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ISSN: 2283-303X |
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Una biblioteca è un ipertesto che cresceSeminario "Distribuire e rendere accessibili le risorse informative: confronto fra soluzioni fuori dal mito". Bologna, Facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Bologna, 10-11 maggio 1995di Riccardo Ridi (in linea da febbraio 2016) pubblicato anche a stampa, in E.S. Burioni Ricerche Bibliografiche, CD-ROM e basi dati. Catalogo '96, 7a edizione, Genova, Burioni, 1995, p. 308-317. "Il
più grande centro di documentazione che sia mai stato progettato, uno schedario
che raccolga e ordini tutto quello
che si sa d'ogni persona e animale Italo
Calvino (La memoria del mondo) "Notoriamente,
non c'è classificazione dell'universo che non sia arbitraria e congetturale. La
ragione è molto semplice: non sappiamo che cosa è l'universo." Jorge
Luis Borges (L'idioma analitico di John
Wilkins) A Parigi, a La Villette, la cittadella delle scienze e dell'industria è in gran parte costituita da una sommatoria di postazioni in cui è possibile interagire con una serie di modellini in movimento, di immagini e di testi, in modo da raggiungere un'esperienza didatticamente (e non solo) efficace di un determinato fenomeno scientifico o tecnologico. Ogni postazione è un vero e proprio ipertesto (più avanti accennerò perchè preferisco parlare di ipertesti più che di multimedia o ipermedia, ma per ora fa lo stesso, traducete pure col termine cui siete più affezionati). Ogni postazione è indipendente dalle altre. Il visitatore, spostandosi da una all'altra seguendo i propri interessi (o il caso, o i consigli di una guida a stampa) integra con il proprio moto i link mancanti costituendo un unico ipertesto virtuale. Un ipertesto non è qualcosa che si legge restandone fuori. In un ipertesto si entra, ed è proprio il nostro entrarci che lo rende un vero ipertesto. È proprio questa una delle differenze fra hyper (iper) e hype (montatura, inganno, esagerazione), termini con cui la letteratura specializzata ama spesso giocare. Le nostre biblioteche - almeno le più ricche, le più moderne, in genere quelle legate al mondo dell'università e della ricerca - tendono ogni giorno di più ad assomigliare ad un luna-park come La Villette. Iper-tecnologico, iper-moderno, iper-testuale, iper-mediale, iper-park, ma pur sempre un luna-park. Per secoli ce la siamo cavata con sostanzialmente due soli media come supporto di informazioni da conservare e organizzare: carta manoscritta e carta stampata. Benchè entrambe su carta, c'è fra esse uno stacco radicale, che è stato un cambio di civiltà, su cui molto si è scritto [1]. Una sola cosa vorrei sottolineare: la stampa non ha ucciso la scrittura manuale, che noi tutti ancora usiamo, così come la scrittura non ha ucciso la cultura orale, tant'è vero che sono qui a parlarvi, benchè con una traccia scritta. Ogni nuovo medium si affianca al precedente, senza ucciderlo, ma trasfigurandolo [2]. Negli ultimi cinquant'anni c'è stata una accelerazione (non solo nel nostro campo a dire il vero): i supporti, le tecnologie, i media si sono moltiplicati, e non starò qui a farne l'elenco. In questi due giorni ne vedrete delle belle. Le nostre biblioteche sono già delle mediateche [3]. Per restare a Parigi, la biblioteca del centro Pompidou - senza tanti strombazzamenti - è una enorme mediateca; probabilmente più della mediateca "ufficiale" annessa a La Villette; sicuramente più di certe raccolte di 100 videocassette e 200 dischi che si fregiano di un nome ("mediateca") che, in Italia, serve soprattutto a prendere le distanze da quello tradizionale ("biblioteca"), che fa tanto polvere e impiegato statale. Forse solo il catasto può competere, nell'immaginario comune. Ogni brava biblioteca che si rispetti ha i suoi cd-rom (stand alone o in rete o su rete che dir si voglia) oppure tramite una piccola rete consulta dati caricati su nastri magnetici o scaricati su hard-disk oppure, attraverso una rete più vasta, va a cercarsi questi benedetti dati a casa di chi li produce o li distribuisce, gratis o a pagamento. Ma non finisce qui. Soprattutto per le biblioteche pubbliche, ci sono anche i cd-i interattivi, i videodischi, Videotel [4] e i suoi compagni europei della famiglia Videotex, che poca fortuna hanno avuto qui da noi, ma che in Francia, con Minitel, ne hanno avuta così tanta da ostacolare, oggi, la crescita di Internet. Mille media, mille interfacce, mille linguaggi di interrogazione. Ma ancora non basta, perchè i vari media, invece di allinearsi educatamente uno accanto all'altro, si incrociano fra loro, si intrecciano, si ibridano. Un periodico, di cui magari possediamo alcune annate a stampa ed altre su microfiche, cambia solo supporto quando approda al cd-rom, oppure si tratta di una mutazione più consistente? Attraverso Internet si possono ormai raggiungere praticamente tutte le tipologie di media conosciute (si può anche telefonare e faxare) ma Internet è essa stessa un medium? [5] Il nostro specifico non è conoscere le particolarità tecniche di ogni singolo medium. I bibliologi insorgeranno, ma insisto: ci sono bibliotecari bibliologi, ma è un optional (oserei dire, una perversione professionale, come capita a certi pastori che vivono col loro gregge). Il nostro specifico è attraversare i media come fossero trasparenti per estrarne informazioni, organizzarle e offrirle agli utenti, facilitando l'incontro fra le loro esigenze e l'universo delle informazioni disponibili, il cosiddetto docuverso. Ma purtroppo (per fortuna per chi se ne infatua, come i bibliologi coi libri) i media non sono trasparenti. Ciascuno ha le proprie particolarità, le proprie idiosincrasie, oserei dire. Forse dire che il mezzo è il messaggio può essere una provocazione, ma sicuramente il messaggio è anche il mezzo.Tutti sappiamo che la stessa base di dati non è proprio esattamente la stessa, se la interroghiamo in linea o attraverso la mediazione di un cd-rom (per non parlare delle differenze da cd a cd di diversi editori). Quindi è necessario conoscere i vari media, i vari supporti, le varie architetture (anche solo per non farsi abbindolare da venditori senza scrupoli, esclusi i presenti, ovviamente). Ciascuno ha i suoi pro, i suoi contro, è più o meno adatto per certe situazioni dell'utenza, dell'hardware, dello staff, geografiche, edilizie, economiche, esigenze di aggiornamento più o meno costante, di maggiore o minore accuratezza e affidabilità, di assistenza più o meno efficace. Ognuno vaglierà l'offerta (e conoscerla in tutta l'ampiezza del suo spettro è un pre-requisito indispensabile), l'incrocerà con le proprie esigenze e limiti e individuerà con cartesiana precisione (si spera) la soluzione ad hoc, incamerando un nuovo prodotto da affiancare agli altri. Affiancare e non sostituire, perchè così come l'elettronica si affianca ma non sostituisce la carta [6] ugualmente ciascun prodotto elettronico si affianca agli altri senza mai essere la soluzione definitiva. Ne è la prova che anche gli altri continuano a vivere e, talvolta, a prosperare. Che fare, allora, in una prospettiva che appare così disarmante, se non addirittura disperante? Il rischio è di rincorrere eternamente il prossimo prodotto, migliore solo perchè più recente, più fresco, più luccicante. Sicuramente c'è una cosa da non fare. Vedo in giro cataloghi dei cd-rom posseduti da una data biblioteca, vedo repertori di tutti i cd-rom o le basi di dati esistenti. Non li critico (i primi li ho fatti anch'io, i secondi ricordano le cinquecentesche bibliografie universali di Gesner e soci e questa seconda giovinezza non può che commuovere [7]) ma il futuro è qualcosa di diverso, se non vogliamo che ogni nuovo medium produca un fondo speciale, un catalogo, una "teca", come in passato è successo per mappe e cinquecentine. Ci vuole qualcosa che unifichi. Il candidato alla moda è Internet, di cui parlerà domani Elisabetta Di Benedetto. In un certo senso è vero che Internet integra tutta l'informazione elettronica, perchè, se la grande rivoluzione in corso è la telematica cioè i computer collegati fra loro in rete [8] ed Internet è la rete delle reti, allora tutto è Internet. In fondo anche quando consulto l'opac della mia biblioteca o i cd-rom della mia LAN o spedisco un e-mail al mio compagno di stanza utilizzo un pezzettino, magari infimo, di Internet. Ma in un altro senso, più sostanziale, è falso, perche non è vero che "c'è già tutto gratis su Internet" (scusate l'anticipazione, ma temo fosse un segreto di Pulcinella) e soprattutto perchè anche su Internet siamo ben lungi da avere un unico ambiente integrato, nonostante gli sforzi in questo senso di strumenti come World Wide Web. Quello che c'è di vero, e che perciò va salvato, è un concetto, il concetto centrale di questa epoca postmoderna: la rete, coi suoi nodi e i suoi collegamenti, ovvero, applicandolo al nostro settore, l'ipertestualità. Dico ipertestualità e non ipertesto perchè non si tratta di una singola tecnologia, l'ennesimo medium da aggiungere ancora una volta agli altri, ma una idea, un paradigma. Qui apro un inciso: io parlerei di ipertestualità più che di ipermedialità perchè in fondo così come, almeno dal punto di vista terminologico, il libro non indica solo uno specifico medium ma ne è in un certo senso il prototipo generale (e per il futuro si annunciano biblioteche, magari virtuali ma pur sempre biblioteche) lo stesso è per il termine "testo", che ha anche un senso più ampio, non legato necessariamente a sequenze di stringhe alfanumeriche, tanto che si parla, ad esempio, di testi pittorici. La "multimedialità" (intendo il termine) è poi in realtà un bluff (anche io che vi parlo in questo momento sono multimediale e non la faccio tanto lunga per così poco) ed il concetto cui spesso si allude con tale termine sarebbe meglio espresso con "ipermedialità". Comunque, per chiudere l'inciso, poichè le uniche immagini e suoni che ci interessano (professionalmente, intendo, poi ognuno ha le sue perversioni private) sono quelli strutturati, veicoli di informazioni, cioè dei testi, continuerò parlando tout court di ipertestualità. Il paradigma ipertestuale (non già una particolare tecnologia ipertestuale) riesce a circoscrivere il catalogo totale delle informazioni disponibili dentro e fuori dalle pareti della biblioteca convogliandolo nella ricerca dell'interfaccia perfetta che - sorta di borgesiano Aleph tecnologico - porti l'intero docuverso sullo schermo del proprio computer [9], organizzato in menu, bottoni e, appunto, link ipertestuali [10]. Ma, grazie all'interattività che è inscritta nella definizione stessa di ipertesto [11], anche tutti gli altri servizi di biblioteca direttamente connessi con l'accesso alle risorse informative (reference service, istruzione dell'utenza, disseminazione selettiva dell'informazione, catalogazione derivata, marketing, teleordering, document delivery e prestito interbibliotecario [12]) trovano posto all'interno di un modello che tende a coincidere con l'intero organismo biblioteca. Ecco perchè il titolo di questo intervento cita la quinta legge della biblioteconomia di Ranganathan. La biblioteca è un organismo che cresce, anche perchè un organismo, quando smette di crescere, muore. Lo stesso vale anche per gli ipertesti. I veri ipertesti e non la paccottiglia, da confinare, quella sì, in una apposita iperteca. Due sono le caratteristiche fondamentali dell'autentico ipertesto: integrabilità e interattività, che rendono un ipertesto aperto da una parte verso l'universo degli altri documenti e dall'altra verso quello degli utenti. Un ipertesto deve continuamente crescere, collegandosi con sempre nuovi testi, aumentando numero e complessità dei propri link e arricchendosi delle modifiche e personalizzazioni apportate dagli utilizzatori, gli iperlettori. Tale crescita non può certo procedere all'infinito, ma neanche deve esserci un limite predeterminato, precostituito a priori, proprio come per una biblioteca [13]. Cosa possiamo fare, in concreto, giorno per giorno, nel nostro piccolo, nelle nostre biblioteche, per contribuire ad avvicinarci a questo modello ipertestuale, che poi significa appunto, in concreto, integrabilità e interattività? Dobbiamo assicurarci che la compatibilità delle varie risorse informative elettroniche fra loro e con le altre funzioni della biblioteca sia non solo possibile in linea di principio, attraverso complesse operazioni import/export in batch, ma realmente, quotidianamente, con grande facilità. Farò un solo esempio. I record bibliografici recuperati in linea o da un cd-rom sono facilmente scaricabili sul vostro abituale word processor? [14] E da lì è veramente banale (ed è lecito?) utilizzarli per la catalogazione oppure avviarli alla posta elettronica per attivare il cosiddetto teleordering, inviandoli come richieste ai propri abituali fornitori? E infine, quanti dei vostri fornitori sono attrezzati per questa procedura? E la vostra biblioteca è in grado di ricevere per posta elettronica richieste di informazione e desiderata degli utenti e proposte e risposte dei fornitori? E se siete attrezzati, siete sicuri di averlo pubblicizzato abbastanza? Solo se molte delle risposte sono positive, la spesa fatta per recuperare il record iniziale sarà un investimento veramente produttivo. Ma la ricerca di integrazione deve estendersi a tutti i campi. Non è vero che solo per i media elettronici ci sia bisogno di assistenza all'utente nè che solo quelli cartacei necessitino di catalogazione, così come non è per nulla scontato che solo le tecnologie più recenti debbano essere nel mirino della fatidica tariffazione [15]. Chiudo con un consiglio ad ancor più breve termine. In questi due giorni, dopo la presentazione di ogni prodotto, di ogni esperienza, chiedetevi (e chiedete) prima "E' forse questa la risposta globale unica per tutti i bisogni informativi dei miei utenti?" E dopo, poichè la risposta - ve lo posso anticipare - sarà "no", allora fatevi (e fate) la seconda domanda: "Come si espande, come cresce, come si collega con le altre risorse e con gli altri servizi, come si personalizza?". In una sola parola: "come si integra?". NOTE [1] Per tutti si vedano almeno: Marshall McLuhan, La galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, introduzione all'edizione italiana di Gianpiero Gamaleri, traduzione a cura di Stefano Rizzo, Roma, Armando, 1976 (The Gutenberg Galaxy. The making of typographic man. Toronto, University of Toronto Press, 1962) e Elizabeth L. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, traduzione di Davide Panzieri, Bologna, Il mulino, 1985 (The printing press as an agent of change. Communications and cultural transformations in early-modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press, 1979). [2] "Un nuovo mezzo di comunicazione non solo non distrugge il vecchio, ma in realtà lo rafforza e con esso rafforza tutti gli altri media. Contemporaneamente però trasforma il vecchio mezzo, così che esso non è più ora ciò che era un tempo" (Walter J. Ong, Interfacce della parola, introduzione all'edizione italiana di Renato Barilli, traduzione di Gino Scatasta, Bologna, Il mulino, 1989 (Interfaces of the word, Ithaca, Cornell University Press, 1977) p. 93, traduzione leggermente ritoccata). [3] Intendo il termine nel senso più ampio possibile: "mediateca potrebbe apparire come il centro onnicomprensivo di tutte le teche possibili: fototeca, discoteca, videoteca, nastroteca" (Gianna Landucci, Mediateca, Roma, AIB, 1992, p. 10). A rigore, basandosi su questa definizione, la biblioteca dovrebbe essere una sezione della mediateca. In realtà il termine "biblioteca" ha già ampiamente perso il proprio riferimento esclusivo ai libri, e quasi tutte le strutture che si fregiano di tale nome conservano anche microformati, audio e videocassette, cd-rom, floppy e via elencando, ed alcune permettono anche l'accesso telematico a media più "immateriali" come le banche-dati. Paradossalmente, mentre spesso vengono pomposamente battezzate "mediateche" delle semplici fotocineteche, l'antico nome "biblioteca" - magari abbinato agli aggettivi "virtuale" o "multimediale" - copre sempre di più il concetto cui ci si voleva riferire col nuovo termine (ivi, p. 35-38). Sulle mediateche si vedano anche alcuni interventi contenuti in: La biblioteca e il suo pubblico. Centralità dell'utente e servizi d'informazione, a cura di Massimo Accarisi e Massimo Belotti, Milano, Editrice Bibliografica, 1994 e quasi tutti quelli in: Le teche del Duemila. Informazione, utenza sociale e trasformazione delle biblioteche, a cura di Alberto Ghidini, Paolo Malpezzi, Everardo Minardi, Milano, Angeli, 1993, recensendo il quale su "Biblioteche oggi", 12 (1994), n. 2, p. 68-69 (68), anche Carlo Revelli sottolinea la propria preferenza per l'antico termine "biblioteca", ritenuto "di definizione sufficientemente elastica da offrire spazio a un insieme di supporti, a patto di non escludere la carta stampata". [4] Per una breve presentazione del servizio Videotel e di una sua applicazione in campo bibliotecario si veda Liliana Bernardis, Con Videotel il catalogo è a portata di mano, "Biblioteche oggi", 11 (1993), n. 3, p. 16-19. [5] "Il contenuto di un medium è sempre un altro medium" (Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, traduzione di Ettore Capriolo, Milano, Mondadori, 1990 (Understanding media, New York, Signet Books, 1964)). Resto volutamente sulle generali, come del resto molti dei più autorevoli esperti del ramo, per quanto riguarda una precisa definizione di cosa sia un medium. Fino a qualche anno fa le varie operazioni che eseguiamo grazie ad Internet (da spedire un messaggio di posta elettronica a collegarci ad un host remoto) venivano viste, e trattate, come indipendenti l'una dall'altra (come in effetti concettualmente sono, anche se non da un punto di vista informatico) mentre ora ricadono tutte nell'immaginario comune sotto l'ombrello Internet. Un semplice caso gestaltico di figura e sfondo oppure c'è qualcosa di più? [6] Era questa l'idea portante del convegno "Oltre la carta", organizzato dalla Commissione Nazionale Università Ricerca e dalla Sezione Toscana dell'AIB nel 1992. Cfr. Associazione Italiana Biblioteche, Commissione Nazionale Università Ricerca e Sezioni Toscana e Piemonte, Oltre la carta: l'utilizzo delle basi dati in linea e su cd-rom nei servizi di informazione delle biblioteche universitarie e di ricerca (Firenze, 15-16 ottobre 1992), a cura di Eugenio Gatto, Torino, AIB Sezione Piemonte, 1993. Non facciamoci illusioni: non si giungerà mai alla completa digitalizzazione dell'intero patrimonio cartaceo mondiale retrospettivo, per una serie di ragioni riassumibili in: costi, tempi, copyright, obsolescenza delle tecnologie, difficoltà di individuazione dei testi. Cfr. Pauline A. Zoellick and Eleanor G. Frierson, Retrospective full text and image collection conversion for electronic distribution, in: Online information 91. 15th international online information meeting. Proceedings, edited by David I. Raitt, Oxford, Learned information, 1991, p. 293-305; Thomas Mann, Library research models. A guide to classification, cataloging, and computers, New York-Oxford, Oxford University Press, 1993; Alfredo Serrai, Medica animi officina. La biblioteca tra informazione e conoscenza (1), "Il bibliotecario", 11 (1994), n. 1, p. 19-36 (30); Andrew Braid, The problem of digitising non-electronic media, "Libri", 44 (1994), n. 4, p. 311-316. [7] "The knowledge situation of the late 16th century in Europe was much like the present. That era also was flooded with new information formats, a rapid expansion of knowledge, and efforts to order knowledge through systems that extended the capabilities of the mind" (Harold Billings, Magic and hypersystems: a new orderliness for libraries, "Library journal", 115 (1990), n. 6, p. 46-52, poi in: Library lit. 21. The best of 1990, edited by Jane Anne Hannigan, Metuchen (N.J.) - London, Scarecrow Press, 1992, p. 1-17 (1)). [8] Nell'epoca della navigazione in rete, nell'epoca postmoderna che vede nel nomade la propria figura emblematica, il computer fuori rete è un computer autistico, un computer monade, un sopravvissuto destinato all'estinzione. Sulla "nomadologia" cfr. Gilles Deleuze e Felix Guattari, Rizoma, prefazione di Jacqueline Risset, Parma - Lucca, Pratiche, 1977 (Rhizome, Paris, Les editions de minuit, 1976) e Omar Calabrese, L'età neobarocca, Roma - Bari, Laterza, 1987, p. 148-151. [9] Si fa per dire, ovviamente, e solo un visionario come Theodor Nelson, il padre dell'ipertesto planetario Xanadu, ha preso sul serio una affermazione del genere, fornendo una affascinante versione aggiornata di un mito vecchio come il mondo, quello del sapere assoluto; cfr. Theodor Holm Nelson, Literary machines 90.1. Il progetto Xanadu, traduzione di Valeria Scaravelli e Walter Vannini, revisione di Giancarlo Mauri, Padova, Muzzio, 1992 (Literary machines 90.1, Swarthmore, T. H. Nelson, 1990). Parlando invece fuori dal mito, come ci invita a fare il titolo di questo convegno, il perfetto catalogo dei cataloghi che risponde ad ogni domanda ancor prima che ce la siamo posta non esisterà mai. Non solo per numerosi motivi tecnici - che vi risparmio - ma anche e soprattutto per un unico, semplice, motivo più profondo: catalogare, classificare da un lato e ricercare, interrogare dall'altro sono attività che comportano scelte, quindi creative, quindi mai banali, mai pacifiche, mai neutrali. Xanadu è destinato a restare un punto limite all'infinito. Cfr. Roy Davies, La creazione di nuova conoscenza per mezzo del recupero dell'informazione e della classificazione, traduzione di Carlo Revelli, "Biblioteche oggi nel mondo" (supplemento di "Biblioteche oggi", 8 (1990), n. 6) p. 87-117 (The creation of new knowledge by information retrieval and classification, "The journal of documentation", 45 (1989), n. 4, p. 273-301). In particolare "il catalogo [può essere] qualcosa di più di un distillato dei documenti di una raccolta, perchè il suo valore aggiunto (cioè le informazioni fornite dagli intermediari) ne fa un'entità che si somma alla raccolta potenziandola: anzichè rappresentazione vicaria di essa ne diventa parte e può costituire, di per sè, l'oggetto di ricerca" (Rossella Dini, Il catalogo di Alcuino, in: Il linguaggio della biblioteca. Scritti in onore di Diego Maltese, raccolti da Mauro Guerrini, Firenze, Regione Toscana, 1994, p. 327-357 (348)). Concludo questa digressione, cui si collegano anche le citazioni in exergo, rientrando, se non proprio nel mito, almeno nella metafora, per ricordare che ogni rete può essere vista (e vissuta) come un labirinto; cfr. Omar Calabrese, op. cit., p. 138-151. [10] Su questa idea, cui si rifanno, con diverse modalità, i progetti PLAO (Postes de Lecture AssistŽe par Ordinateur) della parigina Bibliothèque de France, UOL (Utenza On Line) della Biblioteca Nazionale Centrale fiorentina e ALMATEL dell'Università di Bologna, nonchè alcuni opac americani come CARL e MELVYL e alcuni sistemi commerciali client/server, si vedano, fra gli altri: Bruce Royan, The ghost in the machine: library systems at the heart of the campus network, in: Networking and the future of libraries. Proceedings of the UK Office for Library Networking Conference, April 2-5, 1992, edited by John W. T. Smith, Westport - London, Mecker, 1993, p. 29-49, che parla a questo proposito di virtual personal computing; Lorcan Dempsey, The future of library systems: integrated or insulated?, ivi, p. 16-28; Denisa A. Troll and Barbara G. Richards, From vision to reality: implementing the distributed electronic library, in: ASIS Ô92. Proceedings of the 55th ASIS annual meeting, editor Debora Shaw, Medford (N.J.), Learned Information, 1992, p. 144-149. Da segnalare inoltre: Designing local interfaces to distribuited information. A selected bibliography, "RQ", 34 (1994), n. 1, p. 41-47, proveniente da un seminario dell'American Library Association su "How to design the perfect frontend or gateway" e Titia van der Werf-Davelaar, Access to library services by means of end-user technology, "IFLA journal", 20 (1994), n. 4, p. 462-477, che tira le somme di un programma IFLA basato sul concetto di PIT (Personal Information Technology) in biblioteca, ovvero sull'uso diretto, da parte dell'utente finale, delle risorse informative elettroniche disponibili in biblioteca. Scontato appare poi il riferimento all'ampio dibattito sulla biblioteca virtuale, su cui si possono vedere, in lingua italiana: Pierre Piccotti, La biblioteca virtuale, in: Associazione Italiana Biblioteche, op. cit., p. 29-32; Geneviève Clavel Merrin, La biblioteca virtuale, "Bibliotime", 3 (1992), n. 3/4, p. 21-25, poi in: Biblioteche insieme: gli spazi della cooperazione. Atti del XXXVIII Congresso nazionale dell'Associazione italiana biblioteche, Rimini, 18-20 novembre 1992, a cura di Paolo Malpezzi, Roma, AIB, 1993; Reti telematiche e servizi bibliografici, a cura di Anna Maria Tammaro, Firenze, Ifnia, 1993; Maria Bruna Baldacci, La biblioteca del 2000: dal punto di vista delle biblioteche, "Bollettino AIB", 33 (1993), n. 4, p. 423-436; Carla Basili e Corrado Pettenati, La biblioteca virtuale. L'accesso alle risorse informative in rete, Milano, Editrice Bibliografica, 1994; Anna Maria Tammaro, Per la biblioteca un futuro "virtuale", "Biblioteche oggi", 12 (1994), n. 2, p. 4-7; Massimo Massagli, Biblioteche senza pareti, ivi, p. 8-11; Massimo Massagli, E prima venne la biblioteca elettronica, ivi, p. 20-23; Gabriele Mazzitelli, Un futuro virtuale anche per i bibliotecari?, "Bollettino AIB", 34 (1994), n. 2, p. 207-209; Antonino Sambataro, Nel labirinto della biblioteca senza carta, "Biblioteche oggi", 13 (1995), n. 1, p. 74-76 (anche "Esperienze letterarie", 20 (1995), n. 1, p. 101-109); Anna Maria Tammaro, Il cybrarian, ovvero il bibliotecario mutante, "Biblioteche oggi", 13 (1995), n. 3, p. 12-15; Elena Boretti, Ritorno al futuro. Le biblioteche pubbliche di fronte alla rivoluzione telematica, "Bollettino AIB", 35 (1995), n. 1, p. 21-34; Fabio Metitieri, Risorse Internet e biblioteca virtuale: storia, prospettive e problemi di catalogazione, in: Università: quale biblioteca? Atti del seminario: Trento, 25 marzo 1994, a cura di Rodolfo Taiani, Trento, Università degli studi di Trento, 1995, p. 87-119; e soprattutto Anna Banchieri, Electronic library, "Biblioteche oggi", 13 (1995), n. 2, p. 8-14, dotato di una ricca bibliografia, soprattutto anglosassone, cui aggiungerei solo: Dana Rooks, The virtual library: pitfalls, promises, and potential, "The public-access computer systems review", 4 (1993), n. 5, p. 22-29, <mailto:listserv@uhupvm1.uh.edu> testo: "get rooks prv4n5"; Alan Poulter, Towards a virtual reality library, "ASLIB proceedings", 45 (1993), n. 1, p. 11-17; Alan Poulter, Building a browsable virtual reality library, "ASLIB proceedings", 46 (1994), n. 6, p. 151-155; William F. Birdsall, The myth of the electronic library. Librarianship and social change in America, Westport, Greenwood Press, 1994; Library without walls. Plug in and go, compiled by Susan B. Ardis, Washington, Special Libraries Association, 1994; Michel Bauwens, What is cyberspace?, "Computers in libraries", 14 (1994), n. 4, p. 42-48; Philip Barker, Electronic libraries. Visions of the future, "The electronic library", 12 (1994), n. 4, p. 221-229, che propone una interessante distinzione fra biblioteche polimedia, elettroniche, digitali e virtuali; e tre interi fascicoli di periodici: "Libri", 44 (1994), n. 4, che raccoglie gli atti del convegno su "Library networks and electronic media: challenges for publishers and librarians" tenutosi all'Università di Bielefeld nel febbraio 1994; "Bulletin des bibliothèques de France", 40 (1995), n. 2, dedicato appunto a "la bibliothèque virtuelle"; "Communications of the ACM", 38 (1995), n. 4, sulle "digital libraries". Meno scontata la riflessione sulla ricaduta di tale concezione sulla tradizionale coppia catalogo/bibliografia, per cui si vedano invece: Michael K. Buckland, Bibliography, library records, and the redefinition of the library catalog, "Library resources & technical services", 32 (1988), n. 4, p. 299-311 e Rossella Dini, op. cit., p. 349. [11] Si pensi ad esempio, per rimanere in ambito Internet, alle finestre di dialogo disponibili sull'ultima versione di Mosaic e su Netscape, i più sofisticati browser per WWW. [12] E' evidente che ogni passo verso il controllo bibliografico universale aumenta proporzionalmente il bisogno della disponibilità universale delle pubblicazioni. Se so quali documenti pertinenti alla mia ricerca esistono e magari anche dove sono localizzati, naturalmente la mia successiva richiesta sarà di poterli leggere integralmente. Per una aggiornata rassegna sul ventaglio di vecchi e nuovi metodi di document delivery oggi applicabili si vedano: Carlotta Alpigiano e Abra Grilli, Dal prestito interbibliotecario alla fornitura dei documenti: l'esperienza dell'Istituto universitario europeo, "Bollettino AIB", 34 (1994), n. 2, p. 163-185 e Anna Maria Tammaro, La fornitura elettronica dei documenti. Un nuovo ruolo per le biblioteche, in: Il linguaggio della biblioteca, op. cit., p. 769-787. Cfr. anche Cristina Soy i Aumatell, Prestito interbibliotecario e fornitura di documenti. Bibliografia 1990-1993, Badia Fiesolana, Istituto Universitario Europeo. Biblioteca, 1994. [13] I limiti fisici (delle memorie di massa, dei locali adibiti a magazzino) non costituiscono un reale impedimento, perchè le operazioni di scarto fanno biologicamente parte del meccanismo della crescita. Durante la nostra vita mutiamo pressochè tutte le nostre cellule, eppure il nostro organismo mantiene nel tempo la propria identità. [14] Francesco Dell'Orso si è occupato con grande competenza e chiarezza delle tematiche del repackaging durante il già citato convegno "Oltre la carta" con una relazione basata su lucidi, e quindi solo parzialmente riportata nei relativi atti (cfr. F. Dell'Orso, Dal grande al piccolo: prelievo di dati bibliografici da parte del ricercatore, in: Associazione Italiana Biblioteche, op. cit., p. 28) e in una serie di articoli apparsi su "Biblioteche oggi" a partire dal febbraio 1994. [15] Al tema dell'integrazione fra vecchi e nuovi supporti, con un doveroso occhio di riguardo ai cd-rom, è particolarmente attento il catalogo dei cd-rom Burioni, che nelle ultime due edizioni affianca alla tradizionale sezione di repertorio commerciale un'altra di contributi tecnici, redazionali o affidati a bibliotecari. Si vedano in particolare Antonio Scolari, Catalogare i CD-ROM: alcune considerazioni, in: E.S. Burioni Ricerche Bibliografiche, CD-ROM. Catalogo 1994, Genova, Burioni, 1993, p. 196-199 (197), che (sulla scorta del suo precedente A. Scolari, La catalogazione degli archivi per elaboratore, "Biblioteche oggi", 9 (1991), n. 5, p. 417-432) spende, en passant, qualche parola contro gli "svariati cataloghi e cataloghini speciali tanto amati nelle nostre biblioteche, forse però più dai bibliotecari che dagli utenti" e le ultime due pagine di Elisabetta Di Benedetto, Le basi dati economiche: problemi e sviluppi, in: E.S. Burioni, op. cit., p. 174-181, sui problemi dell'integrazione tariffaria. |
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