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ISSN: 2283-303X

Informazione elettronica in biblioteca


Testo della conferenza tenutasi il 29 maggio 1999 in occasione dell'inaugurazione della nuova biblioteca comunale di Codroipo (Udine). La manifestazione è stata organizzata dal Comune di Codroipo e dalla Sezione AIB Friuli Venezia Giulia.
di Gabriele Mazzitelli (in linea da giugno 1999)

In un intervento dal significativo titolo La tradizione culturale italiana del Novecento, Luigi Crocetti, parlando delle nuove tecnologie, ha scritto: «Abbiamo ora strumenti potentissimi, che nessun bibliotecario delle età passate ha avuto a disposizione; e mi sembra che questi strumenti stiano insegnando molto, almeno ai bibliotecari delle generazioni più giovani».

Se la fine dello scorso secolo è stata contrassegnata dalla nascita del cinema, possiamo dire che l'"invenzione" di questa fine secolo è rappresentata da Internet. Forse non è così azzardato dire che se il percorso del cinema è stato dall'immagine in movimento alla possibilità di arricchire la comunicazione visiva con quella verbale, il percorso dell'"invenzione" Internet, risultato a dire il vero di una somma di invenzioni, è stato esattamente inverso, dalla comunicazione, anche se non verbale, perché 'scritta', grazie alla posta elettronica il cui uso la rete ha enfatizzato, alla immagine in movimento, al World Wide Web.

E come ogni 'invenzione' Internet suscita entusiamo, ma anche paura. Un timore, un pericolo che richiama alla mente l'invettiva scagliata dal poeta russo Sergej Esenin contro il treno: «Eccolo, avanza, messaggero tremendo,/il suo calcagno madornale squarta i boschi./ E sempre più struggenti si fanno le canzoni/ al gracidio delle rane nella paglia./ Oh! Alba elettrica,/ sorda ressa di cinghie e tubi - /il ventre di legno delle isbe/ è squassato da una febbre d'acciaio!// Lo avete visto mai/ correre per le steppe,/ nascosto tra foschie lacustri,/ ronfando dalla narice di metallo,/ su zampe di ghisa - il treno?»1 o ancora la fobia di Marina Cvetaeva per le automobili riassunta nell'Ode all'andare a piedi: «Nell'era di velocità impetuose,/ di corse rovinose - nella precaria età/ del ferro - viva chi resta/ a piedi - coi piedi - per terra!»2. A noi arriva l'ammonimento dell'astronomo Clifford Stoll, ammonimento che per altro ci riguarda direttamente: «Vorrei (...) esprimere (...) le mie forti riserve sull'ondata delle reti di computer. Perché ci isolano l'uno dall'altro e appiattiscono il significato dell'esperienza reale; operano contro la cultura e la creatività; e mineranno le nostre scuole e le nostre biblioteche»3.

Ma Internet è davvero così pericolosa? Forse sì, ma alla stregua di tutti i mezzi di comunicazione di massa. Il pericolo non è nello strumento, ma nell'uso che se ne fa. Il problema, dunque, è nell'intelligenza di chi lo usa. Ma consentetimi di dire che così è per ogni 'invenzione' e, forse, per ogni cosa umana. Sentiamo parlare di computer sempre più intelligenti, ma non è mai una banalità ripetere che l'intelligenza dell'uomo è sempre la misura di tutto.

E non possiamo dire che le biblioteche non abbiamo affrontato con intelligenza la sfida di Internet. Avremo modo oggi di parlare della biblioteca virtuale. Forse ricorderete come fino a qualche anno fa questa espressione muoveva quasi a un sorriso di sufficienza: così abituati alle mille difficoltà delle nostre biblioteche fatte di libri e scaffali, l'idea di questa vacua immaterialità sembrava non poterci aiutare a fornire servizi migliori.

Ora ci troviamo a riflettere sul problema inverso: se non si è presenti in Internet si rischia di non essere, di non venir più considerati capaci di soddisfare le esigenze minime dei nostri utenti. Un mutamento epocale, rapidissimo, che, assieme alle preoccupazioni di cui abbiamo detto, porta con sé anche il fascino di nuove potenzialità.

Il paradosso, se volete, è che per esistere, dunque, c'è la necessità di crearsi un sosia virtuale, un altro da sé. Ma a quale scopo? Per entrare a far parte di un circuito informativo che non conosce barriere. La diffusione ormai planetaria della rete consente di applicare anche al mondo dell'informazione quel concetto di globalizzazione così in voga per l'economia. Ma «essere digitali» non per tutte le biblioteche significa la stessa cosa. Per alcune può limitarsi alla fornitura di semplici notizie sull'ubicazione e sugli orari di apertura, per altre si può arricchire della possibilità di consentire l'invio di messaggi di posta elettronica, favorendo quell'interattività, quello scambio comunicativo che sfrutta già una specificità della rete, per altre ancora può rappresentare la possibilità di fornire servizi innovativi all'utenza. Ma sempre di più è questa terza ipotesi a imporsi.

Le biblioteche, va anche detto, non hanno aspettato l'imporsi del WWW per attrezzarsi a questa sfida. La possibilità di mettere a disposizione tramite connessioni telnet la consultazione dei cataloghi è apparsa come una naturale evoluzione di quel processo di automazione che negli ultimi decenni aveva già richiesto alle biblioteche di stare al passo coi tempi. Bisogna sottolineare che se per molti anni l'automazione è stata vista come uno scopo oggi sempre di più acquista il valore di uno strumento per inserire la biblioteca in un contesto informativo più ampio. Se il catalogo, come ci insegna Carlo Revelli4, resta il cuore della biblioteca, la possibilità di offrirne la consultazione prima attraverso un'OPAC locale, e oggi grazie a Internet attraverso la rete mondiale, amplifica il portato del nostro lavoro, globalizza l'utenza, pone il bibliotecario di fronte a nuove responsabilità.

Senza dubbio le biblioteche contribuiscono e devono contribuire a mantenere alto il livello di democraticità della rete, in linea con la recente Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dell'IFLA e questo è già un loro merito indubbio, anche se non salva del tutto dai rischi di una commercializzazione esagerata, ma garantisce la possibilità di un uso di servizio, di cui credo non si possa più fare a meno. Proprio in questo spirito di servizio mi piace ricordare che nel corso del 45 Congresso dell'AIB è stato presentato il Metaopac Azalai Italiano (MAI), realizzato da una redazione mista Cilea/OPAC italiani di AIB-WEB. Il MAI è nato dalla necessità di fornire all'utenza un'interfaccia unico, semplice e amichevole, per facilitare una ricerca contemporanea su più OPAC. Data la vasta copertura del repertorio di AIB-WEB ci troviamo di fronte a uno strumento che ci consente di operare una ricerca su milioni di dati bibliografici. E' una nuova eccezionale opportunità offerta alla comunità bibliotecaria nazionale e internazionale. Dal punto di vista dell'utente si tratta di una sorta di evoluzione della specie: l'interrogazione del singolo catalogo non basta più e l'OPAC si trasforma in multiopac, sotto i nostri occhi prende forma la bibliotheca universalis, la somma del maggior numero possibile di informazioni catalografiche possibile.

Potrebbe bastare già questo risultato a giustificare l'uso della rete, la rivoluzione di Internet. Ma sarebbe un errore lasciarsi trasportare da troppo facili entusiasmi, né assecondare l'idea che i cataloghi di tutte le biblioteche italiane siano disponibili e sia così davvero disponibile, sommando il MAI all'OPAC del Servizio Bibliotecario Nazionale, un catalogo nazionale completo: la bibliotheca universalis digitale è ancora un'aspirazione, non un dato di fatto. Sappiamo quanto siano ancora precarie le condizioni di tante biblioteche, comunali e non, specie nelle regioni meridionali. Dobbiamo anche sottolineare come le biblioteche delle università, proprio per l'evoluzione storica di Internet, abbiamo potuto godere di una maggiore facilità di connessione. Ciononostante va anche ribadito un altro elemento di positività, che a mio avviso, contraddice pienamente l'affermazione pessimista di Stoll, che ho ricordato prima: in realtà Internet ci consente di guardare con più facilità alla situazione di altri paesi, ci consente di renderci conto degli standard di servizio, di scambiarci delle esperienze, di venire a contatto con altri colleghi, di saperne di più su come si comportano gli altri: pensate alle opportunità offerte dalle liste di discussioni. Forse i 1800 iscritti di AIB-CUR, la lista di discussione dei bibliotecari italiani, saranno a volte infastidi da messaggi poco opportuni, ma chi potrebbe negarne lo straordinario valore informativo: si tratta di un forum che oggi i bibliotecari italiani hanno a disposizione e al quale ormai sembra impossibile poter rinunciare.

Anche perché non vi è dubbio che l'utilizzo della posta elettronica ha cambiato le abitudine lavorative di molti di noi. Mi è capitato di sentire spesso l'obiezione che, già travolti, dal lavoro quotidiano non si riesce a capire dove si possa trovare anche il tempo per utilizzarla, ma pensate alle opportunità di interazione con l'utenza, pensate alla possibilità di comunicazione interna per lo staff della biblioteca o tra lo staff e la dirigenza del proprio ente e soprattutto all'opportunità di scambiarsi files e ancor di più al possibile utilizzo nel campo del document delivery.

Da quanto stiamo dicendo, so bene che emergono una serie di problematiche. L'utilizzo remoto della biblioteca non finisce per tradirne la fisionomia originale, per mutarne troppo radicalmente la natura? E l'agire del bibliotecario, il suo lavoro non vengono messi in pericolo dal prevalere della disintermediazione?5 Per paradosso non può accadere che la non materia 'virtuale' occupi tutti gli spazi della biblioteca, fino a decretarne l'inutilità?

Se Hitchcock dovesse girare oggi il film L'ombra del dubbio (1943) non potrebbe più regalarci le serrate sequenze del frettoloso incedere per le strade di una cittadina americana di una ragazza che vuole arrivare in biblioteca prima della chiusura serale per consultare dei quotidiani: si sarebbe dovuto accontentare della statica immagine di una donna seduta a un computer, anche se con la sua genialità sarebbe senz'altro riuscito a trasmetterci comunque la drammaticità della situazione.

Non c'è il rischio che l'utente avvinto dai prodigi della tecnologia perda di vista la realtà non tanto fisica quanto operativa della biblioteca? Non c'è il rischio di pensare che le pagine presenti in Internet nascano quasi per abiogenesi? Che l'utente si convinca che c'è ormai 'tutto' in Internet e per di più 'gratis'?6 Si', questo rischio esiste, è concreto, ce ne rendiamo conto tutti i giorni, ogni qual volta un utente si stupisce che una determinata risorsa non gli possa essere resa immediatamente disponibile. Ma questo dice anche della necessità della mediazione. Del ruolo, forse, nuovo ma comunque ancora tradizionale del bibliotecario. Se prima il lavoro tipico era quello della mediazione catalografica, oggi prevale la mediazione informativa, che richiede una competenza diversa ma non alternativa a quella del passato. Qualche decennio fa abbiamo smesso di dire che in biblioteca ci sono libri e abbiamo sostituito questo termine con documenti, in modo da poter includere anche materiali su supporti diversi dalla carta. Oggi parliamo di informazione: l'attenzione si è assolutamente spostata sul contenuto dell'opera. In buona sostanza la presenza delle risorse elettroniche ci consente di vedere la biblioteca come un nodo di rete, ma questo nodo può anche essere il punto di passaggio di un flusso informativo senza esserne necessarimente la sede.

Come sapete questi concetti si esprimono dal punto di vista del servizio parlando di just in time, piuttosto che di just in case, dal punto di vista gestionale con il passaggio dal possesso (patrimonio) all'accesso (servizio).
Il magazzino librario inizia a perdere la sua ragion d'essere, ma non per questo il problema della conservazione non esiste più, anzi presenta nuove problematiche per le quali ancora non ci pare di intravedere una soluzione definita. Così come non è poi scontato, specie quando si ha a che fare con la nostra burocrazia, trasformare una raccolta cartacea in una raccolta digitale: pensate solo ai problemi dell'inventariazione. Ma è un fatto che non stiamo parlando di qualcosa che non c'è. Stiamo parlando di una virtualità molto concreta che, almeno per ora, ha impatti diversi a seconda della tipologia delle biblioteche e delle diverse fasce dell'utenza, ma che ci pone di fronte a delle richieste che bisogna decidere come soddisfare e come presentare all'utente. In questo personalmente vedo un effetto benefico. Sappiamo quanto sia difficile cambiare delle regole amministrative e chiunque operi in strutture pubbliche ha ben presente la responsabilità di gestire il danaro. Ma non sono anni che ci scagliamo contro una visione solo patrimoniale della biblioteca? Quale occasione migliore di quella che ci offrono le nuove tecnologie per tentare di svecchiare la nostra macchina burocratica? Certo anche per noi si pongono problematiche nuove: senza dubbio la carta pone dei problemi di deperibilità, ma ho la possibilità di leggere un incunabolo non diversamente da come lo leggeva un uomo del Quattrocento. Per i documenti elettronici non è sempre così. Pensate, faccio un esempio banale, a un testo su floppy disk da 5¼, allegato a un libro di dieci anni fa. Quanti sono ancora in grado di leggerlo? Fra un po' con il diffondersi dei masterizzatori lo stesso potrebbe accadere per i floppy da 3½. C'è qualcuno che ha pensato a come consentire la fruibilità di quel materiale? Forse si tratta di una preoccupazione inutile, ma può darci la dimensione di come la 'rivoluzione' che stiamo vivendo, contrariamente a quanto accadde per l'invenzione della stampa, sia particolarmente visibile.

Quando il 26 giugno del 1997, per decisione del governo americano, la più importante base dati del settore medico Medline7 è stata resa disponibile gratuitamente in rete per tutti i cittadini del mondo che abbiano accesso ad Internet, è sembrato che il cerchio della disintermediazione si chiudesse: già la diffusione della rete aveva contribuito a rendere molto più semplici le procedure di connessione e spinto i produttori di basi dati a semplificare le interefacce di interrogazioni, quasi per recuperare terreno rispetto ai software di interrogazione delle basi dati riversate su CD-ROM, user friendly per definizione. Adesso la gratuità dell'accesso rompeva l'ultimo tabù. Se la biblioteca aveva potuto comunque rappresentare almeno un freno a un uso poco intelligente, a questo punto sembrava che la biblioteca perdesse buona parte delle sue capacità di attrazione. Se ci pensate bene in realtà, grazie a Internet, si rendeva possibile utilizzare un'altra biblioteca, visto che PubMed è un servizio della National Library of Medicine. Dunque uscito da una biblioteca l'utente è entrato in un'altra.

Certo, a parte quelle che possono essere sempre le insidie di utilizzare senza alcuna mediazione questo tipo di strumenti, le potenzialità di strumenti come PubMed hanno fatto sì che siano cambiate da parte dell'utente le aspettative nei confronti della biblioteca. Mentre prima il risultato della ricerca comportava una richiesta di fotocopie o magari di abbonarsi a una rivista ritenuta di particolare interesse, oggi l'utente richiede che la biblioteca gli consenta di proseguire la ricerca in rete arrivando anche al full-text.

Nessuno, credo, possa negare che l'ipertestualità, così tipica del mondo Web, risponde pienamente alle modalità della ricerca scientifica, che spesso non procede seguendo una linea retta. E la rete oggi si presenta non solo come la depositaria di molti strumenti di reference, ma a tutti gli effetti come un deposito librario, in cui può capitare di avere tra le mani (o diciamo meglio sullo schermo), il fascicolo di una rivista (o diciamo meglio la sua trasposizione digitale) persino alcuni giorni prima della data dichiarata di stampa (così anche il concetto di 'finito di stampare' entra fortemente in crisi), per cui il 29 maggio possiamo leggere l'articolo che uscirà il 5 giugno. Un breve viaggio nel futuro che ci dice ancora una volta da un lato delle necessità della ricerca e dall'altro delle potenzialità della rete.

La richiesta che l'utente a questo punto ci fa è di attivare un abbonamento, ma questo abbonamento non si configura più come nel passato nella disponibilità materiale, ma bensì nella possibilità di accedere alla risorsa dovunque essa si trovi in un punto indefinito della rete. La collocazione assume così le vesti di un URL (Uniform Resourse Locator). Le modalità per soddisfare questa richiesta possono presentare problematiche non di semplicissima soluzione ma favoriscono senz'altro la nascita di una nuova figura professionale, credo per ora ignorata nei mansionari di tutte le nostre pubbliche amministrazioni, vale a dire l'e-serials librarian, il bibliotecario addetto alla gestione degli abbonamenti in linea. Tutto ciò ha, però, anche una ricaduta a livello catalografico. A due livelli: il primo più specificatamente di descrizione bibliografica, il secondo di integrazione all'interno dei cataloghi già esistenti.

Cerchiamo allora di riepilogare cosa ha significato Internet: accesso a cataloghi, accesso remoto a basi dati (in linea o su CD-ROM), accesso a infomazioni su altre biblioteche del settore o in genere su biblioteche nel mondo, possibilità di fornire 24 ore su 24 informazioni sulla propria biblioteca e servizi, interazione con lo staff, interazione con gli utenti, accesso a informazioni di carattere generale o specialistico (reference), accesso a periodici elettronici, ipertestualizzazione elettronica della ricerca.

Soffermiaci sull'accesso a basi dati, sull'accesso ai periodici elettronici e su quella che ho chiamato ipertestualizzazione elettronica della ricerca.
Importanti fornitori hanno creato dei servizi in linea di accesso a basi dati. Il principio di fondo è quello di favorire l'integrazione delle risorse e della ricerca, ampliando la possibilità della navigazione. Quello che vorrei sottolineare è come a questo punto, nell'attivazione di una sessione di ricerca, a fronte della disponibilità elettronica della risorsa, per l'utente è assolutamente indifferente che una determinata risorsa risieda su hard-disk, piuttosto che su CD-ROM, in un server della biblioteca, piuttosto che in un server remoto. Questo conferma il primato assoluto dell'informazione sul supporto, anche se non vi è dubbio che continua a rimanere molto gradita la possibilità di produrre delle stampe, a testimonianza che si privilegia ancora la lettura 'tradizionale' rispetto alla lettura a video.

L'accesso ai periodici elettronici si collega strettamente a quanto stiamo dicendo. E le problematiche relative all'attivazione di questi abbonamenti non possono non vedere in primo piano la biblioteca. In realtà, in questo caso, la disintermediazione è solo apparente, anzi per certi versi proprio il significato della raccolta in rapporto con il compito istituzionale della struttura assumono un'importanza maggiore. Le tipologie degli abbonamenti sono diverse, ma solo l'e-serials librarian sarà in grado di valutare l'opportunità di accendere degli abbonamenti piuttosto che altri e dovrà farlo valutandone anche il rapporto con la raccolta cartacea.

Ne deriva anche la ricaduta su altri servizi tipici, quale la Disseminazione selettiva dell'informazione o il document delivery, visto che oggi ci si può abbonare a servizi gratuiti in rete di fornitura di Table of Contents, attivati dalle stesse riviste.

Si direbbe che le biblioteche universitarie o di ricerca siano quelle maggiormente favorite dal panorama che sono andato delineando. E la biblioteca di base? Credo che proprio le biblioteche comunali possano trarre da Internet una maggiore valorizzazione. Internet dà delle opportunità fino a ieri sconosciute anche per delle biblioteche piccole o che non possono competere dal punto di vista della ricchezza di materiale librario con biblioteche di lunga tradizione. Anzi, fermo restando, la variegata situazione del nostro contesto, oggi dobbiamo purtroppo constatare che quelle biblioteche che un tempo sembravano formare indiscutibilmente l'ossatura del nostro sistema, quelle biblioteche pubbliche statali i cui patrimoni librari sono spesso inestimabili, hanno avuto notevoli problemi a rispondere tempestivamente alle novità tecnologiche. Spiace constatare che questo sia accaduto, e mi auguro che anche in questo caso Internet possa aiutarci a ripensare in maniera sistemica la nostra realtà bibliotecaria, rendendo anche più semplice quella cooperazione che tutti auspichiamo.

Anche le biblioteche comunali sono poste di fronte a problematiche nuove, prima fra tutte quella di garantire l'accesso alle risorse presenti in Internet paritariamente a tutti i cittadini. Bisogna farlo pagare o no? Si può utilizzare una postazione della biblioteca per leggere o scrivere messaggi di posta elettronica? Come affrontare i problemi di copyright e di tutela dei minori? Tematiche vive, di attualità, per le quali non è detto che le risposte debbano essere univoche, ma che riportano alla centralità della biblioteca nell'ambito della formazione e dell'informazione al cittadino.

Se la domanda che ci siamo posti oggi è quale funzione potranno avere le biblioteche e i bibliotecari nel terzo millennio, nell'era ormai proclamata della disintermediazione, a me sembra che la risposta sia già nei fatti, nella capacità che la nostra professione ha da sempre di considerare prioritarie le esigenze degli utenti. Non mi sbilancerò a fare previsioni che rischiano di essere smentite già domani sul futuro delle biblioteche, anche perché non voglio e non posso dimenticare che in tante realtà è difficile oggi parlare di un loro presente.

Viviamo nella società dell'informazione, avendo ben presenti i vantaggi di questa condizione che ha consentito di rendere il mondo più piccolo, di farci avere un maggior numero di notizie su quanto ci accade attorno, ma anche gli svantaggi della cosiddetta information overload, per cui un eccesso di notizie può finire per azzerarne il contenuto informativo. Forse Internet è davvero la realizzazione della quarta dimensione vagheggiata da uno degli interpreti più originali della poesia mondiale Velimir Chlebnikov, che nelle sua visionaria interpretazione dell'universo, profetizzava «l'avvento dell'Unico Libro,/ le cui pagine sono più grandi del mare/ e vibrano come le ali d'una farfalla turchina,/ ed un filo di seta è il segnalibro,/ dove il lettore ha fermato lo sguardo»8. Forse il cyberspazio contiene quest'Unico Libro e una e una sola è la biblioteca virtuale che può ospitarlo. Ma per poterlo sfogliare il genere umano che, come precisa Chlebnikov, è il lettore di quell'Unico Libro, avrà sempre bisogno di biblioteche e di bibliotecari che si assumano l'arduo e piacevole compito di aiutarlo.

In un recente articolo apparso su «Biblioteche oggi» Antonella Agnoli scrive: «Contrariamente all'opinione diffusa di biblioteche messe in crisi dai tagli di bilancio e rese obsolete dall'arrivo di Internet, quasi tutti i paesi industriali hanno aperto o rinnovato radicalmente i servizi bibliotecari, con investimenti massicci. (...) Può apparire strano che questo avvenga proprio nell'epoca in cui il sapere può circolare liberamente grazie ai supporti elettronici e in cui Internet, con il suo flusso continuo di informazioni, è diventata in un certo senso la più grande biblioteca del mondo. In realtà è accaduto ciò che gli scettici nei confronti della rivoluzione elettronica avevano previsto: i collegamenti on-line hanno aumentato e non diminuito la richiesta di accesso ai libri, hanno reso necessario costruire più biblioteche anziché diminuirne il numero o eliminarle del tutto»9.

Dunque si direbbe che la rivoluzione di Internet non si sta rivelando dannosa per le biblioteche. Si continua a costruirne di nuove o a rinnovarle. All'estero, come ci racconta la Agnoli nel suo articolo, ma anche qui in Italia, a Codroipo.
E questa per me è la gioia più grande, una gioia che vi ringrazio di avermi consentito di condividere con voi.


Note

1 Sergej Esenin. Poemi rivoluzionari. A cura di Serena Vitale. Milano: Guanda, 1982, p. 157.
2 Marina Cvetaeva. Dopo la Russia e altri versi. A cura di Serena Vitale. Milano: Mondadori, 1988, p. 263.
3 Cliffor Stoll. Miracoli virtuali. Milano: Garzanti, 1996, p. 11.
4 Carlo Revelli con la collaborazione di Giulia Visintin. Il catalogo. Milano: Editrice Bibliografica, 1996.
5 Su questo tema si veda Gabriele Gatti. Macchine Celibi? Accumulo o distribuzione dell'informazione fra tecnologie e professionalità. In "Biblioteche oggi", 15(1997), n. 6, p. 6-21. Più in generale sull'intera problematica legata al futuro delle biblioteche rimando all'articolo di Michele Santoro. Biblioteche domani: il mutamento delle prospettive bibliotecarie all'alba del terzo millennio. In "Bollettino AIB", 38 (1998), n. 3, p. 303-322, tra l'altro corredato da una ricca bibliografia.
6 Si veda Elisabetta Di Benedetto. Ma non c'è già tutto gratis su Internet? In: CD-ROM e basi dati. Catalogo '96. Genova, E.S. Burioni ricerche bibliografiche, 1995 pp. 352-361.
7 Si veda Antonella De Robbio. Medline free su Web: i servizi PubMed e Internet Grateful Med della National Library of Medicine. In "Bollettino AIB", 37(1997), n. 4, p. 481-492.
8 Angelo Maria Ripellino. Poesie di Chlebnikov. Torino: Einaudi, 1968, p. 72.
9 Antonella Agnoli. Le biblioteche che vorremmo. In "Biblioteche oggi", 17 (1999), n. 3, p. 44.

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