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ISSN: 2283-303X |
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L'apertura di AIB studi al mondo dell'accessoin Bibliografie, biblioteche e gestione dell'informazione: un omaggio a Francesco Dell'Orsodi Roberto Raieli (in linea da: 1 maggio 2017) Successivamente pubblicato, in versione estesa, anche in "AIB studi", LVII (2017), n. 3, p. 543-572, col titolo "Volere è potere: AIB studi e il percorso verso l'open access". Indice
L'articolo ripercorre brevemente la storia di AIB studi. Rivista di biblioteconomia e scienze dell'informazione, ricorda lo sviluppo dei suoi precedenti titoli e programmi editoriali, evidenziando come si sia sempre più definita, con il sostegno dell'Associazione italiana biblioteche, la 'vocazione' alla costituzione di una rivista scientifica oltre che di interesse professionale, di orientamento internazionale, pienamente disponibile ad accesso aperto. I passaggi critici dell'evoluzione dalla carta al digitale, all'indicizzazione e all'accesso aperto sono esposti facendo riferimento alla gestione della rivista e al lavoro di redazione, alle problematiche effettive e ai principi coinvolti, prospettando le evoluzioni ancora possibili in direzione dell'open science. Alcune digressioni su argomenti correlati, quali i sistemi di gestione delle riviste digitali, i database citazionali, il movimento per l'open access, completano la definizione del panorama in cui AIB studi si colloca e progredisce. Riconoscimenti
Si ringraziano Giovanni Di Domenico, Alberto Petrucciani, Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston, direttori del Bollettino AIB e di AIB studi, per avere letto le prime bozze dell'articolo e fornito utili note e preziosi consigli. Un articolo riepilogativo della storia recente della rivista dell'Associazione italiana biblioteche, teso a mostrare e commentare le ultime importanti scelte e sviluppi, può trarre vantaggio da una premessa che racconti a grandi linee la storia precedente, dalle origini al Bollettino AIB[1]. AIB studi , infatti, rivoluziona molti momenti della storia che lo precede, ma portando a maturazione e compimento una serie di istanze che erano già nel precedente Bollettino AIB, e seguendo una serie di principi e tendenze che si sono manifestati nel corso della sua lunga vita, a partire, almeno, dal Bollettino d'informazioni. Le innovazioni realizzate da AIB studi, discusse nelle sue pagine e dibattute dalla Redazione, proposte e concordate insieme al Comitato esecutivo nazionale (CEN) dell'AIB, tendono a collocare la rivista sempre meglio nello spazio che la circonda, nel 'giro' delle riviste scientifiche, al servizio della società dell'informazione e della conoscenza così come è oggi strutturata. Non bisogna dimenticare, inoltre, un debito di coerenza, dovuto allo specifico campo di cui AIB studi. Rivista di biblioteconomia e scienze dell'informazione si occupa. Tale debito è collegato alla realizzazione di ciò che anche i diversi autori che nel tempo hanno collaborano con la rivista hanno sempre sottolineato e promosso riguardo ai periodici scientifici: il rigore, l'affidabilità, la trasparenza, la forma digitale, l'indicizzazione, l'accesso aperto, le metriche, e tutto quanto riguarda una rivista adeguata alla contemporaneità e ai relativi principi e valori, al proprio campo disciplinare e alla specifica eccellenza… La prima rivista dell'AIB nasce nel 1955, avviata da Aristide Calderini [2], con il titolo Notizie A.I.B. Bollettino dell'Associazione italiana per le biblioteche [3] . Calderini, nel proprio ruolo di presidente dell'AIB (1954-1960), volle dotare l'associazione di alcuni mezzi di comunicazione e riflessione sulle attività delle biblioteche e dei bibliotecari, fondando e dirigendo, tra questi, il primo periodico dell'Associazione, pubblicato fino al 1959. Il periodico però, secondo il commento di Giorgio De Gregori riguardo le origini delle riviste dell'AIB, non riusciva a essere un esauriente bollettino informativo, e comunque non aveva alcuna ambizione di carattere scientifico-professionale[4]. Era necessario, evidentemente, pensare a una rivista più strutturata, con un diverso progetto editoriale. Dopo circa un anno di interruzione, nel 1961 la rivista viene 'rifondata' ricominciando la numerazione, e assume, con la direzione di Francesco Barberi[5], il titolo di Bollettino d'informazioni. Associazione italiana biblioteche, che mantiene fino al 1991[6]. La nuova rivista avviata da Barberi parte già con un progetto di maggiore consistenza, e sono riorganizzati e 'rafforzati' i diversi materiali di cui, pure, era composta la precedente rivista: per ogni numero, almeno un paio di articoli di carattere professionale (se non ancora scientifico), seguiti da rubriche sull'associazione, sul panorama internazionale, dalle recensioni della letteratura professionale eccetera. Il primo decennio è stato comunque difficile da affrontare, producendo fascicoli piuttosto scarni, per via dei ridotti finanziamenti e delle poche collaborazioni 'attratte' dal profilo del periodico, e la situazione non migliora molto nel secondo decennio. Sono solo i numeri monografici del terzo decennio a innalzare la media delle pagine pubblicate nelle diverse annate, premettendo a quella maggiore stabilità di pubblicazione assodata, poi, a partire dalla 'nuova serie' del 1992, con 4 fascicoli annuali[7] - che diventeranno 3 con la serie attuale, cioè AIB studi, a partire dal 2012. Queste vicende non hanno, in ogni caso, impedito che il Bollettino d'informazioni svolgesse la doppia funzione di organo di informazione sull'attività dell'associazione e di strumento di aggiornamento professionale - anche se spesso, per compensare la mancanza di articoli originali, si è fatto ricorso a traduzioni di scritti apparsi all'estero, e per 'completare' i fascicoli sono sempre stati necessari recensioni e report di attività in corso [8]. In ogni caso, la rivista dell'AIB è riuscita ad aggiornare e formare per trent'anni molti bibliotecari delle generazioni coeve, creando e rafforzando le strutture e le rubriche che ne hanno accresciuto, promosso e garantito il ruolo fino a oggi. Entrambe le riviste pioniere sono state digitalizzate e pubblicate su un apposito sito, denominato AIB journals, che raccoglie tutte le riviste dell'Associazione[9]. Il progetto di digitalizzazione è nato dal presupposto di rendere accessibile in modo pieno, nel vero spirito dell'open access, anche il retrospettivo dei periodici AIB, utilizzando la piattaforma OJS (Open Journal Systems). Si è scelto di rendere disponibili le annate recuperate digitalizzandole per fascicolo e non per articolo, pubblicando quindi un unico file PDF per ogni numero, senza metadati specifici per ognuno dei pezzi pubblicati. La scelta è stata dovuta al fatto che molti articoli delle vecchie serie presentano caratteristiche come quelle di non riportare il nome dell'autore, o non occupare uno spazio facilmente distinguibile all'interno del fascicolo stesso. Spesso, per esempio, finito un articolo il successivo comincia subito dopo senza passare alla pagina successiva, gli articoli sono firmati con iniziali o sono anonimi, le rubriche sono demarcate tramite semplici righe con il relativo titolo nel mezzo di una pagina, e simili. Il progetto, sicuramente, prevede la possibilità di trattare i singoli articoli in futuro, o di rendere ricercabili i PDF unici dei fascicoli. Allo stesso modo, si prevede di digitalizzare presto le rimanenti annate del Bollettino d'informazioni, recuperato solo dal 1961 al 1966. I lavori per la realizzazione dei PDF dei fascicoli sono stati condotti dal DigiLab[10] della Sapienza Università di Roma, un gruppo di lavoro dell'AIB [11] si è occupato del caricamento in OJS e della metadatazione [12]. Dal 1992 prende vita una nuova serie della rivista dell'AIB, completamente rinnovata nel progetto editoriale, nei contenuti, nella tipologia delle rubriche, nel carattere scientifico-professionale, ma continua la numerazione della pubblicazione precedente. A segnare i nuovi profondi cambiamenti, la rivista cambia titolo e prende la denominazione Bollettino AIB. Rivista italiana di biblioteconomia e scienze dell'informazione , che mantiene fino al 2011. In questo periodo, lungo pressoché due decenni, la rivista è diretta da Alberto Petrucciani (1992-2000), Giovanni Solimine (2001-2010) e Giovanni Di Domenico (2011). Rispetto a Notizie A.I.B. e Bollettino d'informazioni, il nuovo titolo, Bollettino AIB, sostanzialmente riprende e condensa sia la sigla dell'Associazione che la rivista rappresenta, sia la funzione di bollettino. È, però, nel complemento del titolo, Rivista italiana di biblioteconomia e scienze dell'informazione, che si esprime la distanza dai precedenti sottotitoli esplicativi della funzione principale del periodico: Bollettino dell'Associazione italiana per le biblioteche, il primo, e semplicemente Associazione italiana biblioteche, il secondo. Si sottolinea, così, una vocazione alla maggiore scientificità della rivista, il suo interesse per temi non solo tecnico-professionali, che punta a conciliare la dimensione dell'aggiornamento professionale con quella della discussione anche teorica e della ricerca. Del resto, la nascita alla fine del 1988 di AIB notizie [13], approfondito e strutturato bollettino-newsletter mensile dell'Associazione, 'solleva' già il Bollettino d'informazioni dalla funzione di riportare notizie sulla vita associativa e sugli eventi di interesse professionale, e lascia, dunque, libertà alla riorganizzazione delle rubriche e degli spazi del Bollettino AIB nella direzione di una rivista scientifica. Nell'editoriale del primo numero del direttore Petrucciani si legge:
Accanto al mensile «AIB notizie», che va acquisendo una
fisionomia di 'strumento d'informazione professionale' agile ma ad ampio
raggio, non limitato alla circolazione e documentazione delle attività
associative, il «Bollettino» vuole configurarsi come 'luogo di
approfondimento', di ricerca e di riflessione.
Così, con la crezione di rubriche nuove, come Temi e analisi (dedicata agli articoli maggiormente scientifici e di ricerca), e la riorganizzazione di alcune più tradizionali, quali Note e discussioni (che acquisisce un respiro più ampio) e Letteratura professionale italiana (dal 1975 bibliografia corrente degli studi del settore[15]), la rivista dell'AIB inizia uno sviluppo sempre più significativo nel panorama internazionale della librarianship, dellalibrary science e infine della library and information science (LIS). Scrivono, sulla storia di questo sviluppo, Alberani, De Castro e Poltronieri:
Fin dalla nascita, il Bollettino AIB è stato accompagnato da una versione elettronica, anche se parziale, in HTML, consentendo l'accesso libero all'editoriale, alle recensioni e ad alcuni articoli scelti dalla Redazione della rivista. Nel tempo si è tentato di aumentare gli articoli pubblicati in HTML, entro i termini della politica AIB in proposito e delle possibilità tecniche. Gli articoli aperti delle annate 1992-2011 sono stati ospitati in un'apposita sezione del sito dell'AIB [17]. Tutti gli articoli in versione HTML sono stati, poi, recuperati nel progetto di digitalizzazione e metadatazione retrospettiva del Bollettino AIB [18]. Sono stati subito recuperati e pubblicati online anche gli articoli già disponibili in PDF (annate 2002-2011) nella versione a suo tempo preparata per la stampa. Il progetto completo per il recupero della rivista prevede di scansionare e digitalizzare le rimanenti annate disponibili solo a stampa [19]. Dal 2012, a testimoniare un ulteriore rinnovamento, il titolo della rivista dell'AIB è cambiato in AIB studi. Rivista di biblioteconomia e scienze dell'informazione, pubblicata come periodico pienamente elettronico [20]. La rivista è stata diretta prima da Giovanni Di Domenico (2012-2015), e attualmente è diretta da Paul Gabriele Weston (2016-). Il termine 'studi' sostituisce, dunque, la parola 'bollettino', in ogni modo presente da mezzo secolo nel titolo della rivista, e sottolinea ancora più decisamente il ruolo scientifico del periodico che, come segnalato anche dall'eliminazione dell'aggettivo 'italiana' nel sottotitolo, ricopre adesso il ruolo di rivista di ricerca scientifica a livello internazionale [21]. Tale vocazione è ribadita nell'editoriale del primo direttore Di Domenico, che sottolinea, però, anche gli elementi di continuità, come la prosecuzione della numerazione e il mantenimento dell'acronimo AIB: «AIB Studi» è il nuovo titolo, volutamente breve, di una rivista con oltre cinquant'anni di storia. […] proseguiamo il viaggio senza abbandonare la numerazione del «Bollettino»: intendiamo così richiamare le nostre radici storiche, la funzione che continueremo a svolgere come una delle principali sedi dell'elaborazione tecnico-scientifica e della produzione editoriale AIB, l'alveo disciplinare nel quale operiamo, il costume e il prestigio intellettuale che ereditiamo [22]. Oltre ciò, si può confermare che la vocazione alla ricerca era fin dal Bollettino AIB dichiarata nel verso del frontespizio: Il «Bollettino AIB» è una rivista di biblioteconomia orientata verso la ricerca e l'analisi dei fatti e rivolta a far crescere la pratica professionale, la sperimentazione metodologica e la riflessione teorica nell'ambito dei servizi bibliotecari, documentari e informativi.
Definizione che ancora campeggia, significativamente aggiornata, sul sito di AIB studi: AIB studi, già Bollettino AIB, è una rivista quadrimestrale pubblicata dall'Associazione italiana biblioteche (AIB). La rivista, peer-reviewed e open access, è orientata verso la ricerca biblioteconomica e l'analisi dei fatti ed è rivolta a far crescere la riflessione teorica, la sperimentazione metodologica e le pratiche professionali nell'ambito dei servizi bibliotecari, documentali e di informazione.
L'attuale fisionomia della rivista, infine, ha aggiornato la struttura delle rubriche, mantendo le storiche Temi e analisi,Note e discussioni e, ovviamente,Letteratura professionale italiana eRecensioni e segnalazioni, ma aggiungendo le nuove Osservatorio (che segna la vocazione sempre più internazionale), Il libro (spazio di approfondimento della letteratura più critico-scientifico rispetto alle recensioni), la ancor più nuova Profili (dedicata allo studio della storia delle biblioteche e dei bibliotecari), e la recentissima Intersezioni (che, aperta nel 2017, dà coerentemente spazio al rapporto con ambiti vicini a quello biblioteconomico e della LIS) [23]. Il Bollettino AIB è stato una rivista cartacea, a cui era affiancata una versione, parziale, digitale - originariamente solo in HTML, adesso anche in PDF e con la prospettiva di recuperare per intero tutti i fascicoli cartacei. AIB studi nasce, invece, come rivista completamente digitale - in formato PDF per la versione ufficiale, HTML, ePub e mobi per le altre versioni - e mantiene una versione cartacea disponibile in print-on-demand. La logica programmatica e la strutturazione delle due riviste è, quindi, molto diversa, nonostante una serie di punti di contatto e una specifica continuità non solo apparenti. Dal piano editoriale 2012-2013 di Di Domenico si evincono alcuni punti chiave che evidenziano a quali tendenze già maturate la nuova AIB studi darà corso, quali novità metterà subito in atto, e quali prospettive porrà per lo sviluppo futuro [24]. Il delicato passaggio dalla carta al digitale deve attuare tutti i vantaggi della nuova forma e non perdere le caratteristiche valide della precedente. Inoltre, l'occasione di rivoluzionare il supporto tecnologico della rivista è anche occasione per importanti cambiamenti, a partire dal titolo. Ecco gli appunti editoriali riguardo le novità per la comunicazione, la ricerca e soprattutto l'apertura dell'accesso e le connesse aperture all'estero, all'esterno e ai giovani:
[…] alle nuove modalità di produzione e diffusione dei nostri contenuti sono connesse molte opportunità da sfruttare, oltre che difficoltà da evitare o contenere. Sul primo versante, insieme con i vantaggi che si associano agli e-journals in quanto tali, potremo: Fin dal piano editoriale si manifesta l'esigenza di realizzare una rivista open access, pur nella consapevolezza delle difficoltà economiche concrete, e si propone una via di mediazione, in continuazione con la politica del Bollettino AIB, in modo da iniziare ad aprire la rivista al mondo. Si manifesta inoltre, sempre in continuazione con la politica precedente, la tendenza alla scientificità e internazionalità:
[…] L'open access è l'orizzonte valoriale nel quale ci riconosciamo e verso il quale, gradualmente ma senza tentennamenti, ci stiamo muovendo […]. […] Il nuovo titolo evidenzia l'urgenza di un confronto critico ancora più serrato con la dimensione complessa e le ragioni della contemporaneità e, insieme, il profilo aperto di una rivista che non è un house organ, ma uno strumento di analisi, che l'AIB mette a disposizione di una più vasta comunità di bibliotecari, studiosi, studenti e di ogni altra categoria interessata al nostro ambito di ricerche e applicazioni[26]. Riportate le politiche editoriali, riguardo al senso effettivo - sia per i redattori sia per i lettori - del passaggio da una rivista a stampa a una digitale, può essere esemplificativo proprio il caso della 'trasformazione' in ejournal del Bollettino AIB, discusso in un articolo dagli stessi operatori che lo hanno effettuato [27]. Una difficoltà nell'operazione di recupero del Bollettino AIB è stata quella di dover 'forzare' il software OJS per effettuare operazioni, appunto, di recupero di una rivista non nata digitale, mentre la struttura del software è organizzata per la creazione ex novo di riviste digital born. Tale forzatura ha permesso, però, di notare con chiarezza le tante diversità non apparenti tra le due versioni, cartacea e digitale, di quella che resta sempre la stessa rivista:
Lo 'specchio di stampa' - di 'visualizzazione' - di un ejournal è impostato in modo proprio, non basato 'semplicemente' sulla successione di fogli e pagine, ma derivato da una struttura composita di elementi a se stanti (i PDF degli articoli, per esempio) e dei metadati che li identificano. L'indice, in ciò, è una struttura esso stesso, che dà accesso ai diversi file, e non giusto la prima di una serie di pagine, che a seconda di come è definita graficamente (con grassetti, spazi separatori, asterischi e altri 'dispositivi grafici') può fornire anche notizie sul 'senso' dei diversi articoli che lo seguono, sul fatto che siano articoli ordinari, 'quaderni' con sotto-articoli, o note generali che non rappresentano un contributo. Tali indicazioni in un ejournal devono essere fornite in modo apposito, appositamente strutturando l'insieme delle parti del fascicolo. Se, dunque, per raffrontare la struttura di una rivista cartacea a quella della stessa rivista in versione elettronica è necessario analizzarla e 'tradurla' con molta attenzione, l'operazione stessa di traduzione può dar conto della necessaria diversità di concezione di un ejournal. Nulla di troppo complesso, comunque, in tutto ciò, e non conduce a una ridiscussione 'ontologica' dell'essere rivista, ma semplicemente a un nuovo modo di progettare, strutturare, comporre e leggere la nuova serie digitale di una storica rivista cartacea. Semmai, la discussione dell'essenza di un ejournal deve riguardare la massima utilizzazione di tutte quelle caratteristiche specifiche impossibili da realizzare su supporto cartaceo - dalla diffusione ampia e immediata all'accesso aperto, dalla ricercabilità dei dati all'interoperabilità e interattività… Strutturazione del digitale
AIB studi in quanto rivista digitale è strutturata tramite il software Open Journal Systems (OJS)[29], strumento open source per la realizzazione di ejournal creato e diffuso grazie all'iniziativa del Public Knowledge Project (PKP) [30]. Lo sviluppo di OJS è iniziato nel 2001 circa, all'interno del programma PKP fondato in Canada nel 1998 da John Willinsky presso la Faculty of Education della University of British Columbia, e la sua attività è 'ospitata' presso la Simon Fraser University Library. Obiettivo del centro PKP è il sostegno al miglioramento dei prodotti della ricerca e alla loro diffusione, ottimizzando e facilitando l'accesso ai contenuti scientifici. Nell'idea di Willinsky, nel progettare tecnologie per l'editoria accademica è necessario seguire una serie di principi etici, orientati al supporto alle università e agli istituti di ricerca per la massima condivisione dei risultati [31]. È presente, quindi, una forte componente ideale alla base dello sviluppo di uno dei software attualmente più accreditati per la creazione di riviste istituzionali open access - come buona alternativa ad altri molto diffusi quali Ambra (PLOS - Public Library of Science) [32], DPubS (Cornell University Library)[33], il progetto OpenEdition (CLEO) [34], oppure alle tante applicazioni proprie di ogni istituzione. OJS è, quindi, formato di sole componenti open source, sviluppate in collaborazione dalla community degli utenti, che affronta così gli inevitabili costi di sviluppo e sperimentazione, nonché la traduzione in diverse lingue e la promozione internazionale. Tutta la struttura di OJS è pensata per ridurre il più possibile i costi di gestione e di pubblicazione, rendendo realmente sostenibile la scelta dell'accesso aperto. OJS 'organizza' tanto il periodico quanto la redazione che di esso si occupa, ed è fondato su un ciclo redazionale e un'architettura rigorosi[35]. Il software si basa su uno specifico database che consente la stutturazione di ogni giornale (contenendo i diversi metadati, quelli tecnici nonché quelli bibliografici anche in più lingue), come la strutturazione dei processi redazionali (contenendo i documenti funzionali e la calendarizzazione e registrazione delle fasi e delle date del lavoro). Il sistema 'struttura', dunque, l'attività degli autori, poi dei redattori e infine anche dei lettori. Il ciclo inizia con la submission dell'autore, guidata dal sistema secondo le regole della rivista, consente di inserire tutti i metadati, file supplementari, diverse o nuove versioni del paper proposto, nonché di seguire il percorso in redazione e interagire con i redattori. I redattori, tramite OJS, ricevono notifiche della submission e delle attività di autori e altri redattori, gestiscono il sistema delle revisoni e quello di trattamento degli articoli, interloquiscono tra loro, pubblicano e monitorano i fascicoli. Anche i lettori ricevono dal sistema una serie direading tools, strumenti di ricerca e personalizzazione, alerts e notifiche. Con tutti questi strumenti, condivisi e interattivi, è garantita la comunicazione, la sua tracciabilità e la trasparenza, consentendo il grado più elevato di affidabilità della rivista gestita. Inoltre, l'organizzazione del sistema favorisce la creazione di redazioni internazionali, composte da comitati scientifici e da redattori di diversi paesi. Ogni periodico strutturato in OJS - come, dunque, AIB studi [36] - è composto da un insieme di fascicoli, ciascuno dei quali è diviso in sezioni impostate con parametri propri, in ogni sezione sono inseriti gli articoli collegati a un insieme predefinito di metadati. Alcuni metadati sono obbligatori, come il titolo e l'autore, obbligando quindi a rinunciare a qualunque forma di anonimato - 'anonimato' che spesso in ambiente digitale, dove i metadati hanno un'importanza fondamentale per la trasparenza, non è comunque ben visto... Ogni fascicolo può essere pubblicato in diversi formati, con diritti di accesso complessivi. Anche a livello di articolo i formati possono essere diversificati, come i diritti di accesso, e possono essere pubblicati più versioni dello stesso articolo (in diverse lingue) facendo riferimento allo stesso set di metatadati identificativi. Sono possibili, quindi, politiche complessive per la testata e per i singoli fascicoli, ma anche politiche diversificate fino al livello dei singoli articoli, cosa che consente una certa flessibilità relativamente alla pubblicazione e diffusione dei diversi contenuti. Anche le modalità di lettura offerte, tramite i reading tools, sono definite nell'architettura generale: gerachia fascicoli-sezioni-articoli, campi e filtri di ricerca, sommari delle ricerche, modalità di esplorazione… Gli indici si aggiornano automaticamente all'immissione o variazione dei metadati, e si possono elaborare funzionalità di ricerca avanzata nei metadati e nel full-text degli articoli. Il progetto generale di OJS prevede anche lo sviluppo di una serie di applicativi orientati alla crescente 'interazione sociale' dei contenuti pubblicati[37]. Tali applicativi sono spesso sviluppati dalla comunità degli utenti stessa, e consistono in vari reading tools e annotation tools che permettono l'annotazione degli articoli ai fini di un approfondimento di studio o di critica. Sono sempre più presenti anche strumenti di condivisione social, quali import verso Mendeley e altri software per il reference manager o per la gestione di raccolte personali, funzioni di messaggistica indirizzata all'autore e ai lettori, strumenti di segnalazione nei social network, sistemi per contare le visualizzazioni e altri strumenti di altmetrics. È rapprentato e attuato, dunque, tutto un insieme di 'tendenze' che si allineano con quelle del Web 2.0 e del Web semantico [38]. Gli applicativi sviluppati permettono, inoltre, diverse modalità di indicizzazione dei contenuti, consentendone la diffusione e la ricercabilità[39]. I metadati di OJS sono pienamente interoperabili, tramite gli standard OAI-PMH, per riversamenti o raccolte di dati effettuati da diversi altri sistemi. Sono integrabili, ovviamente, anche i sistemi di conservazione a lungo termine, quali quelli del programma LOCKSS (Lots Of Copies Keep Stuff Safe)[40]. Tutto il progetto OJS è dunque dotato di una specifica filosofia, che secondo un'analisi di Raffaella Marandola può portare a considerarlo un «cultural software» [41]. Semplificando la definizione data da Lev Manovichnel nel 2008, la «software culture», in sostanza, è modellata dai software più 'influenti' che si sviluppano in un dato periodo [42]. Il software diventa, allora, una dimensione della cultura, dato che in quanto tecnologia può 'riadattare' e 'rimodellare' le cose a cui si applica, imprimendo ai contenuti culturali da esso mediati i valori, i principi, i codici di azione su cui esso stesso è basato. La tecnologia di OJS quindi, nella sua forma specifica, non può restare neutrale nel pubblicare e diffondere i contenuti della cultura scientifica [43]. È la genesi stessa del progetto da cui nasce OJS a 'raccomandarlo' come ricco di propositi intellettuali orientati alla trasformazione dell'editoria accademica da sistema di comunicazione analogico, proprietario e chiuso, verso un nuovo sistema digitale, sociale e aperto, sostenibile e condiviso, realmente orientato al futuro dela comunicazione scientifica - attuando, quindi, il passaggio da un'editoria ingiustamente 'costosa' a una opportunamente 'economica', da negativamente 'accademica' a democraticamente 'social'… Dal digitale all'indicizzazione
Giunta in modo completo al formato digitale, nel 2012 AIB studi era, dunque, pronta a diffondere i propri metadati e a far conoscere i propri contenuti internazionalmente. Da tempo il Bollettino AIB era presente in importanti repertori e bibliografie internazionali, quali LISA (Library and information science abstracts), Library literature, il repertorio del VINITI di Mosca (già Informatics abstracts), Dokumentationsdienst Bibliothekswesen (DOBI) del Deutsches Bibliotheksinstitut, il Bibliographic index. La forma digitale, però, ha consentito l'accesso ad altre importanti banche dati di massima diffusione - per non parlare della possibilità di esporre i metadati nel Web. La redazione di AIB studi, e in particolare il vice direttore Gabriele Mazzitelli, ha iniziato subito il 'lavoro', non semplice, per proporre la rivista ai principali indici di ambito scientifico: Web of Science (WoS) e Scopus. Brevemente, Scopus, sviluppato dal 2004 circa dall'editore Elsevier, è un database bibliografico che indicizza grandi quantità di pubblicazioni rilevanti in ambito scientifico, fornendo ai sottoscrittori dati bibliografici, abstract e servizi bibliometrici (tra cui l'indice di Hirsch - H-index e CiteScore) [44]. Nel 'raggio d'azione' internazionale di Scopus sono presenti principalmente riviste accademichepeer-reviewed, altre importanti riviste di ricercapeer-reviewed, alcune note testate commerciali, alcuni libri, conference proceedings e conference papers, inoltre pagine web scientifiche, brevetti e archivi digitali. In Scopus sono indicizzate anche circa 3.400 riviste open access. Con la funzione 'View at publisher', Scopus rinvia al sito della pubblicazione, consentendo l'accesso al full-text per tutte le risorse OA, o per quelle a cui il fruitore è abbonato[45]. Dato che Elsevier è editore di molte riviste scientifiche, per evitare rischi di conflitto di interessi, o politiche di valutazione e inclusione poco trasparenti, è stato creato per Scopus un comitato internazionale indipendente, composto da scienziati e subject librarians, il Content Selection and Advisory Board, che valuta le pubblicazioni tramite un attento e rigoroso processo, indipendentemente dalla casa editrice o dal paese di provenienza. AIB studi , alla fine del processo di valutazione delle caratteristiche scientifiche, è stata approvata dal Content Selection and Advisory Board per l'indicizzazione in Scopus. Gli articoli sono ricercabili nel database a partire dal 2014, e i valori di impatto sono calcolati per le annate 2014-2015. Riguardo Web of Science, rapidamente si può ricordare la sua lunga tradizione[46]. Già denominato ISI Web of Knowledge, il database è stato sviluppato dall'Institute for Scientific Information (ISI) di Philadelphia, fondato da Eugene Garfield nel 1960, poi acquisito da Thomson Scientific & Healthcare nel 1992, e adesso parte delle attività della Thomson Reuters. Web of Knowledge è stato il primo database bibliografico a indicizzare a livello internazionale grandi quantità e varietà di pubblicazioni di diversi settori scientifici, fornendo dati bibliografici, abstract e servizi bibliometrici, accessibili tramite sottoscrizione. Adesso, con il nome di Web of Science, il database è distribuito da Clarivate Analytics, ramo scientifico della Thomson Reuters. WoS si propone come uno strumento scientifico 'unificante', relativamente alle diverse discipline, i diversi ambiti geografici e le diverse tipologie di risorse che analizza, tramite un vocabolario unificato e un'unica interfaccia di ricerca. Per l'utente è, dunque, semplice correlare le informazioni attraverso le citazioni e trasversalemnte alle categorie. Il database, in più, ha esteso la copertura pregressa delle risorse indicizzate al 1898, ampliando i settori analizzati, il range di discipline e di aree geografiche, la diversità dei formati bibliografici, e le tipologie presenti oltre alle riviste scientifiche, i libri accademici e i proceedings. Tutto questo, con oltre 59 milioni di record posseduti, consente alla Thomson Reuters di dichiarare che «By meticulously indexing the most important literature in the world, Web of Science has become the gold standard for research discovery and analytics»[47].
Base di WoS, e strumenti determinanti per la valutazione dell'impatto di una ricerca (o, originariamente, di una rivista) in un dato ambito scientifico, sono i citation index, messi a punto nell'ambito dell'ISI da Eugene Garfield: lo Science Citation Index (SCI) nel 1964, il Social Sciences Citation Index (SSCI) nel 1972, l'Arts and Humanities Citation Index (AHCI) nel 1978, che adesso compongono Web of Science insieme ad altri database molto specifici o di ambito 'regionale' [48]. Nel 2015, nell'ambito di WoS, è stato creato l'Emerging Sources Citation Index (ESCI), con lo scopo di includere nell'insieme del database molte altre riviste peer-reviewed considerate di «regional importance» o rappresentative di «emerging scientific fields»[49]. Anche se non sono molto chiari i criteri della 'regionalità' o del settore scientifico 'emergente' - che parrebbero criteri di 'secondarietà' -, le riviste ammesse nell'indice ESCI devono in ogni caso passare un rigoroso primo esame, e continuano a restare sotto osservazione per l'inclusione piena in SCI, SSCI o AHCI, che prevede un lungo processo di selezione basato sulla valutazione dell'impatto, dell'influenza e della 'tempestività'. Si tratta, dunque, di un sistema per dare una prima visibiltà a date riviste in corso di valutazione, trattandole e indicizzandole al pari delle risorse già ammesse negli indici principali del database e mettendole subito a disposizione dei sottoscrittori. AIB studi è stata accettata, a seguito del processo di valutazione, anche in ESCI. Gli articoli sono ricercabili nel database WoS dal 2015, ma al momento non è calcolato l'impact factor. AIB studi , infine, è stata inserita dall'ANVUR nell'elenco delle riviste di fascia A per il settore concorsuale 11/A4 [50], in cui era già incluso il Bollettino AIB. L'ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) è un ente pubblico, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), istituito nel 2006, ma che ha cominciato di fatto ad 'agire' nel 2011. L'ente si occupa della valutazione dell'attività delle università in Italia, ed è «impegnata a svolgere la sua attività di valutazione dei risultati in linea con principi fondatori che sono alla base del suo operato e delle regole deontologiche di cui intende dotarsi: indipendenza, imparzialità, professionalità, trasparenza» [51]. Gli elenchi curati dall'Agenzia, comprendenti le riviste valutate come scientifiche o di classe A rilevanti ai fini dell'Abilitazione scientifica nazionale (ASN), sono redatti dal Gruppo di lavoro riviste e libri scientifici, in base al Regolamento per la classificazione delle riviste nelle aree non bibliometriche e ad altri documenti ufficiali [52]. Il processo di valutazione e di revisione delle caratteristiche necessarie per la classe A è quindi rigoroso, comprendendo criteri scientifci e criteri legislativi, e prevede l'allineamento a tutta una serie di requisiti essenziali, quali la prevalenza accademica del comitato scientifico, la trasparenza del processo di peer review, o l'influenza nel settore di studi di appartenza. Non è stato affatto scontato il passaggio della nuova serie della rivista, con nuovo titolo, nell'elenco aggiornato dell'ANVUR, come non era stata scontata, all'inizio, l'inclusione del Bollettino AIB. Il Bollettino AIB, infatti, in prima battuta era stato inserito nell'elenco delle riviste di 'fascia B', ora denominato 'semplicemente' delle 'riviste scientifiche'. Su questa scelta, e sulle relative ragioni, si aprì una discussione sostenuta da una schiera di professionisti e di docenti dell'area M-STO-08, composta non solo da appartenenti al comitato scientifico della rivista. Buona parte della discussione, e dei criteri di valutazione dell'ANVUR, ruotavano intorno al senso della differenza tra riviste 'professionali' e riviste 'scientifiche', per determinare se il Bollettino AIB, pur di appartenenza professionale, potesse avere le qualità del giornale scientifico. Il testo del ricorso preparato del direttore Di Domenico, che dimostrava la scientificità dei metodi e della struttura della rivista, fu sottoscritto da molti sostenitori e fu accolto dall'Agenzia. Il Bollettino AIB fu, dunque, inserito nella 'seconda edizione' delle liste ANVUR. Anche AIB studi, pur succedendo al Bollettino AIB, non fu inserita in prima battuta nelle liste delle riviste di fascia A, ma l'esclusione fu dovuta a un 'errore tecnico', a cui si rimediò a seguito di una semplice istanza del direttore che sottolineava la continuità con la rivista precedente e la sua lunga storia, confermate dalla continuità della numerazione, nonché dalla permanenza del comitato scientifico. I criteri di valutazione e scelta per l'inclusione di una rivista in una data categoria, o per l'indicizzazione in un certo database, riguardano una serie diversificata di caratteristiche di qualità, che si amplia se si guarda al panorama internazionale, e una rivista deve possedere l'intero insieme di qualità previsto se desidera avere il riconoscimento del ruolo nel proprio settore disciplinare. La richiesta di qualità, del resto, permette a ogni rivista di analizzarsi in profondità, e di stabilire come meglio strutturarsi e organizzarsi per svolgere il proprio compito scientifico nel modo migliore. I principali criteri qualitativi richiesti internazionalmente riguardano anzitutto la peer review, con garanzia che avvenga in modo obiettivo e trasparente, con criteri prestabiliti e non occasionali. Essenziale è il livello del comitato scientifico, che in molti casi deve essere composto da membri di diversi paesi, non necessariamente in maggioranza accademici (anche se l'ANVUR lo prevede). Altra caratteristica necessaria è l'adesione a un codice etico di pubblicazione, e la presenza di un protocollo di controllo dei casi di plagio e di non onestà scientifica [53]. Senza dubbio è importante il formato digitale, anche se non è il formato principale. Necessari i metadati in inglese, e l'abstract inglese, per ogni articolo pubblicato. Spesso necessaria è anche la frequenza di pubblicazione di contributi provenienti da paesi diversi dalla nazione a cui appartiene la rivista, o la pubblicazione in lingue diverse dalla principale. Importante la puntualità di pubblicazione, la tempestività degli aggiornamenti, la ricchezza di informazioni sul sito web, e tutto quello che riguarda in generale la professionalità del lavoro della Redazione. Il percorso per ottenere la valutazione prevede tutta una serie di tappe, diverse a seconda dell'ente o del database che valuta, ma alcuni punti sono comuni, e tutti, comunque, portano la rivista lungo un percorso di analisi, riflessione e miglioramento - per sottolineare i soli aspetti positivi delle 'pratiche' necessarie. Si parte dalla compilazione di form che riportano dichiarazioni relative alle caratteristiche e alle qualità della rivista, alle modalità di strutturazione e ai livelli di rigore e trasparenza. È necessaria la pronta risposta agli inviti a conformarsi a determinate richieste (quali inserire informazioni ampie, chiare e in lingue diverse sul sito web, aumentare la trasparenza dei processi, sviluppare l'internazionalità…). Sono possibili lunghi periodi di monitoraggio, monitoraggio continuo e revisione periodica delle carateristiche, con molta attenzione alla puntualità di pubblicazione dei diversi fascicoli.
Dall'indicizzazione all'accesso aperto
La rivista dell'AIB, pertanto, ha sempre avuto uno sviluppo continuo e adeguato al contesto storico-sociale. Al completamento di questo sviluppo mancava, fino alla fine del 2015, diventare una rivista interamente ad accesso aperto, senza limiti di numero di articoli accessibili, senza limiti di embargo del fascicolo. L'OA è stato preso in considerazione fin dalle origini dai diversi CEN dell'Associazione, e infine, fortemente voluto dalla precedente Redazione, di grande importanza per il precedente e l'attuale CEN, è stato realizzato con l'attuale Redazione a gennaio 2016. In questa direzione, già la 'riforma' del 1992 rendeva accessibili in formato HTML alcuni materiali di ogni fascicolo del Bollettino AIB[54]. Nel 2012 il Bollettino AIB, grazie alla digitalizzazione retrospettiva, diventa interamente OA, e in quello stesso anno la nuova AIB studi nasce come rivista digitale parzialmente ad accesso aperto. È chiaro l'annuncio del direttore Di Domenico, espresso nell'editoriale del primo numero, Nasce «AIB Studi», con la soddisfazione dell'aver intrapreso un percorso destinato a raggiungere le mete attese:
L'open access è l'orizzonte valoriale nel quale ci riconosciamo
e verso il quale, gradualmente ma senza tentennamenti, ci stiamo muovendo:
la scelta di utilizzare una piattaforma come OJS va letta in quest'ottica.
Abbiamo potuto mettere ad accesso aperto le dieci annate più recenti
del «Bollettino AIB» […].
Già nel piano editoriale del 2011 era manifesta la consapevolezza dei limiti che avrebbe avuto l'avvio della rivista nel percorso verso l'OA, e della necessità del 'compromesso' con un editore, l'AIB, che pur essendo a favore dei principi dell'accesso aperto non poteva materialmente realizzarlo per motivi 'economico-politici' - più economici che politici. Ribadire, comunque, l'accesso aperto come «orizzonte valoriale», e realizzare l'apertura delle 'puntate' della Letteratura professionale italiana, rappresentano le prime conquiste sul percorso, insieme all'abbattimento a 18 mesi dell'embargo originariamente previsto di 24 mesi. Tale periodo è successivamente (dopo circa due annate) stato abbassato a 12 mesi, e se necessario (presenza di articoli che hanno come oggetto proprio l'open access) è stato lasciato spazio anche a un secondo saggio OA. Con la mira costante verso l'open access - che trapelava anche indirettamente nel trattare e raggiugere altri obiettivi redazionali - è stato possibile sciogliere anche le ultime pastoie di tipo 'pratico-amministrativo', e con la ripetuta volontà del CEN, finalmente, da gennaio 2016 la rivista diventa interamente OA, aprendo ovviamente tutte le annate pregresse. Nell'editoriale Novità e buoni propositi, di Paul Gabriele Weston e Anna Galluzzi (nuovi direttore e vice direttore), si legge un'articolata presentazione di questa conquista e dei principi che la sostengono: Infine, confidiamo che tutti i lettori della rivista vogliano contribuire a indirizzare il nostro lavoro […] specialmente i più giovani, entusiasti e competenti, nei cui confronti vorrebbe fungere da ponte intergenerazionale.
A costoro soprattutto abbiamo pensato quando abbiamo proposto al CEN due novità […].
La prima è che da questo numero la rivista è ad accesso aperto. La proposta di rimuovere anche l'ultimo embargo era già stata avanzata dalla precedente Direzione, ma aveva dovuto fare i conti con un momento di passaggio dell'Associazione e oggettive difficoltà economiche. Nell'attuale contesto ci è parso che la decisione di liberalizzare l'accesso alla rivista fosse diventata improrogabile per più ragioni, e d'altronde anche l'IFLA ha ripetutamente sollecitato l'adozione di strategie di OA. È innanzitutto coerente con la scelta di sottoporre la rivista al monitoraggio dei maggiori archivi citazionali internazionali. Inoltre, essa favorisce quelle aperture e collaborazioni con universi culturali affini […] che trovano oggi fertili terreni di confronto e di intersezione nei tavoli di lavoro MAB e nei rapporti con l'universo Wikipedia. Infine, essa rientra perfettamente nella prospettiva di quella crescente attenzione alla qualificazione professionale, che rappresenta oggi una delle core activities dell'Associazione. Estendendo l'accesso anche a coloro che non sono iscritti all'AIB viene offerta alla comunità dei bibliotecari italiani l'opportunità di beneficiare delle riflessioni sui diversi aspetti della biblioteconomia, che la rivista si impegna a far circolare.
La seconda novità è, in qualche modo, conseguenza della precedente: la presentazione di proposte di articoli verrà sollecitata per mezzo di call for papers che ci impegniamo a pubblicare sulle più rappresentative liste di discussione nazionali e internazionali. Confidiamo, in questo modo, che venga promossa la conoscenza della rivista e che le collaborazioni si estendano a bibliotecari e studiosi anche di altri paesi[56].
L'apertura di AIB studi ha, quindi, più scopi, oltre quello principale di contribuire al movimento per l'accesso aperto. I contenuti della rivista devono essere facilmente accessibili a ogni potenziale lettore, non più 'favorendo' gli iscritti, o anche giusto i bibliotecari. I «giovani», in particolare, possono non avere ancora fatto una 'scelta di campo' precisa, o possono voler mantenere uno sguardo ampio, sempre trasversale - oppure possono non volere, come anche altri, necessariamente associarsi. Il lettore della rivista, così, deve poter avere qualunque profilo, qualunque interesse scientifico, o anche semplice curiosità, e non si può coerentemente parlare di collaborazione con altri ambiti disciplinari se prima non si apre a essi uno degli strumenti primari dello sviluppo della LIS italiana. A ciò, per l'Italia, si aggiungono le ragioni della qualificazione professionale, di cui la rivista è organo di sostegno e dibattito, ma non ristretti agli associati, soprattutto nei termini in cui il dibattito può diventare momento formativo, e la formazione per prima deve essere aperta a tutti, in specie a coloro che professionisti non sono e devono poter avere i mezzi 'aperti' per diventarlo. Per non parlare dei rapporti con il resto del mondo, con WoS e Scopus, con studiosi di altri paesi - a cui i contenuti dovrebbero essere non solo 'aperti' ma anche proposti in una lingua da tutti comprensibile e 'internazionale', quale l'inglese. Su questo, l'editoriale conclude con l'intenzione di lanciare call for papers aperte anche internazionalmente. Già al momento la collaborazione non è affatto 'su invito', ma la prossima realizzazione del progetto di sollecitare a 'chiuque' e 'ovunque' la presentazione di un contributo condurrà a un ulteriore allargamento dei rapporti della rivista. I prodromi dell'apertura 'al mondo' della rivista sono già nel primo Editoriale di Petrucciani del 1992. Il Bollettino AIB è definito un luogo «aperto», e tutt'oggi 'apertura' per AIB studi non vuol dire solo poter leggere i contenuti pubblicati, ma anche poter 'interagire' con essi e pubblicarne di nuovi sulla rivista stessa. Scrive, dunque, Petrucciani del Bollettino AIB: Un luogo - diciamolo subito a scanso di possibili equivoci - aperto, non accademico ma impegnato alla serietà e alla qualità del lavoro, senza pregiudiziali limitazioni di campo ma particolarmente attento ai temi che ci sembreranno via via più attuali, con un legame forte ma non superficiale o a senso unico con le attività e le proposte dell'Associazione[57].
La preoccupazione è - addirittura, date le spinte di sviluppo verso la scientificità - di non fare della rivista dell'Associazione un organo troppo 'accademico', ma anche di non farne uno strumento con un 'campo' limitato. In tal maniera la rivista si 'apre' nel vero senso della parola. A parte proporre una selezione limitata di sé alla lettura libera, si propone essa stessa come luogo nel quale incontrarsi, per collaborare e interagire con altre persone e altri settori. Si suppone che chi accede - in modo più o meno aperto - possa poi soprattutto 'apertamente' replicare, non necessariamente in senso critico o opposistivo, ma in particolar modo contribuendo ai nuovi contenuti con «qualità del lavoro» su temi «via via più attuali». Questi concetti sono, successivamente, citati e riproposti nel primo editoriale di Giovanni Solimine del 2001, Un impegno che continua e si rinnova:
[…] Tenteremo di accompagnare con tempestività il dibattito e la prassi bibliotecaria, cercando di fare del Bollettino la sede offerta a chi voglia, anche attraverso approfondimenti successivi, mettere a fuoco questioni e orientamenti ancora non del tutto definiti. In questa fase, ad esempio, ci sembra utile riflettere insieme sull'oggettiva convergenza alla quale si assiste tra settori contigui (biblioteche, archivi, servizi di documentazione) […][58].
Nell'accrescere la tendenza scientifica e internazionale della rivista, l'accento ricade ancora di più sull'andare oltre i 'confini noti', sulle tematiche non definite, sulla sempre più ricca e necessaria convergenza con altri ambiti, più o meno affini. Tutt'altro che il progetto di un notiziario di settore o di un organo 'corporativo'. Concetto largo di apertura ancora ripreso nel 2012, accanto a quello più 'esatto' di open access, in un brano dell'editoriale di Di Domenico già riportato più sopra: […] il profilo aperto di una rivista che non è un house organ, ma uno strumento di analisi, che l'AIB mette a disposizione di una più vasta comunità di bibliotecari, studiosi, studenti e di ogni altra categoria interessata al nostro ambito di ricerche e applicazioni[59]. AIB studi rappresenta un'intera tradizione editoriale che ha puntato realmente all'apertura - intesa in tutti i sensi. L'apertura dell'accesso e della lettura a una rivista che poi non accetta collaborazioni, nuove proposte, interazioni o 'contaminazioni', sarebbe paragonabile all'apertura di un palcoscenico, realizzata all'unico scopo di far vedere le performance degli attori, di farle diffondere e apprezzare anche, ma senza dare realmente alcunché a chi vuole crescere attraverso la 'comunicazione' che osserva, e che vuole ad essa contribuire. Acquisire, dunque, 'apertamente' dalla rivista e poi a essa 'apertamente' dare: questo può essere il ciclo virtuoso che la comunicazione scientifica è in grado di seguire attraverso AIB studi. Chiunque può leggere, ma chiunque deve anche poter proporre i saggi da leggere, indipendentemente dall'ambito di appartenenza o dalla qualifica scientifica o professionale - con l'unico limite, ovviamente, dato dall'indirizzo generale della LIS e dalla verifica della peer review… Fin dai primi tempi di costituzione del movimento appaiono sulla rivista dell'AIB vari rilevanti articoli sull'open access, insieme ad altri non concentrati sull'argomento, che iniziano a presentarlo [60]. Alla fine l'AIB - un'associazione professionale, sostenuta dagli associati - decide di finanziare interamente una rivista scientifica OA, in piena coerenza con la teoria che sostiene e pubblica e con la pratica che sviluppa e diffonde. Passo che resta ancora da compiere è l'iscrizione di AIB studi nel repertorio DOAJ (Directory of Open Access Journals) [61], necessaria per incrementare la visibilità, l'impatto e l'accessibilità internazionali della rivista. Come si legge nell'home page, «DOAJ is a community-curated online directory that indexes and provides access to high quality, open access, peer-reviewed journals». La presenza di una rivista OA in questa directory, dunque, garantisce a livello mondiale la sua validità, e ne promuove l'accesso, raggiungendo il doppio scopo di favorire la diffusione della rivista e favorirne l'utilità per i potenziali fruitori. DOAJ nasce nel 2003, presso l'Università di Lund [62], nell'ambito dei progetti per lo sviluppo dell'accesso aperto finanziati dall'Open Society Foundations di George Soros [63]. Al momento la directory indicizza più di 9.000 riviste, delle quali circa 7.000 sono ricercabili internamente a livello di articolo per titolo e per categoria. Essere 'ammessi' nel repertorio dall'advisory board, però, non è cosa facile, soprattutto in base alle premesse di qualità che esso vuole mantenere. Nel 2016, infatti, sono stati rimossi circa 3.300 periodici OA prima accettati, a seguito di un programma di miglioramento della directory che imponeva a tutti gli editori di fare nuovamente domanda di inclusione, rispettando 'alla lettera' nuove più rigide regole - cosa che ha portato ad alcuni casi di esclusione 'immeritata', per risorse che avevano fino ad allora pienamente soddisfatto i requisiti del repertorio. Tra le nuove caratteristiche obbligatorie si trovano: «archival arrangement in place», «article level metadata», «CC licensing information», «deposit policy registered»[64]. AIB studi è in regola con quasi tutti i punti necessari stabiliti dal regolamento di DOAJ, e ha in progetto di definire anche una politica di conservazione a lungo termine (digital archiving policy), caratteristica mancante che per il momento le impedirebbe l'inclusione nel repertorio. Altro passo funzionale allo sviluppo delle caratteristiche open access diAIB studi, sarebbe l'inserimento nel sistema delle altmetrics [65]. Le altmetrics sono 'metriche alternative' per la misurazione dell'impatto delle risorse scientifiche, basate su dati 'qualitativi', e si propongono come complementari alle metriche tradizionali, basate sul sistema delle citazioni. I dati qualitativi di riferimento riguardano tanto le revisioni tra pari che circolano in vari contesti della rete, quanto le citazioni su Wikipedia o le importanti citazioni nei documenti di carattere pubblico (che rappresentano un elevato grado di impatto di un articolo sulla società), riguardano le discussioni sui blog dei ricercatori, le citazioni nei social networks, o i bookmark nei sistemi di reference management. Tutte le risorse scientifiche ad accesso aperto hanno la potenzialità di circolare in Internet, e le altmetrics misurano la qualità reale di queste risorse in base al loro grado di circolazione in rete, al loro reale impatto nella società che oramai sempre più 'seriamente' frequenta la rete: «Sourced from the Web, altmetrics can tell you a lot about how often journal articles and other scholarly outputs like datasets are discussed and used around the world» [66]. Attraverso le metriche alternative si può, meglio che con il sistema 'chiuso' delle citazioni in riviste, misurare l'impatto e l'influenza tra le persone di diversi tipi di output scientifici, l'attenzione suscitata e il grado di disseminazione. Il sistema delle altmetrics ultimamente è oggetto di attente valutazioni anche in Italia [67]. Sullo stesso sito Altmetric sono presenti indicazioni su come valutarne il rigore e la validità scientifici, presentando le Limitations: «Altmetrics don't tell the whole story», «there's a potential for gaming of altmetrics», «more research into their use is needed»[68]. AIB studi non ha ancora stabilito se aderire, ma principalmente perché l'adesione efficace al sistema prevederebbe una strutturazione di varie attività social che al momento non è pienamente disponibile. In conclusione, per avere il 'polso' del panorama delle riviste open access in Italia, entro cui adesso AIB studi si colloca, ci si può riferire a un articolo di Ilaria Fava, pubblicato nella rivista stessa [69]. Nonostante, almeno nei primi tempi, le riviste siano state considerate con minore attenzione dal movimento OA rispetto agli archivi aperti, lo stato dell'arte alla fine del 2015 mostra una condizione positiva. La posizione 'forte' degli editori scientifici tradizionali, nonché i primi poco funzionali modelli di sostenibilità economica, hanno trattenuto lo sviluppo delle riviste OA, rallentandolo rispetto a quello dei repository istituzionali (collegati anche ai programmi di valutazione della ricerca), ma la situazione sembra essersi poi bilanciata, se non riequilibrata in maniera opposta [70]. Nell'analisi di Fava, alla fine del 2014 le riviste italiane comprese in DOAJ erano 307, e rappresentavano una crescita costante a partire dal 2003, accellerata nel 2009. Per la creazione di queste riviste OA, il software più utilizzato è (tutt'ora) OJS, con qualche applicazione di sistemi come WordPress[71] e Joomla[72], ma un numero pari a quasi due terzi degli utilizzatori di OJS preferisce software sviluppati ad hoc. In tutto questo, buona parte degli editori italiani presenti in DOAJ è rappresentato degli atenei, anche se sono pochissime le university press, seguiti da editori commerciali di vario tipo, seguono infine società scientifiche e professionali, nonché associazioni culturali[73]. Le riviste italiane OA hanno, dunque, una buona presenza e visibilità internazionali, e sia i numeri sia la qualità mostrano un certo livello di crescita, che non le lascia rimanere indietro rispetto alla generale tendenza della comunicazione scientifica a incrementare il livello dell'apertura al mondo e alla società che in esso si sviluppa. Le istituzioni universitarie sono alla guida di questo sviluppo, e il fenomeno è internazionale quanto italiano, coerentemente con la loro missione scientifica, didattica e sociale. Accanto alle istituzioni scientifiche sono sempre di più le associazioni professionali - quali l'AIB - che perseguono con tenacia l'obiettivo di rendere i più diffusi e aperti possibile i risultati della propria attività culturale e di ricerca. Sul rapporto tra AIB studi e l'universo open access, e sulle criticità che risaltano, si può giusto ribadire che nella filosofia della rivista può essere dichiarato un vero accesso aperto se è aperto il rapporto, interattivo, con tutti quelli che possono avere accesso ai suoi contenuti. Sì è detto che già a partire dal 1992 la rivista via via si apre sempre più, e lo fa in modo sempre coerente, non solo proponendo la lettura a tutti, ma proponendo se stessa come luogo nel quale collaborare e interagire, tra il settore LIS e altri settori più o meno affini, tra diverse tipi di persone e di studiosi. Chi accede - sempre più alla totalità dei contenuti - può sempre più 'rispondere' alla rivista contribuendo ai nuovi contenuti che essa proporrà al pubblico, partecipando allo sviluppo delle tematiche che costituiscono la LIS e la società circostante in cui la LIS si sviluppa. In tal senso, però - come pars destruens posticipata -, si può dire che l'apertura di AIB studi al mondo è, per adesso, relativa più che altro al mero accesso, e non è ancora vera 'apertura' di tutti i contenuti resi accessibili. Tale apertura - sicuramente sincera perché tesa all'interazione - potrebbe diventare 'piena' se pressoché tutti i testi fossero pubblicati in una lingua leggibile da molti, quale l'inglese 'internazionale'. Aprire al mondo l'accesso ai testi non significa aprire e rendere accessibile, automaticamente, la 'conoscenza' dei contenuti veicolati da questi testi, scritti in italiano - che per quanto lingua nobile e antica non è parlata da tutti. Addirittura, la lingua italiana dei contenuti rende impossibile conoscerli a buona parte di coloro che potrebbero leggerli in inglese, rendendo inefficaci non solo le caratteristiche aggiuntive della open 'interaction', ma anche quelle 'tradizionali' dell'open access: la lettura libera e la conoscenza aperta. Servirebbe, dunque, aprire e rendere accessibili anche i contenuti, traducendo i saggi da pubblicare o stabilendo che siano scritti direttamente in inglese. Questa idea è presente in AIB studi, quantomeno come linea di sviluppo 'implicita' da discutere 'esplicitamente' con il comitato scientifico e con l'editore, anche se prevede un certo grado di 'rivoluzione' culturale delle proprie origini e del proprio ambiente - rivoluzione che comunque, a gradi, è già iniziata con rubriche quali l'Osservatorio e con la versione inglese degli editoriali. Per definire, sotto questa luce positivamente 'globalizzante', il rapporto tra AIB studi e l'universo OA - e divagare sui vantaggi e sulle criticità per la vita delle riviste in un panorama sempre più open - si può leggere un articolo di Michele Santoro che discute lo sviluppo della comunicazione scientifica, attraverso le riviste, dai primi giornali a stampa fino al movimento per l'open access [74]. Il percorso delle riviste per servire al meglio le esigenze della comunicazione scientifica inizia circa 300 anni fa, ed è composto da una serie di tappe che in successione quasi ininterrotta tendono alla massima diffusione e apertura della conoscenza che esse veicolano. La comunicazione scientifica in sé nasce con le prime civiltà ('circa' terzo millennio a.C.), come esigenza di tramandare le conoscenze per il progresso (in maniera più o meno segreta e acroamatica), ma sono la stampa e la scienza moderna, tra XVI e XVII secolo, che iniziano a rilanciare veramente la conoscenza come 'bene comune' [75], premettendo alla sua grande diffusione nei secoli XIX e XX, e all'esplosione 'informatica' del XXI secolo. Prima esclusivamente tramite la monografia, poi sempre più attraverso le riviste, i 'prodotti della ricerca' circolano nella comunità scientifica (in ampliamento anch'essa), che li sottopone a controllo e validazione, e solo se accettati li inserisce nella propria 'storia'. In questo modo il giudizio dei pari diventa essenziale per qualificare uno studio - salvo i tanti celebri casi di ricerche vitali per il nostro progresso che furono rifiutate dai contemporanei, per essere osannate in seguito -, a tal punto che la conoscenza si configura sempre più come qualcosa di 'pubblico', che deve essere necessariamente condiviso [76]. È comunque la stampa periodica, a partire dal XVIII secolo, che darà a questa circolazione un efficace strumento di sviluppo, e che premetterà realmente alla libertà dell'accesso alla comunicazione scientifica. Con l'aumentare, già nel XIX secolo, del numero delle riviste - fenomeno in sé di 'democratizzazione' della scienza - cominciano ad affermarsi meccanismi di valutazione e selezione quali la peer review, basata sul criterio 'naturale' della circolazione-accettazione. Il criterio in sé, è noto, può portare a logiche restrittive, quali quella della 'cerchia' che si autovaluta a pubblica, ma è anche compatibile con i progressi attuali dell'OA e della massima condivisione, che prevede nuovi sistemi di open peer review, e che considera sempre la peer review un fattore di incitamento verso la migliore qualità del lavoro di ricerca. Si arriva, velocemente, a una realtà vicina alla nostra - quella successiva al secondo dopoguerra, o alla 'conquista' della Luna - quando il numero delle riviste è aumentato a tal punto da essere 'eccessivamente' democratico, e si sente sempre più l'esigenza dell'ampliamento e della velocità della loro diffusione congiuntamente a quella di efficaci criteri di ricerca e selezione dei singoli articoli, per non parlare di quella del contenimento dei costi. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso - già la realtà attuale - sembrano essere le tecnologie informatiche quelle che possono risolvere pressoché tutti questi problemi e, insieme a Internet e al Web, portano al passaggio al digitale di riviste antiche come di nuova creazione, con grande soddisfazione degli studiosi e degli operatori 'del settore'. Su tutto questo, commenta Santoro, si innesta la possibilità di creare forme nuove di comunicazione scientifica, con nuovi strumenti e nuovi criteri di diffusione, a beneficio dell'apertura, della condivisione e della qualità di tutti i prodotti della ricerca. Questa possibilità, però, è stata sfruttata in modo opposto dalle due comunità 'nemiche-amiche' che rappresentano i maggiori attori del campo: la comunità scientifica e quella dei grandi editori. I due 'gruppi' si dividono sulla questione del profitto economico ricavabile dalle riviste, e il mondo accademico, appresso a cui quello bibliotecario, risultano alla fine fortemente penalizzati dallo stato delle cose, che ha visto il successo dell'interesse economico degli editori, al punto che Santoro sottolinea «una vera e propria "crisi della comunicazione scientifica"»[77]. L'aumento dei costi delle riviste digitali, dunque, vanifica i vantaggi della tempestività e della globalità, con l'ulteriore effetto di una nuova «recinzione» dei beni della conoscenza [78]. Paradossalmente, comunque, la strategia degli editori è stata vincente perché gli studiosi e le istituzioni hanno accettato di pagare a caro prezzo la cosa che meno avrebbe dovuto stargli a cuore, cioè il marchio editoriale - simbolo di 'qualità' degli articoli - che solo gli editori di lunga tradizione o solida fama potevano aggiungere alla tempestività e globalità della diffusione dei prodotti della ricerca - cosa più importante - che ricercatori e istituzioni potevano ottenere in vario modo da sé. In questo stato di cose, però, Santoro parla di «svolta degli anni Novanta», iniziati con l'invito di Ann Okerson, nel 1990, a mettere in secondo piano le pubblicazioni cartacee, per servirsi della rete e della libertà di depositare e recuperare, scambievolmente, saggi scientifici dagli archivi digitali aperti [79]. Questo provocherà lo sviluppo di una serie di idee e proposte in direzione delle libera diffusione della cultura scientifica, salvaguardando la qualità degli scritti e gli effetti positivi dei processi di peer review [80]. Già nel 1991, inoltre, Paul Ginsparg mette a punto quell''archivio di Los Alamos' che nel 1999 diventerà arXiv, il primo e più famoso archivio ad accesso aperto, preoccupandosi molto del livello qualitativo dei saggi depositati attraverso lo studio di meccanismi di endorsement eopen peer review che potessero garantirlo [81]. Nel pieno di queste attività, dunque, nasce nel 1999 la Open Archives Initiative (OAI), e nel 2000 si tiene la celeberrima Santa Fe Convention, basi del successivo movimento internazionale dell'open access [82]. Da queste premesse 'germogliano', tra il 2002 e il 2003, le ancor più celebri ' BBB declarations'[83], a cui fa seguito la Dichiarazione di Messina del 2004 [84]. Obiettivo di queste manifestazioni fondative è stato garantire lo sviluppo di un sistema di accesso libero a pubblicazioni scientifiche di qualità, attraverso due possibili 'strade': la green road, basata sulla creazione di archivi digitali aperti, implementati con l'autoarchiviazione da parte degli autori; la gold road, costituita da riviste ad accesso aperto, come modello economicamente sostenibile alternativo a quello commerciale [85]. Non sono mancate le iniziative istituzionali di sostegno, attraverso programmi, linee guida, raccomandazioni o decreti, quali il progetto del 2007 dei rettori di alcune università europee EurOpenScholar [86], il programma del National Institutes of Health statunitense [87], la legge italiana 7 ottobre 2013, n. 112[88]. In Italia, inoltre, è stato costituito nel 2006, all'interno della Commissione biblioteche della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), il Gruppo di lavoro sull'open access, che adotta e promuove iniziative in favore dell'OA e pubblica una serie di importanti documenti e linee guida[89]. Rimanendo nel percorso della gold road e delle riviste ad accesso aperto - a parte i reali problemi del modello economicamente sostenibile -, un innegabile vantaggio che esse mantengono anche dinanzi ai ricercatori più scettici (che preferiscono l'editoria commerciale) è quello dell'aumento dell'impatto degli articoli pubblicati. Infatti, sia aumentando le possibilità di citazione secondo i modelli tradizionali, data la maggiore visibilità e accessibilità, sia sfruttando le potenzialità dei nuovi sistemi bibliometrici (vedi le altmetrics), data la diffusione in rete, le riviste OA sono in grado di garantire all'autore una maggiore stima dell'influenza nel proprio settore scientifico e nella società stessa - cosa che, se fosse intesa nei sistemi istituzionali di valutazione della ricerca, convincerebbe molto facilmente tutti i ricercatori a passare ai nuovi metodi di comunicazione aperta[90]. Tornando ad AIB studi, per esempio, dopo il passaggio completo all'open access non solo, come ovvio, gli articoli prima pubblicati ad accesso limitato hanno visto salire di molto il numero delle visualizzazioni conteggiate dal sistema, ma anche gli articoli già prima ad accesso aperto hanno beneficiato di un forte incremento degli accessi. Visti questi e altri vantaggi, negli ultimi anni molte riproposizioni e iniziative hanno fatto seguito a quelle diventate già storiche, come le Recommendations for the next 10 years pubblicate nel 2012 per il decennale della Budapest open access initiative (BOAI) [91], o le celebrazioni del 2013 per il decennale della Berlin declaration [92], e quelle italiane del 2014 per il decennale della Dichiarazione di Messina [93] con la presentazione della Road Map 2014-2018 per lo sviluppo dell'OA in Italia [94]. L'European University Association (EUA) mette continuamente in campo iniziative per favorire l'OA, come la roadmap del 2016 [95], e in Italia il Gruppo di lavoro sull'open access della CRUI continua con le sue proposte di linee guida, anche ispirate alle raccomandazioni EUA. La storia più recente dell'accesso aperto si sta scrivendo giorno per giorno[96], sostanziata da una serie continua di iniziative quale, come esempio per tutte, l'annuale Open access week, framework internazionale per sostenere una ampia serie di attività locali [97]. Per meglio 'introdurre' la conclusione, sono da citare due riviste simili e dissimili rispetto ad AIB studi, con cui il periodico dell'AIB intrattiene rapporti di buona amicizia percorrendo insieme la strada dell'accesso aperto e della disseminazione della cultura scientifica: JLIS.it e Bibliothecae.it. JLIS.it: Italian journal of library, archives, and information science , è una rivista accademica di ambito internazionale, peer-reviewed e open access, che ha lo scopo di valorizzare la ricerca italiana in biblioteconomia, archivistica e scienza dell'informazione[98]. La rivista è nata digitale nel 2010, è pubblicata dal Dipartimento di storia, archeologia, geografia, arte e spettacolo (SAGAS) dell'Università di Firenze, è diretta da Mauro Guerrini, e co-diretta da Gianfranco Crupi e Maria Guercio. Dal 2015 il periodico è stato riorganizzato, prevedendo la suddivisione in due sezioni, dedicate una alla biblioteconomia e alla LIS e l'altra all'archivistica, con lo scopo di continuare, sotto l'unico titolo JLIS.it, anche la missione della prestigiosa rivista Archivi & computer [99], creando una reale integrazione e cooperazione tra le due discipline [100]. JLIS.it ha così due comitati scientifici, una struttura organizzativa articolata e una periodicità quadrimestrale (prima semestrale). La lingua principale è l'inglese, e sempre più spesso i contributi pubblicati sono in inglese, anche di autori italiani. La rivista, inoltre, è stata accettata in DOAJ, in ESCI di WoS, poi in Scopus, ed è classificata tra le riviste di fascia A dall'ANVUR. Aderisce a LOCKSS [101] riguardo la politica di archiviazione e a COPE per il codice etico. È pubblicata tramite il software OJS 2.4.8.0, ed è misurata anche con il sistema delle altmetrics. Bibliothecae.it , dopo la pubblicazione in formato principalmente cartaceo presso la casa editrice Morlacchi (2012-2015), dal 2016 è diventata interamente digitale e proprietà del Dipartimento di beni culturali dell'Università di Bologna, che la ospita nella biblioteca digitale di ateneo AlmaDL[102]. Diretta da Fiammetta Sabba, e co-diretta da Alfredo Serrai e Anna Giulia Cavagna, è una rivista accademica internazionale, peer-reviewed e open access, con periodicità semestrale, si occupa delle discipline del libro e del documento, e ha lo scopo di contribuire all'approfondimento e allo sviluppo dei processi di organizzazione e diffusione della conoscenza culturale. Tramite il fondatore, Alfredo Serrai, il periodico ha ereditato la tradizione delle riviste Il Bibliotecario (Bulzoni, 1984-2011) e Bibliotheca (Bonnard, 2002-2007). Bibliothecae.it è classificata tra le riviste di fascia A dall'ANVUR, è presente in DOAJ, aderisce a COPE riguardo il codice etico, e aderisce al programma Magazzini digitali[103] per le politiche di archiviazione. È pubblicata tramite il software OJS 2.4.8.0. L'ambiente digitale e quello dell'open access hanno creato nuove convergenze tra riviste che hanno datazioni e nature diverse. AIB studi, rivista professionale, si può fare risalire a una tradizione ininterrotta che origina nel 1961 - o anche nel 1955, se si vuole pensare alla prima in assoluto delle riviste dell'AIB. JLIS.it , rivista accademica, nasce per ultima, ma già in digitale, non eredita tradizioni alla nascita, ma dopo il primo quinquennio incorpora Archivi & computer, celebre rivista di archivisitica fondata nel 1991. Bibliothecae.it, anch'essa accademica, nasce nel 2012, rinasce digitale nel 2016, ma eredita le prestigiose tradizioni di Bibliotheca, nata nel 2002, e di Il Bibliotecario, nata nel 1984. Di là dalle differenze ineludibili, però, nei testi degli autori pubblicati le riviste sono spesso tutte citate, con l'effetto di richiamarsi l'una l'altra, e sono quindi connesse da una rete di citazioni. Ciò a testimoniare, tramite la stima degli studiosi, anche i buoni rapporti che intercorrono, confermati da alcune coincidenze nel comitato scientifico. Tutto questo per dire che, per quanto simili o dissimili, le riviste tendono agli stessi obiettivi di miglioramento, in vista della diffusione digitale, della strutturazione digitale, delle qualità internazionalmente richieste. Una convergenza positiva verso dati obiettivi e qualità che non tende all'omologazione dei contenuti, o della missione specifica, ma alla definizione di una forma di strumento di diffusione del sapere scientifico che sia chiara e affidabile. Tutte le riviste, di ogni ambito disciplinare, sono richiamate all'avere un formato digitale, metadati precisi, contenuti il più possibile aperti, codici etici di gestione e pubblicazione, comitati scientifici competenti, sistemi di indicizzazione, politiche di deposito, politiche di peer review rigorose e trasparenti, e ancora a utilizzare lingue diffuse, a essere puntuali nelle uscite, ad avere rapporti onesti con gli autori e con i lettori. AIB studi può dimostrare tutte queste qualità, presenti fin dalle origini, anche se implicitamente, nelle diverse serie che la hanno costituita. Come strumento di un'associazione professionale tende in ogni caso a svolgere un compito di diffusione della cultura scientifica, certa che i principi scientifici e le ricerche sono di grande vantaggio anche per la crescita e lo sviluppo della professione. I passi in direzione di una vera e propria apertura al mondo non sono ancora stati tutti compiuti, ma la posizione internazionale della rivista è solida e in progressivo miglioramento. [1] Per una ricca storia della rivista, si veda: Vilma Alberani, Paola De Castro, Elisabetta Poltronieri, Il «Bollettino» dell'Associazione italiana biblioteche dal 1961 al 1997: uno strumento di informazione, di formazione e di cooperazione , «Bollettino AIB», 39 (1999), n. 1-2, p. 9-38. Altri importanti contributi sull'attività editoriale dell'AIB, e la sua rivista, sono presenti negli atti del convegno "La professione rivista", tenuto a Sassari nel 1990: Alberto Petrucciani, La cultura, l'identità e il servizio: le riviste per una professione allo stato nascente . In: La professione rivista: i periodici italiani e stranieri di biblioteconomia , a cura di Elisabetta Pilia. Milano: Bibliografica, 1991, p. 77-93; Roberto Maini,La stampa periodica dell'AIB in questi cinque anni. In: La professione rivista, cit., p. 106-116; Giovanni Solimine, L'impegno editoriale dell'Associazione: gli strumenti per la professione . In: La professione rivista, cit., p. 117-124. [2] Su Calderini, informazioni primarie e bibliografia si trovano sul sito dell'AIB: http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/calderini.htm ; una scheda più ampia è sul sito del Dizionario biografico degli italiani: http://www.treccani.it/enciclopedia/aristide-calderini_(Dizionario-Biografico)/ [3] La versione digitalizzata di Notizie A.I.B è consultabile all'URL: http://riviste.aib.it/index.php/notizieaib [4] V. l'introduzione a: Bollettino d'informazioni AIB. Indice venticinquennale (1955-1981) , a cura di Giorgio De Gregori, Paola M. Manca. Roma: AIB, 1982 (supplemento a «Bollettino d'informazioni AIB», 22 (1982), n. 3). [5] Per le prime informazioni su Barberi e la bibliografia si rinvia al sito dell'AIB: http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/barberi.htm [6] Alcuni numeri digitalizzati (1961-1966) del Bollettino d'informazioni sono presenti all'URL: http://riviste.aib.it/index.php/boll [7] Cfr. V. Alberani, P. De Castro, E. Poltronieri, Il «Bollettino» dell'Associazione italiana biblioteche dal 1961 al 1997 , cit., p. 11-15. [8] In proposito, v.: Francesco Barberi, Questo bollettino, «Bollettino d'informazioni AIB», 5 (1965), n. 1, p. 33-35, http://aibstudi.aib.it/index.php/boll/issue/view/785 ; Angela Vinay, L'attività editoriale: il Bollettino d'informazioni, «Bollettino d'informazioni AIB», 25 (1985), n. 4, p. 531-533. [9] AIB journals: http://riviste.aib.it/
[11] Gruppo di lavoro per la metadatazione del Bollettino AIB, diviso in altri gruppi operativi e composto da: Sandra Astrella, Stefano Bolelli Gallevi, Giada Costa, Valentina Demontis, Ilaria Fava, Antonella Iacono, Andrea Marchitelli, Giuseppina Vullo. [12] V. la notizia sul sito dell'AIB: http://www.aib.it/attivita/2016/55004-digitalizzati-notizieaib-bollettinodinformazioni/ [13] Nel 2011 AIB notizie, coerentemente con il proprio ruolo, diventa una rivista solo online: http://aibnotizie.aib.it/ [14] Alberto Petrucciani, Editoriale, «Bollettino AIB», 32 (1992), n. 1, p. 5-6, http://bollettino.aib.it/article/view/7371/6769 . [15] Su questa importante bibliografia corrente, v.: Giulia Visintin, La cornice dello specchio: ordinamento e classificazione nella Letteratura professionale italiana del «Bollettino AIB» , «L'indicizzazione», 9 (1994), n. 2, p. 31-57, http://www.aib.it/aib/contr/visintin2.htm ; Vent'anni di letteratura professionale italiana, a cura di Alberto Petrucciani, «Bollettino AIB», 35 (1995), n. 3, p. 345-367, http://bollettino.aib.it/issue/view/505#lpi [16] Cfr. V. Alberani, P. De Castro, E. Poltronieri, Il «Bollettino» dell'Associazione italiana biblioteche dal 1961 al 1997 , cit., p. 18; v. inoltre: G. Solimine, L'impegno editoriale dell'Associazione, cit., p. 119-120. [17] La sezione, appartenente al vecchio sito AIB (online dal 1996 al 2011), è stata curata da Alberto Petrucciani fino al 2001, da Anna Galluzzi dal 2002 al 2010 e da Giada Costa nel 2011. [18] Il sito attuale del Bollettino AIB, digitalizzato e reso open access, consente l'accesso a quanto è già stato realizzato del lavoro - non ancora concluso - di recupero retrospettivo, fornendo la serie di strumenti di ricerca e consultazione normalmente disponibili in un sito di ejournal gestito tramite OJS: http://bollettino.aib.it/index [19] Riguardo il Gruppo di lavoro per la metadatazione del Bollettino AIB, v. sopra. [20] AIB studi : http://aibstudi.aib.it/index [21] AIB studi è stata inserita dall'ANVUR nell'elenco delle riviste di fascia A, è stata approvata dal Content Selection and Advisory Board per l'indicizzazione in Scopus ed è stata accettata per l'indicizzazione in Emerging sources citation index (ESCI), la nuova edizione di Web of science. [22] Giovanni Di Domenico, Nasce «AIB Studi», «AIB studi», 52 (2012), n. 1, p. 5-6, http://aibstudi.aib.it/article/view/6285/6010 [23] L'elenco e la descrizione delle rubriche di AIB studi è all'URL: http://aibstudi.aib.it/about/editorialPolicies#sectionPolicies [24] Il piano editoriale, intitolato Per una nuova rivista di studi AIB e datato novembre 2011, era un documento operativo per la sola circolazione interna: si ringrazia Giovanni Di Domenico per aver consentito la pubblicazione di alcune parti. [25] V. anche l'editoriale pubblicato sul primo numero 2011 delBollettino AIB: Giovanni Di Domenico, La nostra rivista, «Bollettino AIB», 51 (2011), n. 1/2 , p. 5-6, http://bollettino.aib.it/article/view/4973/4737 [26] G. Di Domenico, Nasce «AIB Studi», cit. [27] Stefano Bolelli Gallevi, Giada Costa, Il «Bollettino AIB» come open journal: dalla carta a OJS passando per l'HTML , «AIB studi», 53 (2013), n. 2, p. 159-163, http://aibstudi.aib.it/article/view/8931 [28] Ivi , p. 159. [29] Il sito di OJS è all'URL: https://pkp.sfu.ca/ojs/ [30] Il sito del Public Knowledge Project è allo: https://pkp.sfu.ca/ [31] Un saggio sulla teoria e la pratica di OJS, e sulle sue basi etiche, è costituito da: Raffaella Marandola, Le declinazioni di Open Journal System, due studi di caso in Italia: Annals of Geophysics e Between , «Jlis.it», 7 (2016), n. 1, p. 131-179, https://www.jlis.it/article/view/11307/10718 [35] Sul 'lavoro' redazionale previsto da OJS, v. Rick Kopak, Chia Ning Chiang, An interactive reading environment for online scholarly journals: the Open Journal Systems reading tools , «OCLC systems & services», 25 (2005), n. 2, p. 114-124.
[36] Informazioni sulla versione di OJS (2.4.8.0) in uso per AIB studi sono sul sito della rivista: http://aibstudi.aib.it/about/aboutThisPublishingSystem [37] V. Rick Kopak, Open access and the Open Journal Systems: making sense all over , «School libraries worldwide», 14 (2008), n. 2, p. 45-54.
[38] Roberto Delle Donne, Un intreccio di iniziative scientifiche: Reti medievali e il futuro della Storiografia digitale , «Reti medievali», 15 (2014), n. 2, p. 93-156, http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/article/view/4860?acceptCookies=1 [39] Brian Owen, Kevin Stranack, The Public Knowledge Project and Open Journal Systems: open source options for small publishers , «Learned publishing», 25 (2012), n. 2, p. 138-144.
[41] Cfr. R. Marandola, Le declinazioni di Open Journal System, cit., p. 155-162. [42] Lev Manovich, Software takes command. New York: Bloomsbury, 2013. La versione open access ('preprint' del 2008) è disponibile all'URL: http://softwarestudies.com/softbook/manovich_softbook_11_20_2008.pdf
[43] Guilherme Ataíde Dias et al., Technology Acceptance Model (TAM): avaliando a aceitação tecnológica do Open Journal Systems (OJS) , «Informacao & sociedade: estudos», 21 (2011), n. 2, p. 133-149, http://www.ies.ufpb.br/ojs2/index.php/ies/article/view/9712
[44] La presentezione di Scopus è sul sito commerciale di Elsevier: https://www.elsevier.com/solutions/scopus [45] In generale, si può vedere: Matthew E. Falagas et al., Comparison of PubMed, Scopus, Web of Science, and Google Scholar: strengths and weaknesses , «The FASEB journal», 22 (2008), p. 338-342, https://dspace5-labs.atmire.com/bitstream/handle/123456789/7634/338.pdf?sequence=1
[46] La presentazione commerciale è sul sito di Clarivate Analytics: http://wokinfo.com [47] Vedere l'home page di Clarivate Analytics, cit. [48] In proposito si possono vedere: Eugene Garfield, Citation indexing: its theory and application in science, technology, and humanities . New York: Wiley, 1979; Peter Jacso, T he impact of Eugene Garfield through the prizm of Web of Science , «Annals of Library and Information studies», 57 (2010), p. 222-247, http://nopr.niscair.res.in/bitstream/123456789/10235/4/ALIS%2057%283%29%20222-247.pdf
[49] La presentazione di ESCI è sul sito di Clarivate Analytics: http://wokinfo.com/products_tools/multidisciplinary/esci/ [50] Che comprende il settore scientifico disciplinare M-STO/08: archivistica, bibliografia, biblioteconomia. [51] Il sito dell'Agenzia è allo: http://www.anvur.org/. Per una scheda di facile lettura sull'ANVUR vedere: Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca , in Wikipedia, l'enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/Agenzia_nazionale_di_valutazione_del_sistema_universitario_e_della_ricerca [52] I regolamenti si possono leggere nella sezione del sito dell'ANVUR dedicata alla classificazione delle riviste: http://www.anvur.org/index.php?option=com_content&view=article&id=254&Itemid=623&lang=it [53] Vedi codici quali il Code of conduct del Committee on Publication Ethics (COPE): http://publicationethics.org/resources/code-conduct , o il Code of conduct dell'Open Access Scholarly Publishers Association (OASPA): http://oaspa.org/membership/code-of-conduct/
[54] L'editoriale, le recensioni e alcuni articoli scelti dalla Redazione della rivista (v. sopra). [55] G. Di Domenico, Nasce «AIB Studi», cit. [56] Paul Gabriele Weston, Anna Galluzzi, Novità e buoni propositi, «AIB studi», 56 (2016), n. 1, p. 5-6, http://aibstudi.aib.it/article/view/11452/10665 [57] A. Petrucciani, Editoriale, cit. [58] Giovanni Solimine, Un impegno che continua e si rinnova, «Bollettino AIB», 41 (2001), n. 1, p. 5-6, http://bollettino.aib.it/article/view/8483/7574 [59] G. Di Domenico, Nasce «AIB Studi», cit. [60] Tra i primi, il saggio di Valentina Comba, La valutazione delle pubblicazioni: dalla letteratura a stampa agli Open Archives , «Bollettino AIB», 43 (2003), n. 1, p. 65-76, http://bollettino.aib.it/article/view/5049 ; oppure l'editoriale programmatico di Rosa Maiello, Open Access o del futuro della comunicazione scientifica, «Bollettino AIB», 46 (2006), n. 4, p. 313-316, http://bollettino.aib.it/article/view/5178/4945 [62] Dal 2014 DOAJ è gestita dalla Infrastructure Services for Open Access C.I.C. (Community Interest Company), che ha sede nel Regno unito: https://is4oa.wordpress.com/ [63] Open Society Foundations: https://www.opensocietyfoundations.org/
[64] Riguardo i sette punti essenziali per l'accettazione, vedere la sezione The qualifiers for the DOAJ Seal, all'interno dell' Application form: https://doaj.org/application/new#deposit_policy-container [65] In proposito, vedere: il sito Altmetric, https://www.altmetric.com/ ; l'Altmetrics manifesto, http://altmetrics.org/manifesto/ ; la scheda riepilogativa di Wikipedia: Altmetrics, in Wikipedia, the free encyclopedia, https://en.wikipedia.org/wiki/Altmetrics [66] Vedere la pagina What are Altmetrics?: https://www.altmetric.com/about-altmetrics/what-are-altmetrics/ [67] Vedere, per esempio: Simona Turbanti, La visibilità - e l'impatto? - del Web ai tempi dei social: i principali strumenti di altmetrics , «AIB studi», 56 (2016), n. 1, p. 41-58, http://aibstudi.aib.it/article/view/11410 ; Maria Cassella, La valutazione alternativa: altmetrics e dintorni, «AIB studi», 57 (2017), n. 1, p. 79-90, http://aibstudi.aib.it/article/view/11515 .
[68] V. What are Altmetrics?, cit.
[69] Ilaria Fava, Riviste open access in Italia: stato dell'arte, «AIB studi», 55 (2015), n. 3, p. 373-384, http://aibstudi.aib.it/article/view/11291 [70] V. anche Peter Suber, Ten challenges for open access journals, «SPARC open access newsletter», 2009, n. 138, http://legacy.earlham.edu/~peters/fos/newsletter/10-02-09.htm
[73] I. Fava, Riviste open access in Italia, cit., p. 375-381. [74] Michele Santoro, Dalla stampa all'open access: percorsi della comunicazione scientifica , «Culture del testo e del documento», 12 (2011), n. 35, p. 27-73; ora pubblicato anche in Bibliografie, biblioteche e gestione dell'informazione: un omaggio a Francesco Dell'Orso , «ESB Forum», 2016-2017, http://www.riccardoridi.it/esb/fdo2016-santoro.htm [75] Su questo, si può rinviare a due classici: Robert K. Merton, The sociology of science: theoretical and empirical investigations . Chicago: University of Chicago, 1973; Understanding knowledge as a commons: from theory to practice , edited by Charlotte Hess, Elinor Ostrom. Cambridge: MIT, 2006. [76] In proposito, v. Pietro Greco, La scienza on line circola come ai tempi di Galileo Galilei, «Telema», 17/18, 1999, http://web.archive.org/web/20041014171146/http://www.fub.it/telema/TELEMA18/Greco18.html [77] Cfr.: M. Santoro, Dalla stampa all'open access, cit.; Sanford G. Thatcher, The crisis in scholarly communication, «The chronicle of higher education», 41 (1995), n. 25, p. b1-b2; Paul Metz, Paul M. Gherman, Serial pricing and the role of the electronic journals, «College and research libraries», 51 (1991), p. 315-327; Association of Research Libraries, University libraries and scholarly communication, edited by Anthony M. Cummings et al. Washington: Association of Research Libraries, 1992.
[78] Charlotte Hess, Elinor Ostrom,Introduction: an overview of the knowledge commons, in Understanding knowledge as a commons, cit., p. 3-26.
[79] V. Ann Okerson, Periodical prices: a history and discussion, «Advances in serials management», 1, 1986, p. 101-134; ead., Scholarly publishing in the NREN, «Arl: a bimonthly newletter of research library issues and actions», 151, 1990, p. 3-4.
[80] Per esempio, la fondazione della rivista Psycoloquy: http://psycprints.ecs.soton.ac.uk ; di CogPrints - Cognitive Science E-print archive: http://cogprints.ecs.soton.ac.uk ; del Cern Document Center: http://cdsweb.cern.ch/; di RePec - Working Papers in Economics: http://repec.org. Inoltre, v.: Luca Guerra, Paradigmi emergenti della scholarly communication, «Bollettino AIB», 42 (2002), n. 4, p. 413-439; John MacColl, E-print archives key to paperless journals, «Ariadne», 2, 1996, < http://www.ariadne.ac.uk/issue2/ejournals/ >; Stevan Harnad, Post-Gutenberg galaxy: the fourth revolution in the means of production of knowlwdge , «The public-access computer system review», 2 (1991), n. 1, p. 39-53, http://info.lib.uh.edu/pr/v2/n1/harnad.2n1
[81] Paul Ginsparg, First steps towards electronic research communication, adapted from «Computers in Physics», 8 (1994), n. 4, p. 390-396, http://xxx.lanl.gov/ftp/hep-th/papers/macros/blurb.tex ; id., Winners and losers in the global research village, invited contribution for Conference held at Unesco, Paris, 19-23 February 1995, http://arXiv.org/blurb/pg96unesco.html
[82] I promotori principali di queste azioni sono stati Paul Ginsparg, Richard Luce e Herbert van de Sompel. In proposito, tra i molti riferimenti, v.: The Santa Fe Convention for the Open Archives Initiative, http://openarchives.org/meetings/SantaFe1999/sfc_entry.htm ; Diann Rusch-Feja, The Open Archives Initiative and the OAI Protocol for Metadata Harvesting , «Learned publishing», 15 (2002), n. 3, p. 179-186; Mark Needleman, The Open Archives Initiative, «Serials Review», 2 (2002), n. 2, p. 156-158.
[83] Budapest open access initiative : http://www.budapestopenaccessinitiative.org/ ; Bethesda statement on open access publishing: http://legacy.earlham.edu/~peters/fos/bethesda.htm ; Berlin declaration on open access to knowledge in the sciences and humanities : https://openaccess.mpg.de/Berlin-Declaration
[84] Vedere all'URL: http://newpleiadi.caspur.it/conf/Messina041/index981f.html [85] V. Jean-Claude Guédon, The 'green' and 'gold' roads to open access: the case for mixing and matching, «Serials Review», 30 (2004), n. 4, p. 315-328, http://eprints.rclis.org/3039/
[86] V. Bernard Rentier, Pour une université ouverte et interactive: EurOpenScholar, http://recteur.blogs.ulg.ac.be/?p=151
[87] NIH Public Access Policy Details, http://publicaccess.nih.gov/policy.htm
[89] CRUI - Open access: https://www.crui.it/open-access.html
[90] Riguardo alle questioni bibliometriche in generale si rinvia a: Chiara Faggiolani, La bibliometria. Roma: Carocci, 2015; Nicola De Bellis, Introduzione alla bibliometria: dalla teoria alla pratica. Roma: Associazione italiana biblioteche, 2014; Riccardo Ridi, Bibliometria: una introduzione, «Bibliotime», 13 (2010), n. 1, http://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xiii-1/ridi.htm [92] Berlin 11 - 10 years Berlin Declaration: https://openaccess.mpg.de/Berlin11
[93] Dichiarazione di Messina 2.0: la via italiana all'accesso aperto: http://decennale.unime.it/ [94] Benedetta Alosi, Nunzio Femminò, Una Road Map per l'accesso aperto da Messina verso l'Europa: il Decennale della Dichiarazione di Messina lancia la nuova via italiana all'accesso aperto , «Bibliotime», 17 (2014), n. 3, http://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xvii-3/alosi.htm [95] European University Association, EUA roadmap on open access to research publications, 2016, http://www.eua.be/activities-services/news/newsitem/2016/02/04/just-released-eua-roadmap-on-open-access-to-research-publications
[96] Un pezzo di questa storia è raccontato in una recentissima pubblicazione: Open: the philosophy and practices that are revolutionizing education and science, edited by Rajiv Jhangiani, Robert Biswas-Diener. London: Ubiquity, 2017, http://www.ubiquitypress.com/site/books/10.5334/bbc/
[97] Open access week: http://www.openaccessweek.org/
[98] JLIS.it: https://www.jlis.it/ [99] La versione digitalizzata di Archivi & computer è deposistata nella Sapienza digital library (SDL): http://sapienzadigitallibrary.uniroma1.it/identifier/RMSDIGILAB_ARCHIVICOMPUTER [100] V. l'editoriale: JLIS.it 2015 Manifesto, «JLIS.it», 6 (2015), n. 1, https://www.jlis.it/article/view/11080 [101] LOCKSS - Lots of Copies Keep Stuff Safe: https://www.lockss.org/
[102] Bibliothecae.it: https://bibliothecae.unibo.it/ [103] Depositolegale.it: http://www.depositolegale.it/
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