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ISSN: 2283-303X

I siti web delle biblioteche venete

Analisi, censimento e valutazione


versione ridotta della tesi di laurea in biblioteconomia, Corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli studi di Venezia Ca' Foscari, relatore prof. Riccardo Ridi, correlatore dott. Giorgio Busetto, anno accademico 1999/2000, discussa il 22 febbraio 2001.
di Sara Franzoso (in linea da aprile 2001) 

ANALISI E VALUTAZIONE

II. ANALISI DELLA BIBLIOGRAFIA CARTACEA ED ELETTRONICA [*] SULLA VALUTAZIONE E CREAZIONE DEI SITI WEB

§1. Fonti cartacee ed elettroniche

Le fonti analizzate sono per la maggior parte in lingua inglese, dato che in Italia la letteratura al riguardo piuttosto scarsa. Si tratta di articoli tratti da riviste specializzate sul mondo delle biblioteche e del Web, tra cui:

    • Biblioteche oggi
      Bollettino AIB
      College & Research Libraries e College & Research Libraries News
      Computers in Libraries
      Internet World
      Journal of Librarianship and Information Science
      Managing Information
      The Electronic Library
      Information Technology and Libraries
      Online
  • e di articoli reperiti in linea, i cui URL elencati in bibliografia, sono stati verificati un'ultima volta il 14 gennaio 2001.
    Tra le monografie ci sono testi in lingua italiana e inglese riferiti al Web e alla valutazione della sua qualità, che prendono in considerazione il Web in generale, senza particolare attenzione alle biblioteche, ma che si sono dimostrati interessanti perché mettono a fuoco i problemi connessi all'uso della grafica, un aspetto che influenza in maniera determinante l'usabilità di un sito web, ma che è spesso trascurato dai bibliotecari, che non essendo dei grafici, difficilmente ne riconoscono l'importanza [1]. L'analisi di queste fonti è servita a conoscere quali siano le più recenti linee guida per la costruzione del sito web di una Biblioteca e, grazie ai vari test e griglie di valutazione per le risorse elettroniche descritti, ha permesso di stabilire quali fossero gli elementi da inserire nel sito Web di una Biblioteca e, perciò, quali quelli da esaminare nel corso del censimento dei siti web delle biblioteche venete. A tale proposito si sono rivelate particolarmente interessanti le relazioni di bibliotecari americani che si sono occupati della creazione del sito web della propria biblioteca e che, dalla loro esperienza personale, hanno tratto resoconti per riviste o pratici manuali d'uso da mettere a disposizione dei loro colleghi più inesperti [2]. Questi resoconti spiegano come organizzare il lavoro, preparando una "tabella di marcia" centrata sugli scopi che si vogliono ottenere con il sito e sui mezzi a disposizione per raggiungerli: descrivono le fasi di lavoro una per una dimostrandosi molto pratici e indispensabili per centrare l'obiettivo. Interessante è sembrata la proposta di far valutare l'usabilità del sito non da esperti di grafica e web, che partono da un punto di vista troppo tecnico, ma da chi effettivamente lo deve usare: utenti e staff, coloro che più di chiunque altro sono in grado di dire obiettivamente se il sito funziona oppure no. In questo modo la Biblioteca si mette davvero dalla parte dell'utente, perchè segue i suoi suggerimenti per migliorare il sito.[3]

    Osservazione sulle fonti

    Quando ho cominciato il lavoro per l'elaborazione della tesi, l'idea di sito web che avevo in testa conteneva come risorsa fondamentale il catalogo in linea: mai l'avrei immaginato senza. Esaminando gli articoli in lingua inglese mi sono stupita di trovare pochissimi riferimenti all'inserimento dell'OPAC nel sito[4], che non era dunque considerato una risorsa fondamentale per il Web bibliotecario, a meno che non fosse data per scontata la sua presenza. Questo dipende certo dal concetto inglese e americano di biblioteca: non è solo, come in Italia, il luogo dove "prendere in prestito un libro», ma un "punto di riferimento per l'informazione" inteso in senso molto più ampio: nei paesi di lingua inglese, dove si è sviluppato il reference service, si va in biblioteca per farsi assistere dagli "esperti dell'informazione" non solo nel reperimento di dati bibliografici, come in Italia, ma per recuperare dati su mille altre cose, anche per le necessità più banali. In Italia non c'è mai stata questa abitudine, fino almeno agli anni '90, e la biblioteca è sempre stata il luogo per il reperimento di dati bibliografici o di libri [5]. Perciò molte biblioteche in Italia non creano una pagina web con risorse d'informazione varie, ma creano direttamente l'accesso all'OPAC, mentre altre si consorziano per rendere disponibile in Rete il catalogo comune. Il sito dell'AIB elenca gli OPAC delle Biblioteche italiane, mentre Alice.it e il Politecnico di Torino raccolgono i loro siti web. Soprattutto nel caso di Biblioteche pubbliche[6], se esiste l'home page, sembra appunto che ci sia quasi solo per fare da interfaccia all'accesso all'OPAC. Il catalogo in linea rappresenta l'anima della biblioteca. Certo è vero che molte delle risorse messe in linea rischiano di diventare dei doppioni se vengono offerte da tutte le biblioteche: forse il catalogo è proprio l'unica risorsa veramente originale che ciascuna biblioteca ha, perchè ogni catalogo di ogni biblioteca è unico, anche se questa originalità non può valere davvero nel caso degli OPAC collettivi. Bisogna anche ricordare, però, che è proprio il catalogo il motivo per cui molte biblioteche tardano a mettersi in linea, perchè convertirlo in formato elettronico è un'operazione ancora lunga, costosa e complessa, perció ci sono ancora biblioteche che non l'hanno fatto. Le stesse pensano quindi che non valga la pena mettersi in linea se non si ha l'OPAC. Per aggirare queste difficoltà ed evitare un'eccessiva polverizzazione degli OPAC, per la quale un utente in cerca di un libro dovrebbe fare decine di ricerche su decine di singoli, piccoli OPAC di piccole Biblioteche di paese, si organizzano, appunto, gli OPAC collettivi[7], dove, attraverso una sola maschera di ricerca, è possibile fare una ricerca cumulativa, o ci si può appoggiare ai Poli SBN, limitando così anche le spese della biblioteca.

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    NOTE

    [*] Si definisce qui la bibliografia come "repertorio di fonti cartacee ed elettroniche" perché non si è potuta trovare, nell'ambito delle fonti analizzate e, più in generale, della "bibliografia» corrente, una definizione univoca per i repertori di fonti elettroniche. Alcuni autori, come BORETTI [1998], usano il termine "webografia", mantenendolo giustamente fra virgolette, perchè ancora si tratta di una scelta non universalmente accettata. Nello stesso articolo Boretti cita anche il termine "webliografia" e rileva che "bibliografia" "è usato soprattutto quando si comprendano fonti cartacee", oltre a fonti elettroniche. Nel solco della tradizione e considerando il parallelo con il termine "bibliografia", altri propongono nomenclature ricavate dal greco, come MAYES [1997], che suggerisce istography, ovvero "istografia", da istos, che in greco significa "tela, ragnatela", perciò corrisponde all'inglese web. MAYES [1997] accenna anche ad un altro termine con significato affine, diktuon, che significa "rete (da pesca)" ed è più vicino a "Rete", usato in italiano per indicare il Web. Considerando anche l'esistenza, nella lingua italiana, del termine medico "istologia" (termine biologico che indica lo studio dei tessuti organici), per evitare di creare confusioni, si potrebbe propendere per "dictografia" o "dittografia". La proposta di derivare il neologismo da radice greca appare coerente, mentre la possibilit di far entrare nell'uso il termine "webografia" (e non, come tra i suggerimenti riportati da MAYES [1997], "Webliography" o "Netography", oppure l'orrendo "Webibliography", che non solo non suonano bene, ma sono delle inutili forzature) sembra la più semplice, intuitiva e forse anche quella che potrà avere più seguito, perchè facile da ricordare per associazione e dal significato abbastanza intuitivo e perchè adottata già da alcuni autori, come, ad esempio, BORETTI [1998], di cui si è parlato più sopra. In tal caso, però, paradossalmente, si dovrebbe coniare un termine specifico per definire ogni tipo di repertorio incluso nella "bibliografia", un termine per definire il repertorio di CD-ROM, uno per definire il repertorio di floppy (floppigrafia?), uno per definire il repertorio di articoli di periodico (articolografia?): in tal caso si finirebbe per sfociare davvero nel ridicolo. D'ora in avanti, perciò, si userà qui il termine "bibliografia" considerandolo onnicomprensivo.

    [1] KING [1998] "Although these books and articles do not focus specifically on library Web pages, they are still useful for understanding design basics", p. 459.

    [2] Per esempio GARLOK - PIONTEK [1996].

    [3] A questo proposito si possono vedere i test proposti da METZ - JUNION-METZ [1996], p. 161 e segg.; da GARLOCK - PIONTEK [1996], p. 65 e segg.; RUSSO - SISSA [2000], p. 181 e segg.; VISCIOLA [2000], p. 143 e segg..

    [4] CLYDE [1996] dice che tra le home page da lei analizzate, poche offrivano servizi aggiuntivi come l'OPAC, mentre tutte davano orari e link a risorse Internet selezionate.

    [5] Sul reference service si veda AGHEMO [1997].

    [6] Le Biblioteche accademiche offrono più spesso servizi diversi dal solo OPAC perché si rivolgono ad un pubblico più specializzato.

    [7] Come il Meta OPAC Azalai delle Biblioteche venete, <http://www.aib.it/aib/opac/mai.htm>.


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