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ISSN: 2283-303X

A metà del guado. Riflessioni in controluce fra cartaceo e digitale


Pubblicato anche a stampa in "Biblioteche oggi" XVIII (2000), n. 2, p. 84-96.
di Michele Santoro (in linea da settembre 2000)

"Stiamo vivendo una fase compresa tra due rivoluzioni,
quella della carta, non del tutto trascorsa,
e quella dell'elettronica, non del tutto sviluppata"
Paul Saffo

1. Del cambiamento epocale

Uno degli interrogativi che oggi viene posto con frequenza sempre maggiore è se davvero le nuove tecnologie stiano determinando un mutamento di portata epocale, se davvero siamo di fronte ad una trasformazione profonda e irreversibile, capace di modificare il nostro approccio nei confronti del reale e provocare sensibili cambiamenti tanto nella sfera sociale quanto nella dimensione psichica e relazionale degli individui. Assai diffusa è infatti la sensazione che le conquiste della tecnologia digitale e il travolgente impatto delle reti telematiche siano in grado di incidere su tutti gli aspetti della realtà contemporanea, sia ad un livello più ampio e generale, "che comprende la politica, l'economia e lo sviluppo tecnologico", sia su un versante più propriamente individuale e umano, relativo ai "problemi che riguardano la vita quotidiana"[1], la maniera di pensare, di agire e di comportarsi in un ambiente che associa al mondo fisico una componente sempre più marcatamente virtuale.

Non da oggi invero l'attenzione degli studiosi è attratta dalle molteplici e complesse influenze che i computer prima e le reti telematiche poi hanno prodotto sulla psicologia delle persone: basti pensare alle indagini di Sherry Turkle, che è giunta a individuare vere e proprie fenomenologie di dissociazione dell'io e a ipotizzare un diverso modello dell'identità interiore[2], o agli studi di Derrick De Kerkchove, volti a esplorare i mutamenti psichici originati dalle nuove tecnologie della comunicazione[3], per non parlare delle ricerche dell'intelligenza artificiale e dei suoi controversi accostamenti fra la tecnologia informatica e la mente umana[4]; ma è solo con l'avvento di Internet e il suo radicamento in tutti i settori della società che ha preso corpo una riflessione via via più accurata sulle trasformazioni indotte dalle tecnologie digitali. Non è nostra intenzione, in questa sede, approfondire temi di tale vastità e spessore; ci sembra tuttavia interessante riportare, quasi a titolo esplicativo, una breve rassegna di pareri che esperti assai autorevoli hanno fornito, sotto forma di intervista, nel corso della trasmissione televisiva "MediaMente", e che sono stati successivamente raccolti e resi disponibili su Internet.

L'impressione che si ricava dalla lettura di queste interviste è che davvero siamo dinanzi ad una trasformazione di tutti gli aspetti della realtà contemporanea, che si è ad un passo da un travolgente rovesciamento di consolidate certezze, di millenarie abitudini e modi di essere[5]: le conseguenze prodotte dall'affermarsi delle nuove tecnologie sembrano infatti tali da convalidare le ragioni di quanti parlano di un vero e proprio mutamento epocale, di una svolta assolutamente marcata e definitiva rispetto a qualsiasi età precedente[6]. Fra i molti intervistati, Lewis Baltz ad esempio afferma che, nell'attuale contesto tecnologico, "il bilancio pende a favore del virtuale a scapito del reale" e che "la gente si distaccherà ancora di più dall'idea ottocentesca della realtà, del mondo fenomenico, e del rapporto che ha al suo interno e nei confronti di questa realtà"[7]. E' un punto di vista ripreso con forza da Silvano Tagliagambe, per il quale siamo di fronte ad "una seconda rivoluzione copernicana nel senso kantiano del termine": difatti, spiega lo studioso,

Kant parlava di rivoluzione copernicana nel senso che la conoscenza è una dimensione in cui la struttura mentale dell'uomo acquisisce una funzione determinante. Non dobbiamo pensare a che cos'è il mondo in sé, ma dobbiamo anche rapportarlo alle nostre capacità ricettive. In che senso siamo oggi in una situazione del genere? L'informazione non ci proviene dal di fuori ma, in un certo senso, è come se noi fossimo calati dentro il mondo dell'informazione ed è come se questa ci circondasse e agisse come una specie di liquido amniotico. Noi viviamo in esso e ci immergiamo totalmente con la globalità dei nostri sensi: con la vista, con il tatto, e probabilmente, in futuro, anche con l'olfatto[8].

Dunque è la dimensione informativa, radicalmente rinnovata nei formati e capillarmente diffusa grazie alle tecnologie digitali, a incidere in profondità sulla dimensione psichica; sono infatti i nuovi strumenti elettronici, ribadisce Pierre Lévy, a fornire "i supporti delle tecnologie intellettuali che trasformano ed estendono le nostre capacità cognitive: la nostra memoria con le banche dati, gli ipertesti e gli iperdocumenti; la nostra immaginazione con tutti i sistemi di simulazione, la nostra percezione con gli strumenti per produrre immagini a partire dai dati"[9]. E' possibile quindi individuare una serie di cambiamenti nella sfera psichica e percettuale che sono all'origine di nuove connotazioni e strutturazioni interiori: non a caso lo stesso Lévy si dice convinto che le innovazioni tecnologiche contribuiscano ad una "virtualizzazione e uno sviluppo dei sensi", grazie anche a quei "sistemi di telepresenza e di virtualità" che determinano un incremento e non già un'atrofia delle capacità percettive[10], mentre Eric Benhamou, riprendendo uno dei temi centrali di Sherry Turkle, parla della capacità insita nelle reti di produrre "una specie di estensione della coscienza", in quanto "c'è molta gente che passa gran parte della sua vita `cosciente' usando Internet e interagendo con altre persone in un mondo virtuale in cui proietta le sue fantasie e crea una specie di seconda coscienza"[11].

Molteplici dunque sono gli indizi che permettono di intravvedere una nuova dimensione - sociologica, antropologica, cognitiva - lontana da ogni esempio passato e ricca di imprevedibili e suggestivi sviluppi. Ma probabilmente tali previsioni non avrebbero acquisito un'evidenza così palese se non si fosse già verificata una prima, decisiva trasformazione, messa in luce dalle interviste sopra riportate e costituita dall'avvento dei nuovi supporti informativi, non più vincolati alla fisicità della carta ma disponibili in veste immateriale, elettronica, digitale: quasi che i mutamenti intervenuti nel mondo dell'informazione costituissero l'avanguardia di una rivoluzione più complessiva, capace di incidere sui diversi aspetti della vita sociale oltre che sui meccanismi psicologici e comportamentali degli individui. Se tale ipotesi è corretta, allora un approfondimento sui cambiamenti avvenuti nell'ambito documentario non solo può risultare d'interesse per i professionisti dell'informazione - da tempo impegnati a fronteggiare una serie di innovazioni complesse e dinamiche[12] - ma può essere utilizzato come lo specchio di una metamorfosi più vasta, come una cartina di tornasole in grado di mettere in luce le innumerevoli variazioni che hanno luogo nella realtà odierna e consentirne un'interpretazione sempre meno estemporanea ed approssimativa.

Un passo avanti e due indietro

Rimanendo dunque entro questa linea di discorso, è possibile richiamare l'affermazione di Roger Chartier secondo cui il cambiamento indotto dalle nuove tecnologie sta producendo una rivoluzione "maggiore di quella di Gutenberg"[13]: affermazione davvero impegnativa, se solo si pensa che l'invenzione della stampa a caratteri mobili ha dato origine ad una fra le trasformazioni più spettacolari nella società e nella cultura moderne[14]; e tuttavia, al di là del suo significato specifico, la frase dello studioso francese è interessante perché implica di fatto un'analogia fra le due epoche, istituisce un collegamento tra l'odierna dimensione tecnologica e la realtà determinatasi in seguito alla diffusione della tipografia. Non sono poche invero le affinità che si possono cogliere fra l'attuale temperie e la situazione prodotta dall'avvento della stampa; ma ciò che forse mette conto notare è come, in entrambi i periodi, si sia manifestato uno straordinario sviluppo tecnologico, caratterizzato dalla comparsa di nuove tecniche o dall'impiego in contesti diversi di tecniche già esistenti: uno sviluppo che ha influenzato fortemente gli ambiti informativi e della comunicazione, producendo nuovi strumenti di diffusione del sapere e dando origine, nell'un caso e nell'altro, a quei "fattori di mutamento" di cui è stata riconosciuta la portata epocale[15].

Difatti, analogamente a quanto avviene nella realtà contemporanea - condizionata da una gamma di tecnologie che incidono in profondità sull'universo informativo - anche nell'epoca di Gutenberg si assiste a una serie di significative innovazioni[16] che investono "ogni sorta di industria, arte e mestiere"[17] e che, opportunamente assemblate, danno vita a una nuova, sofisticata tecnologia, destinata a mutare radicalmente l'evoluzione storica e culturale dell'Occidente. La stampa infatti, come è stato più volte sottolineato[18], non costituisce un singolo sviluppo tecnologico, ma è il prodotto di una serie di avanzamenti avvenuti in diversi settori dell'industria e dell'artigianato: si pensi alla carta, originata fuori d'Europa e successivamente perfezionata fino a diventare il principale supporto della scrittura[19]; o agli inchiostri, derivati dalle vernici ad olio utilizzate dalle scuole pittoriche fiamminghe[20]; o al torchio tipografico, che rappresenta un originale impiego di uno strumento concepito per usi del tutto diversi[21]; o infine ai caratteri mobili, realizzati sulla base dei raffinati metodi d'incisione messi a punto nelle officine degli orafi[22]. E tuttavia la stampa è stata capace di consolidarsi ed acquisire una preminenza assoluta non solo in virtù di questi "caratteri originali", ma anche grazie a una quantità di accorgimenti tecnici e di costanti miglioramenti strutturali che l'hanno caratterizzata come una tecnologia raffinata e complessa, in grado di offrire la soluzione più adeguata ai problemi che di volta in volta potevano insorgere.

Che si sia trattato di una tecnologia realmente rivoluzionaria lo attesta il suo stesso travolgente successo, essendo riuscita, nel giro di pochi decenni, a rendere obsoleto e quindi a sostituire del tutto il tradizionale sistema di produzione manoscritto. Una prima valutazione della sua efficacia si può ottenere guardando ai 40.000 titoli apparsi nella seconda metà del quindicesimo secolo, e corrispondenti a dieci o, secondo altre fonti, a venti milioni di volumi pubblicati; ma, com'è ovvio, le conseguenze vanno ben oltre i semplici dati quantitativi, giungendo a coinvolgere fenomeni di natura psicologica[23], culturale, economica e sociale. L'analisi di Elizabeth Eisenstein mette in luce i molteplici fattori di cambiamento innescati dalla stampa, cosa che non è agevole sintetizzare senza alterare il filo di un'esposizione particolarmente articolata e complessa; tuttavia, ai fini del nostro discorso, è possibile individuare alcuni elementi di peculiare interesse che, nel confronto con analoghe vicende della realtà contemporanea, siano in grado gettare nuova luce su una dimensione - qual è quella attuale - sempre più condizionata dalle nuove tecnologie dell'informazione.

Dunque, scrive la Eisenstein, l'aumento vertiginoso nel numero dei libri accresce la capacità di comparare idee, di identificare contraddizioni e di creare originali sintesi di pensiero; tra i fattori che favoriscono questi fenomeni, l'autrice si sofferma in particolare sui cambiamenti avvenuti nelle modalità di presentazione dei documenti[24]: la stampa infatti non solo generalizza la presenza del frontespizio, delle illustrazioni e delle note a piè di pagina ma, accrescendo la conoscenza dell'ordine alfabetico, consente un impiego più ampio degli indici[25], con risultati che è facile immaginare in termini di rapidità nella consultazione dei testi e di migliore fruizione dei contenuti. Se è quindi vero che le modifiche intervenute nei formati[26] rappresentano una componente essenziale della "cultura della stampa", è altresì vero che in questi cambiamenti si possono scorgere i segni di trasformazioni più profonde che, a parere della studiosa, coinvolgono il versante psicologico e percettuale da un lato, e quello più latamente gnoseologico e culturale dall'altro.

Difatti, riflettendo sull'idea di McLuhan secondo il quale "le linee di scansione della stampa" avrebbero un'influenza determinante sui processi mentali, la Eisenstein giunge a ipotizzare un diverso orientamento psicologico dei lettori, i cui pensieri sarebbero "guidati dal modo in cui sono disposti e presentati i contenuti dei libri"; di conseguenza, scrive l'autrice, "cambiamenti fondamentali nel formato del libro potrebbero sfociare in cambiamenti nei modelli mentali"[27]: si tratta di un'affermazione che, pur nella diversità della prospettiva storica, appare assai prossima alle posizioni di quanti vedono nell'avvento della nuova frontiera prodotta dai supporti digitali e dalle reti telematiche una straordinaria fonte di mutamento, in grado di intervenire sui meccanismi psicologici degli individui e di modificarli nell'immersione in una gamma di "tecnologie intellettuali"[28] sempre più innovative e avanzate.

E tuttavia, prosegue la Eisenstein, le variazioni nei formati non coinvolgono solo aspetti di natura soggettiva, ma vengono a determinare una diversa organizzazione del sapere; difatti l'uso costante dell'ordine alfabetico e la crescente disponibilità di indici e cataloghi - sia compilati dagli editori sia realizzati dai bibliotecari - danno vita a un'inedita capacità di "codificazione e di sistematizzazione" delle conoscenze: una nuova e più incisiva "razionalizzazione del formato", prosegue l'autrice, contribuisce "a sistematizzare l'erudizione in diversi campi"[29], favorendo tra l'altro la nascita di fondamentali repertori - primo fra tutti quello di Gesner - in cui l'attitudine bibliografica si coniuga con un disegno di organizzazione del sapere di rilevanza eccezionale[30].

Ora, se volessimo proseguire nell'analogia con l'età contemporanea e comparare gli sviluppi conoscitivi derivati dalla stampa con l'avvento di un nuovo sapere generato dalle tecnologie digitali, appare evidente che tale confronto non possa avvenire che per antitesi, essendo l'attuale dimensione cognitiva del tutto diversa da quei fenomeni di "codificazione e di sistematizzazione" del sapere imposti dai formati tipografici; difatti, se è vero che i prodotti della tecnologia elettronica sono in grado di incidere in profondità su un nucleo di conoscenze che appare piuttosto statico se non del tutto obsoleto[31], è altresì vero che queste nuove modalità conoscitive riluttano ad ogni tentativo di classificazione, assumendo contorni così dinamici e sfaccettati da sfuggire a un inquadramento entro consolidate categorie concettuali: pensiamo a quelle forme - ipertestuali, multimediali - che nell'integrazione di testi, animazioni e suoni, consentono una straordinaria libertà espressiva[32]; pensiamo alle rinnovate possibilità di comunicazione intervenute con la posta elettronica, le ]chat lines, i newsgroup[33] pensiamo alle inedite capacità di diffusione informativa attraverso strumenti sempre più avanzati, qual è ad esempio quel ]mix di Internet e televisione che va sotto il nome di Web-TV[34].

Ma a tutto ciò si aggiunge oggi una dimensione ulteriore che, giusta l'analisi di Silvano Tagliagambe, è connessa ad una percezione radicalmente diversa dello spazio e del tempo: uno spazio globalizzato, in cui svaniscono le distinzioni fra centro e periferia e che diventa sempre più "raggiungibile" per mezzo delle reti a diffusione planetaria; ed un tempo che si rafforza e "acquista corposità grazie alla robusta iniezione di connessioni vaste e capillari che gli è conferita da uno spazio dilatato e raggiungibile". In una realtà così mobile e complessa, prosegue lo studioso, è del tutto evidente che il sapere tradizionale vada incontro una ricombinazione complessiva, se è vero che le reti "non solo facilitano ma rendono indispensabile" l'"interdipendenza tra forme diverse della conoscenza umana", producendo "un inedito ]bricolage tra schemi, modelli, valori, paradigmi di diversa origine, di diversa portata, di diversa natura"[35] non a caso, per la nostra epoca, si parla di una "coemergenza di saperi"[36] provenienti dalle più diverse dimensioni informative e della comunicazione: saperi certamente distanti dalle modalità cognitive indotte dalla stampa, ma che senz'altro contribuiscono a quel mutamento epocale che sembra davvero configurarsi come l'analogia più evidente fra le due età.

Paperless variations

Se dunque è plausibile l'ipotesi di una rivoluzione "maggiore di quella di Gutenberg", che promana dal mondo dell'informazione e ruota intorno ai nuovi supporti, è allora opportuno chiedersi in cosa, nella pratica, si espliciti questa rivoluzione, in quale maniera i formati elettronici siano in grado di modificare le modalità di percezione e di consumo delle informazioni e pervenire ad un più efficace utilizzo dell'enorme potenziale conoscitivo oggi disponibile.

Una prima risposta può essere individuata nel diverso atteggiamento che i media digitali impongono nei confronti delle due attività della lettura e della scrittura[37]: difatti, se da un lato la smaterializzazione dei supporti rende sempre più frequente e praticata la lettura "da schermo", dall'altro lato si affermano le peculiarità della "scrittura elettronica", che modificano a fondo il tradizionale approccio con il testo e con i suoi supporti. Fra le due attività comunque sussistono molteplici differenze: la lettura da computer infatti appare tuttora condizionata dall'insufficiente "grado di risoluzione" degli schermi, cosa che produce affaticamento della vista, costringendo a leggere lentamente[38] e a interrompere spesso la lettura; la "videoscrittura"[39] invece è accreditata di una serie di caratteristiche (flessibilità, interattività) che non solo la rendono generalmente accettata, ma che ne fanno il genere di scrittura oggi dominante. La differenza probabilmente risiede nel fatto che le modalità di scrittura da video richiedono una serie di pause - dovute all'elaborazione del pensiero oltre che all'appropriata disposizione del testo - che periodicamente consentono di "prendere le distanze" dallo schermo; le pratiche di lettura per contro prevedono un andamento continuo, senza interruzioni eccessive o forzose, cosa che non viene certo agevolata dalle odierne caratteristiche degli schermi[40].

E tuttavia, grazie alle potenzialità delle tecnologie digitali, il dualismo lettura/scrittura si arricchisce di inediti e interessanti sviluppi: oggi infatti la scrittura elettronica può varcare i confini della semplice "produzione" di testi per assumere le forme di una più avanzata e coinvolgente "scrittura creativa"[41], mentre la massiccia presenza di supporti non cartacei impone una dimensione del tutto nuova per l'atto della lettura, che richiede rinnovate attitudini e capacità. Da più parti sono state messe in luce le caratteristiche di innovazione legate a queste modalità[42], e sono state individuate possibili affinità con epoche precedenti e con analoghi criteri di utilizzo di questi procedimenti: Giovanni Galli, ad esempio, ha tracciato un parallelismo fra la maniera "autoreferenziale" di produzione del testo propria del Medioevo - che trova nella biblioteca-]scriptorium il "luogo dove si scrive, si conserva, si legge, si trascrive" - e l'odierno meccanismo di creazione di documenti, "che si leggono con lo stesso tipo di macchina con cui sono stati prodotti"[43] mentre Robert Darnton ha rilevato che la lettura da schermo, procedendo in verticale e non già in orizzontale come nei formati cartacei, appare più vicina ai modi di lettura propri del ]volumen che a quelli del codice o del libro a stampa: i lettori infatti "vedono sullo schermo del computer un flusso testuale ininterrotto. Srotolano un testo un po' come facevano i loro predecessori sotto l'Impero Romano"[44].

Ma, quali che siano i presupposti su cui si basano le rinnovate modalità della lettura e della scrittura, e al di là dei possibili antecedenti storici, è forse opportuno sottolineare alcune peculiarità dei documenti elettronici, e in particolare quegli elementi di maggiore prossimità o di più marcata differenza rispetto al tradizionale "oggetto libro", affinché da tale confronto risultino meglio dilucidate le principali caratteristiche di questa nuova frontiera informativa[45].

E in primo luogo, ciò che appare interessante nei formati digitali è la presenza di alcuni riferimenti - l'indice, il sommario, le note - che sappiamo essere tipici dei documenti tradizionali e segnatamente dei testi a stampa; il più delle volte tuttavia queste indicazioni non sono distinte dal testo vero e proprio come nei supporti cartacei, ma compaiono sullo schermo in maniera simultanea e contestuale al testo, spesso assumendo forme insolite o non convenzionali (pulsanti, immagini statiche o in movimento, etc.) che modificano l'atto della lettura ed impongono un diverso approccio nei confronti del testo. Sono in particolare le immagini che, nei documenti digitali, acquisiscono un rilievo tale da sovvertire il tradizionale rapporto con lo scritto: difatti, se nella pagina a stampa si verifica una chiara supremazia del testo rispetto all'apparato iconografico, nei formati elettronici la proporzione appare rovesciata, essendo l'immagine a venire esaltata, mentre la componente scritta è ridotta a un rango accessorio, quasi fosse una didascalia o un commento alla prevalente dimensione grafica[46].

Con l'avvento dei supporti elettronici infine si assiste al tramonto di quella concezione unitaria del testo tipica dei media cartacei: difatti, grazie alle potenzialità ipertestuali, il testo viene ripartito in una pluralità di blocchi e di nodi semantici ai quali è possibile associare un insieme di dati anche esterni al testo, consentendo così una quantità di approfondimenti e di ricerche "su misura" per ogni utente; il documento di conseguenza non si presenta più nella forma strutturata e quasi monolitica propria dell'oggetto libro, ma assume una connnotazione fluida, mobile, dinamica, che obbedisce innanzitutto alle specifiche necessità dell'utente[47].

4. Del libro elettronico

E tuttavia, una volta esplorate le caratteristiche dei formati elettronici e indagate le diverse maniere di organizzare e recepire l'informazione, viene da chiedersi se l'intero discorso altro non sia - per dirla con Eli Noam - che una semplice paperless variation sul tema del libro[48], una mera esercitazione "al di là della carta", che in nessun caso è in grado di evitare una più approfondita riflessione sull'oggetto libro, sulla sua centralità e preminenza in un'epoca - qual è quella attuale - in cui la travolgente avanzata delle tecnologie digitali non sembra averne intaccato le fondamentali prerogative e funzioni[49].

In realtà, non v'è dubbio che nell'immaginario collettivo il libro rivesta da sempre un fortissimo ruolo simbolico[50]: si tratta di una visione su cui agisce senz'altro l'influsso delle grandi "religioni del libro", che in esso ritrovano, per dir così, la fonte documentaria della verità rivelata; ma è altrettanto certo che nell'opinione comune il libro rappresenta qualcosa di estremamente radicato e significativo, venendo a incarnare l'immagine stessa della conoscenza, la raffigurazione più compiuta della cultura e del sapere. E tuttavia lo straordinario successo della forma libro non può essere ricercato in motivazioni o condizionamenti esteriori ma, giusta l'analisi precedente, va invece individuato nella sua stessa natura, in quel ]mix di caratteristiche fisiche e intellettuali che ancora oggi risultano decisamente solide, durature e soddisfacenti: non è un caso infatti se il libro si configura come una sintesi pressoché perfetta dei due requisiti della leggibilità, grazie all'alto grado di risoluzione proprio dei supporti cartacei, e della trasportabilità, cioè la possibilità di utilizzare sempre e dovunque l'oggetto fisico e le informazioni in esso contenute. Si tratta, ci pare ovvio, di aspetti fondamentali, intorno ai quali ruota il dibattito sulla validità - ovvero, secondo molti osservatori, sulla insuperabilità - del libro rispetto ai nuovi formati digitali: difatti, se da un lato il grado di risoluzione della pagina a stampa risulta tuttora più elevato di quello offerto dagli schermi dei computer, dall'altro lato è evidente che la maneggevolezza e la trasportabilità del libro è di gran lunga superiore a quella dei supporti digitali, in particolare nei casi di letture itineranti, che avvengono in luoghi ove è del tutto disagevole l'uso di computer e di altre attrezzature elettroniche[51].

E' difficile in verità disconoscere la fondatezza di queste osservazioni, anche se, allo stesso tempo, non si può non rilevare come oggi si sia di fronte a una quantità assai elevata di conoscenze disponibili su supporto non cartaceo, ad una crescita davvero esponenziale di informazioni veicolate - in tempo reale e su scala planetaria - grazie ai formati digitali e alle reti telematiche, tanto da far pensare ad un sostanziale affiancamento, se non ad uno scavalcamento vero e proprio, di questi nuovi strumenti rispetto alle tradizionali forme a stampa[52]. Le conseguenze, ai fini del nostro discorso, appaiono del tutto evidenti: quando ad esempio ci rivolgiamo a un Cd-Rom multimediale, o quando utilizziamo documenti di rete, ci sottoponiamo di fatto alla duplice costrizione di una lettura a bassa risoluzione e non itinerante (ossia l'esatto contrario di quanto ci offre la forma libro), essendo vincolati all'impiego di apparecchiature il più delle volte poco soddisfacenti sotto il profilo della leggibilità e inadatte ad una lettura mobile ed estesa.

In realtà l'obiezione più ovvia che si può muovere a tali argomentazioni è che, al giorno d'oggi, è impossibile porre limiti alla "provvidenza tecnologica", all'indefinita capacità del mercato di fornire una quantità di strumenti altamente innovativi e potenzialmente rivoluzionari rispetto all'attuale stato di cose: in altre parole, ciò che al momento sembra una situazione di stallo, caratterizzata dal dualismo apparentemente insanabile fra le irripetibili bontà dell'oggetto libro e le meravigliose frontiere dell'informazione elettronica, in un futuro non molto lontano potrebbe essere sovvertita dall'apparizione di prodotti di incredibile complessità e perfezione, in grado di eliminare tutte le difficoltà e gli ostacoli di una lettura non cartacea. Difatti, scrive Antonio Caronia, "fino a che le tecnologie del computer sono quelle che conosciamo oggi", i sostenitori della tradizione possono dormire sonni tranquilli; ma cosa accadrebbe "se il computer, come racconta Bruce Sterling nelle sue conferenze, diventasse un fazzolettino, qualcosa che ha la consistenza della stoffa o della tela, qualcosa che posso estrarre di tasca quando voglio e utilizzare molto più comodamente di oggi in tutte le situazioni?"[53].

E tuttavia, sebbene l'autore ritenga che questa ipotesi, "con tutta la ricerca sui nuovi materiali", sia "molto meno fantascientifica di quanto si possa pensare"[54], il mercato non sembra tuttora disporre di tali prodigi tecnologici; in compenso, si affacciano sulla scena una serie di prodotti altrettanto raffinati e ambiziosi, non per nulla denominati "libri elettronici", il cui scopo è quello di risolvere una volta per tutte i problemi della lettura da computer e mettere finalmente d'accordo i fautori delle forme cartacee con i seguaci delle nuove tendenze digitali[55]. Si tratta in effetti di strumenti - sostanzialmente sono dei computer portatili - che tentano di coniugare i punti di forza del tradizionale oggetto libro (la leggibilità, la maneggevolezza) con gli irrinunciabili vantaggi della tecnologia digitale (la duttilità, l'interattività, e soprattutto la possibilità di sfruttare l'enorme patrimonio informativo della rete); di conseguenza, si presentano come oggetti di piccole dimensioni, sufficientemente leggeri e maneggevoli, e provvisti di un grado di risoluzione sensibilmente maggiore di quello dei computer convenzionali[56]. Ma ciò che in particolare connota questi formati, caratterizzandoli in modo specifico nel vasto panorama degli strumenti elettronici, è l'esplicito richiamo all'oggetto libro, alle sue proprietà più note e apprezzate, che vengono ]mutatis mutandis replicate nella nuova dimensione informatica: alcuni modelli, ad esempio, propongono un'originale "rilegatura" in cuoio, che dà loro un aspetto decisamente più elegante di quello dei tradizionali computer portatili[57] altri si mostrano come un insieme di "pagine elettroniche", in grado di essere "sfogliate" dagli utenti analogamente a quanto avviene con i libri cartacei[58]; in alcuni esemplari si possono "fare le orecchie" alle pagine, mentre in altri, grazie ad un apposito "stilo", è possibile sottolineare, prendere appunti o scrivere note in margine[59].

Quest'ultimo elemento, con ogni evidenza, getta luce su uno degli aspetti che meglio caratterizzano tali strumenti, e cioè la palese imitazione non solo del libro cartaceo, ma anche di supporti ad esso precedenti, quali le tavolette d'argilla del periodo assiro-babilonese o quelle cerate proprie dell'epoca romana[60] : non è un caso infatti se essi tecnicamente vengono definiti ]tablet computers, termine senz'altro meno accattivante di quello di electronic books, ma indicativo di una scelta che - non sappiamo quanto consciamente - conduce a compensare l'elevatissimo grado d'innovazione contenuto in questi prodotti con una spinta francamente regressiva, con un percorso retrogrado verso le origini prime della documentazione scritta, allo scopo (neppure tanto mascherato) di ancorare l'eterea virtualità del formato digitale alla rassicurante fisicità degli antichi supporti dell'informazione.

Se dunque l'imitazione è la caratteristica che, nella maniera più scoperta, informa l'intera gamma dei gli e-books, questa tuttavia sembra limitarsi agli aspetti più esteriori dell'oggetto-libro, non riuscendo a mascherare l'effettiva natura di questi strumenti: difatti, sotto le spoglie di ben noti e familiari supporti, i libri elettronici altro non sono che dei computer, e come tali sottoposti a tutti i limiti e i condizionamenti di queste tecnologie. Allora, se lasciamo da parte le sensazioni di ammirato stupore o di infastidito sconcerto che essi sono in grado di suscitare, possiamo rilevare con Jacob Nielsen[61] che neppure la comparsa di prodotti tanto sofisticati sembra aver risolto il problema della leggibilità tipico dei formati digitali[62] : infatti, per quanto venga enfatizzato l'alto livello tecnologico raggiunto, nessuno dei siti web che li pubblicizza fa menzione del loro specifico grado di risoluzione; attualmente, osserva lo studioso, solo alcuni ]display sperimentali - che costano circa 30.000 dollari - permettono una velocità di lettura analoga a quella della carta: di conseguenza, se il costo dei libri elettronici vorrà mantenersi relativamente basso[63] , la qualità degli schermi non potrà non risentirne. E in realtà la questione dei costi non è per nulla trascurabile, se è vero che l'impiego degli ]e-books per la lettura di documenti di rete è vincolata non solo al pagamento di sostanziose tariffe agli editori, ma all'utilizzo di hardware e software "proprietari", in grado cioè di decodificare in modo esclusivo una serie di testi presenti su Internet in forma protetta: testi peraltro che, una volta raggiunti, non possono essere né stampati né ceduti ad altri[64] , e che non sono poi così numerosi come si vorrebbe far credere, apparendo limitati a una quantità piuttosto esigua di opere, e neppure tutte coperte da copyright[65] .

E tuttavia, prosegue Nielsen, anche quando i libri elettronici avranno risolto questi problemi, anche quando saranno in grado di raggiungere la stessa velocità di lettura consentita dalla carta, essi rimarranno comunque "una cattiva idea": difatti, è del tutto evidente che per i formati digitali non vi è nessuna convenienza nell'imitare i supporti tradizionali e le loro peculiari modalità di utilizzo, e che non ha alcun senso "sfogliare" un insieme di "pagine virtuali" solo perché siamo abituati a farlo con la carta; altri invece, e ben diversi saranno i percorsi che i supporti elettronici dovranno seguire se vorranno competere con il vecchio e glorioso libro a stampa, e saranno naturalmente basati sull'interattività, sull'attitudine a creare connessioni fra media diversi, sulla possibilità di navigazione e di ricerca fra svariati servizi online, e infine sulla capacità di un aggiornamento efficace, continuo e rispondente alla multiforme varietà dello scenario digitale.

5. La condizione bimediale

In un contesto così ricco di prospettive e potenzialità, è dunque legittimo interrogarsi sul perché non si sia ancora arrivati a "quell'altro dal libro" sognato da Sterling, capace di distaccarsi completamente dal convenzionale e dal noto, e a tal punto in grado di trascendere la forma libro - è questa l'idea di Geoffrey Nunberg - da non poterne sostanzialmente insidiare il ruolo[66] . Per contro, se tutto ciò che ci viene offerto altro non è che un ambiguo travestimento del tradizionale testo a stampa, allora siamo autorizzati a credere che non sia solo un atteggiamento di nostalgica fedeltà al cartaceo a fare da freno allo sviluppo di prodotti radicalmente avanzati, ma che si tratti di qualcosa di assai più delicato e complesso, che affonda le sue radici nella percezione di una effettiva insostituibilità della carta, medium d'elezione per modalità di lettura estensive anche in ambienti profondamente pervasi di informazione elettronica.

Non è un caso infatti se "persino William Gates, presidente e direttore generale della Microsoft, ha confessato di recente di preferire la carta stampata allo schermo del computer quando deve leggere più di tanto: `La lettura di un testo sullo schermo è ancora immensamente inferiore alla lettura di un testo su carta. Persino io, che ho questi schermi di lusso e mi credo un pioniere dello stile di vita del Web, quando si tratta di qualcosa di più di quattro o cinque pagine, lo stampo e mi piace portarmelo dietro e scrivervi annotazioni. Deve fare una bella corsa a ostacoli la tecnologia per riuscire a uguagliare questo livello di semplicità d'uso'"[67] . E a ben guardare, la ricetta proposta dall'ineffabile Gates - una buona stampante collegata al computer - sembra essere la soluzione più economica per uscire dal guado senza rinunciare né ai vantaggi dell'informazione digitale né ai privilegi dei supporti tradizionali: la stampante diventa, per così dire, il terminale del terminale, il destinatario a cui riversiamo fiduciosi i molteplici documenti che ricaviamo da un Cd-Rom o recuperiamo su Internet e che, ora in modo enfatico e sgargiante, ora in tono più uniforme e sommesso, costituiscono l'oggetto della nostra ricerca conoscitiva. Vogliamo leggere un interessante articolo apparso su una rivista elettronica? cosa c'è di meglio che mandarlo alla stampante e portacelo dietro, magari dandogli un'occhiata in autobus prima di esaminarlo con calma dopo cena? Abbiamo individuato i testi di un famoso ]musical di cui ci hanno regalato il disco? che fare, se non stampare le pagine corrispondenti per poterlo poi ascoltare con i testi sott'occhio[68] ? Siamo presi da irrefrenabile curiosità di sapere come è fatto il nostro cervello? sulla rete troviamo una quantità di risposte, multiformi, accurate, complesse: non c'è altra strada che stampare, portare con noi, leggere con attenzione[69] .

Si tratta, con ogni evidenza, della maniera più ovvia e - alla lettera - più a portata di mano per ottenere le condizioni di leggibilità e trasportabilità che rendono agevole la lettura senza rinunciare ai vantaggi dell'informazione elettronica; e tuttavia, a uno sguardo meno superficiale, questa sorta di quadratura del cerchio rappresentata dalla stampa domestica di documenti online mostra tutta una serie di limiti. La conseguenza più paradossale infatti è che nelle nostre abitazioni, nei nostri studi ed uffici, vi sia ora più carta di quanta non ve ne fosse prima dell'avvento del digitale; tale accumulo documentario poi non si presenta più nelle canoniche vesti del libro o della rivista (oggetti che fra l'altro avevano il pregio di poter essere facilmente collocati sugli scaffali e recuperati con comodità), ma assume forme assai simili alle fotocopie e alle altre tipologie di materiale grigio: ne discende, come naturale corollario, che laddove si voglia intraprendere un ordinamento di tali documenti, ciò non possa avvenire se non con metodologie di tipo archivistico, quelle bibliotecarie essendo ]naturaliter estranee alla bisogna.

Ma, al di là degli aspetti di organizzazione degli "archivi privati post-digitali", è interessante notare come il compromesso rappresentato dalle stampanti solo in apparenza sia in grado di comporre la frattura tra le diverse maniere di recepire l'informazione, lasciando in particolare irrisolti taluni problemi di ordine psicologico che possono presentarsi quando interagiamo, in modo continuato e contestuale, con i due universi della carta e dell'elettronica: difatti, ciò che a volte pare manifestarsi è una condizione di reale duplicità, una forma vorremmo dire schizofrenica che non solo conduce ad assumere un diverso atteggiamento - percettivo, comportamentale, operativo - a seconda se ci rivolgiamo alle informazioni in rete o ai documenti a stampa, ma che è capace di dar vita a sensazioni ambigue e frastornanti, a stati d'animo di smarrimento e d'incertezza, che possono insorgere allorché ci muoviamo simultaneaneamente fra le opposte dimensioni del cartaceo e del digitale[70] .

E' possibile, in questo senso, parlare di "bimedialità", di una disposizione cioè di natura mista, di un'attitudine ibrida che si manifesta quando l'informazione viene proposta con modalità che appaiono distanti da quelle che invece sentiamo più idonee ad una sua naturale ricezione. Un esempio di questa condizione bimediale è riscontrabile in ciò che potremmmo definire "il disagio dell'ipertesto": ci riferiamo a quei moti di insofferenza, a quelle sensazioni di fastidio e finanche di irritazione che avvertiamo ogni qualvolta c'imbattiamo in documenti (articoli, rapporti tecnici, tesi di laurea...) nativamente concepiti per una lettura sequenziale e che invece si mostrano "impaginati" in modi eccessivamente ipertestuali, frazionati in una quantità di elementi che non solo ne smembrano la contiguità fisica, ma che rischiano di pregiudicarne la comprensione logica[71] . In verità, non sono rari i casi in cui tale disagio può rimanere inespresso, in particolare quando la trasposizione ipertestuale sia avvenuta in forme non estreme, o se preferiamo fruire del documento dallo schermo del computer; ma nel momento in cui decidiamo di inviarlo alla stampante - ripristinando in tal modo l'integrità e la linearità originarie - si fa evidente la consapevolezza dell'inidonea modalità di presentazione di quel documento[72] , artificiosamente suddiviso in una pluralità di frammenti che in fase di stampa, attraverso una tediosa serie di scorrimenti per tutto il testo, dobbiamo forzosamente ricomporre: sono questi gli stadi in cui, con maggiore chiarezza, si manifestano quei sentimenti di insoddisfazione e di disagio che sono i segnali più evidenti della bimedialità, ossia di quella condizione che, mettendo in luce la conflittualità insita fra le diverse dimensioni informative, ci consente di non aderire acriticamente all'una o all'altra di esse[73] , ma rende invece possibile una scelta fra i molteplici ]mezzi e gli innumerevoli modi di trasmissione delle conoscenze che oggi ci vengono offerti[74] .

6. Il libro a strati

Se l'interazione fra cartaceo e digitale si mostra così articolata e ricca di contrasti da sfociare a volte anche nel patologico, è allora lecito domandarsi se queste due prospettive siano destinate a restare per sempre distinte, o se non sia possibile individuare una dimensione intermedia, un territorio comune nel quale - in forme non surrettizie o simbiotiche[75] ma autenticamente dialettiche - possano finalmente incontrarsi e condividere i propri requisiti e le proprie peculiarità.

Una risposta a questo interrogativo può forse venire ancora una volta da quella sorta di universo parallelo che è la rete Internet: un universo da sempre caratterizzato dalla dimensione scritta, e sul quale gran parte dell'informazione è tuttora veicolata per il tramite della scrittura. E fra gli innumerevoli oggetti digitali che affollano la rete, vediamo che uno spazio considerevole è occupato da quei documenti che riescono con facilità a liberarsi dall'involucro cartaceo, e che di conseguenza trovano un mezzo assai vantaggioso di diffusione nei collegamenti virtuali e nelle autostrade telematiche: sono le miriadi di pubblicazioni ufficiali, rapporti tecnici, elenchi, statistiche, manuali, bollettini, ossia tutte quelle tipologie che Nunberg definisce "non interessanti"[76] , nel senso che non vi è alcun interesse nel possederle come oggetti fisici, e che invece è opportuno mantenere in veste digitale e utilizzare attraverso gli strumenti della rete.

Ma Internet oggi appare sempre più popolata da documenti decisamente "interessanti", che possiamo rubricare nella categoria dei veri e propri "libri"[77] , opere cioè - si tratti di testi letterari o di contributi scientifici o saggistici - che si presentano concettualmente e strutturalmente definite[78] , e la cui presenza sulla rete risponde a esigenze molteplici e diversificate. Difatti, se da un lato è la stessa natura di Internet - orizzontale, cooperativa, volta a un continuo ampliamento delle conoscenze - che spinge verso l'inserimento di una ricca serie di testi affinché siano fruiti dalla comunità internazionale[79] , dall'altro lato non sono pochi gli autori che immettono in rete le proprie monografie, ottenendo in tal modo un duplice risultato: essere conosciuti e apprezzati a livello globale[80], ed attribuire alla propria opera un "valore aggiunto" che la semplice stampa su carta non permette di realizzare, e che consiste nella possibilità di dialogare via e-mail con i lettori, o di aggiornare tempestivamente i contenuti[81] , o di integrare il testo con una quantità di informazioni - documenti multimediali, legami ad altre risorse - in grado di estendere la portata dell'opera ben oltre i confini dell'edizione cartacea[82].

Ma, quali che siano le modalità prescelte dall'autore per aggiungere valore, densità semantica o capacità relazionali al proprio lavoro, dal punto di vista dell'utente il problema resta quello di fruire delle informazioni disponibili in rete senza rinunciare ai ben noti vantaggi dei supporti cartacei; ed è un problema di non poco conto, se si pensa che tali informazioni compaiono nella forma ampia e articolata della monografia: una forma che, con ogni evidenza, rigetta l'ipotesi di una lettura estensiva attraverso lo schermo del computer, e che assai difficilmente può far ricorso alle tradizionali stampanti per ripristinare un supporto che sia il più vicino possibile alla classica forma del volume rilegato. La soluzione che da più parti viene avanzata è quella di impiegare stampanti ad alta tecnologia, in grado di dar vita non già a un insieme di pagine simili a fotocopie, ma a qualcosa di assai prossimo ad un vero e proprio libro[83]: un sistema in altri termini che, diversamente dalle comuni stampanti, permetta di eseguire la stampa in maniera discontinua, con i fogli impressi su ciascuna metà e successivamente raccolti a formare i fascicoli; il prodotto finale, magari dotato di frontespizio e di copertina, verrebbe così a somigliare a un libro in formato ]paperback[84] fornito di quei requisiti di maneggevolezza e leggibilità che ne rendono gradevole e apprezzata la fruizione.

E tuttavia, in attesa che la tecnologia renda di uso corrente questi sistemi[85], l'ipotesi di dare un'adeguata veste tipografica alle monografie presenti in rete appare assai meno fantasiosa di quanto si possa pensare, se è vero che ampiamente diffusa è la stampa ]on demand[86], ossia la possibilità di ottenere da editori specializzati un numero predefinito di libri "a partire da un testo contenuto in un qualunque floppy-disk"[87], grazie a "macchine avanzatissime" in grado di "svolgere tutte le fasi della produzione di un libro"[88]; l'ovvia conclusione che lettori, autori ed editori possono trarre da tali esperienze è che "la fisicità di un libro, con l'utilizzo delle nuove tecnologie, non scompare. I nuovi media offrono solo delle possibilità in più", consistenti nell'opportunità concessa ai lettori "di costruirsi una biblioteca su misura", senza per questo dover rinunciare "alla qualità estetica"[89] e alla "fragranza oggettuale"[90] proprie del libro cartaceo.

Se Internet dunque rappresenta la sede privilegiata per una diffusione quanto mai vasta di opere monografiche, e se risulta sempre più agevole riprodurre tali opere in un formato del tutto simile a quello del tradizionale oggetto libro, viene allora da chiedersi perché la rete non possa costituire l'ambiente più idoneo per una radicale evoluzione di questa modalità conoscitiva, perché Internet non venga a configurarsi come la piattaforma ideale per un potenziamento delle capacità insite in questa millenaria forma di trasmissione del sapere: ed è proprio a tale interrogativo che sembra rispondere la riflessione di Robert Darnton nel momento in cui, analizzando la crisi delle convenzionali monografie cartacee, avanza l'ipotesi "di integrare il libro tradizionale con pubblicazioni elettroniche progettate specificamente per un certo obiettivo e per un certo pubblico"[91]. I motivi che, a parere dello studioso, favoriscono questa integrazione attengono da un lato agli aspetti economici legati alla crisi delle monografie (alti costi di produzione, contrazioni negli acquisti delle biblioteche) e dall'altro alla perdurante diffusione di queste opere negli ambienti accademici (necessità da parte degli studiosi di produrre un numero elevato di libri ai fini della progressione nella carriera). Di conseguenza, osserva Darnton, le opportunità offerte da Internet vanno esaminate con attenzione; e in primo luogo, decisamente vantaggiosa appare la possibilità di immettere in rete le tesi di laurea e di dottorato, documenti che non hanno alcuna difficoltà ad annettere quel "valore aggiunto" che è proprio dell'ambiente digitale: ad esempio, raccordandosi ad "un numero virtualmente illimitato di appendici e basi di dati", o attivando collegamenti "ad altre pubblicazioni, in modo tale da permettere ai lettori di trovare percorsi nuovi nell'ambito di materiale vecchio"[92].

Il passo ulteriore riguarda la monografia vera e propria, una forma che, nel contatto con le potenzialità di Internet, permette di acquisire una serie di vantaggi[93] tali da rendere possibile la nascita di "libri di un genere nuovo, molto più originali e ambiziosi" di quanto si possa ottenere dalle semplici tesi interattive; per raggiungere questo obiettivo, prosegue l'autore, non occorre far uso di legami ipertestuali o collegamenti a banche dati, sistemi che "possono valere poco più di una forma elaborata di note a pie' di pagina": difatti, anziché "dilatare il libro elettronico", è opportuno "strutturarlo per strati disposti come una piramide".

Lo strato superiore potrebbe essere un resoconto conciso dell'argomento, magari disponibile stampato in edizione economica. Lo strato successivo potrebbe contenere versioni ampliate di aspetti diversi del soggetto, disposti non in sequenza come in un racconto, ma piuttosto come unità autosufficienti che alimentano la storia in posizione più elevata. Il terzo strato potrebbe essere composto da documenti, forse di generi diversi, messi in risalto da saggi interpretativi. Un quarto strato potrebbe essere teorico o storiografico e contenere selezioni e discussioni di precedenti ricerche. Un quinto strato potrebbe essere pedagogico, con indicazioni per l'insegnamento e un modello di programma didattico. Un sesto strato, infine, potrebbe contenere resoconti di lettori, la corrispondenza fra l'autore e l'editore e lettere dei lettori, che potrebbero fornire una raccolta di commenti che cresce man mano che il libro si fa strada tra diversi gruppi di lettori[94].

Non è chi non vede che un'ipotesi del genere inevitabilmente richiede "un nuovo tipo di lettura", anch'essa variabile a seconda degli strati di cui si compone l'opera, potendo andare dal semplice "studio del racconto di livello superiore" ad un'indagine "in verticale", che consente di spingere "alcuni temi sempre più a fondo per arrivare fino ai saggi e alla documentazione di sostegno": tutte opzioni che, com'è ovvio, non impediscono agli utenti di "navigare seguendo direzioni non prestabilite, cercando collegamenti che si attagliano ai loro interessi personali o rimaneggiando il materiale secondo interpretazioni personali". Ma ciò che più conta - e l'autore lo ribadisce con chiarezza - è che, una volta raggiunto il livello desiderato, i testi corrispondenti si possano "stampare e rilegare secondo le richieste specifiche del lettore": difatti, se è evidente che "la campionatura e la ricerca" debbano effettuarsi in linea, ossia attraverso lo schermo del computer, è altrettanto evidente che "la lettura concentrata" non possa avvenire se non "per mezzo del libro stampato tradizionale o di un testo scaricato dal computer", apparendo quella cartacea la modalità più idonea per una vantaggiosa fruizione dei testi.

La proposta di Darnton, nel suo rivoluzionario pragmatismo, può allora rappresentare una prima, concreta acquisizione in questo percorso volto a individuare le possibili interazioni fra i due universi del cartaceo e del digitale: da un lato, ipotizzando un impiego quanto mai oculato e pertinente della rete, finalizzato a un'espansione delle potenzialità espressive e semantiche dei documenti; dall'altro lato, puntando alla riaffermazione di una maniera "oggettuale"di lettura, praticata su formati per nulla diversi da quelli che ci hanno accompagnato per secoli, ma a cui oggi possiamo accedere attraverso strategie originali e personalizzate.

La stampa ex-post, il libro a posteriori, ricostruisce dunque e riordina una serie di caratteristiche che la repentina irruzione del digitale aveva inevitabilmente confuso e differenziato. Tale modello infatti, riproponendo forme del tutto "canoniche" di fruizione del testo, ristabilisce quel nesso testo/volume che "ha la sua origine nell'ontogenesi stessa della lettura"[95], ossia nella maniera con cui, a partire dall'età evolutiva, si costruisce la cuciale esperienza "dell'accesso ai testi"[96]: un'esperienza che in nessun caso può darsi senza la fisicità dell'oggetto libro, se è vero, come osserva Chartier, che "non esiste testo a prescindere dal supporto che permette di leggerlo"[97]. Il ripristino di un approccio oggettuale poi ha profonde implicazioni su quella "attività interpretativa", su quell'"esercizio eminentemente critico" che, a parere di Ezio Raimondi, è il fine ultimo della lettura, e che solo il libro cartaceo (o "tutto ciò che diventa surrogato del libro") è in grado di fornire nella sua forma più ampia: "benché siano nati altri strumenti", scrive infatti lo studioso, "il libro paradossalmente può svolgere mansioni antropologiche altrettanto preziose di quelle cui l'aveva adibito la modernità", tornando a rappresentare quello "spazio d'ordine critico" che rinvigorisce e "riafferma questa sua vocazione `illuministica'"[98].

Una prospettiva del genere infine può fornire una risposta assai convincente all'interrogativo di Nunberg se possa esistere "una cultura della stampa dopo la stampa"[99], se cioè può aversi un luogo intermedio, un momento di sintesi in cui le due rivoluzioni, apparentemente contrapposte e inconciliabili, possano efficacemente incontrarsi e dar vita a prodotti capaci di raccogliere, conservare e veicolare l'informazione di oggi senza rinunciare ai vantaggi dei formati di ieri; e forse proprio questi sono i prodromi di quella "quarta rivoluzione dei mezzi di produzione del sapere" che Steven Harnad ipotizza in un suo saggio precursore: una rivoluzione che, dopo gli eccezionali mutamenti indotti dal linguaggio, dalla scrittura e dalla stampa a caratteri mobili, sarà in grado di portare l'informazione e la comunicazione umane "a un ritmo assai prossimo al potenziale naturale del nostro cervello"[100].


NOTE

1 FAUSTO COLOMBO, Le molteplici dimensioni del mondo delle reti. Summit della Telecom sulla società della telecomunicazione, Napoli, 5/7/1996, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/c/colomb_f.htm>.

2 SHERRY TURKLE, Il secondo io, Milano, Frassinelli, 1985; EAD., La vita sullo schermo, Milano, Apogeo, 1997; EAD., Il computer-linguaggio discrimina le donne, "La Repubblica.it", <http://repubblica.it/online/internet/mediamente/turkle/turkle.html>. Per per una discussione delle teorie della Turkle si rinvia a TOMàS MALDONADO, Critica della ragione informatica, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 58-62; e al nostro L'io nella rete. Unità e divisione dell'essere nell'epoca di Internet, "IBC", 6 (1998) 2, p. 30-31, <santoro-io.htm>.

3 DERRICK DE KERCKHOVE, Brainframes. Mente, tecnologia, mercato, a cura di B. Bassi, Bologna, Baskerville, 1993; ID., La pelle della cultura. Un'indagine sulla nuova realtà elettronica, a cura di Christopher Dewdney, Genova, Costa & Nolan, 1996

4 Cfr. fra l'altro JOSEPH WEIZENBAUM, Il potere del computer e la ragione umana. I limiti dell'Intelligenza Artificiale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1987.

5 Tuttavia, muovendosi su questi terreni, la cautela è d'obbligo, se si vogliono evitare le insidie di quel "determinismo tecnologico" che, in modo acritico e fideistico, fa discendere qualsiasi trasformazione dagli sviluppi della tecnologia; sull'argomento cfr. fra l'altro TOMàS MALDONADO, cit.; DANIEL CHANDLER, Technological or media determinism, 1995, <http://www.aber.ac.uk/~dgc/mcs.html>; JAMES STEWART, ROBIN WILLIAMS, The coevolution of society and multimedia technology, "Social Science Computer Review", 16 (1988) 3, p. 268-282;

6 Per quanto Peppino Ortoleva opportunamente rilevi come le previsioni "rivoluzionarie", "i grandi investimenti avviati con attese miracolistiche", spesso vengano "abbandonati per impazienza o delusione", lasciando il posto ad atteggiamenti di scetticismo che in realtà appaiono del tutto complementari alle precedenti attese "di cambiamenti epocali" (PEPPINO ORTOLEVA, La rete e la catena. Mestiere di storico al tempo di Internet, in Linguaggi e siti: la storia on line, "Memoria e ricerca", 3, gennaio/giugno 1999, p. 31).

7 LEWIS BALTZ, Soggetti e oggetti della nuova cultura tecnologica, Napoli, 22 gennaio 1998, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/b/baltz.htm>.

8 SILVANO TAGLIAGAMBE, Rete, paradigma della conoscenza, Cagliari, 21 gennaio 1998, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/t/tagliaga.htm>. 9 PIERRE LéVY, Evoluzione del concetto di sapere nell'era telematica, Venezia, 7/3/1997, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/l/levy02.htm>.

10 PIERRE LéVY, L'intelligenza collettiva, Parigi, European IT Forum, 4/9/1995, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/l/levy.htm>. 11 ERIC BENHAMOU, Un modello biologico per le reti, Parigi, European IT Forum, 9/4/1995, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/b/benhamou.htm>.

12 Al riguardo si veda il nostro Biblioteche domani. Il mutamento delle prospettive bibliotecarie all'alba del terzo millennio, "Bollettino AIB", 38 (1998) 3, p. 303-322, <http://www.aib.it/aib/boll/1998/98-3-303.htm>. 13 ROGER CHARTIER, Dal codex allo schermo, "La Rivista dei Libri", giugno 1994, p. 4; in più occasioni lo studioso ha messo in luce le trasformazioni legate al passaggio dal formato cartaceo a quello digitale; si veda ad esempio L'ordine dei libri, Milano, Il Saggiatore, 1994, in particolare le p. 103-105.

14 Fra la molteplicità di testi sull'argomento, citiamo tre opere tuttora fondamentali: LUCIEN FEBVRE, HENRI-JEAN MARTIN, La nascita del libro, a cura di Armando Petrucci, Roma-Bari, Laterza, 1985; ELIZABETH L. EISENSTEIN, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, Bologna, Il Mulino, 1985; MARSHALL MCLUHAN, La galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, introduzione di Gianpiero Gamaleri, Roma, Armando Editore, 1988.

15 L'analisi che segue, lungi dall'essere un'immersione nel già evocato determinismo tecnologico, tende invece a mettere a fuoco alcune peculiarità di due fasi storiche nelle quali lo sviluppo delle tecniche viene a costituire uno specifico punto di riferimento all'interno di una più ampia prospettiva culturale e sociale; difatti, come scrive Peppino Ortoleva, all'idea "che ogni innovazione sia chiamata a produrre un cambiamento preciso e in qualche modo inscritto nell'innovazione stessa [...], la migliore sociologia e storiografia della scienza e della tecnica" da tempo contrappongono "una lettura del cambiamento sociale come contesto, motore e insieme prodotto del cambiamento tecnologico" (PEPPINO ORTOLEVA, cit., p. 32).

16 Luigi Balsamo sottolinea in particolare la "ricerca di tecniche che diminuiscano il costo complessivo del lavoro per salvare i margini di profitto" e mette in luce "il processo di progressiva meccanizzazione della produzione e di ricerca della funzionalità degli oggetti con tendenza a renderli più facilmente trasportabili", tendenza che conduce all'individuazione di "forme più agili, formati ridotti" in diversi prodotti della tecnologia artigiana (LUIGI BALSAMO, Tecnologia e capitali nella storia del libro, in Il libro a stampa. I primordi, a cura di Marco Santoro, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1979, p. 26-27).

17 ELIZABETH L. EISENSTEIN, cit., p. 44; secondo Balsamo, "nel flusso di queste trasformazioni tecnologiche, che accentuano la meccanizzazione dei processi produttivi, è proprio la tipografia a raggiungere per prima traguardi d'eccezionale importanza: quello della produzione in serie di parti meccaniche intercambiabili e l'altro, conseguente, della standardizzazione della produzione" (LUIGI BALSAMO, cit., p. 28).

18 Fra i contributi più recenti cfr. BRUCE SEELY, Libraries, printing and infrastructure: a historian perspectives, ARL Proceedings, 126th Membership Meeting, Realizing Digital Libraries, 1995 (last update March 20, 1998), <http://arl.cni.org/arl/proceedings/126/seeley2.html>.

19 Anzi, a parere di Febvre e Martin, l'invenzione della stampa non si sarebbe potuta verificare se la carta non fosse stata disponibile: "Quella che chiamiamo `industria tipografica' [...] era tributaria di una materia prima senza la quale nel suo campo non si poteva far nulla: la carta" (LUCIEN FEBVRE, HENRI-JEAN MARTIN, cit., p. 12).

20 Per la nuova invenzione, scrive Lorenzo Baldacchini,"occorreva un composto che si potesse spalmare uniformemente sulla superficie metallica [...]. La soluzione venne offerta dal mondo dei pittori: un inchiostro oleoso, simile alle vernici a olio prodotte dagli artisti fiamminghi nel XV secolo (LORENZO BALDACCHINI, Lineamenti di bibliologia, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1992, p. 47). 21 Il torchio, scrive ancora Baldacchini, "usato da secoli per la pigiatura dell'uva", subisce una serie di modifiche tali da renderlo adatto alla tipografia, "sia nelle prime fasi della stampa sia nei secoli successivi" (IBID., p. 48). 22 Su tale punto S. H. Steinberg enfatizza il ruolo svolto dallo stesso Gutenberg: "Riunendo l'esperienza tecnica del maestro di calligrafia, del silografo e degli incisori in metallo, egli produsse caratteri mobili che potevano essere combinati a piacimento" (S. H. STEINBERG, Cinque secoli di stampa, Torino, Einaudi, 1962, p. 24).

23 Aspetto su cui in particolare si sofferma Marshall McLuhan il quale, come scrive Armando Petrucci, mette in luce le "novità apportate in campo percettivo e mentale dal nuovo strumento rappresentato dal libro a stampa", con "una particolare accentuazione" assegnata ad "alcuni elementi interpretativi, quali la sostituzione nell' `uomo tipografico' di una appercezione visiva al posto di quella tutta sensitiva dell' `uomo manoscritto'; l'affermazione con la stampa della lettura silenziosa al posto di quella a voce alta; la conseguente creazione di un vero e proprio `pubblico' e così via. Tutti elementi" conclude Petrucci, "almeno in buona parte contestabili" (ARMANDO PETRUCCI, Per una nuova storia del libro. Introduzione a LUCIEN FEBVRE - HENRY-JEAN MARTIN, cit., p. XXVII).

24 O, per dirla con Chartier, alle "soluzioni visive della pagina stampata"; l'autore, citando Henry-Jean Martin, parla del "definitivo trionfo dei bianchi sui neri", vale a dire della "adozione di una pagina più ariosa grazie al moltiplicarsi dei paragrafi, che spezzano la continuità ininterrotta del testo, e dei capoversi, che visualizzano immediatamente, con i rientri e gli a capo. Una nuova lettura delle stesse opere e degli stessi generi è così suggerita dai loro nuovi editori" (ROGER CHARTIER, L'ordine dei libri, cit., p. 32 e 25).

25 Si veda al riguardo Fabula in tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico. Atti del Convegno di studio della Fondazione Ezio Franceschini e della Fondazione IBM Italia, Certosa del Galluzzo, 21-22 ottobre 1994, a cura di Claudio Leonardi, Marcello Morelli e Francesco Santi, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo, 1995.

26 Analogamente a quanto avviene nel libro della Eisenstein, con il termine "formato" intendiamo la modalità di presentazione del testo a stampa, e non la presenza di un nuovo supporto dell'informazione, che invece risale al periodo fra il terzo e il quinto secolo d. C., quando si verifica il passaggio dal rotolo al codice pergamenaceo. L'avvento del codice, scrive Guglielmo Cavallo, "riverbera e produce profonde trasformazioni nelle maniere e nelle pratiche del leggere", determinando "un mutamento nella nozione stessa di libro"; si tratta tuttavia di una rivoluzione che viene a situarsi in un periodo in cui diminuisce progressivamente il numero degli alfabetizzati: il codice dunque si configura come "un libro per pochi", pertanto non in grado di dar vita a cambiamenti su vasta scala come quelli generati dal libro a stampa (GUGLIELMO CAVALLO, Tra volumen e codex. La lettura nel mondo romano, in Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 37-69).

27 ELIZABETH L. EISENSTEIN, cit., p. 105-106.

28 PIERRE LéVY, Evoluzione del concetto di sapere nell'era telematica, cit. 29 ELIZABETH L. EISENSTEIN, cit., p. 108-109. 30 Cfr. LUIGI BALSAMO, La bibliografia. Storia di una tradizione, Firenze, Sansoni, 1984 (in particolare p. 28-38); ALFREDO SERRAI, Conrad Gesner, a cura di Maria Cochetti, con una bibliografia delle opere allestita da Marco Menato, Roma, Bulzoni, 1990.

31 Oltre ai già citati testi di De Kerchove, Chartier e Lévy, si veda al riguardo KIM VELTMAN, Computers and a new philosophy of knowledge, "International Classification", 18 (1991) 2, p. 2-12. Per un'applicazione all'ambito bibliotecario cfr. RICCARDO RIDI, Dal canone alla rete. Il ruolo del bibliotecario nell'organizzazione del sapere digitale, in Bibliotecario nel 2000. Come cambia la professione nell'era digitale, a cura di Ornella Foglieni, Milano, Editrice Bibliografica, 1999, p. 62-76. 32 Una frontiera avanzata nell'elaborazione letteraria è ad esempio quella del romanzo ipertestuale; al riguardo si veda GIORGIO MELLONI, L'Hypertext Hotel di Robert Coover, "Bollettino `900. Bollettino Elettronico del seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/melloni.htm>; MAURIZIO OLIVA, JEFFREY JOHNSON, Internet testualità configurazione. Alla ricerca di una narrativa interattiva non-lineare, "Bollettino `900. Bollettino Elettronico del Seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/oliva.htm>.

33 Scrive Antonio Caronia che "l'embrione di una nuova forma di espressione e di comunicazione che si sta preparando, che forse già colonizza, sconosciuta, aree del nostro cervello", va cercata in quelle zone di Internet in cui vive una "sorta di `neo-oralità'. Sono i canali di chat, sono le mailing list e i newsgroup, gli strumenti generalmente legati alla posta elettronica, sono gli ambienti interattivi multiutenti e condivisi, i nuovi giochi di ruolo dell'era informatica, MUD e i MOO" (ANTONIO CARONIA, Testi, ipertesti, immagini, corpi, "Bibliotime. Rivista elettronica per le biblioteche", 1 (1998) 3, <http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-i-3/caronia.htm>); di diverso avviso Tomàs Maldonado, secondo il quale "l'uso che viene fatto del linguaggio nelle già esaminate modalità IRC, MUD, BBS o E-mail, è un uso, per dirla con Austin, `parassitico', un uso abusivo del linguaggio", che dà vita a "una scrittura condensata, succinta ed essenziale, altamente stereotipata" e quindi caratterizzata da "indigenza semantica" e "povertà espressivo-appellativa" (TOMàS MALDONADO, cit., p. 76-78).

34 GRAZIA DE VINCENZIS, Web tv, basta il telecomando per navigare in poltrona. "La Repubblica.it. Tecnologie", <http://www.repubblica.it/online/tecnologie/playweb/webtv/webtv.html>; decisamente contrario a questa prospettiva si dichiara invece RICCARDO RIDI, cit., p. 68; per una più ampia discussione sull'argomento cfr. RENATO PARASCANDOLO, "La tv non ha paura di Internet", Roma, 8/2/1998, < http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/p/parasc03.htm>.

35 SILVANO TAGLIAGAMBE, Percezione individuale e intelligenza collettiva, "If", 6 (1998) 2, p. 86-96. 36 Cfr. PATRICK BAZIN, Vers une métalecture. "Bullettin des Bibliothèques de France", 41 (1996) 1, p. 8-15. 37 Su questo ed altri aspetti cfr. il nostro Esplorando il Mondo 3. Breve viaggio tra le meraviglie e gli assilli dell'informazione elettronica. "Culture del testo", 3 (1997) 8, p. 7-27, <santoro-mondo.htm>.

38 "Reading from computer screens is about 25% slower than reading from paper" (JAKOB NIELSEN, Be Succinct! (Writing for the Web). "Alertbox", March 15, 1997, <http://www.useit.com/alertbox/9703b.html>).

39 Con tale termine intendiamo non soltanto la produzione di testi attraverso sistemi di word processing, ma ogni forma di composizione in formato digitale, e in primo luogo quella di documenti ipertestuali creati per il web; per una applicazione di questa tematica all'ambito accademico cfr. ALBERTO CAMBROSIO, DANIEL JACOBI, L'écriture dite électronique est-elle susceptible de modifier la production des écrits scientifiques primaires?, Journées Sfsic - Enssib, 19-20 novembre 1997, <http://www.enssib.fr/eco-doc/com.jacobi.html>.

40 Cfr. PAUL MUTER, PAULA MAURUTTO, Reading and skimming from computer screens and books: the paperless office revisited?, "Behavioural and Information Technology", 10 (1991), p. 257-266, <http://psych.utoronto.ca/~muter/pmuter2.htm>; Workplace FAQ: flickers and monitors, ErgonITe, 8th August 1896, <http://www.xabes.demon.co.uk/ergonite/flicfaq.htm>; JON G. HOUSEMAN, Screen fonts: why reading from the screens is so hard!, "Options", 2 (1998) 1, <http://www.edteched.uottawa.ca/options/Fev_98/eyeswhy.htm>; ANNE EISENBERG, Looking at computer monitor need not take a toll on the eyes, "The New York Times on the Web", June 11, 1998, <http://www.nytimes.com/library/tech/98/06/circuits/articles/11care.html>;EAD., Focusing on computer users' eyestrain, "The New York Times on the Web", June 11, 1998, <http://www.nytimes.com/library/tech/98/06/circuits/articles/11eyes.html>.p>

41 JUDY MALLOY, Electronic fiction in the 21st century, in Visions of the future, edited by Cliff Pickover, Northwood, Middlesex, 1992, p. 137-144, <http://www.well.com/user/jmalloy/future.html>. Sulla narrativa ipertestuale, oltre alle indicazioni presenti alla nota 32, si veda fra l'altro JUDY MALLOY, Hypernarrative in the age of the web, National Endowment for the Arts, Art Forms, <http://www.arts.endow.gov/artforms/Lit/Malloy.html>; GEOFF WYMAN, Books on the web, "New Statesman", 5 December 1997, p. 60; un'applicazione delle possibilità ipertestuali alla critica letteraria è proposta da LUCA TOSCHI, Hypertext and authorship, in The future of the book, edited by Jeoffrey Nunberg, with an afterword by Umberto Eco, Turnhout, Brepols, 1996, p. 169-207; sull'ipertesto quale forma di discorso cfr. FEDERICO PELLIZZI, L'ipertesto come discorso critico: potenzialità e limiti, in "Bollettino `900. Bollettino Elettronico del seminario sul `900", <http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/saltesto.html>.

42 Cfr. fra l'altro JAY DAVID BOLTER, cit.; un'ampia analisi sulle modalità di lettura con strumenti elettronici è sviluppata da CLAUDE MORIZIO, Lecture et documents électroniques, 64th IFLA General Conference, Amsterdam, August 16 - August 21, 1988, <http://www.ifla.org/IV/ifla64/008-131f.htm>.

43 GIOVANNI GALLI, Il nuovo scriptorium: produzione documentaria nella biblioteca multimediale, in Biblioteca e nuovi linguaggi. Come cambiano i servizi bibliotecari nella prospettiva multimediale, a cura di Ornella Foglieni, Milano, Editrice Bibliografica, 1998, p. 112.

44 ROBERT DARNTON, Come si legge un libro, "La Rivista dei Libri", 6 (1996) 9, p. 15.

45 Per l'analisi che segue cfr. in particolare CLAUDE MORIZIO, cit. 46 Sulla relazione fra parola e immagine nei documenti digitali si veda l'interessante analisi di JAY DAVID BOLTER, cit.

47 Cfr. al riguardo le pertinenti osservazioni di PEPPINO ORTOLEVA, Società moderna e tecnologia, Firenze, 21 ottobre 1997, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/o/ortoleva.htm>.

48 ELI M. NOAM, Will books become the dumb medium?, "Educom Review", 33 (1998) 2, <http://www.educause.edu/pub/er/review/reviewArticles/33218.html>.

49 Il libro, scrive Robert Darnton, "ha dimostrato di essere una macchina meravigliosa - fantastico per compattare le informazioni, comodo da sfogliare con le dita, facile da leggere acciambellati, eccellente da immagazzinare e dotato di una notevole resistenza ai danni. Non ha bisogno di essere aggiornato, scaricato o inizializzato, non vi si deve accedere, non va inserito nei circuiti o estratto dalle reti. Il suo progetto ne fa una delizia per gli occhi. Per la forma che ha, è un piacere tenerlo in mano. La sua maneggevolezza ne ha fatto lo strumento fondamentale dell'apprendimento per migliaia di anni" (ROBERT DARNTON, Libri in Rete, "La Rivista dei Libri", 9 (1999) 6, p. 4).

50 Al riguardo cfr. ALFONSO MARIA DI NOLA, Libro, in Enciclopedia, Torino, Einaudi, 1979, v. 8, p. 260- 286; ERNEST ROBERT CURTIUS, Letteratura europea e Medio Evo latino. Scandicci, La Nuova Italia, 1993 (in particolare il capitolo 16deg., Il libro come simbolo, p. 335-385); HANS BLUMENBERG, La leggibilità del mondo. Il libro come metafora della natura, Bologna, Il Mulino, 1989.

51 I luoghi dove è del tutto improbabile l'uso di supporti non cartacei sono (ed è facile intuirlo) il letto, la spiaggia, la stanza da bagno; al riguardo cfr. UMBERTO ECO, From Internet to Gutenberg. A lecture presented by Umberto Eco at The Italian Academy for Advanced Studies in America, November 12, 1996, <http://www.italynet.com/columbia/internet.htm>.

52 Difatti, come scrive acutamente Kogawa Tetsuo, "when a computer serves only as a processing machine, it is controlled by the tradition of the printing culture, that of accumulating and holding on to information. If, instead, we view the computer as an accessing machine, we cannot ignore the concept of the network - whereby information is not hoarded, but shared and recostructed" (KOGAWA TETSUO, Global transformation of book and reading, 1998, "The Book & the Computer. The Future of the Printed Word", August 1998, <http://www.honco.net/9809/ar-kogawa.html>; la rivista che riporta quest'articolo (<http://www.honco.net>) è il corrispondente elettronico di un interessante periodico cartaceo giapponese dedicato alle prospettive dell'editoria, del libro e delle biblioteche nell'ambiente digitale.

53 ANTONIO CARONIA, cit.; Bruce Sterling, insieme a William Gibson, è considerato il più importante scrittore del genere cyberpunk; fra i molteplici siti a lui dedicati cfr. in particolare <http://www.riceinfo.rice.edu/projects/RDA/programs/VirtualCity/Sterling/inde.html>.

54 ANTONIO CARONIA, cit.

55 Un'ampia (e un po' ottimistica) descrizione del fenomeno è stata fornita di recente da GIORGIO BERTOLLA, TOMMASO GAROSCI, PAOLO MESSINA, Per prepararsi agli ebooks, "Biblioteche oggi", 17 (1999) 10, p. 10-16. Si veda inoltre Movable type, "Technology Buyer's Guide", Winter 1999, p. 270; CAROL VINZANT, Electronic books are coming at last!, "Fortune", July 6 (1998) 138, p. 119-124; PETER H. LEWIS, Taking on new forms, electronic books turn a page. "The New York Times on the Web", July 2, 1998, <http://www.nytimes.com/library/tech/98/07/circuits/articles/02book.html>.p> 56 Per quanto l'opinione dello scrittore Michael Wolff induca a credere il contrario: "There's high-end resolution and a good backlighting, but not much more. Less than a laptop, and nothing like a book" (MICHAEL WOLFF, E-reading my e-self, "The Industry Standard", November 13, 1998, <http://www.thestandard.com/articles/display/0,1449,2505,00.html>).

57 Si tratta del Softbook Reader, <http://www.softbookpress.com/consumer/reader.asp>; più orientato a un design industriale è invece il Rocket eBook, <http://www.rocket-ebook.com>.

58 Il modello in questione, The Last Book, sviluppato dal Media Lab del Massachussets Institute of Technology, ha suscitato interesse anche per l'impiego di un particolare "inchiostro digitale"; si veda al rigardo J. JACOBSON [et al.], The last Book, "IBM System Journal", 36 (1997) 3, <http://www.research.ibm.com/journal/sj/363/jacobson.html>; CHRISTOPHER LEHMANN-HAUPT, Creating 'the Last Book' to Hold All the Others, "The New York Times on the Web", April 8, 1998, <http://www.nytimes.com/library/arts/040898book.html>. E' altresì allo studio un prototipo di "carta virtuale": cfr. Virtual Paper project, <http://www.research.digital.com/SRC/virtualpaper/home.html>.

59 Possibile in particolare con XLibris, "il prototipo di interfaccia per la lettura" sviluppato nei laboratori della Xerox di Palo Alto allo scopo di rispondere alla domanda: "i computer possono aiutarci a leggere?"; al riguardo si veda XLibris. An active reading machine, <http://www.fxpal.xerox.com/xlibris/>, con ampia bibliografia.

60 Cfr. al riguardo Les tablettes à écrire de l'antiquité à l'époque moderne, édité par Élisabeth Lalou, Turnhout, Brepols, 1992, e in particolare il contributo di ROGER LAUFER, Interfaces électroniques: les tablettes graphiques, p. 345-349. 61 JACOB NIELSEN, Electronic books - A bad idea. "Alertbox", July 1998, <http://www.useit.com/alertbox/980726.html>. 62 E' un problema che i sopra citati autori italiani rifiutano risolutamente di affrontare, sostenendo, in toni quanto mai apodittici: "A questo punto punto ci sembra francamente futile prendere posizione in merito alla questione se la carta sia superiore allo schermo o viceversa: soprattutto perché la carta resta quella che è, mentre lo schermo deve migliorare e migliorerà" (GIORGIO BERTOLLA, TOMMASO GAROSCI, PAOLO MESSINA, cit., p. 15).

63 Il prezzo degli e-books attualmente varia da 300 a 1.600 dollari; cfr. CAROL VINZANT, cit.

64 Cfr. MICHAEL WOLFF, cit.

65 Sven Birkerts ad esempio, in un suo recente contributo sul tema, racconta che in luogo di un vasto archivio di testi, vi ha trovato soltanto cinque titoli, fra cui l'ultimo romanzo di Stephen King, un documento tecnico a firma Bill Gates, e un classico della letteratura americana, The sea wolf di Jack London (SVEN BIRKERTS, Ex Libris. "Feed Magazine", 19/8/1999, <http://www.feedmag.com/essay/es245lofi.html>).

66 JEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, in Future libraries, edited by R. Howard Bloch and Carla Hesse, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 13-37.

67 La citazione è desunta da ROBERT DARNTON, Libri in Rete, cit., p. 4. 68 Il musical cui facciamo riferimento è Hair; fra i molti siti ad esso dedicati segnaliamo The Hair Pages, <http://www.geocities.com/hairpages/>, con i testi disponibili all'indirizzo <http://www.geocities.com/hairpages/lyrics.html>. Sui musicals in generale si veda almeno Musicals.nu., <http://www.musicals.nu/>; e Musicals.net, <http://musicals.net/>.

69 Fra le numerose risorse disponibili s'impone, per l'accuratezza e la scientificità dell'approccio, The whole brain Atlas, < http://www.med.harvard.edu/AANLIB/home.html>. 70 Sugli aspetti psichici dell'interazione con le nuove tecnologie, oltre ai citati lavori di Turkle e De Kerckhove, cfr. SILVIA ANDREOLI, Verso una identità non identica, "Technology review - Edizione italiana", 12 (1999) 2, p. 38-45; per un'applicazione all'ambito bibliotecario si veda il nostro Il terminale uomo. I bibliotecari e le nuove tecnologie fra passione e ossessione, in Bibliotecario nel 2000, cit., p. 85-95 .

71 "Per quanto un'opera venga concepita in termini multimediali-interattivi" scrive acutamente Renato Parascandolo, "nessuna sarà mai così pregnante di senso, così organica, come quella sequenziale, creata dall'autore tradizionale [...] Il gioco delle combinazioni ipertestuali e ipermediali, le continue opzioni previste nei menù, la perdita della sequenzialità, l'accesso casuale (quando veramente è tale, e non piuttosto predeterminato dagli autori) favoriscono quindi l'approssimazione e la frammentazione delle conoscenze" (RENATO PARASCANDOLO, Il paradosso multimediale e l'inganno interattivo, Roma, novembre 1995, <http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/p/parasc02.htm>).

72 Se è vero, come scrive Mario Ricciardi, che "l'ipertesto è un prodotto che va oltre i limiti propri della tecnologia della stampa, e quindi modifica radicalmente il significato del messaggio veicolato da quella stessa tecnologia"; di conseguenza, se impiegate per la "sostituzione di un supporto materiale, come quello cartaceo, con uno immateriale, come quello elettronico", le strutture ipertestuali produrrebbero "una modificazione inevitabile nella natura del messaggio tale da impedire per esso l'uso della categoria di testo" (MARIO RICCIARDI, Studi umanistici e nuove tecnologie, in Oltre il testo: gli ipertesti, a cura di Mario Ricciardi, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 18-20).

73 Geoffrey Nunberg ha rilevato come un'indiscriminata adesione a prospettive fra loro contrapposte possa dar vita a quella situazione di "rassicurante ecumenismo" che appiattisce tutti i contrasti fra il cartaceo e il digitale, fra le ben note dimensioni del documento a stampa e le impervie frontiere dell'informazione elettronica (GEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, cit., p. 14).

74 Per un discorso sui mezzi e sui modi di produzione e di diffusione culturale cfr. CARLA HESSE, Books in time, in The future of the book, cit., p. 21-36.

75 Quali possono essere le soluzioni che vengono dall'uso indiscriminato delle stampanti e dal fervore imitativo proprio degli electronic books; per l'alternativa tra simbiotico e dialettico in psicologia cfr. fra l'altro ERIC FROMM, Fuga dalla libertà, Milano, Edizioni di Comunità, 1970.

76 "But books as such - that is, bound and printed documents - are not an interesting category. In modern industrial societies, the vast majority of books bear no cultural burden at all: they are parts catalogs, census reports, Department of Agriculture pamphlets, tide tables, tax codes, repair manuals, telephone directories, airline schedules - documents whose appearance as books rather than in other form has mostly to do with the practical requirements of display and diffusion and the limits of available technologies" (GEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, p. 14).

77 "Un libro" scrive Luigi Balsamo "è il supporto fisico, di vario tipo, di un testo registrato con la scrittura; per conseguenza è un oggetto composito destinato a diffondere e conservare nel tempo le testimonianze scritte dell'attività intellettuale dell'uomo"; e tuttavia, nel caso dei libri in rete e delle altre forme di testi digitali, è evidente che la fondamentale componente rappresentata dal supporto si attenui a vantaggio della diffusione dei contenuti: come lo stesso Balsamo sottolinea, "dal punto di vista dell'utilizzatore, è chiaro, ciò che conta non è la struttura materiale dello strumento, bensì la funzione svolta all'interno del sistema sociale di comunicazione" (LUIGI BALSAMO, Verso una storia globale del libro, "Intersezioni", 28 (1998), p. 391-392, corsivi dell'autore).

78 Quali possono essere ad esempio una raccolta di poesie, un'opera biografica, un romanzo, una monografia scientifica.

79 Si tratta per lo più di opere letterarie per le quali siano scaduti i diritti d'autore: la prima e più rilevante iniziativa di questo tipo è l'ormai celebre Project Gutenberg. Fine literature digitally re-published, <http://promo.net/pg/>; l'equivalente per l'Italia è il Progetto Manuzio, <http://www.liberliber.it/home/index.htm>.

80 Attraverso l'immissione in rete di quelle opere che James O'Donnell chiama molto sagacemente post-prints, cioè rese disponibili in rete dopo averne realizzato la versione a stampa; cfr. JAMES O'DONNELL, Avatars of the word. From papyrus to cyberspace. Cambridge (Ma), Harvard University Press, 1998.

81 E' il caso, fra l'altro, dell'interessante esperimento di un manuale su Internet che gli autori hanno deciso di proporre sia in veste cartacea, affidata alla tradizionale distribuzione editoriale, sia in versione online, liberamente disponibile sulla rete e costantemente aggiornata (MARCO CALVO, FABIO CIOTTI, RONCAGLIA, MARCO ZELA, Internet 2000. Manuale per l'uso della rete, Roma-Bari, Laterza, 2000, <http://www.laterza.it/internet>).

82 Un battistrata di questa interessante tendenza è ancora una volta James O'Donnell, il quale ha creato un electronic avatar, cioè un sito Internet di appoggio e di approfondimento (<http://ccat.sas.upenn/jod/avatars>) per il suo recente - e bellissimo- libro cartaceo Avatars of the word, cit. 83 Ne fanno cenno tra gli altri sia GEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, cit.; ID., Will libraries survive?, The American Prospect Online, 41, November-December 1998, http://www.prospect.org/archives/41/41nunb.html; sia ROBERT DARNTON, Libri in Rete, cit.

84 "Utilizzando un codice particolare" scrive al riguardo Robert Darnton, "i lettori richiamano l'opera desiderata sul computer della biblioteca o anche sul proprio. Cercheranno nel testo digitalizzato qualsiasi cosa li interessi, potranno stamparne la parte che desiderano, rilegarla con una macchina collegata alla stampante e portarsela via per la lettura sotto forma di un libro in edizione economica fatto su misura" (ROBERT DARNTON, Libri in Rete, cit.).

85 "In futuro", scrive Mario Chiodetti, "è prevedibile che le stampanti per pc potranno trasformarsi in macchine per il libro on demand e stamparci a casa ciò che desideriamo e nel modo in cui vogliamo" (MARIO CHIODETTI, Arriva l'e-libro. Addio librerie?, "Focus", gennaio 1999, p. 19).

86 SABINA MINARDI, Ecco il "visto si stampi" comodamente via Internet, "La Repubblica.it",12 dicembre 1998, <http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/digilibri/digilibri/digilibr.html>; TIZIANA ALTERIO, Print on demand, 26 febbraio 1999, <http://www.mediamente.rai.it/home/tv2rete/mm9899/99022226/s990226.htm>.

Ovvero, se si preferisce, qualsiasi testo in formato digitale, e che dunque può essere costituito anche da monografie scaricate da Internet.

88 S. M., Basta un floppy e una risma di "carta intelligente", "La Repubblica.it", 12 dicembre 1998, <http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/digilibri/digidue/digidue.htl>.

89 S. M., "Grazie ai nuovi media libri sempre più ricchi". Intervista con Anna Camana, direttore editoriale della "EUE", "Editoria Università Elettronica", "La Repubblica.it", 12 dicembre 1998, <http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/digilibri/digitre/digitre.htl>.

90 L'espressione è di SABINA MINARDI, "00h00", l'ora zero del libro digitale, "La Repubblica.it", 11 luglio 1998, <http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/librionline/librionline/libronline.html>.

91 ROBERT DARNTON, Libri in Rete, cit., p. 4.

92 IBID., p. 6.

93 Fra l'altro in grado, a parere di Darnton, di modificare a fondo l'atteggiamento degli studiosi nei confronti della propria disciplina: "nel caso della storia" ad esempio si potrebbero "creare nuovi modi di decifrare il senso delle prove, nuove possibilità di mettere a disposizione il materiale grezzo racchiuso nella narrazione, una nuova consapevolezza delle complessità che comporta l'interpretazione del passato" (IBID.).

94 IBID.

95 GEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, cit., p. 17.

96 ROGER CHARTIER, L'ordine dei libri, cit., p. 22; la lettura infatti, scrive Chartier, "non è soltanto un'operazione astratta di intellezione; è coinvolgimento del corpo, iscrizione in uno spazio, rapporto con se stessi o con gli altri" (IBID.).

97 IBID., p. 23.

98 EZIO RAIMONDI, Il bene libro nell'era della multimedialità. Qualche riflessione, "L'Informazione Bibliografica", 23 (1997) 1, p. 70-71.

99 GEOFFREY NUNBERG, The places of books in the age of electronic reproduction, cit., p. 17

100 STEVAN HARNAD, Post-Gutenberg Galaxy: the fourth revolution in the means of production of knowlwdge, "The Public-Access Computer System Review", 2 (1991) 1, p. 39-53, <http://info.lib.uh.edu/pr/v2/n1/harnad.2n1>.

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