ESB Forum
ISSN: 2283-303X |
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Alcune riflessioni in margine al convegno Le risorse elettroniche, Roma 26-28 novembre 2001pubblicato anche a stampa, in "Archivi e computer", XI (2001), n. 3, p. 269-281. di Stefania Manzi (introduzione, metadati, subject gateways) e Enrico Martellini (catalogazione) (in linea da gennaio 2002) Il convegno tenutosi a Roma nel novembre 2001, dedicato alle risorse elettroniche, è stato affollato in tutti i sensi: sia per i partecipanti, tanto numerosi per tutte e tre le giornate da doversi distribuire in più sedi rispetto a quelle inizialmente programmate (e si deve all'organizzazione l'essere riusciti a garantire comunque un ottimo livello di accoglienza e possibilità di ascolto per tutti), sia per i relatori provenienti veramente da tutto il mondo, sia infine per i molti aspetti relativi al tema delle risorse elettroniche in biblioteca che sono stati analizzati. Senza entrare nell'analisi dettagliata dei vari contributi, riportiamo di seguito alcune impressioni generali, frutto degli stimoli e delle indicazioni ricevute a conclusione del congresso, e che proprio in quanto derivate dalla visione complessiva dell'insieme molto variegato cui ci si è trovati di fronte possono essere poste a guisa di introduzione. Cercheremo quindi di sintetizzare alcune questioni di fondo e di seguire, rintracciandoli nelle diverse relazioni, alcuni percorsi interpretativi dell'insieme molto vasto di temi e aspetti trattati in queste giornate. Per il particolare tipo di "documento" avente come caratteristica speciale quella di essere una risorsa elettronica (oltre ad essere un testo o una carta geografica, o una fotografia o un insieme assai più complesso quale un intero sito web dedicato ad una particolare disciplina o soggetto) tale caratteristica speciale richiede un trattamento altrettanto speciale e tipico e impegna a ridiscutere, in funzione di ciò che tradizionalmente sarebbe "il supporto", molti principi e fondamenti dati ormai per acquisiti. Questo argomento in realtà ha impegnato la riflessione di tutti gli intervenuti, ma un esempio ci ha particolarmente colpito, per la sua semplicità ed incisività insieme: si tratta della domanda di Dorothy McGarry la quale, analizzando il modo in cui catalogare le carte geografiche in formato elettronico, si e ci chiede se e come si possa indicare la scala in documenti del genere; la domanda è solo apparentemente puntuale ed innocua, e la portata del dubbio che solleva, in termini di identificazione di un documento e delle sue relazioni con gli altri documenti quando la sua descrizione entri a far parte di un catalogo, ci sembra andare oltre l'ambito così specifico dell'oggetto particolare per cui è stata formulata. Rispetto alla tradizionale funzione del catalogo come documentazione di ciò che è posseduto da una biblioteca, in un passato non troppo remoto pareva emergere un focus su quelle che ISBD(ER) definisce risorse locali e quindi in particolare i CD-ROM, riservando la nostra attenzione di bibliotecari ad un tipo preciso di risorse elettroniche remote, i periodici. Adesso, nella considerazione del complessivo valore "informativo" dei diversi tipi di risorse elettroniche, la distinzione fra locali e remote pare superata. Analizzando i problemi posti da entrambe queste tipologie di risorse, i bibliotecari riconoscono le diversità e le peculiarità di ognuna, ma la faccetta "locale" non pare assicurare più nessun privilegio nel trattamento che la biblioteca debba riservare a questo tipo di documenti. Di conseguenza si tende a superare la distinzione fra accesso e possesso che discende da quella fra remoto e locale: la riflessione sul nuovo ruolo del catalogo, che se accoglie anche risorse remote non documenta più solo ciò di cui la biblioteca garantisce la disponibilità, è ormai fortemente influenzata dalla pressante emergenza di questi nuovi documenti, dall'aumentare in maniera vertiginosa del loro numero, e dall'interesse sempre più forte nei loro confronti da parte del mondo della ricerca. Tale interesse non può non riflettersi sul ruolo delle biblioteche quando si tratti di fornire anche questo tipo di informazioni ai propri utenti, come si deduce da molti degli interventi presentati dai bibliotecari di diversa provenienza sia geografica che di tipologia di biblioteche (pubbliche o universitarie). L'attenzione degli studiosi, dei ricercatori, del mondo accademico in genere verso fonti di questo tipo, comprende anche le risorse al tempo stesso remote e pubbliche, ossia quelle che riuniscono le due caratteristiche "più scomode" dal punto di vista tradizionalmente bibliotecario, dato che non consentono alcun controllo né garantiscono alcun possesso; ma problemi di questo tipo, legati al controllo, al rapporto possesso/accesso, alla garanzia di disponibilità, provengono anche da quelle risorse che pubbliche non sono, come i periodici o le basi di dati on-line. I diversi temi affrontati nelle relazioni di cui ci occupiamo qui, si possono ricondurre ad alcuni fondamentali percorsi di ricerca, in cui i problemi da affrontare sono quelli della identificazione dei documenti e quelli della loro organizzazione in funzione del recupero delle informazioni: organizzazione che, dal punto di vista bibliotecario, è da intendersi come catalogazione e classificazione. L'identificazione dei documenti è condizione preliminare a qualunque altra forma di trattamento: catalogazione, ordinamento, ricerca, conservazione. L'analisi di questo argomento, inteso anche come individuazione univoca e quindi come capacità di riconoscimento del documento rispetto alle sue possibili evoluzioni e ad altri documenti, è stata condotta in maniera assai puntuale da Hakala. Nel suo intervento egli esamina vari identificatori numerici a valore internazionale (a partire da ISBN fino alle recenti proposte di identificatori per "opere", che richiamano le definizioni dei Functional Requirements: ISAN International Standard Audiovisual Number, ISWC International Standard Musical Work Code, ISTC International Standard Textual Work Code) e sottolinea l'importanza e la difficoltà insieme di definire indicatori univoci per risorse elettroniche soggette a cambiamento. Al tema dell'identificazione si lega strettamente quello della selezione delle risorse: solo quando so che cosa ho di fronte, posso stabilire se risponde ai miei parametri di ricerca. In ambito bibliotecario tutto ciò confluisce inevitabilmente nella questione della catalogazione di tali documenti, e sono stati più volti citati nel corso del convegno temi fondanti del lavoro di catalogazione quali i principi di Parigi (significativa in particolare la relazione di Paul Weston) o il controllo d'autorità. In questa ottica di organizzazione e controllo "bibliografico", anche se il termine non sembra più aderire perfettamente all'oggetto cui si riferisce, si inserisce la complessa riflessione sui metadati e sui risultati che questi strumenti possono consentire in termini di organizzazione intesa come catalogazione e classificazione delle risorse elettroniche; esempi di questa capacità organizzativa sono i portali o più precisamente, per l'ambito non commerciale ma di ricerca di cui si occupano i bibliotecari, i "subject gateways". I metadati sono uno dei temi più peculiari e specifici delle risorse elettroniche, soprattutto del loro trattamento in quanto documenti e cioè veicoli di informazioni (per una disamina del concetto di documento si veda la relazione di Ridi): se infatti possono essere considerati metadati anche standard di catalogazione già esistenti ed assodati come le stesse ISBD, poiché sono dati sui dati che debbono esser descritti, in ambiente elettronico i metadati assumono un ulteriore valore specifico poiché sono dati sui dati ma compresi nei dati stessi. La filosofia che è alla base dei metadati (forse l'esempio più familiare a questo proposito è Dublin Core) ne prevede un uso di descrizione e in fondo di catalogazione del documento all'interno del documento stesso, quindi una sorta di autocatalogazione a cura dell'autore. In quanto tali, i metadati sembrano, rispetto al lavoro di catalogazione e ai nuovi documenti "risorse elettroniche", la cerniera in grado di coniugare vecchio e nuovo; sembrano ciò che è in grado di opporre una resistenza al carattere mutevole e difficilmente identificabile/individuabile delle risorse elettroniche, con particolare riferimento al loro valore rispetto alla conservazione di questo tipo di documenti. Il tema è affrontato da Madison, che vede nel tracciato dei metadati possibili indicazioni preziose per la definizione delle risorse stesse con tutti i connotati necessari alla loro conservazione, quali l'indicazione del software, del sistema operativo, etc. ... Di grande importanza teorica per lo studio dei metadati e dei loro possibili sviluppi, oltre che del loro uso, è il lavoro presentato da Howarth, di cui non è disponibile la relazione ma che è possibile rintracciare all'indirizzo http://www.fis.utoronto.ca/special/metadata/index.htm Il progetto "Modelling a metalevel ontology" presenta una mappatura di diversi schemi di metadati (fra i quali Dublin Core e TEI: Text Encoding Iniziative), dando per ciascuno una vera e propria scheda, e prevede di disegnare un modello di metalivello per il recupero di informazioni da risorse elettroniche codificate ciascuna secondo schemi di metadati diversi. Tale modello deve consentire di tracciare il passaggio fra 1) la richiesta di un utente, neutra rispetto a qualunque schema di metadati usato negli archivi che va ad interrogare, 2) i vari archivi interrogati basati su schemi di metadati differenti, ciascuno da utilizzare in chiave di recupero dell'informazione ricercata nella richiesta formulata dall'utente, 3) il risultato dell'interrogazione stessa, da restituire all'utente con lo stesso livello di apparente neutralità rispetto agli schemi di metadati sottostanti (si possono vedere i due diagrammi http://www.fis.utoronto.ca/special/metadata/Architecture1.gif e http://www.fis.utoronto.ca/special/metadat/Architecture2.gif). Il progetto ricorda quelli dei metaopac in grado di interrogare tramite un'unica interfaccia diversi opac; in questo caso si tratta però di rimandare sia alla descrizione che al documento stesso, perché per questo tipo di risorse catalogazione, classificazione e recupero delle informazioni sono procedure quanto mai collegate (basti pensare al campo 856 di UNIMARC di cui si occupa Scolari, campo che all'interno di un record catalografico inserisce la via diretta al documento stesso). A questo proposito è significativa anche l'osservazione di Delsey secondo cui è necessario riesaminare i paradigmi convenzionali per la descrizione dei documenti, in vista di supportare la funzione di "finding", quindi di recupero diretto del documento. Le aspettative fondate sui metadati e sulle loro possibilità non sono condivise da tutti: pensiamo alla voce fuori dal coro di Michael Gorman, che però non ha suscitato nessun dibattito: "[...] su questi [i metadati] il mio punto di vista è che siano un tentativo sconsiderato di trovare una sorta di terza via tra il deserto dei motori di ricerca e della ricerca a testo libero e la grande architettura del controllo bibliografico che i bibliotecari hanno sviluppato negli ultimi centocinquant'anni. Penso che i metadati siano il prodotto di quelli che, senza alcuna conoscenza della catalogazione, né riguardo per essa, come alchimisti bibliografi cercano la pietra filosofale che ci offrirà una catalogazione efficace senza spese e accesso efficace senza vocabolari controllati [...]". Sulle capacità di definizione e recupero dei documenti elettronici consentite dallo sviluppo dei metadati, si costruiscono le grandi architetture semantiche dei portali, o con espressione più consona all'ambito non commerciale ma di ricerca in cui operano le biblioteche, i "subject gateways". Questi possono considerarsi le forme evolute di organizzazione semantica (e quindi classificazione) delle risorse elettroniche, che hanno le proprie fondamenta nell'ambiente più adatto alle risorse di cui si occupano ossia il web: un "subject gateway" utilizza e potenzia le possibilità di catalogazione, classificazione e recupero delle informazioni in ambito elettronico e le integra con le prerogative proprie del web (ipertestualità, integrazione, multimedialità). Un modello di "subject gateway" cui possono richiamarsi le biblioteche quando vogliano fornire strumenti di questo genere per assistere nella navigazione i propri utenti si trova nelle pagine dedicate al progetto Renardus, di cui ha parlato Day illustrando i progetti UKOLN http://www.ukoln.org/metadata/, basati sui metadati. Renardus http://www.renardus.org è un progetto europeo cui aderiscono diversi partner a vari livelli di collaborazione; il progetto prevede la creazione di un metaportale basato sull'integrazione, attraverso i metadati, di diversi subject gateways già esistenti e mirati a diverse discipline. Il fine è quello di consentire ricerche multidisciplinari e soprattutto garantire, attraverso procedure definite di controllo di qualità e di catalogazione delle risorse selezionate, risultati autorevoli e scientificamente attendibili per i ricercatori e gli studiosi che si servano di questo strumento come via d'accesso alle risorse Internet. Si tratta quindi di un complesso tentativo di costruire, anche per le risorse elettroniche disponibili su Internet, un sistema di controlli e garanzie di "autorevolezza" basato sulla mediazione fra ricerca e produzione dell'informazione, analogo a quanto è successo finora per la stampa (editori, biblioteche) ma commisurato alle esigenze proprie dell'ambiente elettronico. Renardus definisce i "subject gateways" come guide "subject based"
e quindi classificate, che forniscono link a risorse informative in maggior
parte accessibili via Internet. Si rafforza lo specifico bibliotecario
se si considerano i parametri declinati nello stesso Renardus e presentati
anche da Thomas, per i "quality controlled subject gateways":
E' inevitabile riconoscere come gli sviluppi consentiti dai metadati siano al momento lontani da forme efficaci di automatismo. Tali sviluppi si rivelano comunque basati sull'intervento umano: è evidente che, se tali schemi devono dare risultati appropriati, devono essere usati in modo appropriato, quindi devono sortire l'effetto di una catalogazione, che richiede tutte le conoscenze specialistiche del caso (si pensi all'evoluzione di Dublin Core ormai composto da un numero tale di elementi da essere paragonabile ai tradizionali standard di catalogazione). Mitchel, parlando della classificazione come possibilità di organizzazione delle risorse di rete, riconosce una cerniera fra vecchio e nuovo nella coniugazione delle tradizionali caratteristiche proprie degli schemi di classificazione (ospitalità, impiego di categorie strutturate, natura multilingue, flessibilità delle relazioni) con le caratteristiche proprie dell'ambiente web, in cui la categoria di relazione è quella dominante quando si tratti di analizzare e recuperare l'informazione disponibile (si pensi all'ipertestualità e all'integrazione fra risorse di tipo diverso). Thomas, Witt e Hunt, propongono diversi modelli di organizzazione delle risorse elettroniche in forma complementare, se non a volte competitiva con quella del catalogo. Secondo Thomas il portale è un meccanismo di gestione delle informazioni contro i rischi di "indigestione" (infoglut) causati dalla eccessiva ricchezza informativa presente in Internet. Le biblioteche stanno cercando di interpretare e utilizzare questo strumento secondo i propri scopi, anche se si trovano ancora in uno stadio intermedio di verifica di tradizionali modelli organizzativi e sperimentazione di nuovi, al fine di creare strumenti per la ricerca ed il recupero delle informazioni che siano adeguati alle esigenze degli studiosi che accedono ad Internet. Sia Thomas che Witt nel proprio intervento, osservano che studi statistici compiuti sugli accessi da parte degli utenti a diverse forme di classificazione o elenchi di risorse elettroniche predisposte da vari tipi di biblioteche, indicano che le preferenze degli utenti stessi tendono ad andare a discapito dell'uso del catalogo. Sembra che quanto più è raffinato lo strumento che le biblioteche approntano per assistere gli utenti nella navigazione su Internet, tanto meno essi si rivolgono per le proprie ricerche al catalogo della biblioteca ed infine alla biblioteca nel suo complesso. Per le biblioteche quindi, questi risultati danno una forte indicazione verso l'integrazione delle risorse elettroniche all'interno del catalogo stesso. Tale indicazione è senz'altro condivisibile ed è anche proposta in forma assai articolata da Ridi. Se però si considerano le implicazioni necessarie per realizzare e rendere operativa una proposta del genere (in termini di licenze da parte dei gestori dei software, di lavoro a stretto contatto con chi abbia le indispensabili conoscenza informatiche ...) non è facile capire in che modo, con quali mezzi, con quali forme di descrizione sia concretamente possibile procedere. Come conciliare ed integrare l'opac della biblioteca, i suoi record bibliografici e le sue funzioni (permettere di verificare se la biblioteca contiene un libro identificato per mezzo dell'autore e/o del titolo, e quali opere di una autore determinato e quali edizioni di un'opera determinata esistono in biblioteca) con un virtual reference desk, o portale, o subject gateway basato su schemi di metadati, o anche con un semplice elenco redatto in html, che descriva e contemporaneamente consenta l'accesso a risorse elettroniche che già si differenziano fortemente fra loro (locali, remote, a pagamento, pubbliche etc..) e per di più sono molto diverse dai documenti cui rimandano tradizionalmente i record del catalogo? I modelli proposti da Hunt sono i due progetti di catalogazione di risorse Internet portati avanti da OCLC: INTERCAT e CORC, e sono un altro esempio di come la collaborazione in progetti di questo tipo risulti fondamentale; si tratta di una modalità già presente in campo bibliotecario, che di fronte ai problemi di gestione e controllo delle risorse elettroniche deve essere potenziata. INTERCAT, ormai sospeso, si basava su una rete bibliotecaria già esistente, che collaborava alla selezione di risorse ed alla creazione di un database comune in cui le risorse sono descritte in formato MARC. CORC allarga la possibilità di integrazione con altri formati, in particolare con Dublin Core, consentendo maggiore intersettorialità ed interdisciplinarità, e soprattutto espandendo la cooperazione dal raccoglitore di risorse al creatore stesso, poiché Dublin Core prevede l'uso dei metadati all'interno del documento, a cura dell'autore. La partecipazione al progetto CORC può incidere anche sulla collaborazione intrabibliotecaria fra colui che si occupa della selezione delle risorse (lo specialista o "subject librarian") e il creatore di metadati (il catalogatore). Il fine di questi progetti richiama comunque quello già citato anche per Renardus: offrire all'utente (che sia quello finale o un'altra biblioteca che acceda al database) attraverso una mediazione autorevole, un valido strumento di identificazione, selezione e controllo dell'informazione disponibile in rete. I due progetti non sono comunque in libero accesso: CORC è ad accesso limitato via OCLC, mentre INTERCAT è stato sospeso e sostituito appunto da CORC. Paul Weston ha presentato il progetto australiano "ALE": si tratta di un complesso sistema di integrazione fra risorse Internet e cataloghi, che cerca di riunire le tradizionali funzioni del catalogo con quelle nuove imposte dall'avvenuta affermazione di risorse diverse da quelle finora testimoniate dal catalogo stesso. L'analisi di questo strumento da parte di Weston, è tutta basata sui fondamenti del catalogo e del lavoro di catalogazione, come struttura portante, con i suoi principi di identificazione, descrizione, connessione, relazione fra documenti, del lavoro di organizzazione e recupero dell'informazione, che è in fondo la mission della biblioteca. La vera e feconda "risorsa" elettronica per la biblioteca è il catalogo stesso, inteso ovviamente come OPAC; è su questo che conviene investire per potenziarne le possibilità poiché in questo sono già potenzialmente presenti tutte le modalità descritte riguardo alle risorse elettroniche, come agli altri documenti: identificazione come individuazione e selezione, organizzazione come catalogazione e classificazione. E in effetti numerosi interventi si sono occupati, in maniera diretta o indiretta, della catalogazione delle risorse elettroniche, affrontando sia le questioni relative alla loro descrizione, sia gli aspetti relativi all'evoluzione della natura del catalogo. In un intervento che fa un po' da cerniera tra il tema della individuazione e selezione e quello della catalogazione delle risorse elettroniche, Michael Gorman ha affrontato il problema della possibilità che il bibliotecario ha di orientarsi fra lo sterminato numero di risorse elettroniche remote (RER) esistenti per decidere quali siano quelle meritevoli di essere catalogate: per evitare pericolose navigazioni a vista, che possono dar luogo a disomogeneità e incongruenze, è infatti necessario individuare dei parametri che siano applicabili alle varie RER e che consentano scelte mirate e coerenti. Secondo Gorman i documenti elettronici statici (che permangono immutabili nel tempo) e quelli cumulativi (il cui cambiamento è in forma di aggiunte e non di cancellazioni) sono quelli maggiormente degni di essere conservati e catalogati, in quanto offrono maggiori garanzie dal punto di vista della stabilità e dell'affidabilità; viceversa i siti web dal contenuto continuamente mutevole anche per via di cancellazioni, che non hanno alcun parallelo nel mondo cartaceo, non solo sono molto difficili da sottoporre al controllo bibliografico, ma probabilmente non sono neppure meritevoli di un tale trattamento. Per l'identificazione delle risorse elettroniche di maggior valore, Gorman propone quindi uno schema costituito da due assi perpendicolari, con a nord le risorse non commerciali, a sud le risorse commerciali, a ovest le risorse statiche, al centro quelle cumulative e a est quelle sempre mutevoli; in base alla sua ipotesi di lavoro, le risorse che cadono nel quadrante nord-ovest sono quelle di maggior valore, e perciò più degne di essere catalogate, mentre quelle che cadono nel quadrante sud-est sono quelle di minor valore. Anche la particolare natura delle RER pone al catalogatore questioni
di non poco conto. A tale proposito Tom Delsey, partendo da un confronto
tra le caratteristiche del documento tradizionale e quelle del documento
digitale, ha elencato e analizzato una serie di problemi con i quali ci
dobbiamo confrontare quotidianamente e che possiamo riassumere come segue:
Ancora Byrum ha approfondito, nel corso del suo intervento, il particolare rapporto che esiste tra documenti cartacei e documenti elettronici, soffermandosi più precisamente sul fatto che molti di questi ultimi sono, per usare la terminologia FRBR, l'espressione digitale di opere in altro formato, e sul fatto che non sono infrequenti diverse manifestazioni digitali della stessa opera. La domanda che Byrum si pone a questo proposito è: occorre riservare a ciascuna versione una descrizione bibliografica autonoma, scontentando con tutta probabilità l'utente che normalmente preferisce trovare raggruppate in un'unica schermata le notizie relative alle varie manifestazioni di una stessa opera? Oppure è preferibile che i dati bibliografici di tutte le versioni siano combinati in un'unica notizia, a costo di una minore capacità di identificazione? Più di un intervento ha focalizzato la propria attenzione sulle ISBD(ER) e sui problemi connessi alla loro applicazione. La varietà di esperienze riportate e il diverso approccio sottostante alle varie relazioni non hanno impedito che alcuni temi ricorressero al loro interno con una certa regolarità, segno evidente che il mondo bibliotecario ha ormai individuato con sufficiente chiarezza quali siano gli elementi maggiormente problematici e privi ancora di una soluzione soddisfacente. Innanzitutto, da più parti è stata sottolineata la necessità di armonizzare ISBD(ER) ed AACR2. Ann M. Sandberg-Fox, prendendo spunto da una riflessione relativa all'impatto che lo sviluppo tecnologico e le mutevoli caratteristiche delle risorse elettroniche hanno avuto sull'elaborazione delle varie edizioni di ISBD(ER), ha illustrato alcuni problemi particolari relativi a specifiche aree dello standard, analizzandoli in parallelo con quanto previsto dalle AACR2, in particolare dal capitolo 9. Oltre all'analisi dei punti critici, individuati nelle Fonti delle informazioni (0.5), nella Designazione generica del materiale (1.2), nell'Area dell'edizione (2), nell'Area del tipo ed estensione della risorsa (3), nell'Area della descrizione fisica (5), nell'Area delle note (7) e nell'Area del numero standard (o equivalente) e delle condizioni di disponibilità (8), Sandberg-Fox ha individuato almeno altri tre problemi degni di approfondimento e suscettibili di essere sviluppati in futuro: l'introduzione all'interno della descrizione bibliografica delle informazioni relative al copyright e ai vari diritti di proprietà, che tanta importanza hanno sulla possibilità di accesso ai documenti digitali da parte degli utenti (per quanto riguarda invece l'analisi del problema dei diritti di proprietà intellettuale e del loro bilanciamento con il diritto di accesso ai contenuti si veda il bell'intervento di Antonella De Robbio); la catalogazione delle risorse elettroniche che per le loro caratteristiche ricadono contemporaneamente sotto la giurisdizione di più ISBD (ad esempio, materiale cartografico in formato digitale); la necessità che l'evoluzione di ISBD(ER) e AACR2 sia tale da rendere i due documenti compatibili. Anche Barbara Tillett, nell'approfondire quanto previsto nel capitolo 9 di AACR2 dedicato alle risorse elettroniche, ha sottolineato alcuni punti critici (coincidenti peraltro con quelli evidenziati da altri relatori), tra cui la GMD, la descrizione fisica, le risorse in continuazione, l'armonizzazione delle AACR2 con l'ISBD(ER), la fonte principale per la descrizione e alcune questioni terminologiche. Grande attenzione è stata dedicata anche all'adeguamento (quasi completo) del formato bibliografico UNIMARC a ISBD(ER); in particolare Antonio Scolari ha esaminato le rare eccezioni che da questo punto di vista restano ancora da sanare. Tali eccezioni riguardano l'etichetta 215, ripetibile solo in caso di kit multimediali, corrispondente all'area 5 di ISBD(ER), che sembra invece essere ripetibile anche nel caso di documenti replicati su supporti diversi; l'etichetta 230, obbligatoria per tutti i tipi di risorse elettroniche, corrispondente all'area 3 di ISBD(ER), obbligatoria solo nel caso di RER; l'opzionalità di tutte le note in UNIMARC, che si contrappone all'obbligatorietà di alcune note in ISBD(ER); l'etichetta 856, dedicata alle modalità di accesso a RER, esterna al blocco delle note, corrispondente alla nota prevista da ISBD(ER); le etichette di legame 452 e 488, che corrispondono a note della descrizione bibliografica in ISBD(ER). Al di fuori del rapporto tra UNIMARC e ISBD(ER) si pone l'analisi dell'etichetta 135, contenente le informazioni codificate relative alla risorse elettroniche, svolta da Scolari nella seconda parte del suo intervento. Altro tema ricorrente, già ricordato a proposito dell'intervento di Ann M. Sandberg-Fox, è stato quello dei documenti che per la loro natura ricadono contemporaneamente sotto la giurisdizione di due diverse ISBD. In particolare Dorothy McGarry ha esaminato il problema del materiale cartografico, soffermandosi, oltre che sui casi in cui la sua descrizione richieda l'uso di più ISBD, sull'opportunità di aggiungere in area 3 i dati relativi alle modalità con cui una rappresentazione grafica digitale è stata creata, sulla rappresentazione della scala per il materiale cartografico elettronico, sull'opportunità della descrizione fisica anche per il materiale cartografico elettronico ad accesso remoto (a differenza di quanto avviene per gli altri tipi di RER), sul trattamento catalografico da riservare al materiale cartografico elettronico pubblicato in serie (in particolare, se sia da considerare alla stregua delle risorse integrative). McGarry ha dedicato inoltre una corposa parte del proprio intervento allo standard per le risorse elettroniche in continuazione, approfondendo alcuni aspetti terminologici relativi a risorse in continuazione, seriali e risorse integrative e affrontando i problemi relativi a: trattamento catalografico da riservare alle risorse elettroniche che subiscano variazioni, riformattazioni, ecc., presentando unicamente l'ultimo titolo, l'ultima formulazione di responsabilità, l'ultima formulazione di edizione, ecc.; definizione di quale debba essere la base per la descrizione dei periodici elettronici che conservino la scansione in fascicoli distinti propria dei seriali a stampa; opportunità o meno di creare, per i periodici elettronici, un titolo stabile (utile per la creazione di collegamenti e per l'identificazione) da affiancare al titolo corrente spesso mutevole, in modo da consentire alla descrizione di riflettere l'ultimo titolo lasciando al tempo stesso impregiudicata la possibilità di creare collegamenti affidabili tra record bibliografici. Infine, il problema più generale della possibile riconsiderazione della natura del catalogo alla luce della sua integrazione con altri strumenti di ricerca, appena accennato da Byrum e da Delsey, è stato ampiamente trattato da Riccardo Ridi nel suo intervento centrato da un lato sulla definizione di che cosa si debba intendere per documento in generale e per risorse elettroniche locali (REL) e remote (RER) in particolare, dall'altro, appunto, su una proposta di "organizzazione degli accessi alle RER attraverso lo spazio elettronico della biblioteca". Tradizionalmente, le possibilità che si offrono al bibliotecario che voglia mettere a disposizione dei propri utenti le RER selezionate in base alla mission della biblioteca sono due: "allargare l'OPAC tradizionale, includendovi anche link a RER selezionate"; includere nell'OPAC i soli documenti posseduti in locale, riservando alle RER un trattamento che può comprendere l'inserimento nell'OPAC dopo la loro trasformazione in REL, oppure l'inserimento in liste o archivi separati, oppure la semplice segnalazione agli utenti di "liste di strumenti generali per la ricerca in Internet". Su tale quadro si innesta la proposta di Ridi, che prevede la possibilità di scelta da parte degli utenti tra la consultazione di un OPAC tradizionale, comprensivo unicamente di documenti analogici e REL, di un virtual reference desk, comprensivo delle sole RER selezionate dalla biblioteca, o di un OPAC arricchito, sommatoria di OPAC tradizionale e VRD. In sostanza, il bibliotecario appronterebbe un'unica base di dati contenente tutti i generi di materiale, analogico o digitale, posseduti o comunque selezionati dalla biblioteca (e quindi a rigore non più definibile come catalogo), lasciando all'utente la scelta tra la consultazione di un catalogo vero e proprio o, piuttosto, di un ibrido tra catalogo e bibliografia. |
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