ESB Forum
ISSN: 2283-303X |
||
La biblioteca rovesciataLa gestione dei servizi bibliotecari alle soglie del terzo millennioTesto della conferenza tenutasi il 20 dicembre 2001 presso la Biblioteca Berio di Genova nel corso di un incontro di aggiornamento organizzato dalla Sezione AIB Liguria di Gabriele Mazzitelli (in linea da gennaio 2002)
Care colleghe e cari colleghi Mi sembra che quanto sta accadendo al rapporto biblioteca/utente nell'epoca di Internet consenta di parlare di un vero e proprio ribaltamento di alcuni ruoli che tradizionalmente sembravano essere canonicamente determinati. Cercheremo di passare in rassegna quello che possiamo definire come l'orizzonte di attesa di un utente che si reca in biblioteca e potremo valutare quanto di capovolto ci sia rispetto al passato. Voglio subito precisare che la biblioteca pur così rovesciata, non perde la sua funzione. Anzi, credo che proprio quanto andremo dicendo ci farà verificare come sia sempre più vero e scottante il problema dell'assenza, nel nostro paese, di un sistema bibliotecario nazionale. Creare il "sistema che non c'è", secondo una fortunata formula di Alberto Petrucciani, resta senz'altro uno degli obiettivi che noi bibliotecari possiamo e dobbiamo perseguire, continuando a reclamare dalla politica la necessaria attenzione, al di là delle lamentazioni e nonostante le disattenzioni cui quotidianamente sono sottoposte le biblioteche. Dunque entriamo in biblioteca. Già: ma come ci entriamo, da dove? Adesso quello che, a seconda dei casi, una volta era la porta o il portone è affiancato dal portale. Da Internet, dal Web. Non si tratta più di un vezzo, di una ricercatezza da informatici. Ormai il Web è entrato prepotentemente nelle nostre biblioteche costringendoci ad acquisire delle competenze nuove, a ripensare a dei servizi o a offrirne di nuovi. La creazione del Web di una biblioteca può essere affrontata come un'occasione per verificare la bontà del rapporto con i nostri utenti, per capirne meglio le esigenze, ma anche come lo specchio per toccare con mano in che misura il nostro Ente di appartenenza ritiene importante, non solo a parole, l'Istituzione biblioteca. Creare un Web costa. Da molti punti di vista: collegamenti, server, ore-uomo per il design e la manutenzione. E se il Web è anche un servizio a valore aggiunto richiede la necessaria competenza perché possa essere davvero sfruttato al massimo. Ci sono delle parole ormai entrate di prepotenza nel nostro agire quotidiano: e-mail, VRD, e-journals, e-books. Un nuovo campionario di termini a nostra disposizione che sottendono dei nuovi oggetti con cui fare i conti. Che la posta elettronica sia diventata uno strumento essenziale di lavoro in molte biblioteche è ormai un dato di fatto. Un gran numero di transazioni informative utilizzano ormai la posta elettronica. Chi lavora nel settore del Document delivery la usa per richiedere articoli, per rispondere a delle richieste altrui e anche per inviare quanto richiesto, sia in formato tiff, sia in formato pdf o per informare che l'articolo in formato elettronico è magari disponibile a un determinato indirizzo. Posta elettronica significa liste di discussioni, ma anche lo scambio di informazioni tra lo staff e, sempre con maggior frequenza, è il mezzo utilizzato da tante amministrazioni per le comunicazioni interne. Posta elettronica è anche e soprattutto interazione con l'utenza, è la possibilità data a un numero sempre maggiore di persone di relazionarsi con una biblioteca per ottenere delle risposte. L'utente non ha più bisogno di 'vedere' fisicamente la biblioteca nella prospettiva della sua raccolta, ma viene messo in condizione di essere visto dalla biblioteca nelle sue necessità primarie. La biblioteca è rovesciata, capovolta in questo che è uno dei rapporti fondamentali da instaurare. Entrato in biblioteca dal portale principale, senza troppa burocrazia, senza tessere e senza orari di apertura e chiusura, l'utente, seppure ignaro dei principi di Parigi, cerca il Catalogo e, sempre più spesso, trova l'OPAC o dei cataloghi in formato html: può sapere quali documenti sono presenti in biblioteca. Lo può sapere abbastanza facilmente. E può interagire con la biblioteca, può chiedere come fare per venire in possesso di quanto gli serve. E se ha bisogno del servizio di reference? Ormai questo termine ha assunto così rilievo da essere considerato quasi più importante del Catalogo stesso: per un bibliotecario è sempre vero fino a un certo punto, ma per qualche utente è, invece, una certezza. Avere la capacità di soddisfare i bisogni informativi dell'utenza è senz'altro un motivo di vanto per qualsiasi biblioteca. Per questo si sono create le sale di consultazione. E Internet - si è spesso detto - cosa è se non un'enorme sala di consultazione? Anzi qualcuno si è spinto anche oltre paragonando la rete a una vera e propria biblioteca. E allora dovrà esserci un modo per orientarsi e per effettuare delle ricerche. Possono pensarci, certo, degli strumenti automatici o semiautomatici come i motori di ricerca, ma questo non può bastare a chi cerca di mettere ordine nel caos. Una sala di consultazione è finita, delimitata, frutto di un'oculata selezione se non vuole essere finta. E allora ecco i Virtual Reference Desk (VRD), nati con lo scopo di fornire all'utente una guida in un determinato settore disciplinare. O, anche, come frutto di un'analisi della nostra utenza e, quindi, come strumento fortemente orientato ai bisogni primari di chi conosciamo bene e che speriamo ci conosca bene o, meglio, non finisca, mai di conoscerci, di quell'utente che, proprio perché Internet è bello perché è vario, vogliamo sempre più 'fidelizzato'. A questo proposito capita sempre più spesso di associare la promozione dei servizi della biblioteca alle strategie di marketing. Per qualcuno si tratta di forzature: quando lo sguardo si posa sulle condizioni oggettive in cui tanti di noi si trovano a operare, i 'salti in avanti', l'idea di una filosofia aziendale applicata alla quotidiana gestione della crisi appare non solo un'idea balzana, ma quasi una sorta di offesa al buon senso. Sa di umiliazione più che di sprone. Vero. Giusto. Sacrosanto. Ma la biblioteca è un oggetto vivente. La capacità di adattamento richiede anche di non sottrarsi a quanto viene suggerito da modelli anche di difficile realizzazione. Si tratta di essere comunque attenti alle suggestioni che provengono da campi diversi per saperle introdurre se possono risultarci utili. D'altra parte chi opera in biblioteche universitarie già da tempo sente parlare di concorrenza. E può esistere una concorrenza virtuosa, che significa collaborazione, condivisione di obiettivi e di risorse. Ma torniamo alla biblioteca rovesciata. Come ha affermato Riccardo Ridi nel recente convegno romano sulle risorse elettroniche stiamo vivendo una rivoluzione copernicana per quel che riguarda il rapporto tra documento e lettore 2. Prima il documento veniva riprodotto in tante copie che il potenziale utente poteva raggiungere in biblioteca o in libreria: era il documento, per così dire, a muoversi, in più copie uguali, verso il lettore. Oggi avviene il contrario, ancora un capovolgimento, è il lettore a puntare verso un'unica copia del documento, disponibile in rete. Pensate ai periodici elettronici. Per i bibliotecari si sommano problemi vecchi e problemi nuovi. Non ci sarà da preoccuparsi dei solleciti, dell'usura del materiale fotocopiato o della sottrazione di qualche fascicolo, ma bisognerà mettere l'utente nella migliore condizione per usufruire di quella risorsa, bisognerà scegliere se mantenere la copia cartacea o meno e considerare gli eventuali aumenti di costi, creare pagine web che guidino l'utente verso queste risorse, inserirle magari nell'OPAC, descriverle, trattarle come un oggetto disponibile nella nostra biblioteca. E dopo aver accettato l'idea del just in time come nuova filosofia di gestione della biblioteca, indebolendo così de facto, l'idea stessa della raccolta, riscopriamo le necessità di un magazzino virtuale ben più ampio aderendo a consorzi, in cui pagando qualche Euro in più (il che per altro non è così di poco conto), ci viene offerta la possibilità di consultare un numero sempre maggiore di risorse elettroniche. Ne ha scritto di recente Sandra Di Majo sul "Bollettino AIB" 3: il rischio che anche questo porti a snaturare alcuni dei compiti precipui del bibliotecario c'è e per esorcizzarlo non basta far finta che non esista. Non solo, ma anche il catalogo, inteso lato sensu, da sempre il cuore del nostro sistema biblioteca, viene sottoposto a degli inevitabili scossoni. Da testimone della concretezza della raccolta, deve divenire veicolo di informazioni che possono anche essere temporanee, non necessariamente presenti per sempre. Con uno scarto che può avvenire anche magari dopo un solo anno e non a causa del deterioramento del supporto, ma perché la politica della biblioteca è mutata: magari si decide di non aderire più a un consorzio e parte del magazzino virtuale non è più disponibile. Ma l'invasione delle risorse elettroniche ha una ricaduta anche sul servizio di reference. Se reference è anche la consultazione di basi di dati bibliografiche, c'è non solo la tentazione ma il preciso desiderio dell'utente di raggiungere immediatamente la risorsa primaria. I link ipertestuali consentono di catturare l'oggetto del desiderio immediatamente, full-text, con un semplice clic. Anche se spesso ci si dimentica che quel semplice clic non è frutto della manna Internet, del ripetuto ritornello che in Internet c'è tutto e gratis, bensì del lavoro di bibliotecari. Sto pensando, naturalmente, soprattutto a periodici, che sono il mio pane quotidiano, ma direi che senz'altro si possa accettare l'idea che l'e-serials librarian vada considerata come una figura professionale con delle caratteristiche ben definite. Dunque un altro capovolgimento: dalla ricerca dell'informazione bibliografica per operare una selezione alla caccia immediata della fonte primaria in rete. Così anche il servizio di reference appare in qualche modo attenuato e per di più sempre all'insegna della disintermediazione. Cosa rimane allora alla biblioteca rovesciata che possa ancora richiamarsi all'idea tradizionale di biblioteca? E se tutte le specificità del passato sono messe in discussione sarà così necessario servirsi di personale specializzato per gestire i servizi di biblioteca? Sempre più spesso si parla di outsourcing. Sembra essere questo un portato di quella privatizzazione che spesso, a torto o a ragione, viene brandita come una spada minacciosa sulle teste dei pubblici dipendenti. Anche in questo caso mi piacerebbe che se ne parlasse a proposito, a fronte di una corretta analisi dei costi e dei benifici e non solo per seguire una moda o un'illusione di maggior risparmio o efficienza. Credo che tutti noi, qualunque sia la tipologia di biblioteca in cui lavoriamo, aspiriamo a essere giudicati dai nostri utenti e non temiamo che il nostro servizio venga misurato e valutato. Tutti noi aspiriamo, naturalmente, a essere giudicati bene, a sentirci dire che la nostra biblioteca funzione ed è utile alla comunità dei nostri utenti primari. Ma la nostra committenza ha ben chiara la funzione sociale della biblioteca, la missione del bibliotecario? E per favore non parlateci delle biblioteche americane. Altra storia, altre tradizioni (anche se verrebbe da dire stessi stereotipi, almeno a leggere questo passo di un recente romanzo di Steve Martin: "Gli occhiali da guida le conferiscono un'aria da bibliotecaria, prima che le biblioteche fossero su CD-ROM, e la sua Toyota dell'89 indica che pure lo stipendio è da bibliotecaria" 4). Non che non sia importantissimo avere dei modelli, ma la sterile proposizione di esempi che non calzano serve a poco, o solo a dimostrare che chi li avanza ha viaggiato, magari anche per motivi di studio e non solo di turismo. Ma non sarà, allora, che la biblioteca rovesciata rischia un capitombolo mortale? In questo rovesciamento di prospettiva, in queste nuove possibilità di interazione con l'utente non si nasconde il rischio di un'erosione costante del ruolo del bibliotecario, della sua capacità di individuare, selezionare, trattare e mettere a disposizione del pubblico le risorse informative necessarie? Ci sono dei mestieri che la tecnologia ha travolto o stravolto. È il nostro caso? La mia risposta è no. E naturalmente spero di non essere smentito, ma mi sembra che la risposta che i bibliotecari hanno saputo dare alle sfide dei nostri tempi sono state tra le migliori. Le novità tecnologiche sono state subito recepite, utilizzate a beneficio degli utenti per rispondere alle nuove esigenze. Un po' dappertutto. In tante biblioteche, grandi e piccole. Grazie allo sforzo di singoli o alla lungimiranza di qualche amministrazione: ma questo è accaduto e sta accadendo anche in Italia. Anzi nuove opportunità sono state date proprio alle piccole realtà che hanno potuto dimostrare di saper stare al passo delle Istituzioni più grandi. Certo non sono stati risolti i problemi di fondo. La carenza sistemica è ancora più evidente. L'organizzazione dei servizi bibliotecari nel nostro paese non riesce a dare, specie nelle grandi città, una risposta adeguata anche in termini di promozione della lettura. Ma non riesco a non pensare che il problema sia ancora una volta più generale, legato alle carenze della scuola, pubblica o privata che sia. La formazione del cittadino, tappa fondamentale dello sviluppo di una comunità che voglia crescere democraticamente, è continuo argomento del dibattito politico, sottoposta a una riforma continuamente in itinere che non sembra approdare a dei risultati che si possano definire soddisfacenti. Che si tratti di un'impresa difficile è un dato scontato, ma che si tratti di un punto nodale per il futuro del nostro paese mi sembra altrettanto acquisito. In questo senso la biblioteca può essere anche rovesciata se questo significa la possibilità per l'utente di un altro angolo di visuale. Anzi la molteplicità delle prospettive non deve spaventarci: è questo il sale della democrazia di cui le nostre biblioteche sono elementi essenziali. Alcuni anni fa mi è capitato di scrivere, prendendo spunto dal saggio di Ortega y Gasset sulla missione del bibliotecario che: "Non c'è, forse, generazione che non abbia vissuto periodi di crisi, non c'è società che non abbia dovuto fare i conti con la sensazione che "l'economia, la tecnica, gli strumenti che l'uomo inventa per rendersi la vita più facile, oggi lo accerchiano e minacciano di strangolarlo" o con la certezza che "tutto quello che l'uomo inventa e crea per facilitarsi la vita, tutto quello che chiamiamo civilizzazione e cultura, ad un certo punto si rivolta contro di lui", ma proprio per questo abbiamo sempre maggiore bisogno di radicare l'"idea della biblioteca" nel codice genetico della nostra convivenza democratica, non come un interesse legittimo che viene finalmente riconosciuto, ma come un diritto naturale irrinunciabile"5. Mi piace ribadirlo oggi che stiamo vivendo dei giorni difficili, a pochi mesi da eventi che hanno già segnato l'inizio di questo nuovo secolo. All'alba del terzo millennio noi bibliotecari abbiamo un compito importantissimo. Non dimentichiamocelo e facciamo di tutto per ricordarlo anche ai nostri utenti e a quanti hanno delle responsabilità politiche. Senza nessuna baldanza, ma con l'umile orgoglio di chi ogni giorno aggiunge la piccola pietra della sua esperienza alla costruzione di un mondo migliore.
Note
1) Pavel Florenskij. La prospettiva rovesciata e altri scritti. A cura di Nicoletta Misler. Roma: La Casa del libro, 1983.
2) Riccardo Ridi. Il mondo come volontà e documentazione. Relazione tenuta al Convegno internazionale Le risorse elettroniche. Definizione, selezione e catalogazione, Roma, 26-28 novembre 2001. Versione provvisoria disponibile all'URL: http://w3.uniroma1.it/ssab/er/relazioni/ridi_ita.pdf.
3) Sandra Di Majo. Cosa cambia nella politica delle collezioni?. In: "Bollettino AIB", 41 (2001), n. 2, p. 191-196.
4) Steve Martin. Shopgirl. Torino: Einaudi, 2001, p. 15.
5) Gabriele Mazzitelli. La missione del bibliotecario. In: "Bollettino AIB", 36 (1996), n. 1, p. 6.
|
| © ESB Forum | a cura di Riccardo Ridi | |