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ISSN: 2283-303X |
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CD-ROM in rete: valorizzare gli investimenti fattiSeminario "Distribuire e rendere accessibili le risorse informative: confronto fra soluzioni fuori dal mito". Bologna, Facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Bologna, 10-11 maggio 1995di Gabriele Mazzitelli (in linea da febbraio 2016) pubblicato anche a stampa, in E.S. Burioni Ricerche Bibliografiche, CD-ROM e basi dati. Catalogo '96, 7a edizione, Genova, Burioni, 1995, p. 346-351. Qualche tempo fa, il rappresentante di un noto Istituto che opera nel
settore dell'informazione bibliografica, mi ha chiesto se ritenessi la
tecnologia dei CD-ROM ancora strategica per la mia biblioteca. Non ho avuto
esitazioni e ho subito risposto di sì, che non vi erano dubbi, tanto che, con
successo, avevamo realizzato una rete per la cosultazione di CD-ROM, cresciuta
fino a 15 workstation collegate. Malgrado il mio entusiasmo, il rappresentante,
con grande calma e semplicità, mi spiegò che ormai la tecnologia stava rendendo
desueti i CD-ROM, o quanto meno che certi prodotti di larga consultazione,
idonei per la messa in rete, dovevano essere acquistati su hard-disk, vista la
maggiore rapidità di accesso in multiutenza. L'unico problema per il momento
era nel costo di questi hard-disk notevolmente più elevato rispetto
all'abbonamento ai CD-ROM. Dopo lo sconforto iniziale, questa considerazione
sul prezzo, in qualche modo, mi confortò. Voglio partire da questo episodio per cercare di riflettere assieme a tutti
voi su un problema ovvio per chi ha a che fare con le innovazioni tecnologiche,
ma forse non così banale specie per chi opera in strutture pubbliche. Non vi tedierò con la mia autobiografia, ma dopo essere riuscito tra
mille fatiche a mettere dei CD-ROM in rete, dopo aver investito circa 60
milioni per questa realizzazione, mi si pone il problema di dover rispondere ai
miei utenti e alla mia amministrazione della bontà di quell'investimento.
Abbiamo sbagliato a puntare sui CD-ROM? E' ovvio che ogni situazione va vista nel suo specifico contesto. La
nostra scelta era nata per rispondere a un'esigenza concreta. Avevamo iniziato
nel 1990 con una stazione monoutente, ma già nel 1991 si era cominciata a studiare
le possibilità di una rete. Ci sono voluti due anni perché, nel luglio del
1993, si realizzassero le condizioni per installare il primo nucleo della rete
con tre workstation. Nel giro di un anno queste stazioni sono cresciute fino a
diventare 15. Tenete presente che la prima fase stata tutta finanziata da
noi, ma le 12 workstation che si sono aggiunte, sono state il frutto di un
investimento di un dipartimento che ha provveduto autonomamente, a
dimostrazione del successo della nostra iniziativa. Vista l'altissima
consultazione delle basi dati in rete, credo che i costi siano ampiamente
rientrati. In altre occasioni ho già avuto modo di sottolineare come anche il
ritorno di immagine alla biblioteca sia stato notevolissimo. E adesso? Lo sviluppo delle nuove tecnologie autorizza a disfarsi di
quanto fatto, tra l'altro quando ancora il nostro progetto non arrivato a
conclusione? Io credo di no. Penso che si debba agire con grande prudenza.
Intanto teniamoci quello che abbiamo e che funziona. Suol dirsi che un buon
prodotto quello che consente la flessibilità di un adeguamento; questo, però,
non sempre possibile. E allora? Buttiamo tutto e ricominciamo daccapo?
Ribadisco il mio no: il nostro intento deve essere quello di armonizzare quanto
realizzato con le novità del mercato. Certo una politica oculata non affatto
semplice nelle nostre realtà lavorative. Si fa un gran parlare di management e
poi manca la certezza dei finanziamenti. Si parla di autonomia finaziaria e ci
si scontra contro situazioni gestionali medievali. Non parliamo poi
dell'impossibilità di conoscere quanto fa il proprio vicino. I centri di
calcolo spesso sono fortezze inespugnabili. Una naturale diffidenza sembra
animare chiunque si muove su questi terreni. Bisognerebbe, forse, dedicare
qualche riflessione in più a quella che sembra una nostra cronica incapacità a
cooperare. Riuscirà lo sviluppo delle reti a costringerci a collaborare? Saremo
obbligati dai costi? Può darsi. Ma essendo la nostra una carenza culturale ci
vorrà molto tempo prima che queste tendenze si realizzino. E allora? Cosa
succede nel frattempo? L'ottica nella quale noi ci muoviamo nei confronti della nostra rete
molto semplice: intanto garantiamo e manuteniamo quello che abbiamo, magari con
piccoli investimenti per migliorare o potenziare le macchine già funzionanti.
Per quel che concerne la gestione finanziaria i costi della licenza d'uso per i
CD-ROM sono a carico della biblioteca, che così garantisce la continuità,
diciamo l'ossatura, del servizio, mentre eventuali altre connessioni e tutte le
singole workstations sono, invece, a carico degli utenti della rete. Per il
momento siamo molto cauti anche nell'affrontare possibili adeguamenti del
software. Vi faccio un esempio: ci si presenta la possibilità interessante di
sostituire il prodotto SilverPlatter da noi scelto con un nuovo software,
l'ERL. Bene, ma bisogna fare attenzione. L'ERL supporta solo CD-ROM
SilverPlatter (e presto anche UMI), mentre il software MultiPlatter che
attualmente abbiamo in grado di gestire anche altri prodotti. E' anche vero
che il software ERL lo potremmo avere gratuitamente, ma ci sarebbe comunque un
problema di adeguamento dell'hardware. Dunque con un nuovo software
consentiremmo sì ai nostri utenti di lavorare in qualsiasi ambiente operativo,
ma solo con basi dati SilverPlatter e, oggi, questo significherebbe per noi non
garantire lo stesso tipo di servizio. Tralascio il problema dell'eventuale utilizzo delle risorse in
Internet. Innanzitutto perché se ne parla in un altro intervento e poi perché
ricadremmo nella solita discussione pro CD-ROM o pro on-line. Certo bisogna
guardare con attenzione a quanto accade in Internet, ma ancora mi pare presto
per poter avere dei validi metri di giudizio. Dobbiamo poi anche capire bene cosa richiede l'utenza. In realtà spesso
il bisogno, almeno nella mia realtà, viene alimentato proprio da noi. Di
Internet ormai si legge e si sente parlare dappertutto: l'interesse vivo, ma
sono reduce da un corso su "Internet in biblioteca" organizzato dalla
mia Università per il personale interno al quale si sono iscritte circa 200
persone, il cui livello di alfabetizzazione informatica mi sembrato
abbastanza basso. Quello che intendo dire che il nostro pubblico molto
scettico e pigro: noi ci preoccupiamo di non perdere la nostra specificità, ci
sforziamo giustamente di essere al passo con le nuove tecnologie, mentre molti
dei nostri potenziali utenti ragionano ancora nell'ottica di avere la rivista
sul proprio tavolo e di non farla vedere a nessuno. Certo sta anche a noi
saperli gradualmente guidare nelle scelte. E a meno che non si siano compiuti
dei grossolani errori di valutazione e di progettazione, l'integrazione delle
risorse una necessità: a volte ho la sensazione che il desiderio di nuovo
nasca soltanto dall'ignoranza del vecchio. Certo se i software richiederanno sempre più memoria RAM libera e
spazio disco da utilizzare ovvio che a un certo punto saremo costretti a
rinnovare i nostri computer. Ma il problema più generale e può essere influenzato
anche da elementi esterni. Mettiamo la diffusione dei CD-ROM: sappiamo il
successo che hanno avuto specie in Italia. Ma per questo sono venuti meno gli
host? I due mercati hanno convissuto, l'uno sostenendo e rilanciando l'altro.
Ma c' un altro dato che ci obbliga a preservare gli investimenti già fatti: il
nostro grosso problema, almeno nelle strutture che io conosco, l'impossibilità
di una progettazione seria e pluriennale. Non voglio rispolverare i piani
quinquennali: ma troppo spesso ci si muove non sulla base di quello che
necessario fare, ma di quello che la contingenza suggerisce di fare. Poi vi
sono casi clamorosi, per cui se ci vogliono mesi e mesi per ottenere
finanziamenti o acquisire macchinari l'invecchiamento nelle cose. A maggior
ragione va salvaguardato quanto si costruito. Ricordo che quando si diffusero
i CD audio, vi furono aspre polemiche sulla sopravvivenza di questi strumenti e
al tempo stesso sulla durata futura dei dischi in vinile o delle musicassette.
Mi pare che ci siano stati periodi di coesistenza e poi un graduale imporsi dei
nuovi prodotti. In buona sostanza mi sembra che non solo consigliabile, ma anche
opportuno seguire il più possibile con attenzione il mercato, ma non lasciarsi
troppo abbagliare dalle promesse. So di ripetere concetti ovvii. Seguire con
attenzione e entusiasmo le innovazioni tecnologiche vuol dire valutarne anche
l'applicabilità reale nel proprio contesto. E non dobbiamo mai dimenticare la
schizofrenia che ci troviamo a vivere: la macchina della nostra pubblica
amministrazione tale che, paradossalmente, può anche capitare che sia più
economico gestire dei servizi gratuitamente piuttosto che farseli pagare. E' facile che la nostra rete di CD-ROM oggi sia assolutamente superata,
ma finché funziona bene nostro dovere cercare di capire come possiamo
migliorarla per renderla più adeguata alle esigenze dell'utenza. Devo dire, ad
esempio, che anche quando abbiamo attivato le prime workstation di
consultazione non ci siamo sognati di richiedere macchine nuove: abbiamo
tentato di riutilizzare quanto era già posseduto e, fortunatamente, la cosa
riuscita. Adesso vedremo se adeguare queste macchine e come farlo, ma non
abbiamo nessuna intenzione di buttarle. Ricapitolando: a) interesse per il nuovo che avanza, ma facendo attenzione (potrebbe
essere non troppo nuovo e, comunque, non sufficientemente testato); b) se un servizio funziona e risulta soddisfacente per gli utenti
bisogna sempre considerare l'abitudine d'uso e, quindi, anche che mutamenti repentini
e traumatici potrebbero avere una ricaduta negativa; c) se possibile meglio potenziare piuttosto che sostituire del
tutto. Chiaramente questa non una regola assoluta, ma la conversione dovrebbe
avvenire sempre nella maniera più indolore possibile; d) quando parliamo di utente dobbiamo pensare che l'abitudine di per
sé alla conservazione: questo non deve assolutamente spingerci all'inerzia, ma
bensì a una valutazione attenta dei bisogni reali. Può darsi che un prodotto
"vecchio" ma ben funzionante, risulti più gradito di uno
"nuovo" ma complicato; e) dobbiamo fare i conti con le realtà amministrative nelle quali
viviamo. Devo dire che da questo punto di vista l'esperienza di questi anni non
mi rende molto ottimista. Personalmente ho la certezza che quanto stato realizzato nella nostra
struttura valido: mi rendo anche conto che da soli non ce l'avremmo mai
fatta. Se un dipartimento non avesse creduto in questa iniziativa la nostra
rete di CD-ROM sarebbe stata una piccol cosa. Adesso finalmente si sta
concretizzando l'idea di portare la LAN di CD-ROM in rete d'Ateneo. Sono
trascorsi quasi due anni dal primo passo della rete e quattro anni dallo studio
di fattibilità. Ci abbiamo messo poco? Ci abbiamo messo tanto? Non so? Mai come
in questo caso ho la sensazione che tutto sia sempre sospeso a un filo. Io
penso che sia meglio cercare di rafforzare questo filo, proteggerlo, magari
allungarlo, piuttosto che spezzarlo. Ma in realtà c' un solo modo per salvaguardare e valorizzare gli
investimenti realizzati: garantire sempre un buon funzionamento di quanto
mettiamo a disposizione dell'utente. Poi nulla vieterà di studiare eventuali
integrazioni, magari acquistando alcune basi dati su hard-disk o scegliendo dei
collegamenti in Internet per altre fonti informative. Ma mi rendo conto di
riprendere e ripetere concetti che già meglio di me aveva espresso Pino
Ammendola in un articolo sull'accesso in rete ai CD-ROM a cui vi rimando (1).
Scriveva Pino: "Per gli amanti di metafore si potrebbe dire che i CD-ROM in
rete stanno ai singoli CD-ROM come le biblioteche stanno ai libri" (2).
L'arrivo di un nuovo fascicolo o di una novità libraria non ci spinge a
disfarci di ciò che già abbiamo, bensì a integrare quel fascicolo o quel libro
con quanto già possediamo: non diverso deve essere, a mio avviso, il nostro
comportamento di fronte alle novità tecnologiche. NOTE [1] Giuseppe Ammendola, CD-ROM: stato dell'arte e accesso in rete. In "Bollettino AIB" 34 (1994) n. 2, p. 145-159. [2] Ibidem, p. 158. |
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