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ISSN: 2283-303X

Politiche per lo sviluppo delle collezioni delle biblioteche parlamentari: il caso italiano tra storia e futuro

in Bibliografie, biblioteche e gestione dell'informazione: un omaggio a Francesco Dell'Orso


di Fernando Venturini 1 (in linea da: 28 ottobre 2016)
Intervento tenuto in occasione del convegno "Le biblioteche delle assemblee legislative di fronte alle nuove esigenze informative dei rappresentanti eletti dai cittadini", Trieste, 14 ottobre 2016.

Indice


1. Lo sviluppo delle collezioni nel Polo bibliotecario parlamentare

Per ragioni intuibili, all'avvio del Polo bibliotecario parlamentare2, nel 2007, ci si è subito occupati di sviluppo delle collezioni. Il protocollo d'intesa tra le amministrazioni della Camera e del Senato stabiliva tempi e priorità di un coordinamento tra le due biblioteche parlamentari finalizzato, in primo luogo, a contenere i costi di gestione. È così accaduto che i responsabili dei centri di spesa si siano messi intorno ad un tavolo e, fin dalle prime settimane, abbiano cercato di proporre decisioni basate sull'ipotesi di un unico patrimonio e di un unico budget. Ipotesi astratta, lontana dalla realtà amministrativa, poiché le due biblioteche erano e sono tuttora ben distinte, ma utile dal punto di vista biblioteconomico in un contesto di risorse decrescenti. E' chiaro che le decisioni biblioteconomiche dovranno ad un certo punto fondarsi su di un quadro amministrativo coerente. Limitiamoci a dire che, a legislazione vigente, sono stati ottenuti dei risultati significativi, riassumibili in due punti: si sono ridotte al minimo le duplicazioni, prima intervenendo sui seriali (giornali e riviste), poi sulle monografie e si sono unificati e ricontrattati gli abbonamenti alle banche dati. Per i seriali le due biblioteche si sono divise i compiti: la biblioteca del Senato si occupa dei quotidiani e delle relative collezioni digitali, la biblioteca della Camera delle riviste. Per le monografie è stato predisposto un documento che utilizza la metodologia Conspectus per ripartire gli acquisti nelle varie discipline di interesse delle due biblioteche, riducendo al minimo le aree di sovrapposizione. Per quanto riguarda le banche dati sono stati rinegoziati tutti gli abbonamenti cercando di ottenere, in tutti i casi nei quali ciò era possibile, un unico strumento contrattuale a costi ridotti.

I risparmi finanziari, di risorse gestionali e di spazi di stoccaggio, ci hanno permesso di ridurre i budget delle due biblioteche senza perdere nulla in termini di servizio. Successivamente, la Biblioteca del Senato ha subito gravi ed ulteriori tagli alle proprie risorse economiche per ragioni di carattere generale ma ha potuto in parte attutirne gli effetti, proprio perché ormai collocata nel contesto del Polo bibliotecario parlamentare e cioè in un'area di servizi condivisi.

2. I due paradigmi della biblioteca parlamentare

L'avvicinamento tra le due biblioteche e l'analisi dei due patrimoni, per i fini pratici che si sono detti, ha comportato per tutti noi anche una riflessione sulla storia delle due biblioteche e sulla loro missione. Lo sviluppo delle collezioni è un processo dinamico che affonda le sue radici nei caratteri originari di ogni biblioteca. Deve quindi rispondere ad un paradigma, ad un modello interpretativo della biblioteca stessa e della sua missione sul quale sia possibile fondare l'individuazione di criteri credibili e motivati di selezione e di distribuzione delle risorse.

Quelle che seguono sono considerazioni del tutto personali, necessariamente molto sintetiche, che cercano di reinterpretare le politiche di sviluppo del patrimonio alla luce della seguente tesi: la storia delle biblioteche parlamentari - certamente delle biblioteche parlamentari italiane - ruota intorno a due paradigmi che si intrecciano e si sovrappongono ma che spingono lo sviluppo delle collezioni in direzioni diverse, per certi versi opposte.

I due paradigmi possono essere così riassunti: 1) La biblioteca parlamentare come biblioteca del legislatore, 2) La biblioteca parlamentare come biblioteca della rappresentanza (e dei rappresentanti).

Cercherò di spiegarmi subito. Non si tratta di concetti particolarmente nuovi. Ho messo in fila una serie di elementi legati alla storia delle due biblioteche parlamentari italiane. Ma ho fatto anche tesoro delle più note esperienze internazionali e delle riflessioni che sono nate, negli ultimi 10 anni, dalla constatazione che l'ambiente nel quale operano le biblioteche parlamentari è profondamente cambiato, così come sono cambiate le esigenze e il modo di lavorare dei parlamentari, per motivi tecnologici e per motivi generazionali. Internet, i social network, un profondo rinnovamento della classe politica: questi, in sintesi, i fattori trainanti. Sullo sfondo, la crisi della rappresentanza e dell'istituzione parlamentare. Un momento importante di confronto e di analisi è stata la conferenza organizzata dall'IFLA insieme all'Unione Interparlamentare e all'Associazione dei Segretari Generali dei Parlamenti sul tema Informing democracy: building capacity to meet parliamentarians' information and knowledge needs (Ginevra, 16 ottobre 2008)3 e il seminario organizzato dal Parlamento europeo sul tema Meeting parliamentarians' needs. Shared experiences of parliamentary libraries (Bruxelles, 27-28 novembre 2008). Non è certamente un caso che, successivamente a questi due eventi, siano stati pubblicati alcuni contributi che hanno cercato di ridisegnare le prospettive delle biblioteche parlamentari. Segnalo, in particolare, le due relazioni di Anna Galluzzi e di Iain Watt presentate nel corso del Convegno IFLA del 2009 a Milano e la nuova edizione delle Guidelines for legislative libraries dell'IFLA4.

3. La biblioteca del legislatore

Questo è il modello di biblioteca che crea e sviluppa una collezione al servizio dell'attività legislativa. E' la biblioteca "privata" dell'assemblea rappresentativa e dei suoi organi, una biblioteca che possiamo definire "di reference" a vocazione multidisciplinare. Nel caso della Biblioteca della Camera, già nelle prime settimane di attività, a Palazzo Carignano, nella Torino del 1848, si manifestò l'intento di creare un nucleo di libri necessari ed utili: "opere specialmente recenti fra le più accreditate in materia di jus pubblico, di legislazione e di economia politica, come delle collezioni dei dibattimenti delle Assemblee costituenti e legislative dei principali Stati costituzionali" 5. Questo modello ruota intorno all'idea che la biblioteca parlamentare sia una delle fonti di documentazione e direi di "ispirazione" di un'assemblea che deve imparare il proprio mestiere. Un piccolo Stato come il Piemonte sabaudo che viveva il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale, aveva la necessità di condividere le esperienze legislative dei paesi più evoluti e la koiné della rappresentanza politica, anche per rafforzare la propria legittimazione. La biblioteca era una delle finestre per coltivare tale koiné. Così come era uno degli strumenti per informarsi sulle tante materie di interesse legislativo.

Quando, negli anni Settanta del diciannovesimo secolo, su iniziativa del deputato Filippo Mariotti (1833-1911), la Biblioteca della Camera inizia la costruzione di un grande schedario di spoglio delle riviste italiane e straniere - opera del tutto originale nel panorama bibliotecario europeo dell'epoca, proseguita fino alla vigilia della seconda guerra mondiale - l'obiettivo è ancora quello: sprovincializzare la vita politica, fornire ai deputati uno strumento di aggiornamento e di conoscenza della migliore pubblicistica italiana e internazionale, introdurre nel palazzo di Montecitorio il dibattito che si svolge nelle istituzioni culturali e nelle riviste specializzate. Si noti peraltro che questo grande schedario, anche per il carattere pratico del sistema di classificazione, era inteso principalmente come uno strumento di lavoro dei bibliotecari per poter rispondere con rapidità alle richieste di informazione bibliografica nelle più diverse materie6.

Questo è l'imprinting da cui sono nati interi filoni delle collezioni delle biblioteche parlamentari. Non solo le collezioni legislative e gli atti parlamentari di tutti i grandi paesi ma anche le vaste collezioni di reference (bibliografie, annuari, directories, fonti statistiche), le pubblicazioni periodiche e le collezioni di pubblicazioni governative. In effetti, uno dei pilastri dello sviluppo delle collezioni di una biblioteca parlamentare nell'Ottocento - il secolo del parlamentarismo - era l'editoria ufficiale attraverso la quale si aveva anche la più documentata testimonianza dell'azione dello Stato, dell'economia e della società civile. Attraverso le pubblicazioni dei parlamenti stessi e dei governi - spesso utilizzando accordi di scambio - e attraverso la stampa quotidiana, le élites della rappresentanza potevano conoscersi, conoscere il paese, conoscere le esperienze legislative e le prassi politiche e amministrative del liberalismo7.

Quali erano, a ben vedere, i fattori trainanti di questo paradigma? Si possono riassumere in tre parole chiave: rapidità, attualità, apertura. Rapidità nell'accesso alle notizie e ai documenti costituendo una vera reference library; attualità, cioè aggiornamento costante rispetto alle novità amministrative, legislative ed istituzionali nazionali ed internazionali; apertura del lavoro parlamentare alle competenze scientifiche e alla cultura nazionale.

Fattori antichi, che operano nel tempo attraverso modalità ed assetti organizzativi dipendenti dal contesto istituzionale e dal contesto tecnologico nel quale si trovano le assemblee parlamentari.

Facciamo un salto nel tempo e arriviamo al secondo dopoguerra, diciamo intorno alla fine degli anni Settanta del Novecento. Le biblioteche parlamentari non sono più al centro della documentazione parlamentare ma i loro depositi, normalmente quelli più lontani dalle sedi centrali, conservano chilometri e chilometri delle collezioni a cui si è accennato. La rapidità, l'aggiornamento e l'apertura sono ancora finalità importanti, ma sono raggiunte attraverso le strutture di partito, attraverso procedure parlamentari di conoscenza e di "ascolto" della società civile e dei gruppi di interesse, attraverso agenzie indipendenti dalle maggioranze di governo e, all'interno della amministrazioni parlamentari, attraverso i Servizi studi. Le biblioteche, ormai affiancate da servizi di ricerca e documentazione che fanno da filtro documentale e creano contenuti, si allontanano dal cuore del lavoro parlamentare ma sono ancora importanti perché detengono materiali costosi e di difficile gestione. Nasce una dialettica - talvolta difficile - con i Servizi studi che chiedono il supporto delle biblioteche e ne sollecitano un orientamento funzionale all'attività di ricerca e documentazione.

Arriviamo ai giorni nostri. La crisi dell'istituto parlamentare è ormai acclarata. E il panorama tecnologico è irriconoscibile. Per una parte considerevole dei filoni considerati, è facile constatare che si tratta di raccolte completamente uscite dall'area della collection e divenute parte ormai dell'accesso, accesso prevalentemente gratuito e quindi in una sorta di pubblico dominio a cui la Biblioteca parlamentare attinge, come altre, senza più avere un ruolo particolare. Pensiamo a due esempi molto chiari: le collezioni dell'Unione Europea completamente disponibili online e la decisione del Senato di non pubblicare più in forma cartacea gli atti parlamentari dalla XVII legislatura, cioè dal 2013. Uno degli antichi pilastri del patrimonio delle biblioteche parlamentari è ormai "smaterializzato", come si dice, perché il luogo privilegiato di quella che oggi si chiama public sector information è il web e tutti possono attingervi. Nessuno si occupa più del rapporto tra biblioteche parlamentari e servizi studi. Nelle realtà più evolute, si può assistere a parlamenti che rinunciano alla formazione di una biblioteca (è il caso del Parlamento scozzese) e alla crisi del modello centralizzato di servizio studi che si trasforma in un think tank come nel caso dei Policy departments del Parlamento europeo, con largo uso di competenze professionali esterne.

4. La biblioteca della rappresentanza (e dei rappresentanti)

Il secondo paradigma è meno facilmente descrivibile. In primo luogo, la biblioteca parlamentare è, fin dall'inizio, anche la biblioteca privata dei rappresentanti cioè orientata agli interessi di lettura e di studio dei singoli parlamentari ed alle esigenze che derivano dai loro impegni sociali e politici8. Da questo punto di vista è anche una biblioteca di cultura generale che, nell'Ottocento, rispecchia i valori e l'orizzonte intellettuale di un'élite sociale. Ma la biblioteca parlamentare è anche biblioteca della rappresentanza nel senso che le sue collezioni gradualmente si modellano sulle condizioni sociali, morali ed intellettuali della società così come sono interpretate da quella particolare élite e dal corpo elettorale che la esprime. La biblioteca tende a "rappresentare" ciò che i parlamentari "rappresentano". E tende a rappresentare i valori che storicamente la nazione assegna all'istituzione parlamentare. Si tratta di un rapporto mediato ma dotato di una grande forza espansiva che fa leva anche sull'idea di biblioteca come istituzione educativa ed aperta. Guardiamo ancora al caso italiano: la Camera dei deputati, quando nacque, non era solo il luogo della legislazione ma, soprattutto direi, in un rapporto dialettico e spesso conflittuale con la Corona, il principale presidio del patto costituzionale (lo Statuto albertino), e della prospettiva nazionale ed unitaria a cui aspirava la monarchia sabauda e a cui partecipavano tanti deputati esuli dagli altri stati preunitari. Anche di questo paradigma possiamo trovare tracce nei resoconti parlamentari del 1848. Nei primi mesi successivi alla concessione dello Statuto vi fu chi giunse a raccomandare che la nuova biblioteca non fosse "un sacrario da cui siano allontanati i profani" ma che potesse essere aperta alla "gioventù studiosa" cioè a coloro che avrebbero dovuto difendere lo spirito dei nuovi ordinamenti politici negli anni a venire 9. Era un'idea pedagogica della biblioteca parlamentare, chiamata ad infondere nei cittadini "i nuovi principii di libertà, avvicinarli alla nuova forma di governo e farne dei convinti fautori delle nuove ideologie politiche in opposizione ai vagheggiatori di possibili restaurazioni di ogni tipo di assolutismo regio"10. La biblioteca era così uno strumento di quelle funzioni legate al rapporto con l'opinione pubblica - intesa nell'accezione elitaria dell'Ottocento - di cui parla Bagehot nel suo volume sulla costituzione inglese del 1867: la funzione educativa, la funzione espressiva e la funzione informativa del Parlamento11.

Si noti che questo paradigma della rappresentanza è inizialmente solo embrionale ma prende corpo - si "rivela" direi - mano mano che le collezioni si sedimentano e assumono connotati riconoscibili. I parlamentari e gli stessi bibliotecari hanno un ruolo nella sua costruzione. Pensiamo alle collezioni di miscellanee dell'Ottocento delle biblioteche della Camera e del Senato. In esse, suddivise per materia, confluiscono opuscoli, memorie, dissertazioni, denunce e proposte, provenienti da tutte le regioni d'Italia ed inviati alle Camere, o direttamente alle biblioteche, come contributi alla conoscenza della realtà del paese e all'iniziativa legislativa.

Tale paradigma è talmente forte da agire anche quando l'istituzione parlamentare non ha caratteri rappresentativi in senso stretto. E' interessante studiare, da questo punto di vista, la nascita di una delle collezioni più note della Biblioteca del Senato italiano. Istituzione non elettiva e meno importante della Camera nel rapporto con il Governo, tuttavia il Senato ben presto si sforzò di coltivare una rappresentatività sui generis legata allo spirito monarchico e unitario - e quindi al culto del Risrgimento - alle categorie sociali e professionali e alla realtà storica dei comuni. Se la Camera era portata a combattere per sua natura il municipalismo, il Senato, attraverso la sua biblioteca, sembrò coltivarne la memoria. L'acquisto del primo nucleo degli statuti comunali, nel 1870, quando la capitale era ancora a Firenze, è forse dettato da motivazioni pratiche ma non casualmente, intorno ad esso, si creano le basi del Fondo antico di storia locale, della Raccolta degli Statuti comunali e delle Leggi degli antichi Stati italiani12. Nello stesso tempo, si sviluppa un'importante emeroteca legata, in primo luogo alle testate locali e al giornalismo risorgimentale.

I fattori trainanti di questo modello che si trasforma e si potenzia nel tempo in relazione alla complessità del rapporto di rappresentanza 13, li possiamo sintetizzare nelle parole: continuità, memoria, e ancora apertura, intesa come proiezione verso l'esterno.

Sono fattori alla base di decisioni che, nel caso italiano ed in altre esperienze, consolidano nel tempo le collezioni della biblioteca parlamentare come struttura dotata di una propria identità, in qualche modo separata dall'organo rappresentativo del quale continua a dirsi "servente" e di cui funge anche da "specchio documentale". Per fare qualche esempio: gli acquisti in antiquariato (molto rilevanti in alcune epoche della Biblioteca della Camera e del Senato), l'accettazione di fondi appartenuti a parlamentari e uomini politici, l'integrazione con gli archivi storici, la cura di archivi fotografici, la partecipazione alle forme di deposito obbligatorio nazionale, la responsabilità, a vario livello, per la digitalizzazione delle collezioni degli atti parlamentari, la partecipazione ai portali di storia parlamentare, la costruzione di bibliografie e librerie digitali sul Parlamento, ecc.

Questi fattori contribuiscono, alla lunga, insieme a ragioni più contingenti, a sollevare la questione dell'apertura delle biblioteche parlamentari al pubblico, spesso utilizzando sedi nuove, più o meno vicine alle aule parlamentari. Si tratta di un pubblico genericamente identificato con la cittadinanza anche se, in concreto, è spesso rappresentato da studenti e da una platea interessata alle materie di riferimento della collezione, in particolare al diritto e alla storia delle istituzioni14.

5. La crisi dei due paradigmi

La realtà delle biblioteche parlamentari è spesso un ibrido tra le due prospettive che ho proposto sommariamente. Per molto tempo, in molte situazioni, i due paradigmi hanno convissuto e tuttora convivono anche perché in alcuni casi alimentano gli stessi filoni. Molte biblioteche parlamentari - certamente le due biblioteche italiane - hanno, in modo diverso, attinto alle due fonti di legittimazione. Oggi a mio parere questo doppio binario è percorribile con sempre maggiore difficoltà. I motivi sono riconducibili a tre fattori concomitanti che rendono difficilissima la sopravvivenza di strutture prive di un'identità precisa. I tre fattori sono la crisi dell'istituzione parlamentare, la rivoluzione tecnologica delle reti, la revisione della spesa pubblica che investe anche le assemblee parlamentari. Se ne potrebbe aggiungere un quarto e cioè la crisi dei modelli di biblioteca nella società dell'informazione. Rinvio per un'analisi puntuale di questi aspetti al contributo di Anna Galluzzi del 2009 già citato, che giunge, mi sembra, alla stessa conclusione.

Qui mi soffermo, per ciò che riguarda lo sviluppo delle collezioni, sul fenomeno più appariscente, cioè sulla impetuosa trasformazione digitale dei contenuti e sulla loro disponibilità in rete. Si è già detto della public sector information di cui è parte significativa la documentazione parlamentare ormai completamente digitalizzata. A questa si può aggiungere l'informazione giuridica - nazionale, straniera, sovranazionale e internazionale - ormai strutturalmente basata su grandi archivi e grandi concentrazioni di documentazione digitale che coprono la normativa e la giurisprudenza e investono anche la dottrina, largamente presente in rete in forma gratuita. Se a ciò aggiungiamo gli archivi statistici online, gli archivi elettorali, le banche dati di informazione giornalistica, ci rendiamo conto dell'impatto sulle tradizionali linee di sviluppo delle collezioni e sui servizi delle biblioteche parlamentari. D'altra parte, la diffusione in rete dei dati pubblici è entrata, da alcuni anni, in una fase nuova, legata al più vasto movimento dell'Open Government e alla disponibilità dei dati aperti in funzione della piena trasparenza e riutilizzabilità delle informazioni: anche questa prospettiva coinvolge le amministrazioni parlamentari che costruiscono, accanto ai siti web - ricchissimi e sempre più articolati - portali di dati aperti e sperimentano piattaforme di contatto, di partecipazione e di interazione con la cittadinanza15.

Questi fenomeni non sono neutrali rispetto ai due paradigmi che si sono descritti. La convergenza al digitale di tutti i contenuti informativi e la distribuzione capillare tramite la rete ha creato un nuovo contesto dominato dai portali, dai siti web, dalle applicazioni per dispositivi mobili. In questo nuovo ambiente le biblioteche parlamentari non hanno più rendite di posizione. Non sono più, attraverso la carta stampata, un luogo di mediazione e di apertura bidirezionale tra il mondo del Parlamento e l'esterno. Hanno perso inoltre il valore simbolico che avevano di fronte ad un'opinione pubblica colta ed omogenea rispetto alla classe politica parlamentare.

Le biblioteche parlamentari non possono più restare ferme. Ma qualunque movimento si accompagna a rischi gravi.

In generale, si può dire che la digitalizzazione dei contenuti spinge la biblioteca parlamentare verso una forte integrazione con i servizi di ricerca e documentazione e questo appare abbastanza logico poiché si indeboliscono le distinzioni di ruolo tra chi documenta e chi elabora. Ma ciò si scontra con i patrimoni storici che molte biblioteche devono conservare e gestire e con l'eventuale apertura all'utenza esterna. Il rischio è la mutilazione di parte delle strutture e la sottrazione di risorse umane.

Sull'altro versante, la digitalizzazione spalanca i contenuti della biblioteca all'esterno, crea legami con i contenuti della rete e delle altre biblioteche, incentiva l'uso della biblioteca da parte di utenze remote e lontane dal contesto. Le risorse specifiche della biblioteca parlamentare, acquistano, tramite la digitalizzazione, una grande visibilità. Ma si tratta appunto di capire quali sono queste risorse tipiche e distintive. Se la biblioteca si specializza per materia, ad esempio nel campo giuridico, deve integrarsi con le comunità accademiche e professionali del diritto, omologandosi alle strutture universitarie, allontanandosi dal Parlamento ed abbandonando filoni importanti delle proprie collezioni.

L'alternativa è che la biblioteca interpreti in modo nuovo l'antico ruolo di biblioteca della rappresentanza divenendo parte delle nuove forme di dialogo tra Parlamento e società. Questo può significare, da un lato, coltivare la dimensione storica dell'istituzione, attrezzarsi per valorizzarne e conservarne la memoria digitale, creare strumenti di conoscenza e di divulgazione della storia e della vita costituzionale in una dimensione rivolta al cittadino comune, al mondo della scuola e alle comunità scientifiche che si occupano degli studi sulla rappresentanza, sulla democrazia, sulla storia dello Stato. Dall'altro, offrire ai singoli parlamentari e al mondo della politica, luoghi - reali e virtuali - di dibattito della cultura istituzionale e occasioni di aggiornamento e di approfondimento sulle tematiche più importanti dell'attualità legislativa e della cultura giuridica, politica ed economica, nazionale ed internazionale, conservando il profilo multidisciplinare delle proprie collezioni. Su questa possibile strada, la biblioteca parlamentare dovrebbe sfruttare le piattaforme della comunicazione in rete e inserirsi a pieno titolo nei processi di innovazione tecnologica che investono i Parlamenti, coordinandosi con le attività di comunicazione istituzionale. Deve inoltre prepararsi a subire inevitabili riconversioni e fusioni con altri servizi (ad esempio, in contesti bicamerali, con le strutture bibliotecarie dell'altro ramo del Parlamento) o a separarsi dal punto di vista gestionale dall'amministrazione parlamentare. Il rischio è che le strategie di comunicazione dell'istituzione parlamentare siano incerte o troppo legate alle esigenze contingenti della politica per comprendervi la biblioteca che sarà quindi ristrutturata, non per rilanciarla, ma perché troppo costosa e priva di appeal.

Come si può capire, qualunque sia la direzione, è indispensabile che la (auspicabile) progettualità e capacità di innovazione dei bibliotecari si incontri con un forte e convinto indirizzo politico-amministrativo che non può consistere solo nella riduzione della spesa. Fusioni, coordinamenti, esternalizzazioni, possono ridurre i costi di gestione ma, a parte la necessità di investire nelle tecnologie e nella formazione del personale, le Biblioteche parlamentari hanno bisogno di ridefinire la loro missione e di incardinarsi nelle nuove forme del rapporto tra l'istituzione parlamentare e l'opinione pubblica, cosa non semplice, vista la crisi dello stesso ruolo unificante e simbolico del Parlamento. Diversamente, rischiano di essere trascinate da una corrente di deriva fino all'emarginazione e all'abbandono.

Note

1 Consigliere parlamentare, responsabile dell'Ufficio per lo sviluppo delle collezioni presso la Biblioteca della Camera dei deputati. Le idee ed opinioni espresse in questo intervento sono personali dell'autore e non riflettono le posizioni dell'ente di appartenenza.

2 Il Polo bibliotecario parlamentare è un progetto di integrazione funzionale tra le biblioteche della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nato nel 2007 con la firma di un Protocollo d'intesa tra gli allora presidenti Fausto Bertinotti e Franco Marini. Condizione per la nascita del Polo bibliotecario è stata l'apertura di un collegamento tra i due palazzi contigui della Minerva e del Seminario, a Roma, nei pressi del Pantheon, sedi rispettivamente della Biblioteca del Senato e della Biblioteca della Camera aperte al pubblico. Informazioni di base all'indirizzo http://www.parlamento.it/807. Si vedano anche: S. Bulgarelli - F. Venturini, Il Polo bibliotecario parlamentare, "Le carte e la storia", 2007, n. 1, p. 93-98 e A. Casu, Biblioteche parlamentari, "Rassegna parlamentare", 2008, n. 3, p. 821-826 poi in: Id., Il portale della conoscenza: biblioteca e democrazia, Roma, Aracne, 2010.

4 A. Galluzzi, Parliamentary libraries: an uncertain future? , "Library Trends", 58 (2010), n. 4, p. 549-560, https://www.ideals.illinois.edu/bitstream/handle/2142/16680/58.4.galluzzi.pdf?sequence=2 ; I. Watt, Members Use of Information and Changing Visions of the Parliamentary Library, "Library Trends", 58 (2010), n. 4, p. 434-458, https://www.ideals.illinois.edu/bitstream/handle/2142/16686/58.4.watt.pdf?sequence=2 ; K. Cuninghame, Guidelines for legislative libraries, 2nd. completely updated and enlarged edition, The Hague, De Gruyter, 2009. A testimoniare un vero e proprio passaggio d'epoca, è veramente impressionante quanto sia diversa questa edizione della guida IFLA dalla precedente, a cura di Dermot Englefield, pubblicata nel 1993 e a cui si può ricondurre, in qualche modo, anche il volumetto di M. Priano, Biblioteca parlamentare, Roma, AIB, 2000. Da segnalare anche: Id., Changing visions of parliamentary libraries: From the Enlightenment to Facebook, "IFLA Journal", March 2010, vol. 36, n. 1, p. 47-60; R. Missingham, Parliamentary library and research services in the 21st century: a Delphy study, "IFLA Journal" March 2011, vol. 37, n. 1, p. 52-61; J. Keukens, G.J. Lodder, Parliamentary information services in the Netherlands: what will the future be like in 2020 and how to meet the challenges on the route? (2015), http://www.ifla.org/files/assets/services-for-parliaments/preconference/2015/29_keukens-lodder_paper.pdf .

5 Proposta dei deputati Albini, G.B. Michelini e Cottin del 3 novembre 1848, Atti del Parlamento subalpino, Sess. del 1848, Documenti parlamentari, n. 173.

6 Scriveva Antonio Rovini nel 1904: "fino ad oggi furono spogliati trecentosettantasei periodici, i quali rappresentano in cifra tonda l'egregia cifra di undicimilacinquecento volumi e dettero ben centosettantamila schede, le quali sono tutte ripartite nei 1156 gruppi del Catalogo sistematico. Annualmente si spogliano in media 400 nuovi volumi, i quali danno poco meno di 5000 nuove schede", La biblioteca della Camera dei deputati, "Nuova antologia" vol. 98, 1904, (nov-dic.), p. 645.

7 Scriveva Giacomo Perticone nel 1936: "Le raccolte complete di atti e documenti parlamentari di tutte le lingue presentano con la loro enorme abbondanza di dati e di esperienze, il ritmo sincrono della vita pubblica dei paesi civili", La biblioteca della Camera, "Accademie e biblioteche d'Italia", 10 (1936), n. 3, p. 176.

8 "credo che una grande Assemblea legislativa [non] abbia mai da pentirsi d'aver impiegato una piccola parte delle sue dotazioni per raccogliere nella propria sede, ove i rappresentanti d'ogni regione del Paese debbono convenire e trattenersi lungi dai loro centri d'operosità e di studio, un conveniente corredo d'opere geniali e di varia coltura, mentre il ricercarle nelle Biblioteche pubbliche richiede spesso tempo e pazienza infinita", A. Rovini, La Biblioteca della Camera dei deputati, cit., p. 643.

9 Atti del Parlamento subalpino, Camera dei deputati, 3 novembre 1848, p. 689.

10 S. Furlani, La formazione e l'importanza sociale della Biblioteca della Camera dei deputati, In: Buch-Bibliothek-Leser : Festschrift für Horst Kunze zum 60. Geburtstag, Berlin, Akademie-Verlag, 1969, poi in: Id., Scritti storici, Roma, Camera dei deputati, 2007, vol. 2, p. 1373.

11 Cfr. W. Bagehot, The English constitution, London, Chapman and Hall, 1867 (trad. it. La costituzione inglese, Bologna, Il Mulino, 1995).

12 Cfr. M. T. Bonadonna Russo, Storia della biblioteca del Senato (1848-1950), Roma, Tip. Del Senato, 2005, p. 19-21. Forse l'acquisto fu mosso dall' opportunità di "disporre di precedenti legislativi preziosi per la conoscenza del diritto vigente nelle provincie da poco acquisite al nuovo Regno" ma il profilo dei parlamentari coinvolti suggerisce "un'intuizione di ben precisa natura storica", p. 19.

13 "il proprium della rappresentanza consiste in una relazione tra gli attori dello schema, il cui fisiologico svolgimento è posto in crisi dal mutare dell'uno o dell'altro ovvero dall'emergere di nuove realtà che incidono sul senso del rapporto e sullo svolgimento delle funzioni assegnate al rappresentante. In quest'ottica, la storia dell'istituzione parlamentare non è se non la storia delle sue crisi", R. Maresca, Parlamento e società reticolare, In: Il Parlamento della Repubblica: organi, procedure, apparati, Roma, Camera dei deputati. Ufficio pubblicazioni e relazioni con il pubblico, 2001, vol. 2, p. 569, http://documenti.camera.it/bpr/9612_testo.pdf.

14 Su questa linea si sono sviluppate alcune realtà storiche di biblioteca parlamentare e alcune delle esperienze più recenti che hanno solo l'apparenza di radicali novità: dalla biblioteca parlamentare come biblioteca nazionale (Stati Uniti, Giappone, Estonia), alla biblioteca specializzata in ambito giuridico, alla biblioteca parlamentare completamente aperta al pubblico che partecipa attivamente alle strategie di comunicazione e di dialogo con la cittadinanza avviate da molti parlamenti contemporanei (Svezia, Finlandia, Cile). Cfr. J. L. Riffo Muñoz, K. Orrego Olmedo, Las Bibliotecas Parlamentarias y su rol como puente entre el Parlamento y el ciudadano (2014) http://library.ifla.org/id/eprint/847.

15 Si vedano i due portali open data di Camera e Senato: http://dati.camera.it e http://dati.senato.it. Sugli strumenti di partecipazione della cittadinanza, si veda lo studio promosso dal Senato e dalla Fondazione <ahref, I Media Civici in ambito parlamentare: strumenti disponibili e possibili scenari d'uso (maggio 2013), http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/dossier/file_internets/000/000/065/I_media_civici_in_ambito_parlamentare_ed_provv_maggio_2013.pdf .

 

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