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ISSN: 2283-303X

I cataloghi elettronici delle biblioteche

Tendenze evolutive degli OPAC


Tesi di laurea in biblioteconomia, Corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Ca' Foscari di Venezia, relatore prof. Riccardo Ridi, correlatore prof. Paolo Eleuteri, anno accademico 2006/2007 discussa il 27 febbraio 2008.
di Lucia Tronchin (in linea da marzo 2008) 

2. L’interfaccia utente

Un sistema on line è un sistema interattivo, nel quale chi fa una ricerca è in comunicazione diretta con il database che vuole interrogare e con il computer nel quale quel database è memorizzato. La ricerca è condotta come una conversazione tra il ricercatore ed il sistema i quali, a turno, comunicano l’uno con l’altro attraverso dei dispositivi. L’insieme degli strumenti hardware e software che si interpongono tra l’uomo e il computer e rendono possibile questa conversazione può essere definito interfaccia utente. L'interfaccia utente comprende i messaggi visivi e sonori che provengono dal computer e sono di supporto alle decisioni dell’utente e le azioni di controllo che l’utente esercita attraverso tastiere, pulsanti, interruttori. Molto semplicemente, secondo la definizione di Raskin, l’interfaccia è il modo con cui si fa qualcosa con uno strumento: le azioni che dobbiamo eseguire e il modo in cui lo strumento risponde (Raskin 2003 pag. 2). L’interfaccia del catalogo on line è il luogo in cui l’utente incontra le caratteristiche del catalogo e può utilizzare le funzioni del sistema; è il punto in cui egli formula le sue richieste, le invia al sistema e ne riceve in risposta una serie di messaggi. Secondo Martha Yee non esiste uniformità di vedute su che cosa si debba considerare parte dell’interfaccia utente di un opac (Yee 1991). Cita ad esempio Lawrence

Interface features are those that involve the “user interface,” the interaction between the user and the on-line catalog system. Example of interface features include: search method, […] display formats, […] online assistance and instruction […]. The salient characteristic of interface features is that they are generally created in a layer of software that lies between the user at the terminal and the actual search and retrieval mechanism of the catalog. The interface “software” exists to translate the user’s entries into search and display commands that the catalog system can use, and translates and formats computer results into a form that the user can understand. It should be possible to add, change or remove interface features without changing the basic structure of the online catalog system (Lawrence-Matthews-Miller 1983 pag. 413)[1].

In questa definizione la struttura dei dati non è compresa nell’interfaccia utente, ma secondo Yee i metodi di ricerca e il display dei dati dipendono molto dalla struttura dei dati e sembra difficile che quest’ultima possa non essere presa in considerazione nel disegnare l’interfaccia utente specie quando una gran parte dello sforzo intellettuale nella creazione dei record bibliografici è volta proprio a mostrare agli utenti le relazioni tra i dati (autore, opera, tutte le opere di un autore, tutte le edizioni di un’opera ecc..) (Yee 1991 pag. 79). Moran (Moran 1981) invece, citato da Yee (Yee 1991 pag. 78) e anche da Hildreth (Hildreth 1982 pag. 40), adotta una prospettiva più ampia. Secondo la sua definizione l’interfaccia utente di un sistema è l’insieme degli aspetti del sistema con cui l’utente viene in contatto fisicamente, percettivamente o concettualmente. Gli aspetti concettuali sono quelli espressi nell’architettura del sistema e nel suo software, compresa quella parte del software che riceve e interpreta le richieste dell’utente e risponde mandando messaggi sul display, ma, ad un livello più profondo, comprendono anche il modello dello scopo e dei metodi di ricerca delle informazioni che chi crea l’interfaccia ha in mente. Il modello concettuale determina come il sistema lavora e come può essere usato per raggiungere lo scopo prefissato. L’efficacia del sistema dipende da quanto il modello pensato dal progettista si incontri con il modello concettuale che ha in mente l’utente, il quale ha, a sua volta, un proprio modello di ricerca fondato sulle sue abitudini, il suo stile di comportamento, le sue aspettative sull’organizzazione del catalogo e sulla struttura dei dati bibliografici (Hiltreth 1982 pag. 40). Questo spiega perché i primi opac abbiano emulato in tutto o in parte i cataloghi a schede e le loro caratteristiche di ricerca, nel tentativo di riprodurre un modello concettuale famigliare all’utente, bloccando forse la piena utilizzazione delle nuove potenzialità offerte dal catalogo elettronico. E spiega anche perché il modello concettuale, che in questo caso significa il modello di ricerca, dovrebbe essere esplicitato agli utenti, rinforzato dal comportamento del sistema, possibilmente comune o analogo in sistemi diversi se si vuole massimizzare l’efficacia della ricerca, cosa che ancora oggi non avviene.

Qualunque sia la prospettiva teorica adottata, è chiaro che un catalogo on line, come ogni altro sistema uomo-macchina, presenta problematiche relative alle componenti di interfaccia che se non sono governate portano al fallimento del dialogo tra utente e sistema e quindi alla perdita di efficacia dello strumento ed è chiaro che l’utente è una componente attiva del sistema e non solo un passivo fruitore esterno dei suoi servizi (Hildreth 1982 pag. 34).

 

L’apertura del catalogo elettronico agli utenti finali attraverso l’opac ha enormemente ampliato le problematiche relative all’interfaccia. Il sistema è a disposizione non più solo di utenti esperti, addestrati, consapevoli ma di una pluralità di utenti che possiamo definire principianti, occasionali, inesperti in qualcuno o in tutti gli aspetti che rendono efficace una ricerca: conoscenza della metodologia della ricerca bibliografica, conoscenza del campo disciplinare specifico, abilità nell’uso del computer, conoscenza dello specifico sistema che hanno davanti. Da una parte è necessario quindi che l’interfaccia diventi più semplice, con un linguaggio meno formale più vicino al linguaggio “naturale”, sia più flessibile e in grado di tollerare errori nell’input, sia in grado di assistere nella strategia di ricerca fornendo alternative quando i risultati della ricerca sono troppo estesi o troppo ridotti; dall’altra non possono essere frustrate le aspettative degli utenti più esperti con un’eccessiva semplificazione. La dicotomia esperti principianti è una banalizzazione della realtà: l’individuazione dei diversi livelli di utente e delle loro caratteristiche e di conseguenza il modello di interfaccia ottimale non è cosa semplice. Nel 1982 Hildreth ipotizzava questo futuro

Advances in artificial intelligence research support the hope that a single system will be able to accommodate all user on this continuum by adapting dynamically with time to the user’s changing levels of experience and varying learning needs. Such a system would be highly intelligent and flexible, capable of learning enough about a given user to tailor the interface dynamically during interaction with that user (Hildreth 1982 pag. 55)[2].

Nell’attesa di questo sistema ideale, negli opac fu intrapresa la strada di creare interfacce che presentassero almeno due possibilità d'interrogazione, variamente indicate come ricerca semplice, ricerca avanzata, per esperti o simili. All’inizio questa differenziazione coincise con un duplice modello basato su comandi, per esperti, e su menu’, questi ultimi considerati una caratteristica user friendly dell’opac (Su 1994 pag. 154) destinati agli utenti principianti. In un’interfaccia a linea di comando il sistema resta inattivo fino a quando l’utente non immette un comando o i dati richiesti attraverso uno specifico linguaggio regolato da una particolare sintassi; poi risponde o con messaggi di errore sintetici o mostrando sul display il risultato. Semplificando possiamo dire che un comando è una frase che consiste normalmente in un verbo in forma imperativa, di un oggetto (argomento) eventualmente con delle qualificazioni e degli operatori che li legano insieme. Abbiamo dunque un doppio livello, sintattico e semantico. Il livello semantico opera sugli oggetti, sulle strutture dei dati, sui record e indica quali operazioni devono essere fatte su questi oggetti (cerca, ordina, mostra, stampa) in un particolare linguaggio detto di interrogazione (query language). La quantità di comandi disponibili può essere anche molto grande dando all’utente un buon controllo sul sistema e una certa flessibilità. I primi miglioramenti in questo modello di interfaccia sono stati l’avvicinamento del linguaggio di interrogazione al linguaggio naturale, la semplificazione e la standardizzazione della sintassi dei comandi, l’utilizzo di messaggi di errore più ricchi di informazione, l’introduzione di help in linea.

L’interfaccia a menù non richiede che l’utente conosca il linguaggio con cui introdurre le sue richieste al sistema e neanche grandi capacità nella digitazione. Il sistema offre una serie di scelte che corrispondono a comandi, parametri, formati di display e l’utente deve solo indicare la sua scelta, normalmente digitando un numero e/o rispondendo si/no, return, ma eventualmente anche attraverso dispositivi di touch screen, o vocali. In questo modello è il sistema che ha il controllo del dialogo poiché l’utente può solo selezionare tra le opzioni che sequenzialmente gli sono proposte. La successione dei passi di ricerca è predeterminata da chi ha disegnato il sistema e l’utente non può deviare da questo percorso[3]. Questo rende la ricerca poco efficace, poco efficiente e per questo poco “user friendly” (Hulser 1992).

Nel corso degli anni ’90 lo sviluppo della tecnologia ha consentito la sostituzione dei terminali non programmabili, che nei primi opac costituivano l’interfaccia degli host di sistema, con i microcomputer in grado di elaborare suoni e immagini. Negli stessi anni la diffusione delle interfacce grafiche (GUI Graphical User Interface) ha costituito una novità anche nel mondo degli opac portando una certa evoluzione nell’interazione tra computer e utente. Nelle interfacce grafiche il dialogo tra utente e sistema avviene in un ambiente fatto di icone e finestre, utilizzando il mouse come puntatore di comando. In questo ambiente l'utente interagisce col computer manipolando direttamente gli oggetti graficamente rappresentati sullo schermo, svincolandosi dall'obbligo di imparare i comandi da impartire con la tastiera come invece avveniva con le interfacce testuali a linea di comando. L’idea della manipolazione diretta degli oggetti si sostituisce a quella del dialogo: anziché avere un dialogo sugli oggetti allo scopo di agire su di essi, l’utente interagisce direttamente con gli oggetti rappresentati sullo schermo. L’interfaccia è un mondo nel quale l’utente agisce e che cambia in risposta alle sue azioni (Mitev 1989 pag. 151). Un esperimento circa l’uso massiccio di icone tridimensionali in un opac ha però mostrato che, se ad una grafica sofisticata non si associano sofisticate funzioni di information retrieval l’opac resta sostanzialmente un opac di prima generazione (Mitev 1989 pag. 152)[4]. L’utilizzo delle icone e della grafica di per sé non migliora la qualità dell’interfaccia, la rende certo piacevole e attrattiva, ma inefficiente se l’utente non è in grado di comprendere gli attributi degli oggetti che vede e la relazione tra ciò che vede e gli eventi che si determinano nel sistema e non sa trarne delle conseguenze per la sua ricerca.

The user interface component of computerized interactive information retrieval systems like online library catalogs is the locus in time and space, typically defined by a particular mix of hardware and software facilities, where the user and the information system interact and communicate to carry out useful information seeking tasks. In today's online catalogs this user interface is primarily manifest through a particular online catalog's input devices and screen displays. However, these tangible components are only part of the story. The user interface in information systems is a complex environment in which system features must match up appropriately with a bewildering variety of users' personal characteristics, cognitive abilities, and task requirements. In the best of cases, this environment, with its brew of tangibles and intangibles, affords the user a comfortable, supportive "space" to carry out information seeking tasks. These tasks require not only appropriate information input and output, but comprehensible decision making support facilities as well (Hildreth 1995 parte 2, pag. 6)[5].

Anche le interfacce fatte di icone, finestre e puntatori non hanno risolto il problema di far comprendere all’utente che una ricerca è un insieme di passi correlati che coinvolgono diversi livelli d'interazione tra una varietà di dati e di funzioni, nonostante si muovano certamente nella direzione di un opac più amichevole e interattivo ed abbiano le potenzialità, grazie alla loro flessibilità, di rappresentare meglio all’utente il complesso ambiente informativo in cui si muove.

La problematica relativa all’adeguamento dell’interfaccia dell’opac alle diverse tipologie di utenti è attualmente affrontata nella prospettiva della personalizzazione. Dal punto di vista del gestore dell’opac la personalizzazione consiste nella possibilità offerta da molti sistemi di configurare, oltre all’aspetto grafico, anche i canali di ricerca in base alla conoscenza che il gestore ha delle preferenze o delle necessità dei suoi utenti. Questi sistemi offrono la possibilità di scegliere se presentare una maschera di ricerca con un unico canale (google like) oppure una maschera con più canali di ricerca (autore, titolo, parole chiave, soggetto ecc.) dei quali si può scegliere l’ordine di presentazione, le etichette dei campi, le successive possibilità di raffinamento della ricerca. Consentono inoltre di stabilire in quale ordine, in quale quantità, con quali etichette, presentare i dati in risposta alle interrogazioni dell’utente. Attraverso le scelte di configurazione è dunque possibile differenziare sia il contenuto dell’informazione sia il modo in cui è presentata all’utente. La personalizzazione può anche consistere nella possibilità di individuare diversi livelli di accesso ai servizi (per esempio per utenti registrati o non registrati) ai quali corrispondono diverse funzioni offerte dal sistema e rappresentate nell’interfaccia. E’ chiaro che per un opac che si presenti sul web, e sia come accade spesso, un opac collettivo, individuare la propria utenza di riferimento e predisporre un’interfaccia adeguata è comunque una scommessa. La personalizzazione sembra inoltre contraddire una della caratteristiche da sempre ritenute fondamentali per un opac ben disegnato e cioè la coerenza dei formati di display dei dati e delle etichette necessaria all’utente che si muove in un mondo informativo popolato da molti opac diversi. Nella direzione di suggerire per le interfacce utente degli opac caratteristiche riconoscibili e tali da dare la possibilità di acquisire abilità spendibili su diversi sistemi, si muovono le linee guida dell’IFLA (IFLA 2005). Il loro intento è di fornire un insieme minimo di caratteristiche che dovrebbero essere prese in considerazione nella visualizzazione dei dati catalografici indipendentemente dal tipo di interfaccia, a menù o a linea di comando, e dal tipo di utente.

Dal punto di vista dell’utente la personalizzazione può essere considerata da almeno due punti di vista, come personalizzazione esplicita (customisation) o come personalizzazione implicita (adaptive personalisation). Nella prima l’utente ha la responsabilità diretta di personalizzare la sua esperienza nel sistema; nella seconda le possibilità di accesso, le caratteristiche dell’interfaccia, la disponibilità di opzioni e di funzionalità è basata sulla conoscenza dell’utente che arriva al sistema dall’aver tracciato l’attività dell’utente o da altre fonti informative (Ferguson-Schmoller-Smith 2004). La personalizzazione esplicita è già caratteristica di molti opac e consente all’utente per esempio di scegliere la lingua in cui ricevere i messaggi dal sistema, di dimensionare i caratteri, di ordinare i risultati secondo la modalità preferita, di indicare la quantità di record da mostrare per ogni videata, di scegliere il formato di visualizzazione dei dati bibliografici, di manipolare i dati per la stampa, di salvare ed esportare le sue ricerche. Della personalizzazione implicita parleremo in seguito a proposito degli Opac 2.0 e dei sistemi di raccomandazione.

 


 



[1] Le caratteristiche dell’interfaccia sono quelle che coinvolgono “l’interfaccia utente”, l’interazione tra l’utente e il sistema di catalogo on line. Esempi di interfaccia includono: metodi di ricerca, […] formati di display, […] assistenza e istruzione on line […]. La caratteristica principale delle interfacce è di essere generalmente create in un livello di software che si trova tra l’utente al terminale e i reali meccanismi di search e retrieval del catalogo. L’interfaccia “software” esiste per tradurre i dati immessi dall’utente in comandi di ricerca e visualizza che il sistema catalogo possa usare, e tradurre e dare forma ai risultati del computer in un modo comprensibile all’utente. Dovrebbe essere possibile aggiungere, cambiate o togliere caratteristiche dell’interfaccia senza cambiare la struttura di base del sistema di catalogo on line.

[2] Gli sviluppi delle ricerche sull’intelligenza artificiale giustificano la speranza che un singolo sistema sarà capace di soddisfare tutti gli utenti in questo continuum adattandosi dinamicamente nel corso del tempo ai cambiamenti nel livello di esperienza e ai diversi bisogni di apprendimento degli utenti. Questo sistema sarà estremamente intelligente e flessibile, capace di apprendere abbastanza di ciascun utente tanto da adattare l’interfaccia dinamicamente durante l’interazione con quell’utente.

[3] Al momento in cui fu fatto il primo studio sugli opac americani (Mattews-Lawrence-Ferguson 1983) 9 su 10 interfacce presentavano come prima scelta la linea di comando e solo una presentava l’interfaccia a menù ritenuta troppo lenta e inflessibile, adatta solo ai principianti (Hildreth 1982 pag. 67). Nathalie Mitev (Mitev 1989) cita degli studi che comparano interfacce a linea di comando e interfacce a menù secondo i quali gli utenti non gradirebbero le interfacce a menù che danno accesso a schemi di classificazione gerarchica preferendo immettere i termini di ricerca senza dover passare attraverso diverse videate per scegliere il loro argomento di ricerca.

[4] Il riferimento è all’ormai classica definizione delle generazioni di opac proposta da Hildreth (Hildreth 1991).

[5] Le componenti di interfaccia utente di un sistema di information retrieval interattivo computerizzato come sono i cataloghi online di una biblioteca sono il luogo fisico e temporale, normalmente definito da un particolare mix di mezzi hardware e software, dove l’utente e il sistema informativo interagiscono e comunicano per portare a termine positivamente un obiettivo di ricerca informativa. Negli odierni cataloghi online questa interfaccia utente si manifesta principalmente attraverso un particolare dispositivo di input del catalogo e uno schermo. Tuttavia, queste componenti tangibili sono solo una parte della storia. L’interfaccia utente in un sistema informativo è un ambiente complesso nel quale le caratteristiche del sistema devono corrispondere in modo adeguato ad una confusa varietà di caratteristiche personali degli utenti, abilità cognitive, requisiti della ricerca. Nel migliore dei casi, questo ambiente, con il suo miscuglio di cose tangibili e intangibili, offre all’utente uno “spazio” confortevole e solidale in cui condurre a buon fine i suoi obiettivi informativi. Questi obiettivi richiedono non solo adeguate informazioni di input e output, ma comprensibili strumenti a supporto delle decisioni.


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| © ESB Forum | a cura di Riccardo Ridi |