Chi ha avuto occasione di leggere testi di contenuto professionale redatti
da Francesco (talvolta su argomenti particolarmente aridi, anche per gli
addetti),[i] chi ha scambiato
con lui una corrispondenza professionale o solo privata, vi ha ben presto
scorto uno stile e, più che uno stile, una voce.
Da non addetta ai lavori, ma da frequentatrice ravvicinata e parzialmente
consapevole delle questioni di cui trattava, vorrei tentare di far
riemergere questa voce con gli strumenti che mi sono più connaturali,
quelli dell'analisi linguistica e stilistica. Le osservazioni ed ipotesi
qui presentate non pretendono di raggiungere certezze né
esaustività: la materia è troppo ricca, variegata, intensa.
Indicheremo solo alcune piste in una passeggiata necessariamente fatta di
spigolature, riascoltando questa voce.
Gli scritti che ho scelto di rileggere coprono un lungo periodo, dal 1983
al febbraio 2015, e sono quasi tutti riferiti all'informatica documentaria.
In un arco di tempo così esteso, si vedranno le forme espressive
guadagnare in scioltezza, le competenze sulla materia in sicurezza,
tuttavia la maniera, lo stile, si manifestano presto e rimangono
sostanzialmente immutati. Vedremo quindi emergere delle costanti
nell'approccio che Francesco ha mantenuto nelle forme da lui predilette.
Oseremo poi soffermarci su alcuni contenuti riguardanti le notevoli
trasformazioni degli strumenti informatici e delle pratiche ad essi
connesse, e su una sua concezione del lavoro bibliotecario e del lavoro tout court. Accenni quindi, attraverso una selezione di citazioni e
qualche riflessione personale: sarà solo come scalfire la superficie.
Nella sua relazione presentata nell'aprile '84 al III convegno del gruppo
degli utenti del DOBIS-LIBIS, egli fa notare - in un inglese non
impeccabile ma già condito con qualche battuta - quanto nei corsi di
formazione sia molto più utile la pratica al terminale, piuttosto che
le istruzioni scritte: "(...) many operations are like 'frying an egg',
that is, they are fundamentally very simple in practice, but very difficult
to convey with any amount of abstract instructions" (2,1). Ma tant'è,
le circostanze e le condizioni di svolgimento dei corsi non permettono
sempre di avere terminali a disposizione né di assistere di persona i
partecipanti nel loro percorso. Da qui probabilmente un'attenzione
puntigliosa alle guide o informazioni date "a distanza", per iscritto
appunto, che costituiranno buona parte dei suoi interventi.
Questo uno dei primi compiti dei manuali e delle recensioni su programmi
informatici, e questo ritroviamo nei manuali da lui redatti, nei numerosi
articoli di presentazione e analisi dei BFS (Bibliography Formatting
Software), poi BMS (Bibliography Management Software), a partire dal 1994.
Le istruzioni sono precise e chiare: il lettore, chi cerca di sapere come
funziona o come usare un programma è accompagnato passo passo (un
esempio per tutti: "Procedura manuale per il recupero di spazio su disco,
4, 63-64), in una prosa fitta e rigorosa.
Chi si misura con l'apprendimento riceve consigli ed incoraggiamenti, che,
si suppone, accetta volentieri quando ben presto si accorge che il percorso
da lui avviato è stato già sperimentato in tutte le sue
ramificazioni dall'autore. Infatti, dietro ogni riferimento alle funzioni
dei programmi vi sono numerosi test di funzionamento da lui effettuati.
Specie nelle descrizioni dei vari programmi, l'autore non esita a porsi in
prima persona e a riferire di errori, percorsi mancati o tortuosi
attraverso i manuali di riferimento, le liste di discussione degli utenti,
fino alla mail o addirittura la telefonata di chiarimento richiesta
direttamente all'autore del programma:
Vi sono tabelle ed esempi (su questi torneremo), si premura, inizialmente
non in modo sistematico, poi con sempre maggiore frequenza, di tradurre i
termini inglesi[ii]
Infine, le sue valutazioni sulla qualità dei programmi sono
corroborate da considerazioni sulla praticità, l'efficienza,
l'economicità, chiaramente espresse, anche se spesso accompagnate da
prese di posizione che ci portano molto presto verso altre forme espressive
(vedi paragrafo successivo)
L'espressione ricorre per forza a termini tecnici in fitta successione, ma
anche se ci si deve tornare più volte per capire e assimilare (è
quanto succede con qualsiasi apprendimento, dalla grammatica inglese alle
istruzioni di montaggio di un mobile Ikea), non ci si perde mai.
Riscontriamo quindi tutte le qualità di un testo informativo e/o
didattico, quelle che favoriscono motivazione e interazione. Ma le
osservazioni che precedono ridurrebbero il nostro discorso a ben poca cosa
se ci fermassimo ai soli modi dell'enunciazione (quasi) piana. Infatti - e
negli esempi che precedono se ne colgono già gli accenni - man mano
che prosegue, al lettore/professionista in cerca di informazione e/o
formazione si palesa una voce che lo accompagna, un interlocutore che lo
porta verso la sua precisa, puntuta, accurata visione delle cose ma usando
questa volta tutti gli strumenti del discorso non tecnico:
Un inserto di spicciola filosofia esistenziale a proposito di interazioni
fra aziende come Microsoft e produttori di Bfs?!
E così via in un crescendo di figure, di accostamenti scherzosi,
inediti, stimolanti
Quindi sì, può capitare di sorridere e perfino di ridere leggendo
un articolo seriosamente intitolato: Bookends Plus© per Macintosh -
Un programma per gestire archivi bibliografici su microelaboratore
Certo, queste apparenti digressioni possono servire a puntellare la
funzione comunicativa e/o didattica, dando dinamicità a una materia di
per sé tetragona. Ma vedere questi inserti non strettamente necessari
all'oggetto di studio o analisi come un condimento suggerito da uno di quei
manuali ad uso dei conferenzieri o di chi deve esprimersi in pubblico (per
certi politici la barzelletta è d'obbligo) sarebbe fermarsi alla
superficie, appunto.
Al di là del divertimento dell'osservazione maliziosa o del puro
piacere di scrivere, che pure hanno il loro peso, c'è ben altro. No,
qui lo stile è sostrato e sostanza nell'evocazione delle operazioni
talvolta ancillari che si è chiamati a svolgere nel quotidiano, non
solo in quanto bibliotecari, e si esplica nella grande varietà di
scelte lessicali e stilistiche e dell'universo di conoscenza al quale esse
rimandano.
Si fa quindi palese l'intreccio e il contrasto fra tecnicismo asciutto
dell'argomento e rigoglio della lingua, ma senza nessuna
intenzionalità artificiosa, anzi con un estro naturale nel momento di
esporre ed esporsi.
È questa funzione quindi che dà maggiore piglio e
originalità ai suoi testi, e cercheremo qui di darne ragione, entrando
nelle pieghe dell'espressione.
Il lettore che, sulla base del titolo, cerca informazioni su "Banche dati
bibliografiche gestite su microelaboratore e accessibili via Web" (22), ne
otterrà, come abbiamo visto prima, gli ultimissimi e documentatissimi
aggiornamenti, con rapida entrata in materia ("Si tratta davvero di un
progresso consistente" (22, 39 a) ma ben presto s'imbatterà anche in
frasi come queste:
Una metafora continuata, l'evocazione di un viaggio immaginifico raccontato
in un film, l'allusione alla fede e ai miracoli...
Un rituale iniziatico, data la solennità del tono? Ma ecco la sottile
ironia della frase successiva, con la sua chiusa latina:
Due caratteristiche emergono qui, che ritroveremo nei numerosi esempi che
seguono: l'ampia gamma lessicale, la ricchezza e la varietà delle
immagini, sistemate in combinazioni o successioni singolarmente espressive.
Percorriamo dunque questa variegata tavolozza:
Nell'insieme, la lingua è d'impronta classica, non disdegna la
lunghezza ma si fa strumento duttile sia nelle sue espressioni tecniche che
quando serve al dispiegamento di un universo di riferimenti e richiami
rigogliosi, attinti sia alla cultura dotta che alla cultura popolare.
A parte quello tecnico, il lessico non è confitto in forme
convenzionali, anzi copre tutte le estensioni dei registri, dal familiare
parlato al più aulico con i suoi preziosismi:
Senza contare, a punteggiare le allusioni ironiche, l'uso delle virgolette
e dei diminutivi ("pulsantini", "iconcine", "Silviuccio" come nome da dare
a un archivio, "compagnuccio" per un software aggiuntivo).
La più frequente è, naturalmente, la metafora. Queste non
mancano, raramente sono banali, spesso sono continuate.
Ne diamo qui alcuni esempi, quando vengono usate sia per presentare i
programmi che le loro funzioni o le operazioni che con essi si possono
compiere:
Menzione a parte meritano le metafore attinenti alla cucina e alla
gastronomia. Un loro uso privilegiato lo si ha nell'esprimere le diverse
posizioni assunte dai produttori da una parte e dagli utilizzatori
dall'altra. I primi tendono a presentare "piatti pronti", i secondi
oscillano fra l'accettazione e il rifiuto:
Ma vi sono anche figure meno comuni, che denotano un uso raffinato degli
strumenti espressivi provenienti da una lingua coltivata approfonditamente
e con la quale si ama giocare, con esiti spesso briosi:
Abbiamo per forza ridotto le citazioni per esemplificare più
chiaramente. In realtà, la sostanza dello stile sta nella continua
combinazione di registri lessicali, di figure e di pensieri, che talvolta
originano corto circuiti, tramite la combinazione di forme piane con forme
iperboliche, sgargianti, esplosive, di stampo gaddiano, aggettivo
giustamente usato da Riccardo Ridi.
La data precisa, da romanzo ottocentesco, l'aggettivo epico "glorioso" per
quello che è comunque un programmino. Il padre-padrone di leddiana
memoria, l'accostamento incongruo e l'esagerazione di "di stucco e in
gramaglie", gli anatroccoli, immagine generata da Papyrus, pianta
acquatica, e da... Konrad Lorenz, padre-padrone delle sue ochette,
l'inondazione di messaggi che consolida l'ambientazione acquatica, il
crescendo delle proteste e dell'assurdità delle stesse...
Ma ciò può capitare anche più semplicemente in una
enumerazione dagli accostamenti incongrui:
1.3. Una commedia umana
Se cerchiamo di raccogliere in un'unica visione la varietà di questi
strumenti linguistici e stilistici, vedremo delinearsi un universo che
richiama le varie "commedie umane" care alla letteratura romanzesca. Gli
strumenti di lavoro che sono i Bfs, quei programmi di fondamentale ma
spicciola praticità, anche i più ostici, si animano: dietro di
loro ci sono persone al lavoro, capitali che si muovono e pesano,
comunità di utenti, passioni polemiche che si scatenano, attaccamento
affettuoso a determinati prodotti in funzione di personali affinità,
risultati, fallimenti, percorsi comuni protratti nel tempo. Con il gusto
del dettaglio, vengono narrate, illustrate o commentate con piglio
divertito, spesso ironico e qualche volta sarcastico, le debolezze, le
piccole vanità, le cautele, gli interessi. Ma vengono anche salutati
il lavoro, l'impegno disinteressato, la genialità, la creatività.
Non vengono ignorate le difficoltà in cui ogni giorno s'imbattono i
bibliotecari. E ancora, il calcolo e il cinismo dei finanziatori, la
dedizione degli autori, l'entusiasmo degli utenti, la loro ingenuità,
la furbizia dei commerciali, la parsimonia del consumatore.
Ma vediamole dispiegarsi, queste tranches de vie:
1.3.a. Lo scenario
è quello, modesto, come ribadito ripetutamente, dei BFS (poi
BMS):
"Parlando del mondo esterno, riguardo a cui i BFS sono un tassello." (13, 38 c)
"(...) questa regione del BFS (...)" (16, 62 a)
"in questo settorucolo (...)" (14, 19 d)
"anche in questo campicello" (13, 39 a)
"(...) fra le bancarelle di questo mercatino (...)" (19, 54 a)
"(...) strumentini a gittata più corta." (22, 41 a)
Questi programmi sono oggetto di una personificazione umoristica e blanda,
quasi umanizzati, accrescendo la sensazione che con essi si sviluppa un
rapporto di familiarità affettiva, ma niente a che vedere col vecchio
Hal di 2001, Odissea nello spazio né con le possibili derive
raccontate nel film Her, per citare solo alcuni esempi:
"Lo spostamento nelle liste non è il misterioso balbettìo di
ProCite (...)" (2000, 14, 21 a)
"(..) il che non è proprio quanto consigliato per l'igiene intima
del disco fisso." (4, 3)
Bookends Plus
"senza multinazionali alle spalle, evolve tenacemente attraverso i
tempi (...), disvela costole tecniche della sua struttura"
[e infine]
"può viaggiare con un compagniuccio che si chiama Reference Miner
(...)." (21, 27 e 29 b)
"Library Master va incontro alla sfida gagliardamente (...)." (9, 27 b)
"(...) il pacioso operatore "Contains"(...)." (26, 44 a)
"Altro suo aspetto commendevole è la sottolineatura, portata sulla
fronte e non celata, di cosa il programma non fa." (10, 20 a)
"Isis richiede anzitutto un record (...) e ne reclama
l'indicazione (...)." (4, 12)
"(...) i documenti connessi dimorano e si muovono accucciati con
l'archivio." (26, 43 c)
1.3.b. Gli ideatori
A monte, dietro le quinte, gli ideatori, detti anche produttori.
Inizialmente singoli individui, progressivamente coadiuvati e/ o sostituiti
da équipes finanziate da ditte private, poi da multinazionial. Di
questi ideatori, che normalmente restano dietro le quinte, ci vengono
proposti vari ritratti:
Ecco Harry Hahne,
"l'editore, ideatore, conduttore della Balboa Software di
Toronto","biblista all'università, un tipo liscio come una raspa,
laicamente dedito, oltre che allo sviluppo, alla commercializzazione e
alla difesa ad oltranza della sua creatura, anche quando ciò costi
omissioni e parzialità di giudizio." (17, 30c).
"Biblista", "laicamente", "creatura" e più in là, "missione", il
campo metaforico viene sfruttato appieno.
Ci sono i francesi Christophe Guibert (Vedi 24) e Pierre Martineau (Vedi
31), l'autore di ProCite, Victor Rosenberg e l'ideatore di Bookends, del
quale si parlerà qui sotto.
Questi si rendono disponibili agli utenti, on line o direttamente al
telefono: dell'uso di questa risorsa si fa menzione più volte. La loro
dedizione, le loro fatiche vengono ripetutamente sottolineate ("ore di
lavoro sottratte al sonno"), specie quando, con il progresso tecnologico,
si accrescono a dismisura le funzioni da rendere disponibili e si vede
crescere la mole di lavoro, la quasi impossibilità a verificare per
esempio le "centinaia, migliaia di stili di citazioni e di filtri di
riformattazione dei dati"
"Per questo i non invidiabili produttori i BMS hanno la lingua fuori e
i calzini sporchi." (2005a, 23, 28 a?)
Ci sarà lo sviluppatore che interverrà sulla lista di discussione
per specificare quanto sia lungo e meticoloso il lavoro di aggiornamento:
"(...) un programmatore con parole di rinsavimento che all'osso suonavano
come 'voi non sapete di che cosa state parlando, io sì l'ho fatto per
anni e vi dico che rifare un programma come ProCite fa paura'." (22, 40 c,
con nella nota 8 il testo in inglese)
La nascita di EndNote dà luogo alla narrazione spiritosa e gentilmente
ironica di un vero e proprio mito fondatore, presentato, con tanto di
virgolette, come:
"Una storia americana: 'Nel 1985, il dr. Richard Niles - poi
divenuto un matematico - notò che sua moglie - scienziata
anch'essa - passava delle ore a preparare bibliografie secondo le
differenti regole di stile delle riviste scientifiche. Decise allora di
creare uno strumento che aiutasse sua moglie e altri ricercatori a
manipolare citazioni e a preparare bibliografie
automaticamente'."(10,18 a)
Grande successo presso gli studiosi, con oltre 100.000 licenze vendute nel
mondo, dovuto a
"un'attenzione costante, fedele e non monotona, a quanto undici anni fa
l'immagine della moglie suscitò nella mente del dott. Niles." (10,
27 c)
e quindi:
"(...) e da allora, probabilmente, in casa Niles aleggia una perenne
frangranza di cookies and apple pies. Pare che la famiglia dei Bfs
(...) debba la sua nascita a tale peccato originale." (10, 18 a)
Un quadro di felicità familiare, il Dr Niles e la moglie,
novelli Adamo ed Eva, progenitori della famiglia dei Bfs...
1.3.c. I finanziatori
sempre più voraci, interessati più al guadagno che alla vera
innovazione: ciò verrà ripetutamente sottolineato, in maniera
crescente con il tempo: come viene proposta ogni anno una nuova versione,
come sia un'operazione commerciale, come questo vada a scapito
dell'efficienza e della qualità:
"Puntuale come una tassa annuale, arriva la nuova versione di EndNote
(...) " (25, 31 a)
"L'appuntamento fra solstizio estivo e nuova edizione di EndNote è
un rendez-vous scevro di ogni torrida attrazione associabile alla notte
di san Giovanni e si rinnova con regolarità che dovrà ormai
suonare astrale ai naïf e affaristica ai blasé." (26, 43 a)
"Produrre è oggi diventato il 'meno': è la diffusione che
conta." (11, 40 b)
Quando poi una ditta fallisce, si sospetta o palesa la reazione cinica
"Quelli dell'ISI [produttori di altri BFS, i tre più importanti] e
i suoi clienti avranno da una parte avvertito un brivido, e dall'altra
si saranno fregati le mani, non per la disgrazia altrui, ma per la
salute propria." (15, 39 a)
"I signori della Thomson Researchsoft, dal momento che lo possiedono
legalmente, stanno servendosi del corpo di ProCite come di un relitto
di macchinario progettato da ingegnosi artefici di specie estinta. Un
po' alla volta, ne recuperano parti, vi speculano e le replicano nella
più gracile complessione di EndNote (...)." (2006, 26, 44 a)
Ma qualche volta questi bricolage finiscono maluccio:
"Il lavoro di compatibilità con Unicode si configura come un
balzo sull'altro argine del fosso senza passerella di ritirata: quanti
non saltano restano fuori e inoltre il balzo non è venuto bene
nemmeno al produttore il cui tallone è finito nella melma." (23,
23 a)
1.3.d. Gli utenti
dagli enti ai bibliotecari agli studenti e studiosi. Quadro vivace
anche lì dell'organizzazione che si dànno gli enti, delle piccole
tragedie che si consumano quando un programma chiude, delle frustrazioni
quando qualcosa non va, quando si deve pagare per poche novità, cui
fanno da eco le liste di discussione:
E' quanto succede quando un programma non viene più aggiornato e entro
poco tempo non sarà più disponibile, come ProCite.
I bibliotecari naturalmente, categoria professionale di cui conosce e
riconosce miserie e grandezze. Lì si dispiegano accenni complici
nell'evocazione degli annosi problemi irrisolti (standard di catalogazione,
servizi agli utenti), delle piccole manie e debolezze riscontrabili in
qualsiasi professione:
"(...) perché lì non ci si potrà non preoccupare dei
cari Ibid. e Op.Cit., di Smith 1998 a Smith 1998b (...)." (17,
34 c)
"(...) con goduriosi Ibid. o Op.Cit.( ...) (14, 22 c)
"(...) il rugginoso e cavilloso zio Marc, coccolato
invece dai bibliotecari." (19, 54 c)
" (...) rimane il medesimo anche quando si distruggono record, piace a
quanti reclamano un nome unico, identificante e breve per i documenti,
quello spesso surrogato coll'adorato numero d'inventario."
(10, 22 a)
"Chi non è malizioso né masochista potrebbe stimare che,
assolta una volta la corvée poi, per altri archivi, si possa
procedere copiando la prima matrice e lavorando sulla copia. Lo si
può fare se non si è affatto ingenui e se ne sa molto di
più, anche di ciò che è esposto nel Reference Manual."
(7, 24 a)
1.3.e. L'autore
non manca di inserirsi nel quadro e di trascinare con sé i lettori:
"Avete presente la mascherina, tanto cordiale, con tre, quattro
finestrelle di campi, la tendina coi nomi di campi in cui cercare le
stringhe che si digitano e a destra gli operatori booleani?" (2004,
20,64b)
Si definisce di volta in volta come "pedante recensore", "analista
conservatore", "snob" (26, 43 a), sottolinea il "mugugno senile", le
"spigolature maligne da catalogatore", la "consapevole perfidia" (23, 24 b)
di uno che non vuole "sembrare blasé ma certo [per] non mammoleggiare
fuori luogo." (2005, 24, 28 a )
E non è difficile indovinare in quale categoria si colloca quando,
genericamente, evoca "gli utilizzatori di vecchia data e i conservatori"
né quando oppone "i virtuosi" e "gli inquieti" in questa lunga
disquisizione:
"Le versioni di aggiornamento ravvicinate e poco innovative irritano
una parte degli utilizzatori, i virtuosi che vogliono uno strumento per
fare tranquillamente un lavoro interessante e ne mandano in sollucchero
un'altra, gli inquieti interessati al manufatto ultimo grido per andare
a vedere cosa fa meglio di prima. D'altronde questo tipo di
ragionamento rassicura tutti gli utenti da un punto di vista: la ditta
è viva e attiva, il prodotto anche. " (15, 38 b/c)
1.3.f. Le situazioni: (la drammaturgia)
Le situazioni più drammatiche càpitano quando un programma non
viene più aggiornato, quando scompare dalla circolazione: ne abbiamo
letto un esempio con la vicenda Papyrus (v. p. 9). Ne vengono evocate le
conseguenze economiche e organizzative per gli enti che l'hanno acquistato
e hanno investito risorse finanziarie per la formazione e l'informazione di
personale e utenti, come per esempio le università britanniche (15, 39
a).
Anche gli utilizzatori privati, che si erano abituati -
affezionati - ai percorsi forniti e devono ricominciare daccapo con una
nuova configurazione:
"Un malfunzionamento suscita messaggi allarmati sulla lista, richieste
di chiarimenti, anche veementi disappunti." (16, 62 a)
"Ho letto scambi di accorate richieste e protettive risposte su come
eliminare uno spazio vuoto di troppo, una virgola dopo l'ultimo autore,
una parentesi a chiusura di un richiamo in cui era stato tolto un
elemento standard, ma mai una protesta per le deficienze in ricerca e
per la conversione dei dati importati." (26, 46, b/c)
Merita qualche stralcio la lunga disquisizione sulle sorti di ProCite e
sulle reazioni quando è stata annunciata la sua fine programmata:
"Siamo giunti alla stagione della rassegnazione dopo quella della
protesta, e fa un certo effetto leggere ancora nel 2004, su una lista
di discussione internazionale e a larga maggioranza statunitense,
l'invito generoso -giacché rivolto ad altri - sorretto da spirito
di indipendenza antimonopolista e da afflato di piccola comunità,
a rimboccarsi le maniche, aguzzare l'ingegno, allo scopo di mettere su
un programma sostitutivo e non cadere nelle capaci fauci della
ISI-Thomson né in quelle non sdentate della concorrenza. (...)
Perché fa effetto leggere esortazioni del genere? Ma perché
rivela una diffusa, pertinace sottovalutazione dell'impegno necessario
a un'intrapresa del genere, tale che è cortese definirla
naïf." (11, 40 a)
"La tecnologia fa i conti con la politica del mercato e la sua strada
è punteggiata di cadaveri, regressi, targhe che rammentano
'nella lotta' può soccombere il migliore'." (11, 40 b)
1.3.g. Lo scenario si allarga, si apre al mondo
Non mancano le note di colore sull'italianità, il più delle
volte confrontata con i modi di essere americani.
Vengono sottolineati i diversi approcci di qua e di là dall'oceano, ma
anche le non gloriose realtà del "Bel Paese". Da questa identità
l'autore non si esclude mai, ne accetta in pieno ombre e luci.In fondo
anche questo fa parte del suo dialogo a distanza con la comunità dei
bibliotecari italiani.
Cominciamo con queste affermazioni un po' sibilline all'uditorio del 4.
Convegno inter nazionale del DOBIS-LIBIS Users' Group, Roma, 3-6 Settembre
1985 :
C'è la consapevolezza di un'immagine dell'italiano all'estero:
"As another instance of the above-mentioned 'courage', if not of
Italian 'creative-genius' (...) (2, 2)
"(...) these defects reflect our library experience and our real
situation in Italy and, I am sorry to say, our mentality as well."
(2, 3)
C'è il modo in cui gli italiani guardano a se stessi anche in
confronto al resto del mondo:
"(...) a guardare il mondo, anche quello non così ben sviluppato
come il Bel Paese (...) (9, 32 a)
"Succede nella nostra oleografia coi grandi macchinari
ospedalieri."(2002, 16, 59 a)
"Tuttavia, da italiani, questo suona come incontentabile e inclemente
lamento
:
con questi manuali, senza l'aiuto di nessuno, si impara tutto, o quasi.
Quando mai ci capita coi nostri?" (12, 37 b)
delle biblioteche italiane, vengono evocati i
"problemi edilizi (anche con l'oleografica e realissima umidità,
fondo antico in serra, animali vari (...)" (1, 3)
A proposito del "pistolotto" mandato dal socio di una ditta americana per
annunciare alla lista degli utenti le dimissioni dell'altro socio:
"che a noi europei piace continuare a designare come di puro stile
americano." (2000, 14, 18 c)
Dell'America ritroviamo molti clichés che trovano riscontro
nell'esperienza, ma anche l'espressione di qualche delusione e un ritratto
non sempre indulgente delle sue ingenue manie.
Dei programmi, in prevalenza ideati e prodotti negli Stati Uniti, si
sottolinea la matrice quasi genetica: sono "di razza statunitense"
(6, 29 c)
L'osservazione non è del tutto gratuita, poiché in un altro luogo
specificherà che la cultura americana ha
"sempre enfatizzato (...) senza tentennamenti il mondo anglofono" (10,
18, c)
e non offre "lingue diverse dall'inglese." (ibid.)
Come geneticamente "big" risulta tutto quanto attiene all'America, vista
dagli Americani (che ne hanno poi convinto il resto del mondo)
Il quadro si amplia al resto del mondo: alcuni articoli sono stati dedicati
a programmi non americani, come Bibus del francese Martineau, e Web Idea
Tree,del francese Guibert. A Linux verrà dedicata una lunga
riflessione nel 2004 (22, 40) e non mancheranno le segnalazioni di un
piccolo software lituano né del contributo portentoso dell'australiana
University of Queensland (29, 45 b) alle analisi comparate dei programmi.
Ne risulta un effetto di personalizzazione, un coinvolgimento di chi scrive
e di chi legge in una comunità di addetti ai lavori, di italiani, di
cittadini di un'epoca del consumo e di un mondo globalizzato.
1.3.h.
Tranches de vie
Né mancano infine, fuori dall'ambito stretto del lavoro, le aperture
verso la realtà quotidiana, talvolta in forma di massima.
"Un programma che usiamo regolarmente sulla macchinetta a schermo, cui
affidiamo ciò che non affideremmo a noi stessi (...)." (2002, 15,
38 c)
"Ovviamente quello che rientra nelle buone abitudini, come la
ginnastica mattutina, la programmazione economica e il 'misurare il
passo sulla gamba'. (1, 5)
"(...) i libri che non trovano più spazio né nello studio
né nel soggiorno, né nel corridoio vanno chiusi in scatole di
cartone e posti in cantina." (1994, 6, 27 a)
"(...) dipanandosi con la mestizia dei buoni propositi e dei loro
faticosi insuccessi." (1, 5)
Questo respiro oltre i tecnicismi puri e duri si manifesta anche nei
numerosi riferimenti tratti dalla vita pubblica, da una cultura condivisa,
sia essa dotta o popolare:
La newsletter degli utenti Dobis non è "né Osservatore
romano, né Pravda." (53,4),
cioè ci si esprime liberamente
"Sono tanti i $ di Paperone" (4, 39),
esempio di possibili confusioni con i caratteri usati nella ricerca con
Isis.
"le finestre che sorridono" ( 21, 32)
sono quelle di Windows, non quelle di Pupi Avati (che poi ridono)
"Non è detto che (... ) l'editore non la faccia pagare a chi ha
saltato uno scalino. Sono comunque scale salate."( 19, 59 a)(
Il sommo Poeta?)
"Allora, downloading e riformattazione, certo non nuovi, sono
progressisti o conservatori? Di destra o di sinistra?" (5, 29 c)
(un'eco di Gaber?)
"fatti voi foste per esser adoprati, non per blandire chi vi ha
creati." (11, 26 c)
(Ancora Lui)
"Dopo il guado della Beresina dalla rive del Dos, oggi la versione
Windows è efficiente (...)"(
12, 37 c )
"Questa è la nota di uno di noi anche lui nato per caso" (19, 56)
(in via Gluck?)
e così con i riferimenti a James Bond, Oscar Luigi Scalfaro, Clinton,
Saddam e Monica Levinski, la musica Kletzmer e Bach, Forza Italia, il
Kinder cioccolato.
L'effetto umoristico e le scorribande ironiche si commentano da sé. Ma
un'ultima osservazione rimane da fare: di tutte le varianti stilistiche,
quella che ne costituisce il sostrato è la litote, la quale consiste
nell'affermare e rinforzare un concetto negando il suo contrario (non ti
odio = ti amo tantissimo, l'esempio classico). Il termine viene usato qui
per definire una modalità del pensiero, il cui contesto è quello
dell'attenuazione,del dire alludendo, più che una figura singola, che
comunque abbonda, come possiamo vedere:
"Sarà meno facile di quello che sembra (...)" (11, 28 c)
"Certo, schede di catalogo - in formato ISBD o no - non sono una
tisana per i software di formattazione (...)." (11, 29 c)
"Che non sia una scampagnata in Isis, qualcuno se n'è accorto."
(7, 35 c)
"Apprezzabile e non comune è la possibilità (...) Fa
fibrillare di meno (...)." (17, 47)
"Serve anche la, non vivacissima, lista di discussione dedicata."
(9,31c)
"(...) non sembra del tutto obliabile (...)" (12, 28 c)
"(...) sappiamo che le figure professionali e i territori e le diverse
giurisdizioni all'interno dell'università sono non poche e non in
eccessiva armonia." (1, 14)
"Ma la Sibilla (Ibis redibis non morieris in bello) era
deontologicamente più affidabile." (21, 32)
In quest'ultimo esempio, il senso emerge da una forma complessa, in cui
l'ambiguità contenuta nella citazione latina fa da perno al paragone,
completato dall'avverbio "deontologicamente". Il senso finale è di
effetto dirompente.
Con queste modalità del dire alludendo, tutti gli elementi del quadro,
che questo sia descrittivo o critico, vengono ridimensionati, sfaccettati,
visti in una luce diversa. Dire "la strada non è breve e non è in
discesa"(18, 40 b) significa collocarsi nell'attenuazione, nella
sospensione, ma solo per sfuggire alla tentazione della soggettività,
del solipsismo, e mantenere un giusto equilibrio nella disamina. La quale
però non sfocia, come si potrebbe temere, in una "consaputa
ambiguità", per riprendere un termine usato da Francesco. Infatti, che
il giudizio finale debordi verso l'ironia, la critica pungente e sferzante,
la polemica talvolta, questo è possibile proprio perché
l'approccio critico è stato impastato di cautela e tendente
all'approfondimento.
Questo processo mentale, lo possiamo seguire appunto nell'altalenare
rassicurante dei chiasmi, la provocazione dei paradossi e degli ossimori,
l'ironia dell'antifrase, il precipitare del decrescendo e la vertigine del
crescendo, le aperture spassose della metafora talvolta pure allargata, la
discreta frecciatina della litote, la precisione folgorante del vocabolo
azzeccato, la pungente ironia del giudizio tagliente, le giocose
manipolazioni delle alliterazioni: tutte queste figure aprono percorsi che
dànno un'altra sostanza e un altro senso a contenuti apparentemente
solo tecnici, come abbiamo cercato di dimostrare. Queste continue
lavorazioni, queste acrobazie verbali, oltre a tradurre un gusto delle
parole e del loro uso giocoso e gioioso, gettano una luce diversa, nuove
prospettive che nella mente del lettore non fanno necessariamente in tempo
ad aprirsi immediatamente, proprio per la complessità della lingua e i
corto circuiti che suscita (che cos'è un "titolo omertoso"?). Ma
vi lasciano, oltre al sorriso spontaneo, alla sorpresa, un lampo, un segno
che andrà ad arricchire quasi inconsapevolmente la sua
conoscenza delle cose, che potrà fare da futuro stimolo anche verso un
universo di conoscenza, esperienze ed emozioni,oltre il mondo ristretto non
solo dei programmi informatici ma del proprio lavoro e anche della propria
visione delle cose. Queste varie istanze professionali : l'analisi
minuziosa e il giudizio conclusivo in funzione dei più svariati
criteri, dall'efficenza alla completezza alla maneggevolezza alla
convenienza di prezzo all'adattabilità si combinavano in una sintesi
di cui la sua mente fantasiosa era l'alambicco. E dentro l'alambico c'erano
la sua formazione, i suoi interessi culturali, le sue emozioni, la sua
percezione della realtà. Ma questa sembra proprio letteratura!
De minimis curat
, avrebbe detto il Nostro: imbastire una storia intorno alle vicende di un
piccolo software finisce comunque coll'andare ben oltre la comunicazione di
informazione. Infine, questi testi ci dicono anche che perché nulla
occupi a caso il nostro tempo e le nostre energie, dobbiamo dare noi un
senso a queste occupazioni a volte tediose, e cercandolo bene, ci si
può anche appassionare: "Pour qu'une chose soit intéressante, il
suffit de la regarder longtemps.", scriveva Flaubert.
2. Concezioni, approcci e metodi
"Ammetto che per me resta un ostacolo invalicabile che difendo perfino come
antemurale fino a prova contraria;" (28, 36 b).
Questo lo dice a proposito
della maggiore lentezza della rete riguardo alle banche dati su disco.
Siamo nel 2008, la critica è ormai superata, ma ai nostri fini conta
qui la convinzione del tono. Dal tempo in cui, per elaborare cataloghi, "si
battevano a macchina le schedine" (8, 34 b/c) a quello in cui "si
reperiscono i documenti stessi nella rete insieme ai loro metadati" (28, 36
c), molte pratiche sono cambiate nel lavoro bibliotecario, insieme ad esse
metodi e approcci. Francesco ha vissuto queste trasformazioni in prima
persona, le ha affrontate adattandovisi (un esempio per tutti: niente lo
predisponeva a specializzarsi in informatica documentaria), ma non
dimenticando mai i capisaldi della professione e le sue convinzioni circa i
metodi di lavoro. Concetti e riflessioni in tal senso vengono ad arricchire
la nostra messe di dati linguistici.
2.1. Automazione e informatica documentaria
È stato un "pioniere dell'automazione bibliotecaria in
Italia »[iii] ma
è stato anche un traghettatore sia nella diffusione dell'innovazione
che nella riflessione sulla maniera di usarla (come suggerisce
Riccardo Ridi nell'intitolazione stessa del suo articolo: "Fare,
trasmettere")[iv]. La
"descrizione e valutazione dei programmi", "l'impressione generale, frutto
dell'uso e dell'esame analitico ravvicinato", sono questi i principali
contenuti professionali trattati nei testi che abbiamo esaminato nel
capitolo precedente da un altro punto di vista.
Data la ricchezza dei contenuti, ho scelto di avventurarmi su questo
terreno per trarne ulteriori spunti. Qui più che mai è d'obbligo
ribadire che non sono un'esperta del settore, anche se nemmeno totalmente
digiuna, per essere stata a buona scuola domestica e per essere anch'io
un'utente media - talvolta non consenziente - delle meraviglie del mondo
digitale. Chiaramente, non potrò che sorvolare i contenuti di un
dibattito più informato che coinvolge il mondo della documentazione e
delle biblioteche, mi accontenterò di raggruppare quasi
superficialmente alcune citazioni. Non è mia intenzione coordinarle
tutte entro un sistema ordinato: sono troppi i luoghi in cui compaiono
riflessioni che si fanno eco e apportano un loro tocco per costituire un
quadro generale, che solo lui poteva completare. Con ciò non mi esimo
dal chiedere scusa in anticipo agli addetti veri per le ingenuità,
scontatezze od opinioni avventate.
Una premessa: oggi che basta digitare sul proprio cellulare, sempre a
portata di mano, un'espressione di ricerca come "perché le fragole si
chiamano così?" per trovare decine di links, può risultare
difficile, per chi è nato con questi strumenti già a portata di
mano, ma ahimè anche per chi li ha visti sul nascere, ripercorrere le
tappe del cammino compiuto dalla prima apparizione di Commodore e Amiga [v], alla diffusione dei
primi PC, alla nascita e lo sviluppo di Internet, alla situazione odierna [vi]. Eppure questo percorso va
tenuto a mente leggendo i testi qui esaminati, dalle prime relazioni
sull'automazione delle biblioteche allora balbuziente (1983) agli ultimissimi
aggiornamenti su EndNote pubblicati su ESB-Forum nel febbraio 2015:
più di trent'anni, un pezzo di storia, in cui possono invecchiare
tutti i riferimenti a pratiche, funzioni o questionamenti obsoleti, ma non
l'approccio sostanziale, le linee guida, i metodi globali, almeno per
quanto riguarda Francesco.
Per una migliore collocazione "storica", in questo paragrafo le citazioni
verranno quindi accompagnate dall'indicazione della data di pubblicazione.
Di questa evoluzione epocale, troviamo puntuali riferimenti in vari
articoli: per esempio, i Bfs segnalati come novità (feb.1994), anche
se la loro nascita risale a "circa dodici anni fa", con metamorfosi
consistenti negli "ultimi quattro anni". Nel 1998, la panoramica proposta
evoca il passaggio a Windows: "Non si faranno più programmi per
Dos?" e osserva come punto positivo una "vasta operatività in
rete". Nel 2003 (19), troveremo una lunga disquisizione sul futuro di
questi programmi. I vari articoli datati 2004 sono segnati da qualche
invettiva contro le "finestre che sorridono" (vedi 1.3), da spiritose
lamentazioni sul superamento degli operatori booleani:
"(...) Ciao George Boole, ciao descrittori e relativi candidati, ciao
pre-post coordinazione...era pane quotidiano, se non per l'utente
almeno per il bibliotecario, negli anni Settanta quando si interrogava
Medline con un terminale stampante. Oggi, banda larga, LCD a 17" e
mouse, i 'giovani' di ogni categoria ed età, dove, come si
formano? Col kinder cioccolato dell'unica fessura su 'Tutti i campi':
scrivi, pigia e vedi un po'?". (2004, 21, 35)
e da riflessioni e paragoni rigardanti Linux e l'Open Source. Con il
tempo, si vedranno aumentare le segnalazioni riguardanti il moltiplicarsi
degli stili e dei filtri (2007) - legato anche alle maggiori
potenzialità tecniche nello stoccaggio e la gestione della memoria-,
la mancata standardizzazione, [vii] fino al 2008, in cui
viene offerta una sintesi di questa evoluzione:
"Sono bastati dieci anni per attraversare tre fasi diverse d'uso
elettronico di documenti e dati. Dapprima si leggeva su carta e si
trascrivevano da sé i dati nel programma di gestione
bibliografica. Si sono poi cominciati a reperire quei dati in banche
dati e cataloghi da cui conveniva prelevarli senza riscriverli. Ora si
reperiscono i documenti stessi nella rete insieme ai loro metadati e si trova sempre più noiosamente faticoso doverli
trascrivere, foss'anche per copia/incolla: si ambisce a trangugiarli al volo." (2008, 28, 36 c)
L'ultimo aggiornamento di EndNote pubblicato online, dal contenuto
quasi esclusivamente tecnico, offre comunque questi commenti:
"Dietro EndNote, per quanto riguarda i tipi di documento e i loro campi
(tipologia, quantità, nome, uso), non ci sono standard né regole. È una concezione
dell'universo documentario a senso, si spera "buono", ma non è
difficile ritrovarsi disillusi davanti alla pretesa intuitività." (2015, 33)
"Non è - a mio avviso - che questa manovrina per cercare i campi
non vuoti sia proprio "intuitiva", né documentata
chiaramente, né che sia lineare usarla in una ricerca contenente
altri elementi (...)." (2015, 33)
Capitolo a parte merita appunto l'intuitività. Questo approccio
trionfante nella diffusione degli strumenti informatici suscita in
Francesco numerosi commenti, che si erano infittiti nelle pubblicazioni
degli anni precedenti, e che continuano a stare al centro di una
riflessione intensa fin negli ultimi scritti. Questa intuitività, se
è basata sull'asistematicità, se non ha alle spalle nessuno
standard e nessuna regola, se mira solo alla quantità, è
fuorivante e non produce necessariamente userfriendliness, non
è "amichevole". Anzi, può creare illusione di efficienza e, pecca
ancora più grave, non permette più all'utilizzatore di
intervenire liberamente, di fare uso del ragionamento.
"La Quick search è un must ormai, premio
dell'asistematicità, trionfo del software sull'organizzazione pensata da chi cura i
dati." (28, 34 a)
"(...) normalmente limita invece la possibilità di una ricerca da
linea di comando, perché inibisce le espressioni formulate
dall'utente forgiandole di forza. Scansione degli elementi (ossia
parentesi) e priorità fra gli operatori sono decisi in modo fisso
e, peggior misfatto, celato all'utente cui si sventola la lusinga di
un'accoglienza confortevole ed efficiente, in realtà sbracata e cheap."(2004, 21, 29c)
Pesa anche, e molto, come si vede, la mancanza di libertà legata al
preconfezionamento dei programmi, bisogno di libertà che invece
corrisponde a un'esigenza primaria, sottolineata fin dagli esordi:
"Scontata la libertà, di cui si gode nel rispetto delle regole del syspar.par,
di assegnare dove e quando si vuole (...)." (1993, 4, 6)
Naturalmente, questa libertà evocata nel 1993 verrà
progressivamente ristretta con l'accrescersi delle funzioni preordinate (e
quindi anche, non dimentichiamolo, della semplicità, facilità e
rapidità d'uso che oggi conosciamo), ma rimane un caposaldo se nel
2005 ribadisce:
"Abbastanza perché per me resta più importante disporre di
uno pseudolinguaggio per disegnare stili che disporre di mille stili
fatti da altri." (2005 a, 23, 28 a?).
Libertà, fonte di una creatività che Francesco non esita talvolta
a evocare:
"(...) la riformattazione che ne scaturisce è straordinariamente
versatile, limitata soprattutto dall'esperienza e fantasia -creativa,
sì, è vero- di chi se ne serve." (1996, 11,29 b)
Ma, più che preferenza personale dell'autore, essa è
elemento imprescindibile di una sua concezione del lavoro bibliotecario:
"Il prodotto pronto per l'uso mostra palesemente la corda
dell'efficacia quanto più cambiano le situazioni di uso (...)."
(1994, 6, 31 b)
ovvero, le molteplici condizioni di uso e le questioni inedite ( e sì
che ce ne sono in catalogazione) richiedono di poter adattare gli strumenti
alle proprie necessità. E invece, avviene che:
"Questo incremento profuso di stili e quant'altro innalza la
quantità senza darsi peso della qualità, ingordigia del di
più che non si arresta ed è chiamata miglioramento: è
ramificazione del consumismo." (26, 45 c)
Sostanzialmente, vede i procedimenti e le logiche della ricerca solo
quantitativa, poco importa come, imporsi anche nei metodi di lavoro e nella
concezione stessa della professione bibliotecaria. Si scaglia contro le
novità che non sono innovazioni, ma solo frutto di calcoli economici e
di "spiccia modernità"(20, 62). [viii] Anziché dare
maggiore "potenza" o "precisione combinata a flessibilità"(13, 37 b),
anziché "procedere con analisi e piani" (1, 13), si delinea il rischio
di un'informatica diventata così userfriendly dal configurarsi
come panacea di tutte le questioni teoriche e pratiche che stanno a monte
della catalogazione e del lavoro quotidiano dei bibliotecari (come si
vedrà nel par. successivo) . Così alla precisione, che si manda
"alle ortiche" (25, 33 b) si sostituisce la "ricerca ingorda e rozza
a tutto campo" (2007, 27, 33 c), al riscontro rigoroso la "scarsità e
sciatteria" [delle istruzioni di ricerca] (2004, 22, 44 b), al lavoro
pianificato a monte da chi appronta gli strumenti e strutturato nel suo
svolgimento, si ha per esempio una
"spartana, non aggiornatissima, scarrufata documentazione che confida
nell'intuito e nella buona volontà dell'utilizzatore o nella sua
noncuranza." (2007, 27, 31 a)
La crescente irritazione manifestata sempre più di frequente e che
sembra, come dice lui, "mugugno senile", è quindi frutto del
dispiacere e della reale preoccupazione per un mestiere, quello
del bibliotecario, nel momento in cui si vede delinearsi un travolgimento
dello stesso, con il pericolo di una soluzione di continuità ormai
irremediabile nella storia della catalogazione, e non verso il meglio.
Esasperazione e preoccupazione che esplodono in questa dichiarazione
polemica assunta in prima persona:
"Per chi scrive, nel 2006, sentendosi scosso da zaffate didata mining, intelligent information retrieval, fuzzy searching, data discovery, robot alla ricerca di
metadati appoggiati a ontologie, ci sarebbe di che sconcertarsi
considerando anche quanto è diffuso prendersela coi bibliotecari
pinzocheri abbarbicati alle regole, ancora imbambolati con la nenia
della precisione e recupereo a petto del ratto e lucente incedere degli information specialists." (2006, 26, 45 a)
Si sbaglierebbe però nel pensare che in ciò manifesti
un'avversione rétro per gli stumenti informatici, anzi. In
più occasioni, gli capita di difendere l'informatica come strumento di
gestione delle biblioteche, e questo fin dagli esordi:
"Tutto ciò è scontato che ci sia (...) tutto ciò è
noto come le ammonizioni circa la 'scemenza' del calcolatore, il
carattere di mera 'ferraglia' dell'hardware, e comme tale è un
grasso e sano luogo comune e può pertanto essere messo da parte,
dato per fatto perché dato per scontato." (1983, 1,6)
Ma nello stesso testo, rammenta anche:
"Al convegno di Perugia del 1979, Angela Viany [Vinay] ammoniva saggiamente:
'la fideistica fiducia nelle virtù taumaturgiche delle macchine
non supplisce al vuoto dell'intelligenza, alla mancanza di un'adeguata
chiarificazione delle logiche e delle strategie di
organizzazione.'."(1983, 1, 6)
Nel 1994, riferisce di un dibattito in corso nell'ambito delle biblioteche,
in atto "da oltre dieci anni", e fa intendere che lui non si riconosce in
questa "nozione che l'automazione non risolve i problemi organizzativi
delle biblioteche, ma li esaspera", nella misura in cui "si è
degradata a predica". (1994, 6, 31 b) E conclude ironicamente: "siamo
già nostri posteri informatici per sentenziare" (ibid).
Si veda infine la metafora del software come artigianato citata nel par.
successivo (2.2.b).
Più oltre non mi spingo, e propongo di chiudere con la leggerezza di
un aneddotto che si vuole emblematico
Nel lontano 1994, Umberto Eco pubblicava una sua "bustina di Minerva"
rimasta famosa, in cui delineava un'opposizione fra Macintosh e Dos,
impostandola naturalmente non su criteri tecnici - ché non era il suo
campo -, ma su una metafora a connotazione filosofico-religiosa.
Etichettava il Dos (e di rimando i suoi aficionados) come
"protestante, addirittura calvinista" e il Macintosh (idem) come
"cattolico controriformista" [ix] . Non è difficile
indovinare in quale categoria si riconosceva Francesco. Ma motivo del
richiamo qui di questo scherzoso e gustoso paragone, facilmente reperibile
sul Web, sono le odierne reazioni di due utenti (nativi digitali?),
trascritte da un blog:
"Eco ignorante. La critica di Eco riguardo il (sic) mondo della
tecnologia vale come il due di coppe quando in tavola c'è
bastoni."
"Che senso ha questo articolo? Non capisco, tratta di sistemi operativi
obsoleti (...), agli albori dell'interfaccia grafica, e gli affibbia
categorie religiose (cattolico, protestante) che non c'entrano nulla (...).
Se guardassimo alla situazione odierna, ben poco troveremmo di cattolico
(ma che significa riferito a una macchina?). Per favore, scrivete articoli
più seri o quanto meno, argomentate simili affermazioni e
contestualizzatele." [il blog precisava: "correva l'anno 1994" [x]]
Divario o abisso? E' pur vero che per ritrovare il testo di Eco, mi è
bastato digitare su Google, senza il minimo filtro: "Eco protestante
cattolico": nonostante il "mugugno senile" dei Babyboomers, sì, forse
qualche passerella con i Millenials è sopravvissuta alla
rivoluzione.
2.2. Il lavoro
2.2.a. Programmare e strutturare
No, il lavoro, anche con l'ausilio di tecniche informatiche, per Francesco
non è asistematico, non è assenza di programmazione strutturata,
di fatica e perfino di noia.
Forse la cosa più semplice è lasciarlo parlare:
"Senza mestiere e fatica non servono liste di controllo, comandi
per correzioni trasversali istantanee, importazione, schemi di
punteggiatura, orpelli tipografici, ecc., peggio: possono indurre a
cercare lì il fulcro del valore dell'artefatto finale,( ma 'per
fare l'intigolo di lepre, ci vuole la lepre'.)" (6, 31 b)
O ancora:
"Quanto più gli strumenti sono versatili, aperti alle
combinazioni, tanto più prevedono che chi li usavoglia e sappia entrare nel vivo delle tecniche, perraccogliere in seguito i frutti copiosi di un investimento non superficiale." (11, 32 c)
"Quando si va oltre la superficie e si fa attenzione alla
complessità delle situazioni" (13, 49 b)
"(...) e allora poco maternage dell'utente che si vuole prima
volenteroso e poi esperto: il programma dà molto, e allora chiede
molto." (7, 23 b)
"Volere e sapere", ovvero non spaventarsi davanti allo sforzo né
all'inizio né in seguito, mantenere costante l'impegno: tutto ciò
sembra scontato come l'acqua calda, ma quando si è sostenuti da mezzi
informatici, il rischio è grande di abbandonarsi alle facili
soluzioni.
Non si contano le volte in cui vengono stigmatizzati i facili entusiasmi e
la faciloneria, come, per esempio, la pochezza di idee e l'ingenuità
che spesso si esprimono nei forum di utilizzatori:
"Tutto ciò
[riscrivere un programma]
in un ambiente variegato, multilingue, multinazionale, libero,non
soggetto a pressioni economiche ragguardevoli, dove ogni testa se non
esprime un voto e spesso nemmeno un'idea, esprime però una
preferenza, non si fa in una settimana e nemmeno in un paio d'anni." (13, 36
a)
o come - tanto per rimanere in tema di informatica- la velocità con la
quale si creano dei siti che poi non vengono alimentati (siamo nel
"lontano" 1991):
"Si sa che è facile creare pagine web in Internet e farcirle in
poche ore di puntamenti interessanti. Tale rapidità nell'efficacia
iniziale finisce spesso con l'essere inversamente proporzionale alla
cura che occorre per mantenere questi bollettini di informazione almeno
aggiornati (...) e quindi all'efficienza nella durata." (13, 38
c)
Perfino la sempre lodata Sue Stigleman, suo riferimento costante nella
valutazione dei programmi, riceve qui qualche strale:
"Anche Sue Stigleman, autrice di numerosi, ponderati, informativi,
citatissimi contributi, ha una sua home page (...) ma nell'insieme
fornisce più notizie sulla sua famiglia e sugli hobbies
[aveva da nascere Facebook!]
che sui BFS ridotti a un lunghissimo elenco di link ciechi." (13, 39 b)
Rigore e precisione, approfondimento, che richiedono tempo, non sono fine a
se stessi ma condizione di efficienza, rapidità, criterio assimilabile
al "chi più spende meno spende" dell'economia domestica.
Se si presta attenzione a quanto viene descritto nella relazione presentata
nel lontano 1983 a Verona, si può vedere quanto l'esperienza gli abbia
confermato gli insegnamenti teorici che aveva ricevuto nella sua
formazione. Lì vengono segnalati tanti errori e tentennamenti legati a
difetti di programmazione preliminare a tavolino, e di valutazione di tutti
gli elementi della questione. Si trattava appunto di riferire sui primi
passi dell'automazione applicata alle biblioteche, una novità assoluta
in Italia: il paragrafo 7, intitolato "Note sui
difetti/errori"(1, 13-16) riferisce delle difficoltà risultanti da
"totale assenza di analisi e di programmazione generali" e da
"insufficiente analisi preliminare del DOBIS." Queste, combinate alle
carenze e limitazioni imposte dalla gestione amministrativa e finanziaria,
hanno causato non poche approssimazioni e perdite di tempo di cui
sicuramente ha conservato memoria:
"Chi allora non si è fatto male scontrando dopo un po' con
ostacoli duri e non ha dovuto cercare prima attorno e poi indietro per
scoprire il 'baco', il pezzo mancante, la fase saltata?
E quante volte non si è forse dovuto tornare alla fase
dell'analisi e della programmazione scoprendola carente o inesistente?"
(1, 6-7)
"È un lavoro e non è un riposo, ma è più faticoso
lavorare male che bene e noi francamente abbiamo faticato molto." (1,
7)
Ecco che "discernimento, decisione e coerente condotta" (24, 19 c)
diventano delle linee guida imprescindibili, possono e devono essere messi
in atto nel lavoro paziente che, portato a termine, darà "frutti
copiosi".
Ma, oltre la razionalità e la ragionevolezza, richiama la nostra
attentionze la solennità da rituale con la quale vengono evocati i
semplici gesti del lavoro preliminare ai test (siamo ancora nel 1994):
"Il lavoro può cominciare a tavolino, con carta e penna: pochi
dati catturati, stampati su carta (...) (5, 27 c)
2.2.b. Artigianato
In tutte queste indicazioni metodologiche e in queste pratiche traspare
come in filigrana il modello del lavoro artigianale. Basta ascoltare alcune
parole riccorrenti:
Abbiamo già incontrato "mestiere". La stessa frase evocava poi
"l'artefatto finale". Troveremo la "chiusa bottega" del produttore di
Software (17, 30 a) e la "sartoria domestica", in opposizione con il
"prêt-à-porter" (9, 26 c); il gusto di "prendere in mano il
programma." (14, 21 a); e poi: "quando si è veramente padroni dello
strumento, dell'attrezzo." (7, 24 a);
L'artigianato è concretezza: ci si misura fisicamente con una materia
da trasformare con attrezzi da maneggiare, dovendo affrontare in primis questioni pratiche. Esige perciò una riflessione
preliminare all'azione, rigore e precisione nell'applicazione. Si può
imaginare un artigiano che proceda per tentativi ed errori? Il falegname
non può recuperare senza costo aggiuntivo (di denaro, di tempo)
un'anta da incastrare tagliata 5 millimetri più corta, la sarta non fa
scivolare le forbici su uno scampolo di seta senza qualche tremore.
Ci vogliono tempo, pazienza e costanza nelle lunghe prove, ma si è
ripagati dalla libertà e dalla soddisfazione del risultato raggiunto.
C'è umiltà, poiché nulla è più refrattario della
materia, ma ci può essere anche orgoglio per il percorso compiuto e il
risultato raggiunto.
Stranamente, si può avvertire come un'eco del piacere che l'artigiano
prova nel manipolare materie nobili in certe notazioni circa il gesto della
mano o il trattamento manuale dei dati, quando una procedura automatica
dimostra di non funzionare:
Nell'evocazione del lavoro suo o altrui, non mancano i paragoni con la
fatica fisica propria dell'artigiano:
Il "sugo dei gomiti", lo ha usato metaforicamente anche lui, con le lunghe
ore dedicate alla conoscenza dei programmi, ai riscontri funzione per
funzione delle novità, alle costanti riflessioni sul loro modo di
intervenire nel lavoro
Ha pagato con metaforiche lacrime ("costa lacrime"), ha conosciuto
difficoltà all'inizio insospettate, considerazioni che si estendono
naturalmente a tutti i campi e livelli della sua attività
professionale.Per consolarsi e consolarci (?), gli capita di evocare le
figure per noi oggi quasi eroiche di estensori di dizionari o thesauri,
come Lorenzo Rocci o P.M.Roget, a riprova che anche con schede a mano i
risultati rimangono portentosi (6, 31 b).
Perfino le ruvidezze proverbiali dell'artigiano (ah! il falegname di
famiglia) vengono sottolineate con simpatia: non a caso dell'ideatore di
Papyrus, lavoratore solitario e per questo ammirato, si sottolinea con
divertita simpatia, come abbiamo visto prima (p.9) che è "liscio come
una raspa", e il filtro MARC diventa "il rugginoso e cavilloso zio MARC".
Qualificativo usato anche per i programmi: "potenza e flessibilità
arrivano a riscattare il burbero approccio iniziale." (7, 24 b).
Senza dubbio, nell'evocazione di un "lavoro di onesta e modesta
intelligenza tecnica ed organizzativa" (11, 27 b) si scorge sullo sfondo la
figura dell'artigiano, di cui troviamo finalmente conferma in questo
paragone esplicito:
"Il software, mirabile artigianato della seconda parte del XX secolo,
è uno squisito prodotto della mente umana, che può essere
più o meno intelligente (...). Per trasformare poi un'invenzione,
un manufatto artigianale, in un prodotto industriale, la strada non
è breve e non è in discesa." (22, 40 b)
3. Un segno ancora
Mi inoltrerò ora in un percorso impervio e incerto, col rischio di
balzare "sull'altro argine del fosso senza passerella di ritirata" e finire
"col tallone nella melma", dedicando un'attenzione particolare a un
dettaglio in questo universo di pensieri, riflessioni, evasioni: la scelta
degli esempi utilizzati il più delle volte nei test di verifica sulle
funzioni di ricerca dei programmi. Sono sparsi qua e là nei testi,
talvolta nelle tabelle o in nota, pochi sono anodini.
Accanto a termini di ricerca molto seri, diciamo canonici, vi sono molte
invenzioni scherzose ed eccentriche: chi andrebbe a fare una ricerca "Any
file" su "apparato genitale" ottenendo come esito un elenco che per la sua
incongruità non può che far nascere un sorriso: testicoli/ utero/
ovaie/prostata/ovulo (4, 32)? Non esistono gli autori Cazzotti e Stanchetti
(14, 23) e difficilmente una ricerca "che localizzi la stringa cercata e
reperita- che so l'espressione 'consenta un attimino' all'interno di un
record" evidenzierebbe "'consenta un attimino' insieme a 'toghe
rosse'."(20, 66, nota 12). "Vespa, 2004" (21, 30) si riferisce al noto
giornalista o allo scooter? La domanda non è peregrina.
Qualcuno sicuramente riconoscerà un gioco praticato da più di
uno, non solo bibliotecario. Conosco alcuni insegnanti che sono soliti
inserire negli esercizi linguistici da sottoporre a studenti ignari del
fatto nomi di persone, situazioni ed esperienze da loro stessi vissute.
Diversi anni fa lessi di una comunità di ricercatori in materie
scientifiche la cui sfida collettiva consisteva nell'inserire echi
shakespeariani nei titoli delle loro pubblicazioni. Non ne ho purtroppo
ritrovato il riferimento, che non posso comunicare (nonostante la
frequentazione di un esperto in materia, non tengo una bancadati
aggiornata. Nemo propheta...). Tale pratica secondo me non è
propriamente anodina e ci offre qualche spunto per una riflessione sul
nostro rapporto con una materia di studio prediletta e, più in
là, con l'universo della conoscenza. Giacché nei testi di
Francesco spesso, spessissimo, questi esempi sono riferiti, più
o meno da vicino, ad autori e settori di studio che hanno qualche
pertinenza con la sua vita personale, con chi gli sta vicino o chi egli
ammira: qualche amico vi potrà scoprire il proprio nome, il nome di
autori o di materie di studio da lui coltivati; così per esempio non
è casuale la presenza di Wittgenstein, né quella di Chiara
d'Assisi; non è mai esistita la "XIV- Quatorzième réunion de
l'Association des Inconditionnels de Perec" (4, 15), ma chi vicino a lui ha
studiato Perec, sì. Perug$, mus agrestis, Mazzi, Italo e la
fotografia di Glenn Gould contengono echi della sua vita personale e
Crocetti, Luigi non vi figura per caso.
Vi si può scorgere il bisogno di lasciare tracce che abbiano un senso
solo per noi, come su un altro piano i nomi incisi nella corteccia
dell'albero o il tatuaggio col nome della morosa, poiché qui i segni
sono fatti della stessa materia che viene descritta e analizzata. In questi
accorgimenti, in queste pratiche, si possono vedere come dei punti saldi,
degli ancoraggi lanciati in una realtà per natura caotica o per lo
meno sfuggente e che continua a sfuggirci nonostante i nostri incessanti
tentativi di darle un ordine, trovarvi un senso. Tentativi sono appunto lo
studio minuzioso e pignolo, della cui limitatezza siamo consapevoli nel
momento stesso in cui lo mettiamo in atto. Il nostro bisogno di un senso
compiuto potrebbe essere appagato o comunque parzialmente placato da questi
paletti che conficchiamo nel continuo fluire della materia e della
realtà, omaggi, pegni all'amicizia e all'ammirazione.
Un ultimo tocco in queste pennellate di un ritratto soggettivo ma, si
spera, veritiero: in introduzione ai suoi corsi per aspiranti catalogatori,
capitava che Francesco citasse il famoso brano di Musil sulle doti
necessarie al bibliotecario: "Il segreto di tutti i bravi bibliotecari
è di non leggere mai, dei libri a loro affidati, se non il titolo e
l'indice."[xi] Una
provocazione a fini didattici, naturalmente, ma con il suo fondo di
verità da questionare (non dovrebbe essere così di tutte le
provocazioni?). Ma se guardiamo alla sostanza del suo essere
bibliotecario, diremmo che in qualche modo predicava bene e razzolava male,
nel senso che in realtà, i libri, lui li leggeva.
No, Francesco non ha scritto articoli solo tecnici e a chi gli suggeriva di
dibattere per iscritto di argomenti biblioteconomici più corposi e
pregnanti come sapeva fare negli scambi epistolari o verbali, nei convegni
o nelle tavole rotonde, a chi, non bibliotecario, gli suggeriva di scrivere
creativamente, rispondeva con un rifiuto. Nel già citato articolo,
Riccardo Ridi emette alcune ipotesi, tutte più che valide. Torna
sull'argomento anche Alessandra Panzanelli nel suo. Altre le avrebbe potuto
fornire senz'altro lui stesso, volendo.
Almeno alcuni dei percorsi cui si accennava all'inizio sono stati
esplorati, fra i quali molti sono da riferire a preferenze - e limitazioni
- mie personali. Spezzettare in pedanti riferimenti l'universo
infinitamente variegato di uno stile è sempre un esercizio periglioso.
Ma il silenzio è della tomba, e il primo omaggio da rendere a chi ci
ha lasciato è di farne risuonare ancora la voce.
Appendice: elenco e numerazione delle pubblicazioni consultate
Per una bibliografia completa, cfr. quella elaborata da Riccardo Ridi e
Vittorio Ponzani, pubblicata nel fascicolo di settembre 2015 (p. 25-29) di
"Biblioteche oggi", ampliata e aggiornata nel maggio 2017 a
http://www.riccardoridi.it/esb/fdo2016-ridi.htm.
1. L'automazione delle biblioteche dell'università: l'esperienza
dell'università degli studi di Perugia con il DOBIS/LIBIS, Relazione
presentata al Seminario sulla "Gestione automatizzata delle biblioteche",
Università degli studi di Verona, Facoltà di Economia e
Commercio, Verona, 29 marzo 1983, 20 p. Successivamente pubblicato anche in
"ESB forum", nel dicembre 2015, a
http://www.riccardoridi.it/esb/ors-1983verona.htm
2. Notes on DOBIS/LIBIS manuals, paper
presented at the third DOBIS/LIBIS users' group meeting (10-12 April 1984,
Cork Ireland), 10 p. Successivamente pubblicato anche in "ESB forum", nel
dicembre 2015, a
http://www.riccardoridi.it/esb/ors-1984cork.htm
3. Rapporto sul Gruppo italiano degli utenti DOBIS/LIBIS, comunicazione
presentata in occasione del 4. Convegno internazionale del DOBIS/LIBIS
users' group (Roma, 3-6 settembre 1985). Successivamente pubblicato anche
in "ESB forum", nel dicembre 2015, a
http://www.riccardoridi.it/esb/ors-1985roma2.htm
4. ISIS, Manuale per l'uso di archivi predefiniti; Perugia, Edizioni del
Noto Roveto, 1993.
5. La conversione del formato dei dati: come, quando, perché
: riformattazione e downloading nella gestione degli archivi
bibliografici
. "Biblioteche oggi", 12 (1994) n. 2, p. 24-31.
6. BFS: uno strumento per la gestione di archivi bibliografici
: caratteristiche e funzionalità del Bibliography formatting
software
. "Biblioteche oggi", 12 (1994) n. 4, p. 26-33.
7. Micro CDS/ISIS: tecnologia, funzioni e procedure
: presentazione ed analisi di un information retrieval system per
personal computer (parte prima)
. "Biblioteche oggi", 12 (1994) n. 11/12, p. 23-30.
8.
Micro CDS/ISIS: analisi di un information retrieval system per personal
computer (parte seconda: generalità, valutazione)
. "Biblioteche oggi", 13 (1995) n. 1, p. 30-35.
9. Library Master: analisi di un bibliography formatting software per DOS. (Nuove
tecnologie). "Biblioteche oggi", 14 (1996) n. 3, p. 26-32.
10. EndNote Plus e EndLink
: analisi e valutazione di un bibliography formatting software (BFS)
per Windows.
(Nuove tecnologie). "Biblioteche oggi", 14 (1996) n. 6, p. 18-28.
11.
Data Magician: un software per la riformattazione dei dati
bibliografici e la conversione dei cataloghi
. (Nuove tecnologie). "Biblioteche oggi", 14 (1996) n. 7, p. 26-36.
12.
Non solo per dare forma ai record bibliografici: ProCite 3.2.1 e
Biblio-Link 1.1 in edizione Windows
. (Nuove tecnologie). "Biblioteche oggi", 14 (1996) n. 8, p. 28-38.
13. BFS: panoramica ed aggiornamento: si consolida il fenomeno dei bibliographic citation managers. (Nuove
tecnologie). "Biblioteche oggi", 16 (1998) n. 2, p. 34-45.
14. EndNote 4 per Windows: conferma e sicurezza nell'aggiornamento.
(Nuove tecnologie). "Biblioteche oggi", 18 (2000) n. 10, p. 18-23.
15.
Reference Manager: aggiornamento di un bibliography formatting software
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 20 (2002) n. 1, p. 38-41.
16.
EndNote 5 per Windows e Macintosh: l'ultima edizione del BFS
(bibliographic formatting software) più diffuso al mondo
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 20 (2002) n. 4, p. 58-65.
17.
Library Master versione Windows 4.11: valutazione di un prodotto
appartenente alla famiglia dei bibliography formatting software (BFS)
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 20 (2002) n. 6, p. 30-36.
18. BookWhere 4 per Windows: un cliente per la ricerca tramite Z39.50.
(Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 20 (2002) n. 9, p. 32-38.
19.
Ancora sui BFS: a proposito della nuova sesta edizione di EndNote per
Windows e Macintosh e del vecchio ProCite
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 21 (2003) n. 1, p. 53-59.
20. EndNote 7: l'ultima versione per Windows e Macintosh.
(Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 22 (2004) n. 2, p. 61-66.
21.
Bookends Plus per Macintosh: un programma per gestire archivi
bibliografici su microelaboratore
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 22 (2004) n. 4, p. 27-32.
22.
Banche dati bibliografiche gestite su microelaboratore e accessibili
via web: Reference Manager 11 (Windows) con Web Publisher
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 22 (2004) n. 9, p. 39-50.
23.
EndNote v.8 per Windows e Macintosh: un aggiornamento del più
popolare programma di gestione di bibliografie
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 23 (2005) n. 3, p. 20-25.
24.
Gli organizzatori: programmi per l'acquisizione, gestione e
pubblicazione dei contenuti: un esempio di rilievo, anche in ambito
bibliografico: Web Idea Tree
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 23 (2005) n. 6, p. 17-25.
25.
EndNote v. 9: la nuova versione per Windows e Macintosh del più
diffuso programma per gestire archivi bibliografici
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 24 (2006), n. 4, p.
31-37.
26. EndNote ultima edizione: X (10) per Windows. (Informatica
documentaria). "Biblioteche oggi", 24 (2006), n. 9, p. 43-48.
27.
Un programma per gestire dati bibliografici: Citation 9 della Oberon, e
un'appendice sul test di programmi simili
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 25 (2007), n. 7, p.
28-37. Include la scheda Testare i programmi BMS, p. 36.
28.
Programmi per bibliografie: analisi di EndNote X1 per Windows e EndNote
Web 2.2
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 26 (2008), n. 5, p.
33-40.
29.
Reference Manager 12 per Windows: presentazione dell'ultima edizione di
un noto programma per dati bibliografici
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 27 (2009), n. 1, p.
23-27.
30.
EndNote X2 e EndNote Web 2.5 programmi per dati bibliografici:
aggiornamento alle ultime versioni
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 27 (2009), n. 7, p. 42-47.
31.
Bibus: programma per dati bibliografici, a codice aperto, gratuito,
multiutente, multipiattaforma
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 28 (2010), n. 3, p. 31-38.
32.
EndNote v. X3: tredicesima edizione del più diffuso programma da
microelaboratore per dati bibliografici
. (Informatica documentaria). "Biblioteche oggi", 28 (2010), n. 5, p.
50-54.
33.
EndNote (desktop & online) ®Thomson Reuter:
documentazione per l'uso, disponibile all'indirizzo
http://www.riccardoridi.it/esb/dellorso/endnotedoc/text/index.html.