che esse impongono.
Onde evitare tali prospettive, per Nunberg è opportuno interrogarsi
sul valore gnoseologico e sul significato metaforico da sempre legati al
libro: il libro infatti, catagoria assolutamente non interessante se lo
si guarda come semplice supporto di dati privi di rilievo culturale[76],
assume una valenza simbolica altissima quando viene a rappresentare lo
strumento per eccellenza di trasmissione delle conoscenze, il principale
veicolo del sapere, riconosciuto e accettato come tale da qualsiasi tradizione
culturale[77]; la domanda da porsi è dunque
come possa mutare il nostro orizzonte conoscitivo se il libro a stampa
venga surrogato da forme digitali o, in altri termini, se possa esistere
una "cultura della stampa dopo la stampa"[78].
La risposta che viene dagli "innovatori"[79]
è naturalmente negativa, nella fideistica certezza che la sostituzione
del libro con strumenti elettronici condurrà alla fioritura di nuovi
generi discorsivi più versatili, espressivi e democratici delle
tradizionali forme a stampa. A parere di Nunberg invece saranno proprio
le caratteristiche di questi nuovi formati a scongiurare l'ipotesi di una
totale scomparsa dello strumento-libro: è fuor di dubbio infatti
che i supporti digitali presentino enormi vantaggi, consistenti nella versatilità
di produzione e archiviazione dei testi, oltre che nella capacità
di trasmettere informazioni a costi assai bassi: ma proprio perchè
trascendono i limiti del libro sia nell'aspetto esteriore sia nell'approccio
percettuale, tali prodotti avranno non poche difficoltà ad assumerne
completamente il ruolo. Il futuro del libro, conclude l'autore, non dipenderà
soltanto dalle tecnologie disponibili, ma sarà determinato dalla
nostra capacità di accoglierle e svilupparle secondo prospettive
che siano in armonia con le strutture del sapere e le espressioni culturali
esistenti; e forse il nostro futuro sarà "popolato da una raccolta
più varia e complessa di forme e istituzioni di quanto lo sia il
presente, e noi probabilmente lo troveremo non meno magico per ciò
che conserva che per ciò che modifica"[80].
Dunque la convivenza fra le diverse forme di trasmissione del sapere
dovrà assumere necessariamente una veste dialettica, non soltanto
nel senso di una integrazione funzionale dei nuovi formati con i tradizionali
supporti a stampa, ma proprio in virtù della comune matrice, per
entrambi rappresentata dalla scrittura: i documenti elettronici infatti,
per quanto veicolati da supporti immateriali, sono pur sempre documenti
scritti, in cui l'informazione viene diffusa con il mezzo della scrittura;
si pensi, per averne una chiara conferma, al mondo di Internet, che è
interamente basato sulla scrittura, sulla testualità, sull'ipertesto;
si pensi allo strepitoso ritorno di un mezzo di comunicazione interpersonale,
la corrispondenza scritta, che era praticamente scomparsa e che vive uno
straordinario successo grazie alla posta elettronica ed alle altre forme
di messaggistica disponibili in Internet. La capacità di penetrazione
della scrittura nel nuovo villaggio globale creato dalle reti è
dunque fortissima, e la testualità diventa sempre più presente
e pervasiva grazie alla diffusione delle tecnologie digitali[81];
così ad una scrittura che vede dilatarsi il proprio orizzonte si
accompagna una lettura che, non più affidata in esclusiva agli strumenti
cartacei, assume nuovi connotati, mostra nuovi requisiti psicologici e
cognitivi, richiede nuovi approcci e nuove capacità di comprensione.
E' questa l'analisi tracciata da Patrick Bazin[82]
nel rilevare che se da un lato assistiamo oggi alla perdita della posizione
centrale detenuta dall'oggetto libro nei diversi campi della cultura e
dell'agire sociale, dall'altro lato siamo in presenza di una riconfigurazione
delle conoscenze non più intorno a un unico oggetto fondatore -
il libro - ma intorno al processo stesso della lettura: si tratta di un
processo che, emancipandosi dalla camicia di forza del libro ed integrandosi
in una "politestualità" fatta di testi, immagini, suoni,
banche dati e reti interattive, dà vita ad una nuova dimensione
- dinamica, polimorfa, trasversale - che l'autore, con termine assai felice,
definisce "metalettura". La metalettura, scrive Bazin, nasce
dalla combinazione di diverse modalità e diversi livelli di lettura,
di cui la lettura lineare di testi finiti non rappresenta che un aspetto,
un primo strato di un più vasto universo di forme e dimensioni prodotte
dalla tecnologia elettronica: le risorse digitali permettono infatti la
lettura a distanza e lo scambio di opinioni fra lettori - e fra lettori
ed autori - fino a ieri assai difficile a causa di barriere culturali e
spaziali; producono un fortissimo impatto sui meccanismi di appropriazione
individuale e collettiva dei testi; fanno "emergere un nuovo paesaggio
mentale che da' l'impressione, a quanti lo abitano, di essere immersi collettivamente
nello spazio di un libro senza fine piuttosto che trovarsi da soli di fronte
alla bidimensionalità della pagina"[83].
In questo quadro, precisa l'autore, il tradizionale libro cartaceo continua
a mantenere un proprio ruolo, avendo da tempo dimostrato la sua efficacia
comunicativa e cognitiva, ma è inevitabile che sia scavalcato dalla
realtà della metalettura, che viene così ad assumere una
potente funzione di traino culturale e sociale.
Intorno alla metalettura, prosegue Bazin, va dunque coagulandosi un
nuovo ordine del sapere, che si sovrappone a quell' "ordine dei libri"[84]
fino ad oggi dominante nel panorama dell'informazione[85]:
è un ordine che nasce dagli innovativi criteri di fruizione del
testo e di approccio alla lettura prodotti dalle tecnologie elettroniche,
e che assume la forma di una "trasversalità pluridisciplinare"
volta a favorire non solo il confronto tra prospettive e punti di vista,
ma l'ampliamento delle capacità di analisi e di comprensione del
reale, in un contesto socioculturale sempre più sfaccettato e complesso.
In tal senso si può parlare di una "testualità dinamica"[86]
che, svincolatasi dalle rigidità della stampa, non solo riesca a
trasformare il nostro rapporto individuale col testo, ma consenta di sovvertire
il modello tradizionale di produzione e trasferimento delle conoscenze,
sostituendo ad una trasmissione lineare e individualizzata un meccanismo
di "coemergenza dei saperi" in cui vi sia una strettissima integrazione
fra l'insegnamento, l'autoapprendimento, la creazione intellettuale e la
propagazione stessa delle conoscenze.
E' dunque attraverso al metalettura che si riuniscono gli anelli -
artificiosamente separati con la nascita dei supporti elettronici - di
quella lunga catena del testo che da sempre ha caratterizzato la creazione
e la trasmissione del sapere; ed è la metalettura che, ricollegando
in un continuum i diversi approcci e le diverse forme culturali,
viene a confermare l'intuizione di Walter Ong circa l'avvento di una seconda
oralità: forse, alle soglie del terzo millennio, siamo davvero entrati
in una fase nuova, in una dimensione in cui le informazioni vengono sempre
più diffuse da strumenti immateriali ma nella quale la scrittura
continua a esecitare un ruolo determinante e insostituibile per la società
dell'informazione elettronica.
NOTE
In questo articolo le citazioni di documenti e di siti
in Internet si danno secondo le indicazioni presenti in R. RIDI, Citare
Internet, "Bollettino AIB", 35, 1995, 2, p. 211-220.
1 W. J. ONG, Oralità e scrittura. Le tecnologie
della parola, Bologna, Il Mulino, 1986; dello stesso autore cfr. anche
La presenza della parola, Bologna, Il Mulino, 1970; e Interfacce
della parola, Bologna, Il Mulino, 1989.
2 Cfr. tra l'altro l'agile sintesi di M. BALDINI,
Storia della comunicazione, Roma, Tascabili Economici Newton, 1995.
3 In particolare nel passaggio dall'età del
manoscritto a quello della stampa, come dimostrano le note tesi di M. MCLUHAN,
La Galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, Roma, Armando,
1988.
4 Cfr. MCLUHAN, La Galassia Gutenberg, cit.;
Gli strumenti del comunicare, Milano, Garzanti, 1976.
5 W. J. ONG, Oralità e scrittura, cit.,
p. 191.
6 Pubblicato per la prima volta nel 1982 col titolo
Orality and literacy. The techologizing of the words (London, Metuhen).
7 In particolare, scrive Ong, molto importanti sono
le interazioni che si possono determinare nel "rapporto tra l'elaborazione
elettronica della parola e la polarità oralità-scrittura"
(W. J. ONG, Oralità e scrittura, cit., p. 190).
8 Cfr. R. M. FOWLER, How the second orality of
the electronic age can awaken us the primary orality of antiquity or what
hypertext can teach us about the Bible, "Interpersonal computing
and technology: an electronic journal for the 21st century", 2, 1994,
3, p. 12-46, <mailto: listserv@guvm.georgetown.edu>, testo: <get
fowler ipctv2n3>; T. J. FARRELL, Second orality and consciousness
today, in Consciousness and culture: explorations of Walter Ong's
thought, edited by B. E. Gronbeck, T. J. Farrell, P. A. Soukup, Newbury
Park, Sage, 1991, p. 194-209.
9 "Una rete" ci spiega Carla Basili
"è l'insieme di più calcolatori collegati tramite un
mezzo di connessione, che può essere cavo coassiale, cavo a fibre
ottiche, collegamento via satellite, o linea telefonica; ogni punto di
connessione alla rete, cioè ogni calcolatore connesso, è
un nodo della rete" (C. BASILI, Introduzione a Internet: qualche
termine tecnico per iniziare, "AIB Notizie", 7, 1995, 12,
p. 21).
10 W. J. ONG, Oralità e scrittura,
cit., p. 191.
11 Al riguardo cfr. le acute osservazioni di T.
MALDONADO, Reale e virtuale, Milano, Feltrinelli, 1993.
12 G. MAZZOLI, Introduzione, in G. MAZZOLI
- G. BOCCIA ARTIERI, L'ambigua frontiera del virtuale. Uomini e tecnologie
a confronto, Milano, Angeli, 1994, p. 11.
13 "In un mondo virtuale ci troviamo all'interno
di un ambiente di pura informazione che possiamo vedere, sentire e toccare.
La tecnologia in sè è invisibile, e adattata attentamente
all'attività umana al punto che siamo in grado di comportarci in
modo naturale" (M. BRICKEN, Mondi virtuali: nessuna interfaccia
da progettare, in Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale,
a cura di M. Benedikt, Padova, Muzzio, 1993, p. 377).
14 G. MAZZOLI, cit., p. 22. Per un'attenta e lucida
valutazione del fenomeno cfr. P. ODIFREDDI, Cibercreduloni, "La
Rivista dei Libri", 4, 1994, 5, p. 37-39; ID., In media stat virtus,
"La Rivista dei Libri", 6, 1996, 3, p. 39-41.
15 Com'è noto, CD-ROM sta per Compact Disk
Read Only Memory, cioè a sola lettura, sul quale è impossibile
intervenire da parte di chi lo usa, come invece accade per il comune floppy
disk. Dell'enorme serie di articoli, libri e riviste dedicate ai dischi
ottici citiamo R. RIDI, Istruzione
all'uso dei cd-rom: quanta, quale, quanta, "Biblioteche oggi",
14, 1996, 9, p. 26-34, con ampia bibliografia.
16 L'attuale capacità di archiviazione dei
CD-ROM va infatti dai 600 ai 650 megabyte; stanno tuttavia per essere
immessi sul mercato nuovi dischi otttici, i DVD (digital versatile discs),
che saranno non solo "scrivibili" e "cancellabili",
ma14 volte più capienti e di qualità nettamente superiore
dei precedenti, pertanto in grado di ospitare prodotti multimediali assai
più sofisticati e complessi; cfr. A. E. BELL, I compact disc
del futuro. "Le Scienze", 337, settembre 1996, p. 64-68;
ulteriori informazioni sono reperibili in Internet all'indirizzo <http://www.ima.org/forums/imf/dvd/faq.html>.
17 Tra le più importanti enciclopedie su
CD-ROM prodotte in Italia si ricorda Encyclomedia. Guida Multimediale
alla Storia della Civiltà Europea, ideata e diretta da Umberto
Eco; cfr. al riguardo G. BAFFETTI, Il '600 di Eco. Enciclopedia multimediale
e sistemi del sapere, "IBC", 2-3, 1994-1995, 6-1, p. 37-39.
18 Sulla trasposizione tecnologica di immagini e
di realizzazioni artistiche, è d'obbligo il riferimento a W. BENJAMIN,
L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica,
Torino, Einaudi, 1982, altro non apparendo la traduzione su supporto digitale
di forme artistiche che una nuova, più avanzata tecnica di riproduzione;
al riguardo si veda Y. MAIGNIEN, L'oeuvre d'arte à l'èpoque
de sa reprodution numèrisèe, "Bullettin des Bibliothèques
de France", 41, 1996, 1, p. 16-24.
19 Cfr. C. MCKNIGHT - A. DILLON - J. RICHARDSON,
Hypermedia, in Encyclopedia of Library and Information Science,
edited by A. Kent, v. 50, New York, Dekker, 1992, p. 226-255.
20 Della vasta bibliografia sugli ipertesti citiamo
innanzitutto Literary machine 90.1. Il progetto Xanadu di Theodor
H. Nelson, universalmente riconosciuto come il padre dell'ipertesto ed
inventore del termine (Padova, Muzzio, 1992); e poi G. P. LANDOW, Ipertesto.
Il futuro della scrittura, a cura di B. Bassi, Bologna, Baskerville,
1993; J. D. BOLTER, Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e
storia della scrittura, Milano, Vita e Pensiero, 1993; Oltre il
testo: gli ipertesti, a cura di M. Ricciardi, Milano, Franco Angeli,
1994. Per gli aspetti discussi di seguito si vedano soprattutto i saggi
di Fowler, Landow e Bolter.
21 Per un'applicazione dei principi ipertestuali
ad ambiti squisitamente letterari cfr. G. MELLONI, L'Hypertext Hotel
di Robert Coover, "Bollettino `900. Bollettino Elettronico del
Seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/melloni.htm>.
22 Su queste problematiche si vedano le stimolanti
prese di posizione di Umberto Eco (Of text and hypertext, "The
Wall Street Journal's Europe Convergence", June 1995, p. 5; From
Internet to Gutenberg. A lecture presented by Umberto Eco at The Italian
Academy for Advanced Studies in America, November 12, 1996, <http://www.italynet.com/columbia/internet.htm>.
23 Tale è appunto l'opinione di Umberto Eco:
"We may conceive of hypertexts which are unlimited and infinite. Every
user can add something, and you can implementing a sort of jazz-like unending
story. At this point the classical notion of authorship certainly desappears,
and we have a new way to implementing free creativity" (From
Internet to Gutenberg, cit.).
24 Per l'impiego in ambito documentario dell'approccio
ipertestuale cfr. A. M. TAMMARO, Ipertesto e thesauri: due esempi di
applicazione, in Annuario dei thesauri 1991. Firenze, IFNIA,
1991, p. 67-77.
25 Tanto più importante se si pensa che una
modalità di tipo ipertestuale rappresenta, grazie al sistema World
Wide Web, il criterio dominante di organizzazione delle informazioni sulla
rete Internet.
26 Cfr. R. RIDI, La biblioteca virtuale come
ipertesto, "Biblioteche oggi", 14, 1996, 4, p. 10-20.
27 M. MCLUHAN, La galassia Gutenberg, cit.
(la prima edizione risale al 1964); Gli strumenti del comunicare,
cit.; Il medium è il messaggio, Milano, Feltrinelli, 1968.
28 Al riguardo cfr. S. HARNAD, Post-Gutenberg
Galaxy: the fourth revolution in the means of production of knowlwdge.
"The Public-Access Computer System Review", 2 (1991) 1, p. 39-53,
<http://info.lib.uh.edu/pr/v2/n1/harnad.2n1>;
M. DERY, McLuhan through the rearview mirror, "Educom Review",
30, 1995, 6, <http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/30622.html>.
29 Delle trasformazioni culturali, sociologiche e
antropologiche intervenute con la diffusione delle reti telematiche parla
ampiamente Derrick de Kerckhove: lo studioso canadese, considerato l'erede
di Marshall McLuhan, infatti non solo ipotizza la nascita dell' "uomo
connettivo", coinvolto nell'interattività delle reti e contrapposto
all' "uomo collettivo" originato dalla televisione, ma postula
il superamento del villaggio globale in nome della pervasività e
dell'onnicomprensività delle stesse reti telematiche; cfr. D. DE
KERCKHOVE, La pelle della cultura, Genova, Costa & Nolan, 1996.
30 Al riguardo si veda l'interessante sintesi di
uno dei "padri" di Internet, Vinton G. Cerf, intitolata appunto
The Internet Phenomenon e disponibile all'indirizzo <http://www.cs.washington.edu/homes/lazowska/cra/networks.html>.
31 G. CARAVITA, Internet regina delle reti,
"Il Sole-24 Ore", 12 febbraio 1993, p. 19.
32 I molteplici impieghi di Internet a fini bibliotecari
sono accuratamente esplorati in R. RIDI, Internet in biblioteca,
Milano, Editrice Bibliografica, 1996.
33 "Like Shakespeare's Cleopatra, the World
Wide Web is "infinite in variety". Anyone who has spent more
than a modicum of time surfing the Web has encountered the good, the bad,
and the ugly among is offering" (J. RETTIG, Beyond "cool".
Analog models for reviewing digital resources. "Online",
20, 1996, 5, oppure <http://www.onlineinc.com/online/online/onlinemag/SeptOL/rettig9.html>).
Particolare rilievo, ai fini del presente discorso, assume un'iniziativa
che già nel nome è significativa delle sue intenzioni: si
tratta del "Progetto Gutenberg", volto a tradurre in formato
elettronico e a mettere in rete una vasta serie di opere letterarie in
edizione integrale, affinchè possano essere fruite dagli utenti
di Internet (<http://jg.cso.uiuc.edu/PG/welcome.html>);
per l'Italia esiste l'analogo "Progetto Manuzio" (<http://www.liberliber.it/index.html>).
35 "Parte dall'Italia un esperimento avanzato
di trasmissione di un evento sportivo per immagini attraverso la rete":
si tratta, in altre parole, di "un "tv-me" superpersonalizzato,
di una passione sportiva avvolta da un involucro virtuale, diretta agli
appassionati automobilisti di tutto il mondo" (V. ZAMBARDINO, La
Ferrari corre su Internet, "La Repubblica", 6 gennaio 1997,
p. 1, 8; il relativo sito Internet è all'indirizzo <http://www.ferrari.it>).
36 Una "network soap opera" che attrae
ingenti masse di ciberdipendenti è, ad esempio, The Pyramid
(<http://www.thepyramid.com>).
37 Oggetto di recenti interventi censori da parte
di autorità statunitensi ed europee; per una discussione sui tentativi
di regolamentazione della rete cfr. D. SINISCALCO, Regolamentato, non
sarebbe più Internet, "Il Sole-24 Ore", 4 luglio 1995,
p. 1-2; E. A. CAVAZOS - G. MORIN, Cyberspace and the law. Your rights
and duties in the on-line world, Cambridge, The MIT Press, 1995; D.
J. WALLACE - M. MANGAN, Sex, laws and cyberspace, New York, M&T
Books, 1996.
38 Un solo caso: quello del romanzo La profezia di
Celestino di James Redfield, opera che, nel pronosticare l'avvento di una
società libera dagli assili del presente e tesa alla più
completa realizzazione dell'umanità, è divenuta un oggetto
di interesse tale da entrare subito in Internet; fra le molte pagine ad
essa dedicate, segnaliamo la Celestine Prophecy Home Page <http://www.maui.net/~shaw/celes/celestine.html>.
L'edizione italiana del romanzo e la successiva Guida alla profezia di
Celestino sono edite da Corbaccio.
39 Vi è ad esempio un intero sito che censisce
i film divenuti oggetti di culto: <http://lasarto.cnde.iastate.edu/Moovies/CultShop>;
si vedano inoltre le numerose pagine dedicate al regista statunitense Quentin
Tarantino dopo il successo del suo film Pulp Fiction, raccolte all'indirizzo
<http://liberty.uc.wlu.edu/~aechrist/qt.html>.
40 Un significativo campione delle sterminate possibilità
offerte dalla rete si trova in C. WARD, 101 cose da fare su Internet
prima di morire, "Internet Magazine.net", 2, 1996, 8, p.
36-45.
41 Come sono chiamati i "navigatori del ciberspazio",
ossia dello spazio virtuale creato dalle reti telematiche. Il termine cyberspace
è stato coniato dallo scrittore di fantascienza William Gibson,
dalle cui opere ha preso poi origine il movimento letterario-politico-informatico
del cyberpunk; quest'ultimo, "al di là dei miti tra il fantascientifico
e il regressivo che esplora nella sua elaborazione letteraria [...] è
interessante anche per una sua connotazione ideologica ingenuamente anarchica
e libertaria, in cui prevale un'idealizzazione assoluta e acritica delle
potenzialità liberatorie che sarebbero insite nella rete in quanto
tale" (M. NACCI - P. ORTOLEVA, Tecnica e progresso, "La
Rivista dei Libri", settembre 1993, p. 35-37).
42 L'immissione di risorse è oggi enormemente
facilitata dalla modalità World Wide Web: basta infatti possedere
un computer e un modem per inserire dati (testuali, visivi, sonori) in
formato elettronico, e di conseguenza "entrare in Internet" e
contribuire alla sua indefinita estensione.
43 "L'informazione disponibile attraverso Internet"
scrive Carla Basili "continua a proliferare e a divenire sempre più
importante e "legittimata" entro la comunità scientifica.
Il ricercatore attinge informazione dalla rete con la stessa naturalezza
con la quale attinge informazione dalla biblioteca: la rete va configurandosi
quindi come una delle molteplici fonti di conoscenza utili alla comunità
scientifica" (C. BASILI, La ricerca "per soggetto" dell'informazione
in Internet, "Biblioteche oggi", 13, 1995, 6, p. 40. Sulla
validità di Internet a fini scientifici cfr. anche V. PASTERIS,
Internet per chi studia. Orientarsi, documentarsi, preparare la tesi,
Milano, Apogeo, 1996.
44 Di recente, oltre alle moltitudine di siti futili
o inutili, si assiste a un'invasione di risorse commerciali che sta trasformando
la rete in un gigantesco business internazionale. Anche a ciò si
deve la disaffezione di un nutrito gruppo di utenti "scientifici":
infatti molti studiosi di discipline quali la la matematica, la fisica,
l'astronomia, che hanno contribuito in maniera determinante alla nascita
e all'affermazione di Internet, sono determinati a uscirne e a costituire
una rete parallela, la cosiddetta Internet 2, dedicata esclusivamente alla
comunicazione accademica. Cfr. M. PLATERO, Spesa record al supermarket
Internet, "Il Sole-24 Ore", 12 giugno 1995; W. H. GRAVES,
Why we need Internet II, "Educom Review", 31, 1996, 5,
<http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/31528.html>;
M. M. ROBERTS, Internet II: the next generations university network,
"Educom Review", 31, 1996, 6, <http://www.educom.edu/web/pubs/review/reviewArticles/31660.html>.
45 Molteplici in verità sono gli sforzi volti
a censire, classificare e valutare le risorse; cfr. al riguardo N. AUER,
Bibliography on evaluating Internet resources, <http://refserver.lib.vt.edu/libinst/critTHINK.HTM>;
F. GIACANELLI, Valutare Internet per migliorare la ricerca, "Biblioteche
oggi", 14, 1996, 9, p. 35-39.
46 E. DI BENEDETTO, Ma non c'è già
tutto gratis su Internet?, in Distribuire e rendere disponibili
le risorse informative. Confronto fra soluzioni fuori del mito. Atti del
Convegno, Bologna, 10-11 maggio 1995. Catalogo CD-ROM e basi dati E. S.
Burioni 1996, Genova, E. S. Burioni Ricerche Bibliografiche, 1996,
p. 352-353.
47 S. UBERTI FOPPA, Java, la nuova informatica,
"ZeroUno", 109, febbraio 1996, p. 28-29.
48 Che ha ormai assunto il termine sempre più
generico e polisemico di "ciberspazio". Cfr., oltre al citato
volume a cura di Benedikt, H. RHEINGHOLD, Comunità virtuali.
Parlare, incontrarsi vivere nel ciberspazio, Milano, Sperling &
Kupfer, 1994; J. STALLABRASS, Empowering technology: the exploration
of cyberspace, "New Left Review", 211, May/June 1995, p.
3-32; P. LEVY, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio,
a cura di D. Feroldi e R. Scelsi, Milano, Feltrinelli, 1996.
49 Cfr. K. R. POPPER, La ricerca non ha fine.
Autobiografia intellettuale, Roma, Armando, 1976, p. 185-202; Conoscenza
oggettiva, Roma, Armando, 1983; La conoscenza e il problema corpo-mente,
Bologna, Il Mulino, 1996; K. R. POPPER - J. C. ECCLES, L'io e il suo
cervello. Vol. 1: K. R. POPPER, Materia, coscienza e cultura,
Roma, Armando, 1982, p. 52-125.
50 K. R. POPPER, Materia, coscienza e cultura,
cit., p. 54 (corsivo dell'autore).
51 In altri suoi scritti Popper chiarisce ulteriormente
questo concetto con appropriate esemplificazioni; cfr. in particolare i
saggi contenuti in La conoscenza e il problema corpo-mente, cit.
Si veda altresì "Il Mondo 3. Rivista di teoria delle scienze
umane e sociali", che nel numero 2-3 (agosto-dicembre 1995) presenta
interessanti contributi su questi aspetti della teoria popperiana.
52 Un'analisi affine alla nostra è quella
tracciata da Michael Benedikt che, partendo da prospettive differenti e
non esaminando il fenomeno Internet, perviene piuttosto genericamente a
definire il "ciberspazio" come "il più avanzato stadio
di evoluzione del Mondo 3" (M. BENEDIKT, Introduzione, in Cyberspace.
Primi passi nella realtà virtuale, cit., p. 4).
53 Un'opinione analoga è sostenuta da Anna
Maria Tammaro quando rileva che "per l'informazione elettronica in
rete, la novità è nel tenere distinto il contenuto informativo
dal supporto di trasmissione, cioè il documento dal materiale su
cui è memorizzato" (A. M. TAMMARO, La rivoluzione multimediale
oltre i luoghi comuni, "Letture", 51, 1996, 531, p. 13-16).
54 Tra cui possiamo annoverare, ad esempio, Sven
Birkerts, autore di un libro dal titolo paradigmatico, The Gutenberg
elegies: the fate of reading in the electronic age (London, Faber &
Faber, 1994).
55 Fra i quali s'impone la figura del "guru"
Nicholas Negroponte, direttore di Media Lab, il gruppo di ricerca del MIT
sulle più avanzate tecnologie e autore dell'altrettanto espicito
Essere digitali (Milano, Sperling & Kupfer, 1995); cfr. al riguardo
P. ODIFREDDI, In media stat virtus, cit.
56 M. RICCIARDI, Testi virtuali e tradizione letteraria,
in Biblioteca. Metafore e progetti, a cura di G. Baldissone, Milano,
Franco Angeli, 1994, p. 215-216 (corsivi dell'autore).
57 Ibid., p. 220.
58 R. CHARTIER, Dal codex allo schermo, "La
Rivista dei Libri", giugno 1994, p. 4-6; L'ordine dei libri,
Milano, Il Saggiatore, 1994, p. 103-105; di questo volume si veda l'eccellente
recensione di Armando Petrucci (L'età del libro, "La
Rivista dei Libri", novembre 1994, p. 17-18).
59 R. CHARTIER, Dal codex allo schermo, cit.,
p. 4: al riguardo cfr. anche S. HARNAD, cit. Alcune implicazioni biblioteconomiche
di questo mutamento di prospettiva sono analizzate in J. S. R. RUTSTEIN
- A. L. DEMILLER - E. A. FUSELER, Possesso contro accesso: un cambiamento
per le biblioteche, "Biblioteche oggi", 13, 1995, 7, p. 40-52.
60 R. CHARTIER, ibid.
61 Ibid., p. 5; il passaggio verso il formato elettronico,
prosegue Chartier, è infatti uno "stravolgimento radicale delle
modalità di produzione, di ricezione e di trasmissione dello scritto,
poichè sono i sistemi di organizzazione, di strutturazione, di consultazione
del supporto dello scritto ad essere modificati".
62 A. PETRUCCI, cit., p. 18.
63 R. CHARTIER, L'ordine dei libri, cit.,
p. 104.
64 F. W. LANCASTER, Toward paperless information
systems. Il testo è pubblicato nel 1978 (New York, Academic
Press), ma le riflessioni dell'autore su questo argomento decorrono fin
dal 1972; Lancaster tornerà ad occuparsene in Libraries and librarians
in an age of electronics, Arlington, Information Resources Press, 1982.
Oggi questo grande protagonista della biblioteconomia americana è
impegnato fra l'altro nel seguire l'evoluzione "virtuale" delle
biblioteche e dei sistemi d'informazione, come testimonia la cura del volume
Libraries and the future. Essays on the libraries in the twenty-first
century (New York, The Haworth Press, 1993), che contiene anche un
suo importante saggio dal titolo Artificial intelligence and expert
systems: how will they contribute? (p. 147-155).
65 Raymond Kurzweil, "autore, inventore e massima
autorità nel campo dell'intelligenza artificiale", forse non
a caso ha affidato i suoi interventi al "Library Journal"; cfr.
The future of libraries. Part 1: The technology of the book (January
1992, p. 80-81); Part 2: The end of books (February 1992, p. 140-142);
Part 3: The virtual library (March 1992, p. 63-64); The virtual
book revisited (February 1993, p. 145-146).
66 W. CRAWFORD - M. GORMAN, Future libraries:
dreams, madness and reality, Chicago, American Library Association,
1995.
67 "After having spent no more than 12 hours
at a computer console" scrive Umberto Eco, "my eyes are like
two tennis balls, and I feel the need of sitting comfortably down in an
armchair and reading a newspaper, and maybe a good poem" (From
Internet to Gutenberg, cit.).
68 Della stessa opinione è Umberto Eco: "Books
will remain indispensable not only for literature, but for any circumstance
in which one needs to read carefully, not only to receive information but
also to speculate and to reflect about it. To read a computer screen is
not the same as to read a book" (ibid.).
69 Eco peraltro rileva come l'attuale "generazione
dei computer", a differenza di quanti si sono accostati tardi all'informatica,
pratichi una lettura da schermo assai più veloce: "The new
computer generation is trained to read at an incredible speed. An old-fashioned
university professor is today incapable of reading a computer screen at
the same speed as a teen-ager" (ibid).
70 W. CRAWFORD - M. GORMAN, cit., p. 22 (trad. nostra).
71 Per i CD-ROM possono valere i seguenti dati: nel
1994 CD-ROMS in print, il più importante repertorio a stampa, censiva
oltre 8.000 titoli, più di un quarto di tutti i titoli mai pubblicati;
nel 1995 si sono superati i 10.000 titoli; cfr. CD-ROMS in print 1995.
An international guide to CD-ROM, CD-I, 3DO, MMCD, CD32, multimedia, &
electronic book products, Westport, Mecklermedia, 1995.
72 Oggi si assiste ad un'integrazione sempre maggiore
delle diverse forme dell'informazione digitale; al riguardo si veda il
nostro I CD-ROM nell'era di Internet: un'analisi dei CD-ROM di area
economica, "Informatica e Documentazione", 23-24, 1996, p.
41-47, oppure <santoro-econ.htm>.
73 Per una visione d'insieme sull'argomento ed un'ampia
bibliografia cartacea ed elettronica si rinvia al nostro L'informazione
scientifica in rete. Le possibilità dell'editoria elettronica,
"Bollettino `900. Bollettino elettronico del Seminario sul `900",
<http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/santoro.htm>.
74 Una testimonianza viene dall'ultima Fiera del
Libro di Francoforte, dove si è registrata un'impetuosa espansione
del settore multimediale nelle due opposte ma complementari tendenze dell'editoria
in rete e su CD-ROM: se da un lato infatti molti editori sfruttano le potenzialità
di Internet per conquistare nuovi segmenti di mercato, dall'altro il CD-ROM
sembra consolidare il suo ruolo strategico in molteplici ambiti informativi;
cfr. al riguardo A. CASALEGNO, Francoforte su cd-rom, "Il Sole-24
Ore", 6 ottobre 1996, p. 22.
75 E' il termine usato da Nunberg nel suo splendido
saggio The places of books in the age of electronic reproduction,
in Future libraries, edited by R. H. Bloch and C. Hesse, Berkeley,
University of California Press, 1995, p. 13-37.
76 "But books as such - that is, bound and printed
documents - are not an interesting category. In modern industrial societies,
the vast majority of books bear no cultural burden at all: they are parts
catalogs, census reports, Department of Agriculture pamphlets, tide tables,
tax codes, repair manuals, telephone directories, airline schedules - documents
whose appearance as books rather than in other form has mostly to do with
the practical requirements of display and diffusion and the limits of available
technologies" (G. NUNBERG, cit., p. 14).
77 Fra la ricca bibliografia sull'argomento si cita
soltanto A. M. DI NOLA, Libro, in Enciclopedia, Torino, Einaudi,
1979, v. 8, p. 260- 286.
78 G. NUNBERG, cit., p. 15.
79 Definiti anche da Nunberg con l'appellativo di
"visionari": tra questi, l'autore annovera non solo Raymond Kurzweil,
ma anche Jay David Bolter ed altri teorici dell'ipertesto.
80 G. NUNBERG, cit., p. 15-16 (trad. nostra).
81 In tal senso, Umberto Eco parla di un "ritorno
alla Galassia Gutenberg", ossia ad un universo dominato dalla scrittura
e messo in crisi - secondo l'analisi di McLuhan - dalla televisione e dagli
altri media elettronici: "People who spend their night implementing
an unending Internet conversation are principally dealing with words. If
the TV screen can be considered a sort of ideal window through which one
watches the whole world under the form of images, the computer screen is
an ideal book on which one reads about the world in form of words and pages"
(From Internet to Gutenberg, cit.).
82 P. BAZIN, Vers une mètalecture,
"Bullettin des Bibliothèques de France", 41, 1996, 1,
p. 8-15.
83 Ibid., p. 13 (trad. nostra).
84 L'espressione è naturalmente di Roger Chartier
e del suo più volte citato L'ordine dei libri.
85 Ma, precisa Bazin, senza dar luogo a sostituzioni
traumatiche e radicali, dal momento che entrambe le prospettive sono volte
alla trasmissione delle conoscenze, alla circolazione di simboli culturali,
alla creazione di comunità informative.
86 L'autore desume questa espressione da B. STIEGLER,
Machine à ècrire et machine à penser, "Genesis",
5, Paris, J.-M. Place, 1994.
NDR 2013-12-24: corretti refusi nella nota 27 (da "massaggio" a "messaggio),
nel paragrafo 4 (tolta una parentesi quadra) e nel paragrafo 5 (tolta una parentesi quadra)
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